‘Cantina Villa Santo Stefano’,  Lucca

‘Cantina Villa Santo Stefano’, Lucca

“Chi non ama le donne, il vino e il canto è solo un matto , non un santo”.

A. Schopenhauer

‘Cantina Villa Santo Stefano’,  Lucca

‘Cantina Villa Santo Stefano  è un’ azienda agricola di lusso, che definirei  quasi surreale per la sua bellezza. Essa sta nascosta , ma ancora per poco, tra le magnifiche e dolci colline lucchesi di Pieve di Santo Stefano. Claudia Martinelli, responsabile della società di marketing ‘Darwin & Food’ , mi inivita a una degustazione dei loro superbi vini.

‘Cantina Villa Santo Stefano’    è un pò difficile da trovare, almeno per me , specie sotto  un  sole cocente , quello tipico di una mattina di luglio .  Mi smarrisco   in macchina per delle stradine strette in direzione  Pieve di Santo Stefano  . Tuttavia non mi scoraggio . Dopo un’oretta da Pisa  raggiungo la loro  sede in via della Chiesa 504 B . L’emozione di ritrovarmi con altri giornalisti e blogger per questo evento straordinario è infinita. Seguitemi per sapere di cosa si tratta!

Wolfgang Reitzle e Nina Ruge

Arrivata a  Cantina Villa Santo Stefano i gestori ci accolgono con un sorriso enorme . Inizialmente facciamo un giro dentro il parco enorme. Questo è immerso in una natura ordinata e rigogliosa. Accanto la piscina c’è l’ingresso per la sala degustazione. Dopo avere varcato delle grandi porte in ferro battut, ci mettiamo comodi sulle sedie. Tutto lo staff della stampa è incantato dalla raffinatezza degli interni e dell’apparecchiatura della tavola, imbandita con posate d’argento.

Cantina Villa Santo Stefano vuol dire anche un serivzio eccellente ! Appena i camerieri servono i vari bianchi e rossi aziendali,  stiamo fermi e immobili ad ascoltare la storia della tenuta attraverso le parole dell’ ingegnere tedesco Wolfgang Reitzle. Lui  ne  è il fondatore  insieme alla moglie Nina Ruge, famosa giornalista e presentatrice alemanna. Ciò che mi stupisce è soprattutto l’ ottimo rapporto qualità prezzo dei loro prodotti enoici, che esprimono al meglio lo splendore lo spirito della Toscana.

Wolfgang Reitzle

Il sogno diventato realtà di Wolfgang Reitzle

Wolfgang Reitzle è il proprietario di Cantina Villa Santo Stefano . Questi è un signore   alto , distinto , di una classe innata. Lui è  felice  di parlare  di come nel tempo è riuscito a trasformare la sua passione per il vino in un lavoro, che adesso  si è  materializzato in Cantina Villa Santo Stefano .

Wolfgang Reitzle, ex dirigente dellaBMW’ e poi CEO della ‘Ford’, ci spiega che tutto è nato quasi per caso. Sin da piccolo l’imprenditore tedesco si reca frequentemente  in Toscana  per le vacanze  con la sua famiglia.  Da allora il desiderio di viverci è forte.  A tal punto che poi , nel corso della sua vita , decide di acquistare un fazzoletta  di terra  nella regione più amata d’Italia.

Come nasce la ‘Cantina Villa Santo Stefano’ ?

Wolfgang Reitzle  vuole creare così un posto dove coltivare la vite e produrre nettari divini  fatti di vitigni locali come:

L’ occasione è il 2001 . Wolfgang Reitzle compra  la ‘Villa Bertolli’ assieme ad alcuni oliveti e ad un vigneto di circa un ettaro. La propirtà era della famiglia Bertolli .  I signori Reitzle e Ruge ribattezzano la villa  Cantina Villa Santo Stefano. E lo fanno in onore della pittoresca Pieve del IX secolo’ , che si trova nelle immediate vicinanze.

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‘Cantina Villa Santo Stefano’ , uno staff eccezzioanle per dei vini speciali

Wolfgang Reitzle ci confessa che non è facile mettere in piedi un’impresa agricola come Cantina Villa Santo Stefano  di così grande di portata. Non lo aiuta il fatto di essere straniero in Italia.  Perché ci sono molti problemi burocratici e logistici da risolvere. Non ultimo l’interrogativo se fare tutto ciò è da pazzi o da pionieri!

Da grande uomo di affari qual è Wolfgang Reitzle riesce nel suo intento . E dal 2005 a oggi l’avventura con Cantina Villa Santo Stefano continua con successo . Tutto ciò  grazie anche al supporto dei suoi affetti e dei suoi fidati collaboratori nelle figure di :

Al momento Cantina Villa Santo Stefano  rileva nei suoi 11 ettari di terreno:

La filosofia che guida la  Cantina Villa Santo Stefano  è la ricerca della perfezione nel fare vino ed olio sfruttando al massimo tutte le potenzialità di questo paradiso  benedetto da Dio.

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I vini di ‘ Cantina Villa Santo Stefano’

I vini di Cantina Villa Santo Stefano sono particolari, biologici, strutturati i rossi e leggiadri i bianchi. Assaggiare un calice di vino lucchese è un’esperienza speciale. Questo   ancora una volta conferma la ricchezza del patrimonio vitivinicolo  della Toscana senza passare per forza attraverso nomi blasonati!

Degustazione di 5 vini 

Una delle caratteristiche più distintive dei vini  di Cantina Villa Santo Stefano è la sapiente mescolanza di vitigni autoctoni con varietà di origine francese.  Oltre un terroir da manuale fatto di peculiarità pedoclimatiche esclusive che sono:

  • Terreni misti e prevalentemente argillosi;
  • Una temperatura mite tutto l’anno;
  • Ua combinazione di vicinanza al mare e montagna, che conferiscono a questi vini il loro sapore distinto.

Ecco le etichette in assaggio della Cantina Villa Santo Stefano :

  1. ‘Gioia 2018 e 2019’ : è un ‘IGT Toscano’, un vino bianco fatto al 100 %  di Vermentino . Questo vitigno  cresce spontaneo dalla Lucchesia alla Liguria .  Esso proviene da un vitigno adiacente l’azienda esposto a Sud , vicino alle spiagge della Versilia distanti circa 20 km . Qui c’è un microclima straordinario, che si riflette nell’aroma fragrante del vino stesso. La selezione e la raccolta delle uve , è eseguita scrupolosamente a mano. E dopo la diraspatura e pigiatura, le uve subiscono una leggera macerazione di qualche ora prima di essere vinificate in bianco. La fermentazione dura dai 15 ai 20 giorni e si avvale delle tecnologie più innovative. Il  processo avviene infatti in vasche di acciaio a temperatura controllata tra i 15° e i 16°. Questo vino bianco, nelle due diverse annate, possiede un bouquet armonico e fruttato, una buona acidità e un tocco di mineralità che si avverte nel finale;
  2. ‘Luna 2019’ : fatto di 50% Merlot e 50% Sangiovese , è un rosé sobrio, che va bene su tutte le portate di mare e di carni bianche . Ed è perfetto anche per un aperitivo. Esso ha un colore rosa provenzale, al naso è pulito con profumi che ricordano la pesca bianca e la buccia di mela rossa;
  3. ‘Volo 2019’ : è ‘IGT Toscanofatto di  40% Petit Verdot, 40% Cabernet Sauvignon e 20% Alicante.  Questo è un un vino che si presenta con un colore rosso intenso e con sfumature violacee frutto della sua giovane età. Al naso è floreale, con note di prugne, more e ciliegie, con un finale delicato di cipria. Al palato si esprime frizzante, con un buon tannino ed un’ acidità equilibrata  che lo fanno diventare di gradevole beva;
  4. ‘Sereno 2016, 2017 e 2018’ : è una ‘DOC Colline Lucchesi fatto da  80% di Sangiovese e 20% tra Ciliegiolo e da altri vitigni del posto. Si tratta di un vino dal colore rosso rubino con riflessi porpora, al naso  note di violetta, frutti rossi e spezie. Al palato è morbido con un finale gradevole di frutta;
  5. ‘Loto 2015, 2017 e 2018’ : è il vino più pregiato di ‘Villa Santo Stefano’ fatto di  50% Cabernet Sauvignon,  40% Merlot e 10% Petit Verdot . Per ogni vite vengono selezionati non più di quattro grappoli, per garantire il massimo della resa da ogni pianta. Nel 2015 è stato installato un impianto computerizzato ad alta tecnologia utilizzato per garantire un processo di fermentazione e vinificazione ottimale. Di norma, il processo di fermentazione dura 12 giorni. L’affinamento dura, a seconda della tipologia di uva e dell’annata. Essa va  dai 12 ai 18 mesi ed avviene in pregiate barrique francesi, in una barriccaia a temperatura (15°C) e umidità (83%) controllate. Il tipo di legno utilizzato per le barrique viene selezionato a seconda della tipologia di uva. Al termine dell’affinamento viene composta la cuvée e viene quindi imbottigliato il vino, che dovrà attendere almeno altri 6 mesi prima di essere distribuito. Questo è un vino di spessore, di corpo, che si presenta con un colore che può arrivare al rosso rubino intenso ed ha sentori di frutti di bosco, tabacco e vaniglia.

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Pranzo nel giardino della ‘ Cantina Villa Santo Stefano’

Tra una chiacchiera e l’altra il tempo vola . Lo stomaco brontola percè è ora di pranzo. Nel dehors esterno della Cantina Villa Santo Stefano tra fontane zampillanti di acqua e alberi abbracciati da boccioli di rosa iniziano il nostro lauto banchetto.

Il nostro pergolato ci protegge un po’ dalla calura estiva che finisce di darci fastidio non appena lo chef Riccardo Santini del Vignaccio ci annuncia il menù della festa:

  • Una panzanella di pomodoro e cipolle all’aceto balsamico;
  • Una ‘torta lunigiana  d’Erbi’ di bietole spinaci e rapini;
  • Uno sformato di fagiolini e formaggio di Scoppolato di Pedona’
  • Faraona, zuppa di porro e patate;
  • Un sorbetto al melone per pulire la bocca.

Regalatevi una fuga a ‘Cantina Villa Santo Stefano’! 

Cantina Villa Santo Stefano’ è un borgo incantato che ti strega non appena varchi il cancello all’entrata. Vi potete   perdere per ritrovarvi.  Vi rilassate tra il  lusso garbato  e tanti  vini pregiati . Questi danno il meglio riposando a lungo. Così sono  pronti per essere stappati e consumati per celebrare un momento speciale.

Cantina Villa Santo Stefano’   con i loro vini vi dà la possibilità di scoprire la Toscana. Perchè venire? I motivi sarebbero tanti, e vanno oltre l’uva!  Qui potere fare delle  vacanze all’insegna dell’arte e della storia, della natura, del mare o del relax,  Questa splendida regione sa offrire davvero di tutto e accontentare ogni tipo di viaggiatore: dalle città d’arte famose in tutto il mondo ai borghi medievali, dalle dolci colline del Chianti fino alle spiagge della Versilia e alle isole dell’arcipelago. Buon viaggio!

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Michele Satta, Bolgheri

Michele Satta, Bolgheri

L’essenziale è invisibile agli occhi”. 

Antoine de Saint-Exupéry

Michele Satta, 1 giorno in cantina per scoprire Bolgheri

I vini di Michele Satta sono l’essenza di Bolgheri , una zona a Sud di Livorno, che pochi conoscono. Si tratta di una zona ricca di fascino,  arte e cultura, e con una grande vocazione vitivinicola che è esplosa negli ultimi 50 anni! Vi racconterò di  Michele Satta , che è uno tra gli storici winemaker di Bolgheri, Questo per farvi conoscere la sua cantina , la storia di questo fazzoletto di terra e la sua magia.

D’altronde, si sa,  la Toscana è maledetta, pensi di starci poco e poi ci rimani per sempre! Questo è successo anche a Michele Satta , esattamente  nel 1974 , quando  iniziò a trascorrere qui  le  vacanze di famiglia.

Venite con me, si parte!

Michele Satta

Visita alla cantina di Michele Satta a Bolgheri

Novembre 2019.  Una mattina soleggiata  si parte in macchina. Direzione cantina di Michele Satta, Bolgheri. Il percorso si snoda attraverso  stradine strette,  verso una  pianura d’erba puntellata da papaveri, trifogli e alberi maestosi.

L’ ingresso semplice e minimale della cantina  di Michele Satta inganna . Questo  perché l’architettura dei suoi interni invece si impone con due piani di maestosità, modernità e raffinatezza. Insieme ad altri ospiti ci ritroviamo in una terrazza panoramica prospiciente la famosa Costa degli Estruschi’,  e ad accoglierci il giovane Matteo Bonaguidi,  brillante sommelier in carriera. 

Tutto parte dalla ‘Vigna del Cavaliere’

Appoggiandosi al muretto rovente della balconata, Matteo  ci  indica un punto preciso di Bolgheri tra acque trasparenti, cielo ed ulivi da cui inizia l’avventura di Michele Satta. Si tratta della ‘Vigna del Cavaliere’, il cui rudere è l’ombelico di quella che adesso è la tenuta:

  • una superficie vitata di 24 ettari con una produzione media di 150.000 bottiglie annue, ottenute tutte da uva propria.

In questa area benedetta da Dio il vino è nato molto prima dell’uomo, il vino qui è cultura, è tradizione, è l’anima stessa di Bolgheri . Michele Satta è riuscito perfettamente a valorizzare ogni cosa, che apprendiamo nel dettaglio  con le parole di Matteo prima del banchetto!

Michele Satta, l’uomo

Michele Satta, nasce a  Sant’ Ambrogio Olona, un paesino vicino Varese. Lui è di sangue mezzo sardo e mezzo piemontese. Dopo il liceo classico ,  si iscrive ad Agraria a Milano per un richiamo istintivo verso la natura. Forse lo hanno forgiato i ricordi dell’adoloscenza, trascorsa in villeggiatura tra Sardegna e Toscana, tra acque cristalline e colline di girasoli.

E tra una punta e l’altra dello stivale con le sue diramazioni isolane, come la verità che sta in mezzo, Michele Satta si ritrova a vivere presto  a Castagneto Carducci. Inizialmente metà estiva per un impiego occasionale da fattore propostogli da un amico del padre ingegnere.

Maledetta Toscana!

Nulla è per caso, ed evidentemente c’è una linea sottile, misteriosa, l’Io più profondo, che unisce tutti questi eventi e che spingono Michele Satta a spiegare le vele verso Toscana. Così ventiquattrenne Michele Satta continua l’università a Pisa e sposa Lucia da cui ha sei figli, di cui Giacomo, l’enologo, e Benedetta, responsabile comunicazione, costituiscono l’asse portante dell’azienda agricola.

Il 1983 è un periodo faticoso per  Michele Satta , che però lo tempra e lo fortifica nello spirito.  Per mandare avanti la baracca si sporca le mani, quelle stesse con cui sfoglia i libri da cui apprende con passione l’Ars Agricolae. Tuttavia la poesia dura davvero poco!

L’Italia negli anni ’80. Economia che punta alla quantità e non alla qualità!

Michele Satta  è infatti testimone di un’agricoltura che sta mutando a vista d’occhio, si sta ammodernando con il conseguente e negativo effetto di prediligere la quantità alla qualità e ciò fa abbassare i costi della merce.

Non si guadagna molto con quella fattoria ormai fuori moda ! Appena settanta ettari coltivati a pesche, fragole, carciofi, grano, e un po’ di vigna, che sono rivenduti per una miseria ogni mattina all’alba ai mercati centrali limitrofi.

Mala tempora currunt!

Michele Satta ce la mette tutta per fare funzionare gli ingranaggi di una macchina che però ormai è al collasso, come le sue finanze. C’è da affannarsi il pane tanto quanto basta per sfamare la cospicua prole.

Un concorso in banca a Roma potrebbe essere l’ancora di salvezza. Però c’è la tentazione di restare a lavorare la terra. Accade infatti che il suo vecchio capo gli propone di  curare la parte commerciale e i proventi delle vigne della stessa fattoria che abbandona in precedenza per sfinimento! Michele Satta non esita neppure un attimo e fa ritorno al solo destino cui è designato, il più nobile della terra, il vino! Da allora non si ferma più.

Degustazione vini Michele Satta

Degustazione dei vini di Michele Satta, Bolgheri

Il mio viaggio a Bolgheri   prosegue con la degustazione dei vini Michele Satta. Matteo  si fa notare subito per la sua classe e la sua professionalità . Si capisce subito che fa quello che gli piace fare.

Matteo  prepara i tavoli con dei cestini di pane sciocco e taglieri di salumi e formaggi locali. Sistema in fila tutti i bicchieri , che riflettono una luce calda, quella che entra attraverso le grandi vetrate della sala degustazione.

I miei vini preferiti di Michele Satta

Ecco qui di seguito la  selezione dei rossi e dei bianchi di Michele Satta. Tra quelli che proviamo  mi hanno particolarmente colpito:

  • ‘Bolgheri Bianco Costa di Giulia 2019’: battezzato così dal vigneto da cui proviene oltre che quello di ‘Querciola’, è  una bomba esplosiva di 70% di Vermentino e di 30% Sauvignon . Un bianco che fa innamorare Michele Obama in occasione del suo quarantunesimo compleanno al  ‘Caffè Milano’ di Washington. Questo vino  a contatto con le fecce fini fa affinamento lungo per circa sei mesi in tini di acciaio. Dal colore giallo paglierino, alterna i suoi profumi di pesca bianca e fiori delicati a evidenti sentori di  timo,  erba appena tagliata, miele , vaniglia. Dal finale lungo si presta a invecchiare qualche anno ;
  • ‘Syrah Michele Satta 2016 è un rosso in purezza di Syrah , proveniente dal vigneto detto  ‘Vignanova’ . Possiede tutte le caratteristiche di un vino mediterraneo, molto  sofisticato . Non  ha nulla da invidiare ai superbi rossi francesi del Rodano. Fermenta in botti di rovere da trenta hl ed affina diciotto mesi in barriques di secondo, terzo e quarto passaggio ed un anno in bottiglia con capacità di invecchiamento fino a venti anni. Nel calice si annuncia con un colore rosso rubino cupo, con note di frutta a bacca nera e si arricchisce di sensazioni speziate e nuance di erbe aromatiche. In bocca è di ottimo corpo, con un tannino maturo e termina con una chiusura persistente;
  • ‘Il Cavaliere 2017’: è un rosso 100% da selezione di uve Sangiovese raccolte a mano nei vigneti di ‘Vignanova’ e ‘Torre’ . Esso fa cemento per diciotto mesi , e può invecchiare fino a venti anni. Presenta un colore rubino ed al naso è molto aperto, con aromi di prugna, violetta, tabacco, cuoio e terra di bosco. In bocca è sapido e con tannini morbidi, con un retrogusto di liquirizia e un piacevole finale;
  • ‘Piastraia Michele Satta’ 2017: è un rosso, un taglio bordolese di Cabernet, Merlot e Sangiovese che con l’aggiunta di una punta di Syra prende il corpo  dei vini del Sud. Le uve provengono da cinque diversi vigneti che sono: ‘Torre’, ‘Poderini’, ‘Vignanova’, i ‘Castagni’ e ‘Campastrello’. Ciascuna varietà è fermentata separatamente in botti di rovere troncoconiche da trenta hl.  Sosta in barriques di legni francesi tra i diciotto ed i ventiquattro mesi. Un vino smart con un colore tendente al porpora con riflessi violacei. Al naso emergono note di ciliegia, cacao, e fiori blu. Il vino è sapido, con tannini rotondi e finale lungo. Capacità di invecchiamento fino a venti anni.

I vini di Michele Satta stregano e fanno venire voglia di stare bene, di godersi la vita, di rilassarsi.

Bolgheri, il viale dei cipressi più famoso al mondo

Chiunque arrivi a Bolgheri finisce vittima del suo incantesimo, non appena si percorrono i cinque chilometri dell’Aurelia fiancheggiati da 2500 “cipressi che alti e schietti quasi in corsa giganti giovinetti vanno fino a San Guido in duplice filar “.

Questi ultimi sono i versi del poeta Giosuè Carducci, premio  Nobel per la letteratura italiana nel 1906, che immortalano questo antico borgo medievale fondato nel XI dal Conte Gherardo della Gherardesca, il cui stemma all’ingresso del castello in mattoni rossi   saluta migliaia di visitatori all’arrivo della bella stagione .

Bolgheri, la Bordeaux d’Italia

Bolgheri è una frazione del comune di Castagneto Carducci, in provincia di Livorno. La sua posizione strategica, tra le Colline Metallifere e la leggendaria ‘Costa degli Etruschi’, fa di questo villaggio un territorio unico .

Immersa in una vegetazione rigogliosa e con le sue torri  affacciate su un mare cristallino,  Bolgheri è il fiore all’occhiello della Toscana grazie al Marchese Mario Incisa della Rocchetta, la cui genialità si materializza in tre suoi capolavori e ora attrattive del posto:

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta. In principio è il ‘Sassicaia’

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta  è nato a Roma . Lui è di  stirpe sabauda, e  giunge in Maremma al seguito del suo matrimonio nel 1930 con l’affascinante Clarice, discendente del conte Ugolino cantato da Dante nella sua ‘Divina Commedia’.

Agronomo, cosmopolita, visionario e di classe il Marchese Mario Incisa della Rocchetta  ‘colonizza’ Bolgheri, un centro agricolo di appena cento abitanti e dimenticato da Dio, e la trasforma in una corte stupenda con il suo entourage aristocratico.

Ribot, il cavallo prodigio di Bolgheri

Nei poderi ereditati il Marchese Mario Incisa della Rocchetta  apre un allevamento di cavalli da corsa da cui fuoriesce Ribot, che tra il 1955 e il 1958, vince sedici competizioni su sedici, dall’ ‘Arc de Triomphe’, al ‘Royal Ascot’ da San Siro a ‘Longchamp’.

Dal Cabernet dei Duchi Salviati di Pisa al ‘Sassicaia’

Ci fa anche una fattoria e in particolare a Castiglioncello di Bolgheri nel 1944 il Marchese Mario Incisa della Rocchetta semina delle barbatelle di Cabernet importate dai Duchi Salviati di Migliarino , che frequenta ai tempi dell’università a Pisa, e come il cappellaio matto tira fuori il primo taglio bordolese della Maremma.

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta non è del tutto soddisfatto di quella miscela di vitigni per nulla armonico, ma in fin dei conti gli sta bene, è un esperimento, il suo vino non vuole venderlo ma solo goderselo con chi gli sta intorno e con gli amici.

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta non si arrende e azzarda a regolare il tiro spostando il vigneto in un campo più alto che chiama ‘Sassicaia’ per il mix di sassi e ghiaia che la caratterizza in onore a Graves a cui si ispira,  e da cui ha origine l’omonimo vino che farà di  Bolgheri la Bordeaux d’Italia e un prestigioso centro di riferimento per l’enologia europea.

Nasce il ‘Sassicaia’

Ci vogliono venti anni di perfezionamenti e vicende varie prima che nasca il rinomato ‘Sassicaia’ che ognuno di noi vorrebbe in uno scaffale in bella mostra!Di fondamentale importanza è la lungimiranza del Marchese Mario Incisa della Rocchetta nell’avere individuato in Bolgheri la base per la replica del taglio bordolese francese. Questo è  sempre stato di gran tendenza in Europa e oltre oceano, e ha reso celebre Bolgheri .

Oltretutto si è offerto qualcosa di nuovo al mercato italiano che, da dopo il sofferente e disastroso dopoguerra alla lenta ripresa economica,  ha dormito per quanto riguarda il vino almeno fino agli  anni ’80!

DOC Bolgheri Consorzio di Tutela Vini

‘Sassicaia’, l’oro rosso di Bolgheri

E senza dubbio lo scossone del terremoto  ‘Sassicaia’ con epicentro a Bolgheri si avvertirà in superficie e profondità lungo tutta la penisola ! Pazzo o pioniere, il  Marchese Mario Incisa della Rocchetta lascia il segno a Bolgheri.

A differenza dei contadini della sua era per cui il vino è un modo per sopravvivere e da bere prima dell’inverno successivo, il Marchese Mario Incisa della Rocchetta è un nobile dentro e fuori . Lui vuole fare un vino di pregio, si interessa ai problemi agricoli evidenziando la necessità dì uscire dall’improvvisazione e di imitare i francesi dando un tono alla materia.

Seguendo il metodo francese e in controtendenza con l’allora dominante produzione di massa dovuta all’avvento delle nuove tecnologie, il Marchese Mario Incisa della Rocchetta impianta vitigni selezionati e sperimenta nuovi metodi di vinificazione. Preferisce basse rese in vigna e vitigni alloctoni a quelli autoctoni, lascia perdere il torchio a favore di una pressatura più dolce, e introduce l’affinamento in botte.

La famiglia Antinori , Giacomo Tachis e  l’ascesa del ‘Sassicaia’

Tutti questi sforzi sarebbero stati forse vani se ad un certo punto di questo bel romanzo non ci sarebbero stati altri protagonisti! Da una parte il figlio Nicolò Incisa della Rocchetta,  che, capendo la reale potenzialità di quel  ‘primitivo’ ‘Sassicaia’   osa commercializzarlo.  E dall’ altra i parenti patrizi degli Antinori nelle figure di Niccolò e Piero , che si occupano del marketing.

Questi ultimi fanno scacco matto facendo assumere il loro enologo,  il pater vinorum Giacomo Tachis. Il padre del ‘rinascimento del vino italiano’  stabilisce  tecniche  e tempi di affinamento, ingentilisce e struttura quello che sta per essere il primo cru del Bel Paese!

1968, l’anno del ‘Sassicaia‘. Luigi Veronelli e Robert Parker lo acclamano! 

Con l’inconfondibile etichetta della rosa dei venti dorata su sfondo blu disegnata dallo stesso Marchese Mario Incisa della Rocchett , il ‘Sassicaia’ viene imbottigliato per la prima volta nel 1968 e messo in distribuzione nel 1972 .

L’oro rosso di Bolgheri è sgrezzato dalle sue impurezze a tal punto da abbagliare i big del giornalismo enogastronomico. Le prime luci del ‘Sassicaia’ colpiscono Luigi Veronelli , pietra miliare nostrana del  wine & food , che gli dedica un articolo intero su ‘Panorama’ nel 1974.

Successivamente  con l’annata del 1978 il  ‘Sassicaia’ vola oltre i  confini . Questo esattamente quando la rivista inglese ‘Decanter’   lo proclama come migliore Cabernet tra quelli in competizione di altri trentatré paesi in un concorso tenutosi a Londra . Qui   prevale addirittura sui famosi chateaux bordoles

La vendemmia del 1985 regala al ‘Sassicaia’ 100 punti assegnati dalla penna di  Robert Parker,  guru della critica americana che lo consacra a fama internazionale.

Cosa sono i ‘Super tuscan’? 

E se vi dico che il ‘Sassicaia’ star indiscussa del jet set planetario usciva con la denominazione ‘vino da tavola’? Un paradosso questo che scatena e indigna al punto che, per questa categoria di vini speciali che non si adattano  alle regole dei rigidi disciplinari di allora come le DOC del 1983′ , che tutelano i soli bianchi e rosé.  Ecco che si conia in America il termine di ‘super tuscan’, dove ‘super’ sta per ‘diverso’ e non ‘migliore’.

La ‘Doc’ per i vini di Bolgheri e il ‘Sassicaia’

Bisogna attendere fino al 1994 con la formazione delle ‘DOC Bolgheri’ ,  ‘DOC Bolgheri Superiore e ‘DOC Bolgheri Sassicaia’ per placare le ire funeste .

La costituzione  del ‘Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri DOC’ , di cui Michele Satta è uno dei soci fondatori, nel 1955 con le sue cinquantacinque imprese agricole, sigilla a fuoco una grande  business venture . Questa ricerca costantemente di preservare sapere antico congiunto a modernità  e innovazione con lo scopo  di garantire a Bolgheri  un futuro tutto in salita.

I grandi di Bolgheri dopo il ‘Sassicaia’: ‘Ornellaia’, ‘Guado al Tasso’, ‘Grattamacco’, ‘Masseto’ 

In soli cinquanta anni Bolgheri  passa da 120 a circa 1300 ettari di vigna e assurge a  fenomeno di  vini da collezione che oltre al ‘Sassicaia’ vede spuntare nelle immediate vicinanze  mostri sacri del made in Italy quali ‘Ornellaia’, ‘Guado al Tasso’, ‘Grattamacco’ e  il ‘Masseto’ , Merlot al cento per cento che nel 2001 il ‘Wine Spectator’ celebra come secondo solo al ‘Petrus’ di Pomerol.

Bolgheri non è una moda!

Bolgheri non è una moda o un capriccio di qualche blasonato ma il ‘Rinascimento’ del vino in Toscana, nel momento in cui il ‘Brunello’ e l’Italia sonnecchia per poi svegliarsi del tutto a fine anni Novanta ed essere in classifica tra le potenze enoiche del globo . Bolgheri è il frutto del lavoro e il più dolce dei piaceri di uomini intelligenti e illuminati .  Questi  hanno collaborato e dialogato ribaltando le sorti di questa deliziosa cittadina.

Bolgheri ieri landa del deserto e considerata addirittura non vocata alla viticultura , oggi è una chicca dell’enologia italiana . Un luogo densamente popolato e affollato di turisti, curiosi e investitori provenienti da ogni parte del pianeta.

Cantina Michele Satta

Michele Satta, l’azienda

Michele Satta scommette tutto il suo essere e il suo avere a Bolgheri sin da quando ci mette piede. Genius loci , vate, o cosa? Michele Satta è certamente un imprenditore fuori dagli schemi, dotato di grande personalità, sensibilità ed intuito.

Non dimentichiamo però che se Michele Satta è un’autorità in fatto di vino non è solo per  i suoi studi, il suo carattere, le sue esperienze, e certe circostante favorevoli, ma principalmente per la devozione, la costanza , la  gioia e la serietà con cui ha perseguito  i suoi obiettivi, i suoi ideali.

La filosofia di Michele Satta!

Tutto quello che dai ti torna indietro nel bene e nel male, e quanto è vero per  Michele Satta ! E si sa che la fortuna non è una dea cieca ma aiuta gli audaci!  Tutto questo associato a un rapporto quasi ancestrale tra  Michele Satta  e la terra, che è il leitmotiv della sua esistenza stessa, si traduce nella nascita della sua azienda nel 1983 e nel suo primo vigneto nel 1991.

Michele Satta si distingue dagli altri fuoriclasse a Bolgheri  perché è una voce fuori coro nel dare largo spazio alle uve del posto quali Sangiovese e Vermentino (sia in assemblaggio che in purezza), e nel cimentarsi con altre varietà quali per esempio il Sauvignon Blanc, il Tempranillo e il Petit Verdot.

Una mossa alquanto temeraria quella di Michele Satta in un ambiente di altolocati e di certezze stellate tra le quali primeggia quella del ‘Sassicaia’ , ma mossa del tutto inevitabile per movimentare l’identità territoriale di questo paesotto maremmano, rispettandone sempre l’inclinazione per i vini bordolesi.

Cosa fa di particolare Michele Satta a Bolgheri con il vino?

In linea con i bolgheresi classici,  Michele Satta ha una sua personale visione del vino in cui soggiace prevalentemente l’intenzione di esaltare al massimo la complessità aromatica tipica del terroir mediterraneo che Bolgheri riesce a sprigionare.

Ciò si incarna perfettamente in tappe importanti della sua carriera enoica che dà alla luce nel 1987 il ‘Costa Giulia’ , 100% Vermentino,  e  nel 1994 il ‘Piastraia’ , blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese.

A fine anni novanta, reduce di una consulenza presso l’ ‘Ornellaia’ e sotto la supervisione del prof. Attilio ScienzaMichele Satta pianta anche una piccola porzione di Teroldego, quest’ultimo ingrediente di un’altra opera d’arte di Michele Satta che è il ‘I Castagni’.

Michele Satta, Paolo Lazzarotti studio fotografico

La barricaia di Michele Satta, Bolgheri

Un momento solenne della visita alla cantina di Michele Satta, è quando scendiamo nei  sotterranei , che sono  dedicati all’affinamento dei vini. Appena siamo giù nella cella rocciosa in cui i vini riposano,  Matteo ci confessa una cosa! Cioè che molti  Wine Lovers & Experts snobbano i vini bolgheresi , perché troppo freschi, fin troppo fruttati e non tipici. E principalmente perché essi  accontentano in maggiore misura il palato degli intenditori americani e cinesi.

Ogni testa è tribunale e la verità sta in mezzo! Lo ascoltiamo attenti lì tra le botti e le anfore di terracotta.  E dopo avere assaggiato i vini di Michele Satta, nessuno dei presenti ha dubbio alcuno che il bello per Bolgheri  deve ancora arrivare, nonostante i dubbi di qualcuno!

E come non credere ad un avvenire glorioso per questi vini marittimi, sontuosi, con una traccia balsamica indimenticabile che è il ricordo della macchia mediterranea, tratto specifico che li rende irripetibili.

Quanto è grande la cantina di Miche Satta? 

Michele Satta vanta una superficie vitata di 24 ettari , fruttando attualmente 150.000 bottiglie ottenute da uva propria. Matteo ci fa fare un giro all’interno della bottaia ed è orgoglioso di quello che ci sta descrivendo.

I suoi occhi brillano quasi a illuminare quegli spazi bui e freschi della grotta dove i vini di Michele Satta dormono per esprimere al meglio tutto il loro valore. Un valore che e è strettamente legato al terroir esclusivo di  Bolgheri , che li fanno oggetto di invidia!  Una alchimia naturale di sole, mare e terra questa è Bolgheri! Matteo ci spiega il motivo.

Le vigne di Michele Satta, il terroir di Bolgheri

Le vigne di Michele Satta sono tra quelle più a sud di tutto il comprensorio. Qui il suolo è particolarmente fertile , essendo  variegato per struttura: per lo più sabbia e in molti punti argilla. C’è anche del  limo,  di medio impasto,  drenante, e privo di sedimenti, cosa che facilita alle radici delle viti di scendere giù a fondo per alimentarsi.  

Matteo va avanti narrando che i filari, trattati con pratiche biologiche, sono protetti dal vento a est dalle colline, mentre a sud beneficiano degli effetti del mare e dei fiumi Cornia e Cecina . L’acqua apporta:

  • luce, favorendo la fotosintesi;
  • mitiga  il clima;
  • rende le estati fresche e gli  inverni miti;
  • genera  brezze gentili,  che tolgono la dannosa umidità in superficie.

Bolgheri, a presto

Bolgheri, a presto!

Una passeggiata tra le stradine ciottolate di  Bolgheri  e una cena a lume di candela nell’ intima e raffinata ‘Enoteca del Centro’ conclude magicamente il mio incontro con Michele Satta.

Mi sono riconcessa un sorso del suo ‘Syrah 2015’ , che è in poesia una frase di Antoine de Saint-Exupéry:

“E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”. 

Non è necessario che vi consigli Bolgheri  per una vacanza, o una semplice gita fuori porta. Perché l’Italia è meravigliosa, e se verrete qui capirete il motivo!

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