Bodegas Josè L. Ferrer

Bodegas Josè L. Ferrer

“Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare, quando non hai nulla per essere triste o essere felice, bevi per fare accadere qualcosa.”
Charles Bukowski

Bodegas Josè L. Ferrer 

Senza dubbio la Bodegas Josè L. Ferrer è un’istituzione divina a Maiorca. Diciamo pure che è la cantina per eccellenza dell’arcipelago delle Baleari. Ancora una volta la curiosità verso il vino mi ha portato a scoprire un territorio immenso. Quello di Maiorca appunto , che vanta un ricco patrimonio culturale, artistico, paesaggistico ed enogastronomico.

Così ho trascorso la mia Pasqua a contemplare , oltre le coste infinite di questo eden spagnolo. Ho sopratutto peregrinato  verso l’entroterra. E proprio qui  ho avuto un assaggio del meglio dei piatti e dei nettari maiorchini. In questo articolo vi propongo un viaggio enoico nel cuore dell’isola.  Un posto che vale la pena di esplorare non solo per le sue baie cristalline e i suoi monumenti. Venite con me e capirete che ci sono vari motivi per regalarvi una vacanza in questo angolo di paradiso.

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Bodegas Josè L. Ferrer, un salto a Inca per i cellers

In modo particolare il mio tour  ha interessato il lato interno  a Nord Ovest di  Maiorca. Prima  della  Bodegas Josè L. Ferrer c’è stata una tappa molto succulenta , quella a Inca. Questo paesino con le sue viuzze ciottolate e le sue chiese circostanti è celebre per il suo cuoio e le sue scarpe. Non è finita qui. La gloria di Inca sono i suoi  cellers .

I cellers  sono  ristoranti caratteristici, che sono  ricavati da vecchi depositi dove si faceva il vino in casa. Se volete mangiare e bere maiorchino accomodatevi pure in una di queste osterie . Qualcosa di diverso dai soliti  locali più alla moda, assalite dalle orde estive di  stranieri in fuga.

In quale celler andare a Inca? 

Se non avete idea di quale celler scegliere, vi propongo questo in basso, dove  tra l’altro ho beccato i vini della Bodegas Josè L.  Ferrer:

  • DAYLA – Vins i Tapes in Carrer Bisbe Llompart, 4 :   è un celler molto accogliente.  Il personale è estremamente gentile. Ti senti come a casa. I ragazzi dello staff  mi hanno aperto le porte . Nonostante fossi arrivata in orario quasi di chiusura. Il mio menù ha previsto: un fritto di gamberi rossi spadellati con aglio, pomodorini e peperoni. E una serie di calici di bianchi del posto.

La DO di Benissalem

Così dopo il lauto pranzo a Inca,  sono salita in treno per andare a visitare la cantina  Bodegas Josè L.  Ferrer .   Dopo venti minuti mi sono ritrovata a Benisallem.  Quella di Benissalem è la  prima DO (1990) delle Baleari per la produzione di rossi e rosati.

In questo pueblo interno di Maiorca il re dei vitigni è quello  autoctono detto Manto Negro. Esso è anche conosciuto come Callet . Ed è un incrocio tra Callet Cas Concos e Fogoneu. Dato il suo basso contenuto di antociani , la poca acidità e il basso contenuto alcolico,  Manto Negro si presta per rossi leggeri. Il suo  potenziale aromatico medio fornisce aromi di frutta matura e  melograno.

Altri vtigni della DO di Benissalem

A Benisallem ci sono dunque le condizioni ideali per la coltivazione di altri vitigni indigeni e internazionali. Molti dei quali sono gli stessi della Bodegas Josè L.  Ferrer

Il Manto Negro,vitgno re  della  Bodegas Josè L.  Ferrer e di Maiorca

Generalmente il Manto Negro è un’uva decisamente da taglio. E per lo più  si mesce con il Cabernet Sauvignon, il Syrah o il Tempranillo. Ultimamente però i winemaker  maiorchini lo sperimentano in purezza , e con ottimi risultati .

Quella di Benisallem  è un’area davvero privilegiata. Infatti è situata  al centro di Maiorca . Ed è protetta dalla Serra de Tramuntana. Questo è un sistema montuoso che raggiunge i 1.400 metri di altezza . E protegge i filari dal gelo e dai venti freddi del Nord.

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Il Moll , il bianco della  DO di Plà i Llevant 

Un’ altra DO (1999) è  quella di Plá i Llevant a Sud Est di Maiorca.  Raggruppa 19 municipalità :

I terreni (altzza massima di 100 metri slm ) qui  sono abbastanza fertili e rossi per la presenza di ossido di ferro.  Oppure bianchi per il contenuto di  argille, carbonato di calcio e  magnesio. Il drenaggio è buono e permette una profonda penetrazione delle radici. Senza dubbio importante è la temperatura , che  è mite tutto l’anno.

Il vitigno pricipe è quello del Moll o Prensal Blanc . Un’ uva  dalla buccia chiara, che genera bianchi fruttati e minerali, con aroma di di mele verde con finale mandorlato . I rosati sono invece agrumati, e gli spumanti quasi eterei.

Maiorca, vino poco ma eccellente

Il vigneto rappresenta una delle colture maggioritarie di Maiorca,  che si alterna  con mandorli, carrubi, fichi e ulivi. Il sistema di allevamento tradizionale è quello a guyot e cordone speronato. L’intera superficie vitata ammonta a circa 1000/2000 ettari. Non è tanto, per cui si predilige la qualità alla quantità.

Il motivo della poca espansione dei vigneti è dovuto principalmente all’elevato costo della terra. Non c’è da stupirsi, anche perchè Maiorca è diventata una meta immobiliare molto ambita da parte dei norderuopei con i soldi in tasca. Possiamo con certezza affermare che al presente la viticultura è un volano dell’economia maiorchina , che ha davanti un futuro prospero.

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Benissalem, un pueblo di meraviglie

Dalla stazione ferroviaria alla Bodega Ferrer  con sede a Benisallem  c’è una buona mezz’ora di camminata. Durante il tragitto nella cittadina rimarrete ammaliati dalla cura delle abitazioni. Sono tutte lastricate di pietra bianca, basse e adornate di piante. Il silenzio è imperante, interrotto qua e là dal miagolio dei gatti o dalle voci dei bambini che giocano  per strada.

A Benisallem , un  villaggio di appena 8000 anime, senza dubbio merita una menzione  la piazza centrale. In mezzo ad essa si staglia la Chiesa di Santa Maria Robines . Un perfetto esempio di stile barocco del XVIII secolo. Ovviamente questo è il punto di ritrovo di Benisallem,   una sorta di salotto cittadino  , che è vivo  durante tutto l’anno.

Prima di arrivare a destinazione alla Bodega Ferrer , passeggiando per i vicoli ho scovato altre aziende vitivinicole.  In tutto  se ne contano 70 a Maiorca. Purtroppo  erano tutte chiuse per via della festività pasquale.

Storia del vino a Benissalem

Logicamente Benisallem   deve la sua fama alla produzione di vino! La tradizione enologica della DO  di Benissalem  si riflette nei suoi riferimenti storici. L’introduzione della vite risale  al 121 d.C. Già nel I secolo d.C., Plinio parla dei vini delle Baleari, confrontandoli con i migliori d’Italia.

Anche durante il periodo della dominazione musulmana, nonostante i divieti del Corano,  si faceva il vino a Maiorca. Dopo la conquista, le Corti d’Aragona prima, e poi di Castiglia, favorirono la relativa espansione della coltura della vite, attraverso un regime di permessi di piantagione.

Il vino di Benissalem in letteratura

Troviamo riferimenti ai vini di Binissalem in queste opere letterarie:

La coltivazione della vite n generale  a Benisallem e a Maiorca ha attraversato momenti di splendore . E counque  altri di declino legati alla prefillosserica, alla postfillosserica, alla guerra civile spagnola e al boom turistico degli anni Sessanta. Si ebbe  una nuova ripresa alla fine degli anni Ottanta. Da allora, c’è stata una continua crescita del settore.

Zona geografica della DO di Binissalem

La zona geografica della DO Binissalem è costituita dai comuni di:

Con un’estensione di 154,75 km quadrati si tratta di una pianura ovoidale molto fertile , tutta esposta a Sud-Est . Si eleva ad un’altezza compresa tra 70 e 140 m s.l.m. 8 (intorno si possono avere anche alture di 400 metri).

Il terroir delle Baleari

Il terroir delle Baleari è il responsabile di rossi e bianchi unici al mondo, che hanno come tratto distintivo i profumi del Mediterraneo.

I terreni sono  ricchi di sedimenti calcarei e di arenarie silicee rosse . Essi danno origine a suoli dai toni bruni o rossastri. Il clima è mite. Al contrario le precipitazioni medie annue diverse in relazione alle stagioni. I monti fanno da scudo  ai venti .Mentre la  vicinanza al mare è responsabile di una vivace mineralità.

Bodegas José L. Ferrer, una storia di amore per il vino 

Appena sono arrivata all’entrata della Bodegas Josè L.  Ferrer sono rimasta affascinata dall’architettura moderna e al contempo retrò dell’impresa vitivinicola. Un edificio color ocra molto lineare e semplice . Esso  vanta degli esterni e degli interni ampi e luminosi. Questi sono  divisi in:  sala degustazione, ristorante , laboratorio e barricaia.  Ci sono circa 130 ettari di vigneto che circondano lo stabile dove crescono:

Inaugurata nel 2017, quella della Bodegas Josè L.  Ferrer è  un’attività di famiglia che dura da quattro generazioni. Sin da quando nel 1931 José L. Ferrer , il fondatore, ha messo su la prima pietra. Da allora sono passati circa 85 anni . Nell’arco d quasi un secolo la Bodegas Josè L.  Ferrer ha  rispettato la tradizione nel fare vino con un occhio attento all’innovazione teconologica.

Bodegas Josè L.  Ferrer , perchè sono stati i pionieri del vino a Maiorca?

Bodegas Josè L.  Ferrer è un’azienda vitivinicola rappresentativa del patrimonio enoico di Maiorca,  e delle Baleari, che   ha un passato  millenario . Sono stati tra i primi  a Maiorca  a :

  • valorizzare i vitign autoctoni ;
  • adoperare tecniche uniche di coltivazione dell’uva; 

  • fare  imbottigliamento meccanico ; 

  • invecchiare i rossi  in botti di rovere di legno ; 

  • favorire l’uso di sistemi di irrigazione all’avanguardia.

La Bodegas Josè L. Ferrer oggi 

Oggi Bodegas Josè L.  Ferrer  è gestita dal nipote José L. Roses e dai figli, María e Pepe. Tutti quanti  seguono  le orme del bisnonno. Gli spazi adella tenuta sono grandi. Ognuno di essi  è dedicato a tutto quello che serve per l’intero processo di vinificazione, che si svolge secondo criteri rigorosi.

Il riusltato di tanto lavoro è una produzione di circa 800, 000 bottiglie all’anno, che si esportano in Spagna e all’estero.  La tenuta offre anche la possibilità di fare dell’ottimo turismo enoico che poggia sulle visite in cantina, sui dei percorsi prenotabili in treno, e su abbinamenti tra vino e specialità della cucina locale.

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Bodegas Josè L. Ferrer, quattro vini in degustazione

Quando mi sono entrata alla  Bodegas Josè L.  Ferrer ho incontrato Sandra Waldmann e Ilhan Kaic Velasco. Lei è un’Italiana esplosiva per metà tedesca. Lui un giovane ragazzo che studia economia . Entrambi fanno parte dello staff dell’accoglienza, che mi hanno guidato nella mia visita alla cantina. Momenti davvero  fantastici.

Chiaramente la parte più interessante del mio arrivo alla Bodegas Josè L.  Ferrer  è stato quello della degustazione . Mi sono seduta su uno sgabello e nella botte fatta a tavolo mi sono state servite  quattro etichette formidabili.  Vi lascio qualche appunto in merito a ciò che questi vini mi hanno trasmesso. Devo confessarvi che non hanno nulla da invidiare a quelli prodotti in Italia o altrove . Sono stati davvero una piacevole sorpresa, perché associavo lo splendore di  Maiorca solamente alle sue acque blu!

Brut e un bianco della Bodegas Josè L. Ferrer

1.Veritas Brut Naure 2022: un brut di 12 gradi fatto con 100% di Moll . Di colore giallo paglierino, le bollicine si espandono fini e in moto costante.

L’aroma è complesso, al naso è come il Verdeho, molto fruttato. Al palato si avvertono note di pera , ananas, e anice. Ha una spiccata acidità, con una punta di amaro che rinfresca;

2. Pedra de Benissalem Blanc 2022 : un bianco di 12, 5 gradi  fatto con 100% di Moll . Le uve sono raccolte a mano durante la prima settimana di Agosto, poi sono tenute in fresco a 2° C e sottoposte a una macerazione pellicolare .

La seconda fermentazione avviene a temperature basse in vasche di alluminio. Alla vista è giallo pallido con riflessi verdognoli, trasparente e brillante. Fresco e aromatico, al palato ha note floreali e fruttate, rilevando un’ acidità equilibrata.

Rossi della Bodegas Josè L. Ferrer

3. Veritas Roig 2022 : un rosè di 11, 5 gradi  fatto con 100 % di Mantonegro. Il suo è un rosa tenue e pulito, ottenuto con una lieve macerazione sulle bucce.Sembra di annusare una rosa, e della frutta bianca. In bocca è come avere delle fragole, con una punta di limone e arancia. Un vino secco, leggero e un tantino amarognolo, bilanciato e con una persistenza intensa e aromatica;

4. Veritas 2012 : un rosso di 14 gradi   fatto con  70 % Mantonegro e 30% di  Cabernet . Dal coloro rosso rubino brillante , affina 40 mesi in  botte di rovere francese. Al naso sprigiona sentori di pepe e liquirizia, lasciando un pò di amaro.  Appena si beve invece risulta più succoso ,  morbido e setoso. Evidenzia una certa acidità che gli conferisce freschezza.

Bodegas Josè L.  Ferrer , un motivo per ritornare a Maiorca

Non è facile descrivervi i vini della Bodegas Josè L.  Ferrer , bisogna recarsi in loco e provarli di persona. Ho appreso in modo molto semplice sui vini maiorchini , capendone  i loro  caratteri distintivi .

Per esempio ho imparato alla Bodegas Josè L.  Ferrer che i bianchi maiorchini alla vista hanno un giallo pallido dorato. Essi sono molto aromatici , ricordano l’odore di fiori e frutta delicata.  Si fanno notare per la loro freschezza. Al contrario i rosati variano dal rosa pallido all’arancione, sono sfavillanti e limpidi. E infine i vini rossi hanno una grande personalità , specie se in blend, e affinati. Il loro sapore è molto persistente e sono ricchi di tannini.

La mia esperienza alla Bodegas Josè L.  Ferrer è stata indimenticabile . E  posso garantirvi che vale la pena concedersi una sosta di vino  se volerete a Maiorca. Ve lo suggerisco vivamente di staccare presto un biglietto. Resterete abbagliati dalla luce del Mediterraneo, dalla sua bellezza dirompete e dal calore della sua gente.  ¡ Buen viaje!

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Michele Satta, Bolgheri

Michele Satta, Bolgheri

L’essenziale è invisibile agli occhi”. 

Antoine de Saint-Exupéry

Michele Satta, 1 giorno in cantina per scoprire Bolgheri

I vini di Michele Satta sono l’essenza di Bolgheri , una zona a Sud di Livorno, che pochi conoscono. Si tratta di una zona ricca di fascino,  arte e cultura, e con una grande vocazione vitivinicola che è esplosa negli ultimi 50 anni! Vi racconterò di  Michele Satta , che è uno tra gli storici winemaker di Bolgheri, Questo per farvi conoscere la sua cantina , la storia di questo fazzoletto di terra e la sua magia.

D’altronde, si sa,  la Toscana è maledetta, pensi di starci poco e poi ci rimani per sempre! Questo è successo anche a Michele Satta , esattamente  nel 1974 , quando  iniziò a trascorrere qui  le  vacanze di famiglia.

Venite con me, si parte!

Michele Satta

Visita alla cantina di Michele Satta a Bolgheri

Novembre 2019.  Una mattina soleggiata  si parte in macchina. Direzione cantina di Michele Satta, Bolgheri. Il percorso si snoda attraverso  stradine strette,  verso una  pianura d’erba puntellata da papaveri, trifogli e alberi maestosi.

L’ ingresso semplice e minimale della cantina  di Michele Satta inganna . Questo  perché l’architettura dei suoi interni invece si impone con due piani di maestosità, modernità e raffinatezza. Insieme ad altri ospiti ci ritroviamo in una terrazza panoramica prospiciente la famosa Costa degli Estruschi’,  e ad accoglierci il giovane Matteo Bonaguidi,  brillante sommelier in carriera. 

Tutto parte dalla ‘Vigna del Cavaliere’

Appoggiandosi al muretto rovente della balconata, Matteo  ci  indica un punto preciso di Bolgheri tra acque trasparenti, cielo ed ulivi da cui inizia l’avventura di Michele Satta. Si tratta della ‘Vigna del Cavaliere’, il cui rudere è l’ombelico di quella che adesso è la tenuta:

  • una superficie vitata di 24 ettari con una produzione media di 150.000 bottiglie annue, ottenute tutte da uva propria.

In questa area benedetta da Dio il vino è nato molto prima dell’uomo, il vino qui è cultura, è tradizione, è l’anima stessa di Bolgheri . Michele Satta è riuscito perfettamente a valorizzare ogni cosa, che apprendiamo nel dettaglio  con le parole di Matteo prima del banchetto!

Michele Satta, l’uomo

Michele Satta, nasce a  Sant’ Ambrogio Olona, un paesino vicino Varese. Lui è di sangue mezzo sardo e mezzo piemontese. Dopo il liceo classico ,  si iscrive ad Agraria a Milano per un richiamo istintivo verso la natura. Forse lo hanno forgiato i ricordi dell’adoloscenza, trascorsa in villeggiatura tra Sardegna e Toscana, tra acque cristalline e colline di girasoli.

E tra una punta e l’altra dello stivale con le sue diramazioni isolane, come la verità che sta in mezzo, Michele Satta si ritrova a vivere presto  a Castagneto Carducci. Inizialmente metà estiva per un impiego occasionale da fattore propostogli da un amico del padre ingegnere.

Maledetta Toscana!

Nulla è per caso, ed evidentemente c’è una linea sottile, misteriosa, l’Io più profondo, che unisce tutti questi eventi e che spingono Michele Satta a spiegare le vele verso Toscana. Così ventiquattrenne Michele Satta continua l’università a Pisa e sposa Lucia da cui ha sei figli, di cui Giacomo, l’enologo, e Benedetta, responsabile comunicazione, costituiscono l’asse portante dell’azienda agricola.

Il 1983 è un periodo faticoso per  Michele Satta , che però lo tempra e lo fortifica nello spirito.  Per mandare avanti la baracca si sporca le mani, quelle stesse con cui sfoglia i libri da cui apprende con passione l’Ars Agricolae. Tuttavia la poesia dura davvero poco!

L’Italia negli anni ’80. Economia che punta alla quantità e non alla qualità!

Michele Satta  è infatti testimone di un’agricoltura che sta mutando a vista d’occhio, si sta ammodernando con il conseguente e negativo effetto di prediligere la quantità alla qualità e ciò fa abbassare i costi della merce.

Non si guadagna molto con quella fattoria ormai fuori moda ! Appena settanta ettari coltivati a pesche, fragole, carciofi, grano, e un po’ di vigna, che sono rivenduti per una miseria ogni mattina all’alba ai mercati centrali limitrofi.

Mala tempora currunt!

Michele Satta ce la mette tutta per fare funzionare gli ingranaggi di una macchina che però ormai è al collasso, come le sue finanze. C’è da affannarsi il pane tanto quanto basta per sfamare la cospicua prole.

Un concorso in banca a Roma potrebbe essere l’ancora di salvezza. Però c’è la tentazione di restare a lavorare la terra. Accade infatti che il suo vecchio capo gli propone di  curare la parte commerciale e i proventi delle vigne della stessa fattoria che abbandona in precedenza per sfinimento! Michele Satta non esita neppure un attimo e fa ritorno al solo destino cui è designato, il più nobile della terra, il vino! Da allora non si ferma più.

Degustazione vini Michele Satta

Degustazione dei vini di Michele Satta, Bolgheri

Il mio viaggio a Bolgheri   prosegue con la degustazione dei vini Michele Satta. Matteo  si fa notare subito per la sua classe e la sua professionalità . Si capisce subito che fa quello che gli piace fare.

Matteo  prepara i tavoli con dei cestini di pane sciocco e taglieri di salumi e formaggi locali. Sistema in fila tutti i bicchieri , che riflettono una luce calda, quella che entra attraverso le grandi vetrate della sala degustazione.

I miei vini preferiti di Michele Satta

Ecco qui di seguito la  selezione dei rossi e dei bianchi di Michele Satta. Tra quelli che proviamo  mi hanno particolarmente colpito:

  • ‘Bolgheri Bianco Costa di Giulia 2019’: battezzato così dal vigneto da cui proviene oltre che quello di ‘Querciola’, è  una bomba esplosiva di 70% di Vermentino e di 30% Sauvignon . Un bianco che fa innamorare Michele Obama in occasione del suo quarantunesimo compleanno al  ‘Caffè Milano’ di Washington. Questo vino  a contatto con le fecce fini fa affinamento lungo per circa sei mesi in tini di acciaio. Dal colore giallo paglierino, alterna i suoi profumi di pesca bianca e fiori delicati a evidenti sentori di  timo,  erba appena tagliata, miele , vaniglia. Dal finale lungo si presta a invecchiare qualche anno ;
  • ‘Syrah Michele Satta 2016 è un rosso in purezza di Syrah , proveniente dal vigneto detto  ‘Vignanova’ . Possiede tutte le caratteristiche di un vino mediterraneo, molto  sofisticato . Non  ha nulla da invidiare ai superbi rossi francesi del Rodano. Fermenta in botti di rovere da trenta hl ed affina diciotto mesi in barriques di secondo, terzo e quarto passaggio ed un anno in bottiglia con capacità di invecchiamento fino a venti anni. Nel calice si annuncia con un colore rosso rubino cupo, con note di frutta a bacca nera e si arricchisce di sensazioni speziate e nuance di erbe aromatiche. In bocca è di ottimo corpo, con un tannino maturo e termina con una chiusura persistente;
  • ‘Il Cavaliere 2017’: è un rosso 100% da selezione di uve Sangiovese raccolte a mano nei vigneti di ‘Vignanova’ e ‘Torre’ . Esso fa cemento per diciotto mesi , e può invecchiare fino a venti anni. Presenta un colore rubino ed al naso è molto aperto, con aromi di prugna, violetta, tabacco, cuoio e terra di bosco. In bocca è sapido e con tannini morbidi, con un retrogusto di liquirizia e un piacevole finale;
  • ‘Piastraia Michele Satta’ 2017: è un rosso, un taglio bordolese di Cabernet, Merlot e Sangiovese che con l’aggiunta di una punta di Syra prende il corpo  dei vini del Sud. Le uve provengono da cinque diversi vigneti che sono: ‘Torre’, ‘Poderini’, ‘Vignanova’, i ‘Castagni’ e ‘Campastrello’. Ciascuna varietà è fermentata separatamente in botti di rovere troncoconiche da trenta hl.  Sosta in barriques di legni francesi tra i diciotto ed i ventiquattro mesi. Un vino smart con un colore tendente al porpora con riflessi violacei. Al naso emergono note di ciliegia, cacao, e fiori blu. Il vino è sapido, con tannini rotondi e finale lungo. Capacità di invecchiamento fino a venti anni.

I vini di Michele Satta stregano e fanno venire voglia di stare bene, di godersi la vita, di rilassarsi.

Bolgheri, il viale dei cipressi più famoso al mondo

Chiunque arrivi a Bolgheri finisce vittima del suo incantesimo, non appena si percorrono i cinque chilometri dell’Aurelia fiancheggiati da 2500 “cipressi che alti e schietti quasi in corsa giganti giovinetti vanno fino a San Guido in duplice filar “.

Questi ultimi sono i versi del poeta Giosuè Carducci, premio  Nobel per la letteratura italiana nel 1906, che immortalano questo antico borgo medievale fondato nel XI dal Conte Gherardo della Gherardesca, il cui stemma all’ingresso del castello in mattoni rossi   saluta migliaia di visitatori all’arrivo della bella stagione .

Bolgheri, la Bordeaux d’Italia

Bolgheri è una frazione del comune di Castagneto Carducci, in provincia di Livorno. La sua posizione strategica, tra le Colline Metallifere e la leggendaria ‘Costa degli Etruschi’, fa di questo villaggio un territorio unico .

Immersa in una vegetazione rigogliosa e con le sue torri  affacciate su un mare cristallino,  Bolgheri è il fiore all’occhiello della Toscana grazie al Marchese Mario Incisa della Rocchetta, la cui genialità si materializza in tre suoi capolavori e ora attrattive del posto:

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta. In principio è il ‘Sassicaia’

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta  è nato a Roma . Lui è di  stirpe sabauda, e  giunge in Maremma al seguito del suo matrimonio nel 1930 con l’affascinante Clarice, discendente del conte Ugolino cantato da Dante nella sua ‘Divina Commedia’.

Agronomo, cosmopolita, visionario e di classe il Marchese Mario Incisa della Rocchetta  ‘colonizza’ Bolgheri, un centro agricolo di appena cento abitanti e dimenticato da Dio, e la trasforma in una corte stupenda con il suo entourage aristocratico.

Ribot, il cavallo prodigio di Bolgheri

Nei poderi ereditati il Marchese Mario Incisa della Rocchetta  apre un allevamento di cavalli da corsa da cui fuoriesce Ribot, che tra il 1955 e il 1958, vince sedici competizioni su sedici, dall’ ‘Arc de Triomphe’, al ‘Royal Ascot’ da San Siro a ‘Longchamp’.

Dal Cabernet dei Duchi Salviati di Pisa al ‘Sassicaia’

Ci fa anche una fattoria e in particolare a Castiglioncello di Bolgheri nel 1944 il Marchese Mario Incisa della Rocchetta semina delle barbatelle di Cabernet importate dai Duchi Salviati di Migliarino , che frequenta ai tempi dell’università a Pisa, e come il cappellaio matto tira fuori il primo taglio bordolese della Maremma.

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta non è del tutto soddisfatto di quella miscela di vitigni per nulla armonico, ma in fin dei conti gli sta bene, è un esperimento, il suo vino non vuole venderlo ma solo goderselo con chi gli sta intorno e con gli amici.

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta non si arrende e azzarda a regolare il tiro spostando il vigneto in un campo più alto che chiama ‘Sassicaia’ per il mix di sassi e ghiaia che la caratterizza in onore a Graves a cui si ispira,  e da cui ha origine l’omonimo vino che farà di  Bolgheri la Bordeaux d’Italia e un prestigioso centro di riferimento per l’enologia europea.

Nasce il ‘Sassicaia’

Ci vogliono venti anni di perfezionamenti e vicende varie prima che nasca il rinomato ‘Sassicaia’ che ognuno di noi vorrebbe in uno scaffale in bella mostra!Di fondamentale importanza è la lungimiranza del Marchese Mario Incisa della Rocchetta nell’avere individuato in Bolgheri la base per la replica del taglio bordolese francese. Questo è  sempre stato di gran tendenza in Europa e oltre oceano, e ha reso celebre Bolgheri .

Oltretutto si è offerto qualcosa di nuovo al mercato italiano che, da dopo il sofferente e disastroso dopoguerra alla lenta ripresa economica,  ha dormito per quanto riguarda il vino almeno fino agli  anni ’80!

DOC Bolgheri Consorzio di Tutela Vini

‘Sassicaia’, l’oro rosso di Bolgheri

E senza dubbio lo scossone del terremoto  ‘Sassicaia’ con epicentro a Bolgheri si avvertirà in superficie e profondità lungo tutta la penisola ! Pazzo o pioniere, il  Marchese Mario Incisa della Rocchetta lascia il segno a Bolgheri.

A differenza dei contadini della sua era per cui il vino è un modo per sopravvivere e da bere prima dell’inverno successivo, il Marchese Mario Incisa della Rocchetta è un nobile dentro e fuori . Lui vuole fare un vino di pregio, si interessa ai problemi agricoli evidenziando la necessità dì uscire dall’improvvisazione e di imitare i francesi dando un tono alla materia.

Seguendo il metodo francese e in controtendenza con l’allora dominante produzione di massa dovuta all’avvento delle nuove tecnologie, il Marchese Mario Incisa della Rocchetta impianta vitigni selezionati e sperimenta nuovi metodi di vinificazione. Preferisce basse rese in vigna e vitigni alloctoni a quelli autoctoni, lascia perdere il torchio a favore di una pressatura più dolce, e introduce l’affinamento in botte.

La famiglia Antinori , Giacomo Tachis e  l’ascesa del ‘Sassicaia’

Tutti questi sforzi sarebbero stati forse vani se ad un certo punto di questo bel romanzo non ci sarebbero stati altri protagonisti! Da una parte il figlio Nicolò Incisa della Rocchetta,  che, capendo la reale potenzialità di quel  ‘primitivo’ ‘Sassicaia’   osa commercializzarlo.  E dall’ altra i parenti patrizi degli Antinori nelle figure di Niccolò e Piero , che si occupano del marketing.

Questi ultimi fanno scacco matto facendo assumere il loro enologo,  il pater vinorum Giacomo Tachis. Il padre del ‘rinascimento del vino italiano’  stabilisce  tecniche  e tempi di affinamento, ingentilisce e struttura quello che sta per essere il primo cru del Bel Paese!

1968, l’anno del ‘Sassicaia‘. Luigi Veronelli e Robert Parker lo acclamano! 

Con l’inconfondibile etichetta della rosa dei venti dorata su sfondo blu disegnata dallo stesso Marchese Mario Incisa della Rocchett , il ‘Sassicaia’ viene imbottigliato per la prima volta nel 1968 e messo in distribuzione nel 1972 .

L’oro rosso di Bolgheri è sgrezzato dalle sue impurezze a tal punto da abbagliare i big del giornalismo enogastronomico. Le prime luci del ‘Sassicaia’ colpiscono Luigi Veronelli , pietra miliare nostrana del  wine & food , che gli dedica un articolo intero su ‘Panorama’ nel 1974.

Successivamente  con l’annata del 1978 il  ‘Sassicaia’ vola oltre i  confini . Questo esattamente quando la rivista inglese ‘Decanter’   lo proclama come migliore Cabernet tra quelli in competizione di altri trentatré paesi in un concorso tenutosi a Londra . Qui   prevale addirittura sui famosi chateaux bordoles

La vendemmia del 1985 regala al ‘Sassicaia’ 100 punti assegnati dalla penna di  Robert Parker,  guru della critica americana che lo consacra a fama internazionale.

Cosa sono i ‘Super tuscan’? 

E se vi dico che il ‘Sassicaia’ star indiscussa del jet set planetario usciva con la denominazione ‘vino da tavola’? Un paradosso questo che scatena e indigna al punto che, per questa categoria di vini speciali che non si adattano  alle regole dei rigidi disciplinari di allora come le DOC del 1983′ , che tutelano i soli bianchi e rosé.  Ecco che si conia in America il termine di ‘super tuscan’, dove ‘super’ sta per ‘diverso’ e non ‘migliore’.

La ‘Doc’ per i vini di Bolgheri e il ‘Sassicaia’

Bisogna attendere fino al 1994 con la formazione delle ‘DOC Bolgheri’ ,  ‘DOC Bolgheri Superiore e ‘DOC Bolgheri Sassicaia’ per placare le ire funeste .

La costituzione  del ‘Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri DOC’ , di cui Michele Satta è uno dei soci fondatori, nel 1955 con le sue cinquantacinque imprese agricole, sigilla a fuoco una grande  business venture . Questa ricerca costantemente di preservare sapere antico congiunto a modernità  e innovazione con lo scopo  di garantire a Bolgheri  un futuro tutto in salita.

I grandi di Bolgheri dopo il ‘Sassicaia’: ‘Ornellaia’, ‘Guado al Tasso’, ‘Grattamacco’, ‘Masseto’ 

In soli cinquanta anni Bolgheri  passa da 120 a circa 1300 ettari di vigna e assurge a  fenomeno di  vini da collezione che oltre al ‘Sassicaia’ vede spuntare nelle immediate vicinanze  mostri sacri del made in Italy quali ‘Ornellaia’, ‘Guado al Tasso’, ‘Grattamacco’ e  il ‘Masseto’ , Merlot al cento per cento che nel 2001 il ‘Wine Spectator’ celebra come secondo solo al ‘Petrus’ di Pomerol.

Bolgheri non è una moda!

Bolgheri non è una moda o un capriccio di qualche blasonato ma il ‘Rinascimento’ del vino in Toscana, nel momento in cui il ‘Brunello’ e l’Italia sonnecchia per poi svegliarsi del tutto a fine anni Novanta ed essere in classifica tra le potenze enoiche del globo . Bolgheri è il frutto del lavoro e il più dolce dei piaceri di uomini intelligenti e illuminati .  Questi  hanno collaborato e dialogato ribaltando le sorti di questa deliziosa cittadina.

Bolgheri ieri landa del deserto e considerata addirittura non vocata alla viticultura , oggi è una chicca dell’enologia italiana . Un luogo densamente popolato e affollato di turisti, curiosi e investitori provenienti da ogni parte del pianeta.

Cantina Michele Satta

Michele Satta, l’azienda

Michele Satta scommette tutto il suo essere e il suo avere a Bolgheri sin da quando ci mette piede. Genius loci , vate, o cosa? Michele Satta è certamente un imprenditore fuori dagli schemi, dotato di grande personalità, sensibilità ed intuito.

Non dimentichiamo però che se Michele Satta è un’autorità in fatto di vino non è solo per  i suoi studi, il suo carattere, le sue esperienze, e certe circostante favorevoli, ma principalmente per la devozione, la costanza , la  gioia e la serietà con cui ha perseguito  i suoi obiettivi, i suoi ideali.

La filosofia di Michele Satta!

Tutto quello che dai ti torna indietro nel bene e nel male, e quanto è vero per  Michele Satta ! E si sa che la fortuna non è una dea cieca ma aiuta gli audaci!  Tutto questo associato a un rapporto quasi ancestrale tra  Michele Satta  e la terra, che è il leitmotiv della sua esistenza stessa, si traduce nella nascita della sua azienda nel 1983 e nel suo primo vigneto nel 1991.

Michele Satta si distingue dagli altri fuoriclasse a Bolgheri  perché è una voce fuori coro nel dare largo spazio alle uve del posto quali Sangiovese e Vermentino (sia in assemblaggio che in purezza), e nel cimentarsi con altre varietà quali per esempio il Sauvignon Blanc, il Tempranillo e il Petit Verdot.

Una mossa alquanto temeraria quella di Michele Satta in un ambiente di altolocati e di certezze stellate tra le quali primeggia quella del ‘Sassicaia’ , ma mossa del tutto inevitabile per movimentare l’identità territoriale di questo paesotto maremmano, rispettandone sempre l’inclinazione per i vini bordolesi.

Cosa fa di particolare Michele Satta a Bolgheri con il vino?

In linea con i bolgheresi classici,  Michele Satta ha una sua personale visione del vino in cui soggiace prevalentemente l’intenzione di esaltare al massimo la complessità aromatica tipica del terroir mediterraneo che Bolgheri riesce a sprigionare.

Ciò si incarna perfettamente in tappe importanti della sua carriera enoica che dà alla luce nel 1987 il ‘Costa Giulia’ , 100% Vermentino,  e  nel 1994 il ‘Piastraia’ , blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese.

A fine anni novanta, reduce di una consulenza presso l’ ‘Ornellaia’ e sotto la supervisione del prof. Attilio ScienzaMichele Satta pianta anche una piccola porzione di Teroldego, quest’ultimo ingrediente di un’altra opera d’arte di Michele Satta che è il ‘I Castagni’.

Michele Satta, Paolo Lazzarotti studio fotografico

La barricaia di Michele Satta, Bolgheri

Un momento solenne della visita alla cantina di Michele Satta, è quando scendiamo nei  sotterranei , che sono  dedicati all’affinamento dei vini. Appena siamo giù nella cella rocciosa in cui i vini riposano,  Matteo ci confessa una cosa! Cioè che molti  Wine Lovers & Experts snobbano i vini bolgheresi , perché troppo freschi, fin troppo fruttati e non tipici. E principalmente perché essi  accontentano in maggiore misura il palato degli intenditori americani e cinesi.

Ogni testa è tribunale e la verità sta in mezzo! Lo ascoltiamo attenti lì tra le botti e le anfore di terracotta.  E dopo avere assaggiato i vini di Michele Satta, nessuno dei presenti ha dubbio alcuno che il bello per Bolgheri  deve ancora arrivare, nonostante i dubbi di qualcuno!

E come non credere ad un avvenire glorioso per questi vini marittimi, sontuosi, con una traccia balsamica indimenticabile che è il ricordo della macchia mediterranea, tratto specifico che li rende irripetibili.

Quanto è grande la cantina di Miche Satta? 

Michele Satta vanta una superficie vitata di 24 ettari , fruttando attualmente 150.000 bottiglie ottenute da uva propria. Matteo ci fa fare un giro all’interno della bottaia ed è orgoglioso di quello che ci sta descrivendo.

I suoi occhi brillano quasi a illuminare quegli spazi bui e freschi della grotta dove i vini di Michele Satta dormono per esprimere al meglio tutto il loro valore. Un valore che e è strettamente legato al terroir esclusivo di  Bolgheri , che li fanno oggetto di invidia!  Una alchimia naturale di sole, mare e terra questa è Bolgheri! Matteo ci spiega il motivo.

Le vigne di Michele Satta, il terroir di Bolgheri

Le vigne di Michele Satta sono tra quelle più a sud di tutto il comprensorio. Qui il suolo è particolarmente fertile , essendo  variegato per struttura: per lo più sabbia e in molti punti argilla. C’è anche del  limo,  di medio impasto,  drenante, e privo di sedimenti, cosa che facilita alle radici delle viti di scendere giù a fondo per alimentarsi.  

Matteo va avanti narrando che i filari, trattati con pratiche biologiche, sono protetti dal vento a est dalle colline, mentre a sud beneficiano degli effetti del mare e dei fiumi Cornia e Cecina . L’acqua apporta:

  • luce, favorendo la fotosintesi;
  • mitiga  il clima;
  • rende le estati fresche e gli  inverni miti;
  • genera  brezze gentili,  che tolgono la dannosa umidità in superficie.

Bolgheri, a presto

Bolgheri, a presto!

Una passeggiata tra le stradine ciottolate di  Bolgheri  e una cena a lume di candela nell’ intima e raffinata ‘Enoteca del Centro’ conclude magicamente il mio incontro con Michele Satta.

Mi sono riconcessa un sorso del suo ‘Syrah 2015’ , che è in poesia una frase di Antoine de Saint-Exupéry:

“E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”. 

Non è necessario che vi consigli Bolgheri  per una vacanza, o una semplice gita fuori porta. Perché l’Italia è meravigliosa, e se verrete qui capirete il motivo!

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“Arrighi Winery”, Elba

“Arrighi Winery”, Elba

The most important thing is not what you find at the end of a race, but what you feel inside while running”  

Antonio Arrighi

“Arrighi Winery”, Porto Azzurro. Elba

At the end of the month of July , I visited  “Arrighi Winery”  . Meanwhile, I had the possibility to discover  all the beauty of  Elba , which is the largest  island of  the seven jewels of the   “Tuscan archipelago”.  According to a legend,  losing  her necklace in the  Tyrrhenian sea, Venus  created the  “Tuscan archipelago” , which also consists of :

Yes of course, rolling hillsides, sunflowers, cypresses and beautiful towns, but there’s much more in Tuscany, like  Elba,  a slice of paradise. This amazing Tuscan island is destined to be turned into one of the coolest destinations of Italy . Why? Becasue of f its terrific beach-laced coves, vineyards, azure waters,  mind-bending views, and more over!

“Arrighi Winery” a way to discover Elba

Elba is  probably most famous due to being the place, which Napoleon choose  for his exile in 1814–15 after his defeat at WaterlooNot a bad place to be banished I have to say! As a result of being elected  “Emperor of Elba” in 1814 , he left  a significant mark of his short reign. Whta? In particular , these magnificent  noble residences in Portoferraio, which is the main city of the island:

Elba is located 6.2 miles from the coastal town of Piombino, and, with an area of 86 square miles (223 square km), it’s an unspoilt pearl of  Tuscany: clear blue sea, sandy beaches, wonderful landscapes, and mild climate. There is  a varied vegetation of Mediterranean type, which is rich in olive groves and vineyards.

Elba is not a typical tourist destination

Being a spot off the beaten path , Elba is not a typical tourist destination,   Elba is infact mostly frequented by Tuscany residents. You’ll not find hordes of people or lines and crowds like in other Mediterranean islands, such as in Sicily or in Sardinia. So, if you want to avoid them too, book a trip in spring or early autumn !

Moreover, Elba is a land full of history: remains of the Etruscan, Roman and Medieval ages testify a fascinating past and  rich wine cultural heritage .

Above all, Elba is well worth being seen for the flavours of its cuisine too, which is made from simple dishes and fantasy. Being an island, Elba has several fish restaurants. Every morning, fishermen go offshore and fish all day. Lovely, in the late afternoon, they bring their catch to the island’ s restaurants.

If you haven’t visited Elba yet, you need to . Right now! This gorgeous small island is destined to be turned into one of your  must-see places !

Elba History

Being inhabited since pre-historic times,  Elba was discovered early on to be ripe with iron-ore deposits. Elba attracted a lot of ancient people, such as the Etruscans and the Greeks. They called it  “Aethalia” (which means “smoky place”, probably because of the smelting furnaces). Later the Romans, renamed   it “Ilva”,  established a naval base on the island.

Over the centuries Elba underwent many other invasions and dominations. In the early Middle Ages, Elba was ruled by Pisa, in 1290 by Genoa, in 1399 by the “Dukes of Piombino”, and in 1548 by Cosimo I de Medici of Florence. From 1596 until 1709 the Eastern part of Elba was under the Spanish Empire control for about 150 years, then the whole territory was conquered first by Naples, and finally by the French in 1802.

When Napoleon I abdicated in 1814, he was exiled to Elba, where he landed on May 4. Since then, Elba was recognized as an independent principality with Napoleon as its jing until February 26, 1815.  Thereafter, Elba was restored to Tuscan, with which it passed to unified Italy in 1860.

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1st day , 23th July. Arrival in Portoferraio

Elba, is surprisingly easy to reach as well! I took a train from Pisa to Piombino Marittima . Then  from the station I had a short walk  to the ferry reaching  Elba in 45 minutes!

Approaching Elba, I was amazed at how massive and densely forested it was. After disembarking in pastel-hued Portoferrario, Elba’s largest city  founded by Cosimo I  de’ Medici in 1548, I headed down the red pedestrian pathway towards the town with a  tour of Napoleon’s Residences above mentioned.

I took lots of photos strolling around the cobbled streets of the cute Portoferrario, both in the city center and in the old town. I kept walking taking a hike to the De Medici fortress” , a great  example of a defensive military architecture of the XVI century.

Grand Duke of Tuscany Cosimo l  built this big complex of fortified walls  and  old forts (“Fort Falcone” , “Fort Stella”  and“Linguella Tower”)  as a defence against the Turkish attacks.  Without any doubt  from there I enjoyed  breath taking panoramic views.

Porto Azzurro is waiting for me! 

Then as the day was really sultry, I had to rest,  drinking a cold cola in one of  the many beach cafes which dotted the little port . My cola ice cubes turned into water fort the summer heat, while I was waiting in Portoferrario for   Antonio Arrighi. This multitalented wine entrepreneur  welcomed me at his winery in Elba for an  interview . Antonio picked me up at the bar and  drove me to  Porto Azzurro, a tiny fisher village where he lives and works.

Porto Azzurro  is  the second most important inhabited center of the island . It was a fortune to  spent three days in this quaint village, staying at the central  “Belmare Hotel” . After I unpacked my bags , Antonio and me had our lunch at “Sopravento restaurant” to speak about the interview.

First  my attention was captured by our succulent seafood dishes:

During our delicious lunch , Antonio started to talk about his life, while I was listening carefully. That’s all, time went by faster and faster . Yes, I can say that I was totally enchanted by his words, being completely absorbed in his speech!

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Antonio Arrighi , the famous winemaker of Elba island

What about Antonio Arrighi ? Well, he was born in the room number 13 of  “Belmare Hotel” (where I was hosted, what an happy coincidence!) in Porto Azzurro.  Once this hotel belonged to his father, therefore Antonio was raised in a family of experienced hoteliers and restaurateurs with a long tradition of  hospitality in Elba.

In 1960, when tourism was booming in Elba, the  Arrighi Family started the hotel business, and in 1970 run a farm for its hotel clients producing different types of meat (pork, rabbit, etc), flowers, peaches and grapes. As a child Antonio was always involved behind the scenes.

In 1980 Antonio became  a sommelier (he is still being part of the Elba Delegation of “AIS Toscana”),  not only to take care of  his vineyards, but also for making excellent wine!

In 1995 a great opportunity knocked on his door , when Antonio undertook an ambitious project in collaboration with the Tuscan Region and with Paolo Storchi (senior researcher at CREA (“Council for Agricultural Research and Agricultural of Arezzo”).

The ambitious idea of Antonio was about understanding which international grape varieties along with the local ones could grow in Elba. He found the answer in these grapes:

Antonio went on with planting these selected international grape varieties in Elba, being drought and diseases resistant.  Moreover, these international grape varieties complied with high quality standards and delivered consistent results time after time.

Antonio Arrighi’ s family

Since 2000 onwards Antonio was fully dedicated to his winemaking passion, which turned into his main activity. His family is very supportive .  Each of them helps Antonio with the wine business: Giulia is the young oenologist, Ilaria  deals with the marketing, and the little Matteo  is still growing up!

Piazza Matteotti in Porto Azzurro, Elba

After my  fantastic  lunch with Antonio  ,  I  went back to my hotel to sleep a little bit. Late in the evening after my little nap, I wandered through the narrow streets of Porto Azzurro:

From “Piazza Matteotti”  I continued down the main streets of the harbour:

  • Via Vitaliani” and “Banchina 4 Novembre” , which were coloured by the balcony flower pots,  by the souvenirs shops and by the moon which had risen over the harbour.

While I was relaxing with a wonderful “apericena” in the  nice “Bar Corinto”, I looked all around  noticing how much beauty was in every corner of this old fishing town.

Promise, I was fascinated  by the lush natural beauty of  Elba , by its enchanting harbour, and by its people sweetness. Though I am hardly in a position yet to recommend “the best’ of anything”, I experienced enough to suggest an enjoyable two-day itinerary. What’s more, I  will give you a glimpse of the treasures that Elba has to offer!

To begin with, I can tell you that most of the island is very panoramic. Definitely, It is because  there are no ugly buildings to be found .

Belmare Hotel, Porto Azzurro

2nd Day. The “Arrighi Winery”  in Elba island

My morning breakfast  “Belmare Hotel” in Porto Azzurro was an abudant buffet with fresh bread, marmalade and an hot black coffe  espresso .  I set outside on the terrace looking out to see the first light of the day. Meantime, the sea-gulls were playing with the wind,  while  the  fishermen where spreading their nets.

I was embraced by a warm  and Mediterranean atmosphere. Soon after , as the heat was closing in on me, I took a refreshing dip  in a small cove near Porto Azzurro city center. Nothing better than this! It set me up perfectly  for the upcoming wonder of my your in Elba, that is my visit to “Arrighi Winery”

“Arrighi Winery”, in the heart of Porto Azzurro

At about eleven o’ clock Antonio collected me from my hotel to visit  his estate in “Piano al Monte”,. Thi is  an area in the eastern hills of Porto Azzurro, within the “Tuscan Archipelago National Park” . We arrived at his winery after only a  few minutes drive. Then Antonio and I rode on a Quad , going  around  his amphitheatre of grapevines and his trekking wine paths in “Piano al Monte”.

While we rode  he talked about his tremendous existence! From what he said it’s clear that Antonio is very fond of his family and of his farmhouse, whose secret ingredients are passion, tradition, and innovation. With a production of about 40,000 bottles per year,  Antonio‘s property extends over 12 hectares, of which 7 are vineyards with 300 olive trees.

After this wine trip, I went into the office of  Antonio , writing down all that was useful for a better understanding of the wine production in Elba.

Elba , the terroir and the goal of Antonio Arrighi in  wine production 

If asked what Elba‘ s flagship wine is , we would probably answer Aleatico, or Ansonica. Of course,  these grapes  expresses the cultural roots and spirit of the island! In particular the goal of Antonio is not only to produce wine from these local grapes, but also to experiment with new ones. Those grapes,  which are best suited to the Elba with a proper  terroir  , which is unique in the world.

In brief, Antonio pointed out that viticulture has been always florid in Elba  for this particular terroir, that is the result of of the geological past of the Elba itself ! Elba  was infact the largest remaining portion of land that once connected the Italian peninsula to Corsica.

That’ why the Tuscan island  boasts a wide variety of  fertile terrains.  Basically Elba is made from iron and  clay, and different landscapes with high mountains, valleys, and small coastal plains. A third of the surface area is above 200m, and the highest point, which is  “Monte Capanne” (1019 meters above sea level).

Thus all of these pedoclimatic characteristics of Elba together with sea, sun and a mild climate, are fundamental for an high quality of its  wine production. Surely  , Elba  is full of wineries and vineyards , which occupy different terrains from distinct geological formations.  Because of these varied soils,  Elban wines flourish with unique organoleptic characteristics.

“Arrighi winery”, two lines of wine production

Antonio reminded me that the origin of Elban viticulture was very old.  This sector together with farming, fishing and iron and granite mining activities made up  a significant portion of the economy , before tourism’s environmental and social affected the island.

The best quality of Antonio is creativity. He has the imagination to create in his mind a wine . Later he knows how to  realise it in his winery. That’s because as Antonio says: ” winemaking is an art  as well as a science, and having the ability to think outside the box and to improvise, when needed, are critical skills to be successful”.

Antonio is intuitive and perceptive enough to be able to understand Elba ‘s  terroir and coax out its maximum potential. In this way,  his wines reflect their origin and have their own personality. It has led him to develop two lines of wine production:

  1. The first line is based on the historic grape varieties of the island:  Procanico (or Trebbiano), Ansonica (or Inzolia), Biancone, Riminese (or Vernaccia) for the white wines. Sangioveto, Tintiglia and the famous Aleatico for the red wines;
  2. The second line is  based on the international grape varietiesChardonnay, Incrocio Manzoni (Riesling and Pinot Blanc) and Viognier for the white wines.  Syrah, Sagrantino  and Tempranillo for the red wines.

What about wine tradition in Elba island? 

Furthermore, Antonio could already glimpse the enormous potential offered by Elba as a wine-making region. Its  wine heritage dates back to Greek  (10th Century B.C.), Etruscan (6th Century B.C.), and Roman (5th Century B.C.) period. All these ancient settlers left their indelible signs on winemaking in the island.
For example, there are traces of a glorious past in wine production and trading in two recent discoveries in Elba (2013) : five large terracotta amphorae in  a Roman Villa  , and other ones  found on board of roman shipwrecks around the island. These findings attest attest that the wine trade was already widespread in the island . This happened  thanks to methods suitable for the conservation and transport of this product.

Specifically, the importance of traditional knowledge in wine can be recognised for example in the the  vinification in terracotta amphorae.  As you’ll see in my post, Antonio displayed this old  technique thatwith scientific rigor in his winery!

However, viticulture in Elba wasn’t always picnic during the centuries. In general, there is no evidence relating to the  viticulture of Elba during Middle Age. But it’s documented that Elban wine had a good reputation and a trading for fair price in Tuscany.
On one hand, at  the end of 18th and for all the 19th century tthe  viticulture of Elba  enjoyed remarkable development, thanks also to Napoleon’ s attention to wine-growing and to the wines. On the other hand, between 1850 and 1860, following several disasters (mildew; vine louse), the wine production dropped dramatically in Elba.
Suddenly, in 1878  the wine production in the island recovered again. First It produced about 20 times more as the current production. F went down again. At that time Elba landscape was marked by vineyards terraces, covering the hillsides as high as 400 m above sea level.

What about wine production today in Elba island? 

By the way, from the ’60s there was a continuous decrease in number of vineyards in Elba due to the increase of tourism and urbanization. To summarize, today vineyards cover about 300 hectares of the island, and only about 125 of them are on the official “D.O.C. register”.
Until now,  most of the previous terracings are either covered in wild bushes and trees. Besides,  buildings have been put in their place.  Lastly, people tend to prefer growing vines where the ground is flat,  picking the grapes with modern machinery too.
It’s only in recent years that wines from Elba have gone up in quality, thanks to the commitment of a handful of well organised wineries and local organizations,  whose only aim is to obtain  high quality products.
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The wines of “Arrighi Winery”, Elba

Listening to Antonio tall about his passion for Elba makes you wish to return again and again. I absolutely believe it , especially after tasting his labels in his winery with other wine lovers , all there aiming to grab  Elba‘s spirit.

Besides Antonios  Aleatico vinegar “Ace di Ale” , his liquors “Limoncino” / “Arancino”, and his olive oil, here are my top 9 reasons for your next trip to Porto Azzurro :

Unquestionably, my favourite products of this wonderful wine tasting from 2018 have been:

Why is Antonio Arrighi a talented winemaker in Elba island? Passion and hard work is the right answer ! 

Sometimes you just start to wonder if you actually want to recommend a place.  Because it will become even more popular and lose some of its authentic charms! However, “Arrighi Winery is just too good not no be mentioned! The wines were as fabulous as their reasonable prices.

Besides providing a very high standard wine tasting, Antonio went on answering all the question of other guests attending that incredible wine event in his winery.  Each of us was very happy  with  Antonio . He is such a gorgeous person . You can just feel the passion that he puts behind his work. Please, make yourself comfortable, and relax ! That’s not all about  Antonio !  Follow me for a litte bit more!

“Nesos”:  how the Greek made the sustainable underwater wine 2500 years ago

“Nesos”  is an attempt to revive, on the island of Elba, the mysterious  wine of Chios, famous in ancient times for its intense flavour  and its secret recipe!

At this point the question arises, whether Antonio is crazy or not! Certainly, he is a visionary pioneer with professional skills. Thereupon, wine experts and universities decided to collaborate with him to support this challenge, that combines oenology and archaeology .

To begin with, in 2018 Antonio  organized the  “Elba Aleatico Day “ , a wine and oil exhibition supported by the “AIS of Elba” and by the “Ministry of Agriculture”. In this conference he met Attilio Scienza, a well-known agronomist at Milano University, which was his main partner in launching this extraordinary   experiment.

Why don’t to resurrect a marine wine said to be favoured by Julius Caesar?

Primarily, this experiment witness the  interest of Antonio in recreating a kind of  sustainable wine as ancient vine growers did in Chios! Reviving the underwater wine was a big discovery  for this crazy winemaker from  Elba  for two important reasons.

First, because of  saltwater! It worked as a  natural  antioxidant and disinfectant agent! Subsequently, there is no more need for sulphites in making wines!  Second, saltwater get rid of  the waxy white surface bloom, and allows the fruit to dry quickly in the sun. This preserves more aromas, being  so tasteful unlike anything else.

The adventure of producing “Nesos” in the blue sea of Porto Azzurro

First of all, Antonio and his team reproduced this ancient process using Ansonica grape variety, also known as Inzolia. They are which are similar to the old grapes used  for  making the famous wine in Chios. After the harvesting, he pulled down Ansonica grapes into the sea water of Porto Azzurro down to approximately 7 meters for 5 days.

After that, Antonio took Ansonica grapes held in Sardinian wicker baskets out of the sea water. In the end, he dehydrated these grapes , drying them on mats. Finally,  Antonio   vinified the grapes in terracotta amphorae, which found its place once again in winemaking after many centuries a with minimal interventions!

What kind of wine is “Nesos”?

Previewing this “old greek wine” at “Arrighi Winery”, before it’s improved year after year and released to retail, makes me feel real special  ! “Nesos”  is a strong and sapid wine ,  gold in colour. The nose is round. It  is played on particular hints of  yellow apple fruit  followed by peat and seaweed aromas, as well as broom flowers typical of Elba. It is delicate and refreshing, with a savoury olive finish.

“Vinum Insulae”, a video trailer by Stefano Muti about “Nesos”

Given that, there is also a documentary film called “Vinum Insulae” shot by Stefano Muti , which immortalizes  Antonio’s undertaking . This is a 15 minutes trailer, which was awarded at the Marsille’s Film Festival “Aenovideo 2019” .

My wine and life experience at “Arrighi Winery was unforgettable. It’s really unbelievable how a strong passion for the territory and wine drove  Antonio to make his dreams come true. He  must try new approaches and think out of the proverbial box!

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Before saying Bye Bye to the magic Elba! 

After the superb wine tasting, I wallowed in a turquoise sea at “Barbarossa Beach” on the way  back to my hotel on the last day of my holiday. “Barbarossa” is one of the most beautiful and popular beaches of the of Porto Azzurro. You can get there on foot from Porto Azzurro harbour thanks to a path that runs along the coast, passing under the prison’s walls.

Walking along this beautiful scenic path you can arrive at the “Barbarossa Beach” in about 15 minutes. “Barbarossa Beach”  has a sandy shore mixed with multicoloured pebbles ranging from red to grey and brown. It has both free access and beach clubs, offering rental services of umbrellas, sunbeds and paddle boats.

“Locanda Cecconi”, where to eat in Elba island

It was pleasant to stay at the “Barbarossa Beach” till my stomach rambled! I went away to have a shower in my hotel dreaming for my last dinner in the Island. I booked at “Locanda Cecconi” as Antonio suggested! Federico with his mother run this cosy and friendly restaurant in the heart of Porto Azzurro.

I had the best grilled octopus of my life, which was served on a creamy potato and on home-made bread. My friend Walter Tripicchio joined me for the dessert time. He entertained me finely with his anecdotes about Elba and about his delightful  “Scoglio Bianco Hotel”, which is situated in the appealing bay of Viticcio.

Thanks Antonio!

Antonio never ceases to amaze! When he doesn’t work at his vineyards, he jogs early at 5 o’ clock in the morning. In this way , he proves his fidelity to have been an excellent triathlon runner  and traveller in the past.

Due to lack of time, cannot travel so much  anymore. Furthermore,  being ambassador of his island, Antonio  does not have a moment of rest, participating  in the most important trade fairs, or attending university lectures halls as a teacher . I have fallen in love with Elba . I cannot wait to return! Go to Elba if you want a good  life, and  let me know if you need my help and tips !

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