„E dirò sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi, cercherò i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni, i visi che si sono persi, canterò soltanto il tempo…“
‘Azienda Agricola Gaggioli’
La mia curiosità e voglia di esplorare le meraviglie d’Italia mi portano per tre giorni in Emilia Romagna presso l ‘Azienda Agricola Gaggioli’ , agriturismo e cantina di eccellenza. Il mio wine report con l’eclettico conduttore televisivo Luigi Bressan, Veneto in pratica, ma cosmopolita di fatto, è stata un’esperienza indimenticabile. Tre giorni trascorsi in due regioni storiche come l’Emilia e Romagna, così diverse tra loro per paesaggi e genti , eppure affini per usi e costumi.
Un curioso stereotipo, infatti, caratterizza l’Emilia come più chiusa per apertura mentale rispetto alla Romagna, probabilmente essendo la prima più montuosa e collinare rispetto alla seconda collocata in prossimità della Riviera Adriatica.
Due lunghe fasce punteggiate da borghi e rocche fortificate, testimoni dalla caduta dell’Impero Romano fino all’Unità d’Italia di eventi storicamente dissimili, con le città emiliane organizzate in comuni e ducati , e quelle romagnole guidate dall’ Impero Bizantino e dallo Stato della Chiesa.
Primo giorno. In viaggio verso Zola Predosa, Emilia Romagna
Dopo neppure due ore di autostrada da Pisa giungo a Zola Predosa, ospite del dottor Carlo Gaggioli , fondatore dell’omonima cantina situata nel cuore dei Colli Bolognesi. Al mio arrivo il contrasto tra la parte industriale di questa zona e quella agricola è tanto grande quanto il miracolo che il dottor Gaggioli compie per la sua comunità.
Nel 1960 questo grande imprenditore emiliano riesce a esprimere il genius loci di questi luoghi con la valorizzazione del Pignoletto, un vitigno autoctono troppo spesso sottovalutato, rivoluzionando l’ economia locale e il modo di fare vino.
‘Borgo alle vigne’, ‘l’agriturismo di Letizia Gaggioli
Intorno le dieci del mattino mi ritrovo nel primo gioiello di famiglia, l’agriturismo ‘Borgo delle Vigne’, dove Letizia , la figlia del dottor Gaggioli, mi accoglie con sorriso smagliante. Letizia è una donna esile, gentile ma molto operativa nella sua veste di general manager , e nonostante la sua timidezza, mi mette subito a mio agio.
Sistemate le valigie in camera al secondo piano, dopo una doccia rinfrescante, scendo giù nella hall . Mi accomodo in un divanetto, e Letizia mi da il benvenuto con un espresso, spiegandomi in generale il programma di tre giorni in azienda per il reportage loro dedicato.
Gli interni dell’agriturismo ‘Borgo alle vigne’
Realizzato nel 2008 e ricavato da un fienile dismesso , ‘Borgo delle Vigne’, dispone di sette camere, una taverna biblioteca (800 volumi di enologia, gastronomia, natura, arte, storia, letteratura e religione a disposizione del pubblico) e due sale ristorante con vista panoramica , usate per convivi, ricevimenti, e pranzi di lavoro.
La cucina è quella indigena, e il segreto è la freschezza degli ingredienti a chilometro zero ricavati in loco: vino, verdure dell’orto, olio, nocino, e carne bovina. Il rispetto per l’ambiente è la sostanza della filosofia aziendale :
- Minimo ricorso ai trattamenti contro i parassiti delle piante ;
- Recupero bottiglie;
- Differenziazione dei rifiuti;
- Impianto solare per la produzione di acqua calda;
- Sistema fotovoltaico per la fornitura di tutta l’energia elettrica necessaria.
Cosa vedere vicino ‘Borgo alle Vigne’. Il meglio delle attrattive dell’Emilia Romagna
‘Borgo delle Vigne’, è davvero una meta di vacanza ideale per via della sua posizione strategica, essendo a pochi passi da Bologna , a cui è collegato via autostrada, treno e aeroporto. ‘Borgo delle Vigne’ permette difatti di godere sia della pace di un rifugio campestre, sia della movida emiliano romagnola.
Per gli sportivi c’è l’ imbarazzo della scelta, perché si possono fare: escursioni a piedi, in moto e mountain bike. Per gli esploratori in linea d’aria interessanti da vedere sono:
- Gli importanti musei ‘Archeologico Crespellani’ , ‘Cà Ghironda’, ‘Ferrari’ , e ‘Ducati’ ;
- Le ville ‘P.zzo Albergati’ (residenza napoleonica , dove villeggiò Carlo Goldoni) e ‘Pallavicini’ ( dove soggiornarono Ugo Foscolo e Mozart).
I più modaioli invece possono divertirsi facilmente raggiungendo le più ambite città d’arte:
- Firenze, Venezia e Ferrara;
- La Costa Romagnola e i vicini campi da golf.
Mr Carlo Gaggioli, un gentle man di altri tempi
Quando stai bene, le lancette dell’orologio si fermano. Mi accorgo che è ora di pranzo dal brontolio del mio stomaco! Letizia avanza nell’atrio con tre bicchieri del loro rosato:
- ‘Letizia’ : uno spumante brut di Pinot Nero e Barbera. Al palato è fresco , armonico e persistente , con sentori di pesca, frutta esotica ed erbe aromatiche. ‘Letizia’ è avvolto da uno schizzo minimale di una dama con cagnolino di Umberto Sgarzi. Questi era un pittore e illustratore bolognese (XX secolo) amico di Carlo, per il quale realizzò intere pareti decorate.
‘Letizia’ è primo dei loro dodici vini in degustazione, che è volutamente senza un ordine preciso per tutta la durata del mio soggiorno, perché non vogliamo regole! Dietro una porta a vetri davanti a noi si scorge la sagoma di un uomo, quella del dottor Gaggioli, che con un incedere sicuro e deciso entra in scena con tutta l’aura dei suoi novantun’ anni, che sono tali solo all’anagrafe!
Il dottor Gaggioli è un signore distinto e dal viso simpatico. Mi fa festa e fa cenno a me e a Letizia di accomodarci a tavola, che è già imbandita per il nostro succulento banchetto di pasta fresca all’uovo.
Appena seduti, il dottor Gaggioli mi stringe forte la mano quasi a farmi male, e si presenta con quell’irresistibile cadenza emiliana : “
“Mè a son al dutòur Gaggiol. Piaséir ‘d cnossert. A sàun cunteint d’avéirt que con nuetér. Dàmm dal tò!/ Io sono il dottor Gaggioli. Piacere di conoscerti. Sono contento di averti qui con noi, dammi del tu! “.
Mi sento come a casa, per cui seguito a chiamarlo Carlo , senza alcun tono referenziale , esattamente come piace a lui. Carlo è un gentle man di altri tempi, e appena lo conosci meglio, ti accorgi che il capo canuto tradisce, perché comanda il cuore di un bambino. Carlo ti affascina per il forte carisma, l’innata galanteria, e quella sana irriverenza, che magari per un cin cin viene fuori nei suoi immancabili proverbi dialettali .
Dalle acque di Cipro all’Emilia Romagna, le bizze di Venere. In principio era il tortellino
‘Letizia’ è il perfetto abbinamento per un entrée di formaggio di fossa e un delizioso brodo di cappone e manzo, in cui affiorano i tanto celebri tortellini, di cui Carlo mi svela allegramente l’origine.
Sono molte le leggende e le presunte verità accertate sulla genesi dei tortellini. Il mito vuole che siano la riproduzione culinaria dell’ombelico di Venere, spiata dal buco di una serratura da un cuoco sbircione in una locanda a Castelfranco Emilia, ove l’intellettuale bolognese Giuseppe Cerri (XIX sec.) fissa definitivamente la patria della famosa minestra.
In verità già dal Medioevo in alcuni documenti si attesta la presenza dei tortellini come companatico dei ricchi e dei monaci. Bisogna aspettare il 1800 per sancire l’inserimento del midollo di bue nel ripieno, e il tocco di Artusi per il composto conclusivo con aggiunta di mortadella, prosciutto crudo, parmigiano, uova e noce moscata.
Successivamente nel 1900 i fratelli Bertagni determinano la notorietà dei tortellini a livello planetario in una fiera a Los Angeles, inventando contemporaneamente il modo anche per conservarli. Questa lunga novella prosegue fino al 7 dicembre 1974, anno in cui la ricetta del ripieno del tortellino viene registrata alla ‘Camera di Commercio di Bologna’ dalla ‘Delegazione di Bologna dell’Accademica Italiana della Cucina’, unitamente alla ‘Dotta Confraternita del Tortellino’ .
Secondo giorno. Zola Predosa, la Bolgheri d’Italia
Le nuvole macchiano a chiazze il cielo azzurro e terso di Zola , e in coro le cicale intonano una melodia leggera anticipando quasi l’estate. Un quadro d’autore che allieta dalle persiane spalancate il proseguo di un convivio gioviale e godereccio. Carlo è il più informa dei commensali, e come un giullare di corte canta di sé, del suo borgo , e del Pignoletto. Stiamo zitti e assorti ad ascoltarlo.
Bolgheri risorge dalle ceneri quando il Marchese Incisa della Rocchetta ne coglie il potenziale e da landa deserta la trasforma in una seconda Bordeaux! Carlo non appartiene a casati aristocratici, ma con l’inventore del ‘Sassicaia’ ha in comune la nobiltà d’animo e il genio.
Carlo Gaggioli. L’amore per il vino nasce da una fatica da stalla
Mezzo sangue toscano, Carlo viene alla luce nel 1930, quando il caso volle che il nonno paterno da Legacci di Pracchia (Pistoia) si sposta a Montese per vendere polli, e si innamora di una dolce contadina. I genitori di Carlo , Luca e Tilde, purtroppo muoiono per malattie gravi, quando lui è poco più che adolescente.
Rimasto orfano , Carlo viene affidato dapprima alla nonna Adele, con la quale rimane ferito a causa dei bombardamenti del Secondo Conflitto Mondiale, durante un disperato tentativo di fuga con gli Americani a Montese sulla ‘Linea Gotica’ (Monte Castello e Monte Belvedere) .
Forse è l’incoscienza o l’ inesperienza dati dalla tenera età di Carlo a tamponare momentaneamente il suo sconforto immane, fino al suo affidamento allo zio Goffredo. Questi lo porta con sé a Zola , di cui è segretario comunale, dove Carlo si trasferisce e ritrova presto un equilibrio.
Ed è proprio a Zola che Carlo si forma e si afferma come veterinario di una certa fama , fino al conseguimento del titolo di ‘Cavaliere della Repubblica’ da parte del presidente Saragat . Titolo conferitogli per aver reso ufficialmente indenne da tubercolosi bovina tutta Zola Pedrosa .
Carlo si dedica alla sua professione e al focolare domestico, il cui lume è la moglie Germana Osti, medico chirurgo, con i suoi due pargoli. Si concede pochi svaghi, perché in fondo tutto quello che fa coincide con quello che più desidera. Di tanto in tanto però Carlo trova sollazzo nelle sue immancabili pause a base di spuntini rifocillanti con i fattori locali , momenti indelebili, a parte la qualità del vino, che gli fa storcere il naso e incontrare Bacco!
E accade che tra il parto di una vacca e le cure di altre creature, Carlo gode di ottimo cibo come è di regola in Emilia , ma di pessimo vino, che ha intenzione di migliorare e fare esplodere, perchè ci sono tutte le potenzialità del caso!
Spinto dall’ingegniosità di un medico del posto che già si era dedicato a lanciare la viticultura locale con le prime produzioni di vino a base Pignoletto , Carlo ne segue l’esempio e inizia la sua avventura enoica!
Carlo è di umili origini, e la sua è una esistenza segnata dal dolore per la perdita degli affetti più cari, una sofferenza che non lo porta nel baratro, ma lo fortifica fino ai vertici di una carriera brillante e poliedrica.
Storia della ‘Cantina Gaggioli’, un sogno diventato realtà
La formazione scientifica di Carlo non ha sotterrato la sensibilità e creatività del visionario che è in lui. Questa tensione verso l’infinito di Carlo non è stimolata dall’esterno, ma dal suo interno, uno slancio del suo ‘Io’, che veste di nuovo Zola .
Uno ‘streben faustiano’ che si manifesta nella fondazione di quella che già negli anni ‘60 è lo scheletro della ‘Cantina Gaggioli’ :
- L’acquisto del podere ‘Bagazzana’, in Zola Predosa Via Raibolini Il Francia.
Via Raibolini Il Francia era la vecchia strada della coroporazione dei Brentatori, e dove i monaci dell’‘Abbazia di Nonantola‘ facevano vino già dal 1033 per le loro mense e per i pellegrini di passaggio che andavano a Roma.
Il rinascimento vitivinicolo di Zola Predosa
Fare vino in questa località dei Colli Bolognesi affonda le radici in un passato remoto, e Carlo ha portato avanti questa tradizione affiancandola al ricorso a moderni metodi di tecniche agricole, da cui genera vini decisamente eleganti e di carattere . Il ‘Rinascimento Vitivinicolo’ di Zola inizia nel 1970 con l’impianto delle prime vigne di Pignoletto.
Inizialmente Carlo sfrutta i suoi 10 ettari di vigneto per ottenerne vino sfuso che vende in damigiane.. Nel 1994 l’ impresa agricola è ormai una realtà solida, la ‘Cantina Gaggioli’ prende forma, si ingrandisce e si rimoderna nel 2008, fino al punto di assumere personale, ed esportare all’estero ( Inghilterra, Germania, Svizzera, Cina).
Con una produzione di 130.000 bottiglie , la ‘Cantina Gaggioli’ prospera diventando un punto di riferimento. Carlo diventa popolare, e fa rumore, attirando la curiosità di personaggi illustri quali, il pittore irlandese Francis Bacon e i connazionali Umberto Sgarzi, Aldo Borgonzoni, Nicola Zamboni, e Sara Bolzani, solo per citarne alcuni, che lo vogliono conoscere personalmente e inebriarsi del suo nettare. Tutta colpa del Pignoletto!
Sua maestà il Pignoletto di Zola Predosa
Da uve Grechetto Gentile, il Pignoletto nel 2013 è legato a un’omonima località geografica , delineata con lungimiranza dal sindaco di Monteveglio (Bologna), onde evitare furti di brand o fake vari. Iscritto al catalogo nazionale delle ‘Varietà di viti’ nel 1978, tutelato da una ‘DOC’ nel 1985 e da una‘DOCG per la versione classica’ nel 2011, il Pignoletto passa dalle mani degli Etruschi ai Romani, sopravvive alla Fillossera. Si diffonde dai Colli di Bologna e Imola, alla pianura tra il Panaro e il Reno, fino all’ attuale area definita dalla nuova ‘DOC Pignoletto’ (2013).
Vigore vegetativo, buccia spessa, e maturazione tardiva, il Pignoletto è un’ uva versatile. Nelle sue molteplici declinazioni in purezza, fermo, frizzante (‘Metodo Martinotti’), spumante (‘Metodo Classico’), passito e vendemmia tardiva, il Pignoletto è povero e re, cioè tanto adatto per tagli e uvaggi, quanto per vini d’annata e di lunghi affinamenti.
Il Pignoletto è un vino di un bel giallo paglierino, dal profumo tenue di biancospino, il tipico fiore delle campagne emiliane. Con il suo sapore secco e gradevole, il Pignoletto, con o senza bollicine , è un vino a tutto pasto, dall’aperitivo al primo, dal secondo al dolce.
Il Pignoletto, le denominazioni di origine e la sua versatilità
Chiamato anche Grechetto Gentile, il Pignoletto nel 2013 è legato a un’omonima località geografica , delineata con lungimiranza dal sindaco di Monteveglio (Bologna), onde evitare furti di brand o fake vari. Iscritto al catalogo nazionale delle varietà di viti nel 1978, tutelato da una DOC nel 1985 e da una DOCG per la versione classica nel 2011, il Pignoletto passa dalle mani degli Etruschi ai Romani, sopravvive alla Fillossera e si diffonde dai Colli di Bologna, Imola e Modena, alla pianura tra il Panaro e il Reno, fino all’ attuale area definita dalla nuova ‘DOC Pignoletto’ (2013).
Vigore vegetativo, buccia spessa, e maturazione tardiva, il Pignoletto è un’ uva versatile. Nelle sue molteplici declinazioni in purezza, fermo, frizzante (Metodo Martinotti), spumante (Metodo Classico), passito e vendemmia tardiva, il Pignoletto è povero e re, cioè tanto adatto per tagli e uvaggi, quanto per vini d’annata e di lunghi affinamenti.
Il Pignoletto è un vino di un bel giallo paglierino, dal profumo tenue di biancospino, il tipico fiore delle campagne emiliane. Con il suo sapore secco e gradevole, il Pignoletto, con o senza bollicine , è un vino a tutto pasto, dall’aperitivo al primo, dal secondo al dolce.
Si sono fatte le tre di pomeriggio e Letizia ci butta letteralmente fuori dalla sala, perché deve ricevere dei clienti e così la mia lunga conversazione con Carlo continua in veranda fino a quando il giorno cede il posto alla notte. Nonostante la gioia di quei momenti, la stanchezza si fa sentire e dopo un goloso panino con la mortadella e parmigiano, vado a riposarmi sprofondando nel letto morbido della mia suite agreste.
Terzo giorno. ‘Azienda agricola Gaggioli’, lo staff che fa il buon vino in Emilia!
La mattina seguente il canto del gallo mi sveglia di buon’ ora. Apro la finestra della mia stanza, e il sole sta per sorgere in tutto il suo splendore. La fame mi assale, e corro a fare colazione. Una spremuta d’arancia, un caffè nero bollente, un croissant al burro e due chiacchiere con Janine, l’aiuto sala delle Filippine, che percepisco essere essenziale per i Gaggioli.
Janine ha un fare molto cortese, e si scusa del suo Italiano. Mi confessa che non ha modo di migliorare la lingua, perché sempre indaffarata, da quando con il marito si occupa felicemente e con diverse mansioni di Carlo e del resto del casato !
‘Azienda agricola Gaggioli’ e i suoi collaboratori
Letizia mi viene incontro per illustrarmi il piano delle ventiquattrore a venire, anticipandomi i nominativi di tutti i membri dello staff con i quali via via mi confronto , i quali costituiscono l’asse portante della ‘Cantina Gaggioli’ :
-
Daniele Borsari: perito agrario e supervisore;
-
Riccardo Cornale: agronomo;
-
Giovanni Fraulini: enologo;
-
Daniele Ventura: cantiniere, magazziniere e gestione vigna;
-
Elena Salvo : responsabile marketing;
-
Marcello Menchetti: cuoco;
- Sonia Butelli: aiuto cuoca.
Il cantiniere Daniele Ventura. Meglio di qualsiasi libro sul vino!
Saluto Letizia ringraziandola di tutto e mi dirigo verso l’ingresso del magazzino per una letio magistralis con Daniele Ventura tra autoclavi e grappoli d’uva. Daniele è morbosamente attaccato al suo mestiere, che da stagionale alla ‘Tenuta del Cerro’ in Toscana, si trasferisce stabilmente a Zola presso Gaggioli, a cui è molto legato.
Daniele mi porta dentro la cantina, che si sviluppa su due livelli: quello inferiore è il reparto vasche acciaio inox, autoclavi, e imbottigliamento ed etichettatura; quello superiore è la zona di vinificazione , spremitura soffice, refrigerazione, e decantazione.
Vitigni della ‘Cantina Gaggioli’
Mi appoggio alla diraspatrice e Daniele mi fa una panoramica di tutti i processi di vinificazione in bianco e in rosso e dei macchinari. Come fa un maestro con il discepolo, Daniele con molta serietà e precisione mi elenca i principali vitigni coltivati:
Questi vitigni sono posti in collina e sono allevati a cordone speronato e ad alta densità di impianto (5000 ceppi per ettaro), favorendo così un’alta qualità a fronte di poca resa. Ci si sposta tra i filari vigorosi e di un verde sgargiante, che disegnano un anfiteatro di colline, che abbracciano con pienezza il Nord nelle sue gradazioni da Ovest a Est e verso Sud.
Terroir dei ‘Vini Gaggioli’
Con un’ altitudine compresa tra i 70 e i 180 m sul mare, Daniele mi spiega che questi pendii sono di origine pliocenica e hanno delle peculiarità pedoclimatiche uniche, che contribuiscono all’eccezionalità dei vini Gaggioli. I suoli sono in alcuni punti prevalentemente sabbiosi e limosi , da cui l’eleganza dei bianchi, e in altri più argillosi calcarei, da cui il corpo robusto dei rossi.
Le forti escursioni termiche dovute a un clima prettamente continentale e l’ottima esposizione solare e ventilazione di questi clivi , sono responsabili delle eccellenti caratteristiche organolettiche dei vini. Laddove a volte l’ umidità o altro danneggia la coltura, Daniele mi delucida che si interviene con la ‘lotta integrata avanzata’, una pratica che riduce drasticamente l’uso di fitofarmaci, e che l’avvicina ai principi dell’agricoltura biologica.
Pignoletto, come far dimenticare il Lambrusco!
Daniele mi illumina anche su alcuni dettagli del Pignoletto , definendolo difficile da manipolare perché amaro e molto tannico, ma è reso più morbido ricorrendo ad alcuni accorgimenti , come la pulizia dei mosti mediate l’uso del flottatore e anche alla fermentazione a bassa temperatura.
Daniele ci tiene a precisare che il Pignoletto (quasi sempre impiegato in purezza) è la seconda denominazione più importante dopo il Lambrusco in Emilia Romagna per la sua duttilità e la sua predisposizione alla spumantizzazione. Infine mi conferisce ultime informazioni sui controlli del vino prima della sua vendita attraverso specifiche analisi chimiche e fisiche fatte in laboratorio e certificate dal ‘Ministero della Salute’.
Il mio tour accademico con Daniele termina in barricaia, dove alloggiano botti in rovere da 10-15 ettolitri per l’invecchiamento dei vini rossi, di cui tasto qualche anteprima!
Una breve fuga in Emilia e non volere più ripartire!
Tre giorni stupendi trascorsi con spensieratezza. Mi rendo sempre più conto di come non è necessario guardare oltre l’orizzonte, quando in Italia c’è tutta la bellezza che uno va cercando. Basta solo aprire gli occhi , o semplicemente guardare le cose con occhi nuovi!
Mi accorgo che non basterebbero anni per apprezzare i segreti dell’Emilia Romagna, cosa che invece un mio carissimo amico siciliano Andrea Vita invece ha fatto, come mi ha raccontato appena si è trasferito da queste parti. Appena Andrea ha saputo della mia permanenza ‘Cantina Gaggioli’, con mia immensa gioia si piomba a trascorre qualche ora con me e Carlo . E non è il solo! Ad allietare il mio soggiorno ci sarà anche Luigi Bressan, eclettico presentatore televisivo, che mi farà da spalla e supporterà professionalmente nel mio wine report emiliano.
Andrea Vita , imprenditore agrigentino a Bologna!
Andrea è un imprenditore del settore alberghiero che da Porto Empedocle fa fortuna a Bologna e decide di stabilirvisi, allargando il suo business nel settore immobiliare.
Incontrare Andrea è sempre un piacere immenso, perché è stato il mio mentore nel campo del turismo. Con il uso fuoristrada, Andrea sopraggiunge nel casolare emiliano. Andrea celebra il nostro incontro e quello con Carlo di cui è un grande estimatore, portando con se un dolce al pistacchio di ‘Fiasconaro’, specialità di Castelbuono vicino Palermo.
Da lì a mangiare un boccone il passo è breve. Ogni occasione è buona per fare saltare un tappo di sughero, per cui si festeggia con il meglio della collezione Gaggioli che si sposano perfettamente con affettati e tanto di dessert :
- ‘Francia Brut’ : è il diamante di punta della ‘Cantina Gaggioli’ , un vino spumante di qualità Brut da uve 100% Pignoletto. Il colore giallo tenue promette agrumi, salvia e pompelmo al naso, il suo sapore è soavemente deciso e rimane a lungo in bocca brioso . Esso è opulento come il raffinato disegno in stampa, che è volutamente ispirato alle foglie di vite che adornano la veste di Isabella d’Este nel ritratto di Francesco Raibolini;
- ‘Ambrosia’: un passito di Pignoletto 100 % barricato (60 mesi in barrique o tonneau) che ambrato e vigoroso con la sua fragranza di miele chiude le nostre danze.
Luigi Bressan, ciak si gira! Tre video interviste a casa Gaggioli
Il pomeriggio è afoso, Andrea si mette in cammino per il ritorno . Carlo si prepara per ricevere dei collaboratori, e io ne approfitto per rilassarmi nelle mie segrete in attesa di Luigi Bressan prima dell’imbrunire. Ripresa dalla calura e da un sonno pigro, dal balcone della mia dependance, noto un’ Audi blu accostarsi al cancello dell’entrata.
Chi è ? Ovviamente Luigi Bressan , un dandy Inglese che neppure in lontananza passa in osservato. Puntualissimo con il suo solito abbigliamento stravagante e chic, Luigi cammina con passo felpato dentro la struttura con fare un po’ disorientato, e corro in suo soccorso!
Mi viene incontro e mi saluta , palesemente lieto di essere lì con noi. All’interno del b&b prima di sistemare i suoi bagagli, Luigi e io , davanti un ‘Pignoletto Brut‘ , ci mettiamo d’accordo sul da farsi . Non possiamo permetterci di rilassarci neppure un secondo, perché questo è il prezzo da pagare per stare dietro Carlo!
Luigi è l’artefice dei contenuti, della sceneggiatura e del montaggio di tutti i clip dedicati al nostro primo post sulle eccellenze della nostra penisola, di cui Carlo ne è un simbolo vivente.
Luigi è un agronomo, ma è anche appassionato di enogastronomia , motivo per cui ne suo curriculum sfoggia ruoli di maître in alberghi di lusso del Triveneto . Dopo un contatto fortunato con Luca Sardella, Luigi si muove tra la RAI e MEDIASET , cimentandosi con popolarità nella conduzione di trasmissioni in prima serata su benessere , salute e ricette , fino a una collaborazione stabile per lo show itinerante ‘Lovin Food’ di ‘Canale Italia’ , diretto da Vincenzo Lovino.
Prima video intervista . Confronto con il ‘Resto del Carlino’
La prima video intervista di Luigi è una disquisizione sul terroir dell‘Emilia Romagna , un lembo di terra benedetto da Dio . Una chiacchierata sulle sue attrattive turistiche con Gabriele Mignardi, corrispondente del ‘Resto del Carlino’ . Sotto il pergolato di una porta ottocentesca, adornata da un intreccio di foglie in rame eseguita dallo scultore Nicola Zamboni nel 1997, il verbo si fa carne.
Quando le telecamere si spengono, cosa facciamo? Cosa si può fare se non rimangiare e stare insieme con lasagne verdi da leccarsi i baffi ! E alla allegra brigata , si unisce una personalità di spicco Giacomo Savorini, direttore del ‘Consorzio Vini Colli Bolognesi’ , che in maniera confidenziale ci delucida quello che può sul suo distretto vinicolo:
‘…Bisogna costruire una vera e propria ‘piramide qualitativa’, che faccia superare l’idea del Pignoletto come prodotto di massa e lo riconosca come eccellenza emiliana. I presupposti qualitativi non mancano: la sfida sarà riuscire a trascinare la fiducia dei consumatori, mantenendo la propria riconoscibilità…’.
Terminato il convito, il dibattito seguita con Carlo e Luigi a bordo della sua jeep , che ci scorta su per i poggi vitati fino al ‘Santuario di San Luca’ .
Seconda video intervista . Carlo Gaggioli docet !
Al rientro dalla nostra escursione, Carlo spacca sapientemente l’obiettivo di una telecamera con la seconda video intervista di Luigi su Carlo e Emilia Romagna . La professionalità di Luigi è davvero disarmante, perchè riesce a dirigere tutti con magistrale bravura.
Terza video intervista. Il marketing e i fornelli della ‘Azienda agricola Gaggioli’
La terza e ultima video intervista di Luigi è sul giovane giovanissimo e promettente chef Marcello Menchetti , che ci intrattiene per qualche minuto sulle specialità della cuisine emilano romagnola. E subito dopo il dovere c’è sempre il piacere, che si manifesta in uno strepitoso menù mare e monti :
- tagliatelle al ragù ;
- pesce a forno;
- ‘Pignoletto Superiore DOCG Colli Bolognesi 2019’ , un bianco fermo, intenso, e dal piacevole retrogusto amarognolo che accompagna tutto il pasto in maniera eccellente.
A presto Emilia, terra di bellezza, tortellini e vino!
Marcello ci stupisce con delle chicche sulle tradizioni gastronomiche, che sottolinea essere diverse per ogni provincia da Parma, Piacenza, e Reggio, Ferrara, a Modena e Bologna , tutte accomunate però da sapori decisi . I pilastri di questa goduria culinaria sono:
- Il ‘Parmigiano Regiano’;
- L ‘Aceto balsamico di Modena’ ;
- Il ‘Prosciutto di Parma’;
- La ‘Mortadella di Bologna’.
Tutti tesori che ci invidiano in ogni angolo del globo. Troviamo facilmente queste delizie come elementi essenziali degli antipasti regionali, con altri immancabili rinomati insaccati, quali:
- Il ‘Culatello di Zibello DOP;
- Il ‘Salame Piacentino’,;
- Il ‘Fiocchetto’;
- La ‘Salama da sugo di Ferrara’ .
A esaltare la loro bontà scopriamo le ‘tigelle’ e lo ‘gnocco fritto’ di Modena. La‘tigella’ o ‘crescentina montanara’ è un pane cotto su particolari piastre sul fuoco, che hanno sostituito i vecchi stampi in terracotta o ‘tigelle’ adoperate dalle brave massaie. Lo ‘gnocco fritto’ consiste in un impasto a lievitazione naturale fatto con farina, acqua gassata e strutto, che è a forma di rombo o rettangolo , e che durante la frittura si gonfia creando il vuoto all’intero .
Dietro ogni calice di vino c’è un racconto da scrivere e leggere! Il mio ringraziamento va a Carlo e Letizia e tutto il loro team per l’accoglienza è fiducia nella mia penna, che spero possa essere all’altezza delle emozioni che mi hanno fatto provare.