O’ Vagnitiello, parco termale a Ischia

O’ Vagnitiello, parco termale a Ischia

“Quando torno ad Ischia le ordino di essere perfettamente uguale a come era, e lei, la mia fattucchiera, mi obbedisce”
Erri De Luca

O Vagnitiello , parco termale a  Ischia. Il gioiello di Casamicciola

Ancora una volta O’ Vagnitiello parco termale a Ischia   mi ha curato temporaneamente  l’ischite acuta. Cosa è? Una dipendenza d’amore verso l’isola verde, perla indiscussa del Golfo di Napoli. Chi me l’ha trasmessa ?  Il vino della cantina Tommasone e l’ospitalità e l’affetto di Peppino e Olimpia, gestori di Albergo Locanda sul mare, a Ischia Porto.

Grazie alla mia ormai famiglia campana ho scoperto O’ Vagnitiello parco termale a Ischia  .   Nel cuore della deliziosa cittadina di Casamicciola si adagia questa oasi termale , dove per qualche giorno di giugno ho staccato la spina . Rigenerandomi. Che aspettate a farlo anche voi? Non esitate nemmeno un secondo a prenotare un soggiorno in questi posti unici al mondo . Un regalo che fate al vostro corpo e alla vostra anima. Buona lettura.

Luciano Schiano

Sono stata ospite una giornata intera a O’ Vagnitiello parco termale a Ischia. Luciano Schiano  , il proprietario , e la figlia Roberta mi hanno aperto le porte di questo paradiso termale . Incastonato come una gemma in una natura  di una bellezza prorompente O’ Vagnitiello parco termale a Ischia mi ha letteralmente sedotto non solo per le sue acque benefiche. Infatti oltre le terme si può anche pranzare , bere un drink o cenare a picco sul mare!

A gestione familiare e curato da uno staff giovane e altamente professionale la prima cosa che mi ha colpito del O’ Vagnitiello parco termale a Ischia è la sua posizione . Lontano dal caos cittadino di Casamicciola ci si arriva a piedi o per mezzo di piccoli mini van che fanno servizio giornaliero di trasporto.

Come è fatto  O’ Vagnitiello parco termale a Ischia?

Si cammina lungo gli scogli che si affacciano direttamente sul blu cobalto del Tirreno . I primi ad accoglierti sono i gabbiani che volteggiano quasi fossero i padroni di questi luoghi benedetti da Dio e baciati dal sole.

Poi si arriva all’ingresso che raccoglie tutto il complesso de O’ Vagnitiello parco termale a Ischia. Esso è costitutio di :

O ‘ Vagnitiello , la storia di Luciano Schiano

Senza dubbio la cucina ischitana a base di esce fresco e i panorami mozzafiato su Napoli e il Vesuvio sono stati dannosi per la mia salute! Nel senso che devo andarci presto un’altra volta per riprendermi dal mio male, cioè il desiderio di tornare sempre a Ischia!

Dopo avere fatto un tuffo nel parco termale e nelle acque cristalline da cui si scorgevano i fondali, ho intervistato Luciano . Aveva molto da fare . Ma mi ha concesso un po’ del suo prezioso tempo per parlarmi della sua storia . E  di come nasce O’ Vagnitiello parco termale a Ischia, che   comunque affonda le sue origini in una leggenda. Il gesuita Camillo Eucherio Quinzi (1726) riporterebbe in un poema che in questo posto Acmeno, il figlio di una ninfa, sarebbe stato trasformato in un torrente guaritore.

Dal mito a oggi 

Per quanto affascinante possa essere una favola antica, esistono diverse testimonianze dell’utilizzo a scopo terapeutico delle acque di questa parte di Casamicciola. Precisamente nei documenti del medico calabrese Giulio Iasolino, diede un impulso decisivo alla moderna medicina termale (1500).

Vi riporto  intanto il testo dell’intervista con Luciano Schiano  che mi ha commosso. Traspare da ogni parola la  passione per la propria terra , per il proprio lavoro e gli affetti di sempre. Valori che non sono del tutto perduti e che ancora restano in piedi per farci sognare. Come la nascita de O’ Vagnitiello parco termale a Ischia. 

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Due chiacchiere con Luciano

Io: “Salve, mi chiamo Stefania . Sono del blog Weloveitaly.eu . Oggi sono al O’ Vagnitiello  con il signor Luciano , che  in un minuto o forse  meno racconterà la storia di questo paradiso a Ischia”

Signor Luciano: “Allora, questo signore che vedi in foto era mio nonno, il quale era il colone di questa proprietà.  Allora giustamente lui ogni anno quando faceva il mosto portava le botti di vino giù.  A lavarle con l’acqua di mare .

Essendo che l’acqua di mare era piena di alghe, il nonno fece un pozzo.  E scoprì l’acqua calda.  Intorno a questa sorgente di acqua calda che mio nonno scoprì è nato tutto O’Vagnietiello che oggi noi vediamo”

Io: “Le faccio una domanda, come si chiamava suo nonno?”

Signor Luciano: “Luigi”

Io: “Dopo Luigi, signor Lucino?”

Signor Luciano: “Dopo Luigi è venuto il mio papà che si chiama Niello, che ha cominciato con le barche a fare il trasporto da Casamicciola a O’ Vagnietiello . E poi con il tempo abbiamo comprato una barca nuova.  Più grande  con il pontile. E portavamo i  primi tedeschi. E quando mio nonno faceva la vasca di pietra per arrotondare un po’ mio nonno mi faceva l’occhiolino .

Io andavo nel terreno facevo l’uva, i fichi.  Facevo le prugne, le albicocche e le portavo ai tedeschi con un cassettina. Mi facevo rosso rosso ma ho buscato le prime venti lire”

Io: “Che meraviglia, e in tutto questo che periodo era , che anni erano ?”

Signor Luciano: “Anni ‘60 , ‘70. E poi da tutta questa avventura iniziale è nato questo posto che si chiama O’ Vagnitiello”

Io: “Signor Luciano La ringrazio per la sua gentilezza, il suo tempo e ci si rivedrà in un altro tempo”

Signor Luciano: “Tante cose belle”. 

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Conclusioni . O’ Vagnitiello parco termale a Ischia

O’ Vagnitiello parco termale a Ischia è una meta esclusiva per trascorrere delle vacanze all’insegna del benessere fisico e mentale. Diventa anche un modo per visitare Ischia , che è vasta e offre tanto da vedere e fare. Dal mare alla montagna sarete sedotti da angoli di un fascino unico.

Una permanenza O’ Vagnitiello parco termale a Ischia vuol dire  coccolarsi e viziarsi Per poi procedere alla scoperta di questo atollo campano che ha fatto innamorare attori, imprenditori e registi. Un pezzo d’Italia che ci invidiano all’estero per il suo ricco patrimonio culturale, artistico, paesaggistico ed enogastronomico. E soprattutto per il calore e il sorriso della gente che è quello che non va più via dalla vostra testa.

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Cantina Sauska, Ungheria

Cantina Sauska, Ungheria

“Non credi anche tu che il significato della vita sia semplicemente la passione che ogni giorno invade il nostro cuore, la nostra anima e il nostro corpo e che, qualunque cosa accada, continua a bruciare in eterno… e non credi che non saremo vissuti invano, poiché abbiamo provato questa passione?”

Cantina Sauska in Ungheria , l’oro rosso dei Magiari

Senza dubbio la visita alla Cantina Sauska in Ungheria è stata un’esperienza indimenticabile. La primavera mi ha risvegliato la voglia di volare per cui un weekend di Aprile mi sono fiondata nel cuore di Tokaj-Hegyalja, la zona vinicola (22 in tutto) più antica e prestigiosa della nazione. Un viaggio quello nella Cantina Sauska in Ungheria che attraverso il vino mi ha fatto conoscere un altro pezzo della magica terra dei Magiari, di cui  mi ero  innamorata in un mio viaggio precedente  a Budapest.

Così mi sono avventurata per qualche giorno in due zone interne ungheresi: quelle  di Tokaj ed Eger . Un cambio di direzione che dalla modernità e dal caos delle metropoli mi ha riportato ai ritmi lenti e alla genuinità della vita rurale. Giorni intensi spesi esplorando  questi luoghi ameni e miseriosi alla ricerca dei loro nettari divini.

In questo breve articolo vi parlerò della storia incredibile della Cantina Sauska  , ossia quella del suo fondatore . Mi riferisco a Christian Sauska, un imprenditore di successo con la passione per il vino, una forza straordinaria che sta rimodellando il  panorama vinicolo ungherese con il suo approccio innovativo e il suo incrollabile impegno per la sostenibilità .

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Chi è Christian Sauska?

Nato nel piccolo villaggio ungherese di   Somberek  nel 1948,  Christian Sauska trascorse la sua infanzia a Budapest, Finito il lice e con la passione per il basket, si trasferì negli USA nei primi anni ’70. Lavorava in una fabbrica di giorno e studiava all’università di notte.

Diventò ingegnere e realizzò una propria azienda di tubi fluorescenti. Fece soldi e intanto si innamorò dei vini francesi tastando una bottiglia di Bordeaux del 1966. Nel 2010 decise di investire sul vino e con la seconda moglie Andrea, da cui ebbe tre figli, aprirono in tutto due cantine.

Cantina Sauska , un nuovo modo di fare vino

Che dire la Cantina Sauska è la  visione dell’ omonima famiglia che la gestisce da venti anni che si estende oltre la semplice produzione di vini eccezionali. Produttori vitivinicoli che hanno saputo riconoscere il potenziale del settore vinicolo ungherese portandolo a competere a livello internazionale.

La Cantina Sauska si trova sulla cima del pendio meridionale di Padi-hill. L’edificio è una meraviglia. SI articola in due grosse conchiglie  ciascuna di  36 m diametro,  attorno alle quali  ruotano ampie terrazze. Un’architettura studiata e ricercata, basata chiaramente sul legame profondo con il Creato e della  vista  su vigneti ondulati. Internamente si sviluppano il luoghi per la lavorazione e l’invecchiamento del vino, un ristorante e un bar.

Il risultato del loro lavoro e del loro amore per questo mestiere è stato un portafoglio di vini unico che punta principalmente sulle varietà locali. Tra queste le uve Furmint, Hárslevelű e Muscat Lunel  . Solo per anticiparvi qualcosa . Tecnologie all’avanguardia per plasmare la tradizione vitivinicola unghere dove qualità e rispetto per l’ambiente sono sempre messi al primo posto.

Chissà che non vi verrà voglia di andarci pure voi per perdervi in un angolo unico  al  mondo, pieno di storia, cultura, arte, paesaggi, cibo e  vino di tradizione mitteleuropea. Buona lettura.

Cantina Sauska, la storia di un successo e  della ripresa del vino in Ungheria

Sicuramente  la ricca cultura vinicola e il terroir diversificato dell’Ungheria stanno ora prendendo il centro della scena vinicola mondiale. Questo cambiamento può essere attribuito agli sforzi di viticoltori lungimiranti . Come quelli della Cantina Sauska ,  che si stanno spingendo oltre  confini ,  sfidando le vecchie norme con il loro approccio innovativo.

I vini ungheresi hanno da sempre suscitato un certo interesse per la loro eccezionalità. Primo fra tutti il celebre  Tokaji Aszú ( XVII sec.)  . Si tratta di quell’ elisir  secco che,  ricavato dalla muffa nobile (Botrytis Cinerea) ,  ha fatto sognare gli zar russi. La loro  millenaria gloria è stata offuscata:

  • Dalla fillossera nel 1880 ;
  • Da due guerre mondiali ;
  • Quaranta anni di collettivizzazione comunista .

 Se ne faceva poco di vin all’epoca ,  di scarsa qualità e non superava la frontiera. Dopo il termine della guerra fredda le imprese vinicole ripresero a produrre vino di qualità, modernizzando le tecniche produttive e la filiera di distribuzione.

I vigneti della Cantina Sauska: Tokaj e Villány

Tra gli innovatori in questione ecco emergere Christian Sauska. Il suo obiettivo è stato quello di fare vini che rispettassero il terroir delle vigne  ungheresi . E in linea con il suo background ingegneristico, utilizzassero le ultime tecnologie per farlo. Per arrivare a ciò  ha arruolato  nel suo team l’aiuto di consulenti di livello mondiale.

Un aspetto significativo di questa recente  rivoluzione del vino in Ungheria è l’attenzione della Cantina Sauska sulle loro vigne a Tokaj (nord- est) e Villány ((sud-ovest). Due aree vinicole queste  su cui nessuno avrebbe mai scommesso .

Sono state messe in ombra da altre più affermate, e adesso sono letteralmente esplose. Ognuna di esse ha delle caratteristiche climatiche e geologiche uniche per fare grandi vini .

Tokaj il vigneto

Tokaj  (70 ettari) si distingue per i suoi terreni vulcanici . Gábor Rakaczki è l’enologo .  Stefano Dini è il responsabile dei vigneti piantati per lo più con Chardonnay, Sauvignon Blanc, Hárslevelű, Sárgamuskotály e Pinot Noir. Si danno vita a bianchi incredibili :

Villány la Bordeaux d’Ungheria

Villány  (80) ettari è conosciuta  per i loro blend bordolesi fatti con :  Cabernet Franc, Merlot e Cabernet Sauvignon. Per non parlare dei rossi ottenuti dalle uve locali di Kadarka e Kékfrankos

Beneficia di un clima mite , con ottima esposizione solare  e suoli calcarei ben drenati, che forniscono le condizioni ideali per fare  vini rossi ricchi e corposi.

Laszlo Latorczai è l’enologo e Peter Pohl è il responsabile dei filari. Il loro vino di punta, il Sauska Cabernet Franc , che  esemplifica questo stile audace. Con il suo colore rubino intenso e gli aromi di more mature, erbe e spezie, cattura i sensi dal primo sorso. I tannini vellutati del vino e il finale lungo e persistente rivelano la sapiente maestria artigianale e l’attenzione ai dettagli per cui la Cantina Sauska è divenuta  famosa. Si possono fare  tour enologici per i più appassionati.

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Tokaj, non  solo vino!

Atraversata dal fiume Brodog,  città di Tokaj fa parte della contea di Borsod-Abaúj-Zemplén a 54 km dal capoluogo Miskolc . Menzionata per la prima volta in un documento nel 1353,  fu invasa dai  Mongoli, nel XIV secolo  e dopo  il 1450 passò sotto il governo di varie famiglie nobili.

 Tokaj rappresenta l’intera regione vinicola di Tokaj-Hegyalja dove appunto si fa il vino Tokaj , di cui l’ Aszú è , come già detto, la variante più popolare. Non a caso  Luigi XV di Francia lo definì come “il vino dei re, il re dei vini”.  L’ area si estende su 27 villaggi per un totale di  circa 5.400 ettari di vigneti piantati ( esistenti dal 1067 ) .

Tokaj-Hegyalja  si svela nella sua essenza vitivinicola percorrendo la Strada del vino TokajHegyalja. Attraverso altri villaggi incantevoli come Mad, Tallya ed Erdöbenye, questo è un percorso meraviglioso da non farsi mancare. Andrebbe fatto tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre al momento della festa del raccolto. Un festival che prevede sfilate, musica popolare e, naturalmente, degustazioni di vino dopo la vendemmia annuale.

3 cose da vedere a Tokaj

Dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 2002 per la sua bellezza  e per la sua tradizione vitivinicola storica,  Tokaj oltre al vino offre  altro da vedere:

  1. Chiesa della Santissima Trinità: costruita nel XVIII secolo (in stile barocco), la chiesa è posta in ienro centro ed  è molto suggestiva per i suoi interni impressionanti, tra cui elaborati affreschi, altari decorati e splendide vetrate;
  2. Museo Tokai: una visita qui è d’obbligo per esplorare la storia della vinificazione del Tokai. Ospitato in un edificio storico nel centro della città, il museo presenta mostre che ripercorrono la storia della cultura dell’uva nella regione dai tempi antichi ai giorni nostri. Il museo ospita anche una collezione di attrezzature tradizionali e una mostra completa sullo sviluppo del famoso vino Tokaj Aszu;
  3. Castello di Rakoczi: situato sulle rive del fiume Tibisco  è una fortezza storica le cui origini risalgono al XVI secolo. I visitatori possono esplorare le vecchie mura e godere di viste panoramiche sul fiume.

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Eger , mamma mia i Turchi!

Anche Eger  (55 mila abitanti ) chiaramente sfoggia un suo passato enoico antico e di gran pregio. Incastonata tra i Monti Bükk, parte della sua produzione vinicola è visibile nelle 200 cantine sparse per la Szépasszony Valley .  Sarebbe in Italiano traducibile come  la  Valle delle Belle Donne in onore  di una dea dell’amore o di una graziosa nobile di queste parti. Citata spesso dagli scrittori ungheresi Sándor Petőfi, Mihály Vörösmarty e Sándor Márai la Szépasszony Valleysi trova a circa 2 km dal centro della cittadina  e si possono  fare degustazioni e acquistare al dettaglio a prezzi accessibili.

Comunque Eger si deve assolutamente ricordare per  il suo vino rosso corposo e speziato  Egri Bikavér .  Vuol dire sangue di toro , che secondo una leggenda (XVI sec.),  rese  poco più di 2000 soldati ungheresi invincibili contro i turchi. Una vittoria dovuta pure per l’eccezionalità del condottiero István Dobó.

All’eroe è dedicata una  piazza nel centro della  Città Vecchia preziosa per la sua basilica (XIX sec.) . Purtroppo, gli ottomani tornarono a Eger  nel 1599 e ci rimasero un secolo.  La prove di quel periodo è  un minareto alto 130 piedi e il tradizionale bagno turco.

4 cose da vedere a Eger

Eger è un piccolo scrigno che svela alttre 4 gemme :

  • Castello di Eger: si può visitare per i suoi punti panoramici e la sua imponenza con i resti della cattedrale gotica, le sue sotterranee  e il palazzo vescovile gotico (l’unica parte del complesso rimasta dal XVI secolo). C’è anche un museo che racconta la sua  storia;
  • Terme: immergetevi pure nelle acque pure di queste fonti benefiche del XXI sec. fatte da sette piscine con temperature diverse , cascate e divertimenti. Sarete i primi a sfruttare i benefici del sottosuolo di Eger;
  • Museo dei Beatles: frutto della passione di un professore di Inglese a Eger sorge Egri Road , una delle quattro esposizioni permanenti sui Beatles al mondo. Le altre si trovano a Liverpool, Halle (Germania) e Buenos Aires. Ha aperto i battenti il ​​15 maggio 2015 presso l’Hotel Korona Eger;
  • Liceo Arcivescovile : una delle scuole più rinomate della nazione con affreschi di A. Maulbertsch che ospita un’eccezionale biblioteca con tomi di valore e un museo astronomico.

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Conclusioni. Cantina Sauska, Ungheria

Vi raccomando vivamente di partire per l’Ungheria in qualsiasi momento dell’anno perché è spettacolare in ogni stagione. Il carisma del suo popolo è davvero riconoscibile sotto ogni forma, non solo nella resistenza contro gli oppressori ma anche nelle loro grandi personalità distinte in vari campi. Basti solamente citare personaggi quali Kubrik l’inventore del cubo, Puskas il calciatore d’oro, e tanti altri ancora.

 La Cantina Sauska mi ha fatto incontrare il vino ungherese in tutte le sue massime espressioni, facendomi girare altri paradisi di questo stato così affascinante. Il modo migliore per perdervi nei suoi meandri da sogno è affittare un macchina , perché i collegamenti tra i vari punti  l’Ungheria non sono serviti eccezionalmente dai mezzi pubblici.

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Trieste in 5 giorni

Trieste in 5 giorni

“…Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà….”

Umberto Saba

Trieste in 5 giorni

Senza dubbio  visitare Trieste in 5 giorni a Pasqua per me è stata un’esperienza indimenticabile. Si tratta dello spettacolare capoluogo (199 305 abitanti)  del Friuli Venezia Giulia ,  una regione a statuto speciale vigorosa e da secoli crocevia di culture diverse per la sua posizione geografica. Una realtà quasi a se stante posta come è al confine con Slovenia e Austria e  incastonata tra l’ altopiano carsico l’Adriatico .

Trieste in 5 giorni mi ha anche fatto rendere conto di una cosa. Normalmente ci si riferisce con il termine Friuli Venezia Giulia  all’intera superficie territoriale .  In realtà si tratta  di due aree distinte , che si sono unificate   tra il 1954 e il 1975 dopo tante controversie che non sono ancora finite. In comune hanno solo la discendenza dall’imperatore Giulio Cesare.

Nello specifico il Friuli (da Forum Iuli l’antica Cividale del Friuli) comprende la provincia di PordenoneUdine e  Gorizia. Di quest’ultima una fetta appartiene invece alla Venezia Giulia (nome  proposto dal linguista G. I. Ascoli nel 1863). Essa  ingloba inoltre:   la  circoscrizione di  Trieste , l’Istria, le isole del Quarnaro e la città di Fiume.

Trieste in 5 giorni. Un piacevole ritorno

Ci sono ritornata a distanza di anni a Trieste , perché mi avevano folgorato Piazza Unità d’Italia e il Castello Miramare. La prima è come una baia di pietra  a ridosso di acque cristalline.   La seconda è una delle più impressionanti fortezze nobiliari a picco sul mare mai viste in vita mia.

Ovviamente Trieste in 5 giorni è stata molto di più di queste attrattive. Perché è davvero un luogo pieno di storia, arte, cultura, sapori,  nettari divini, e paesaggi mozzafiato. Un paradiso ancora poco gettonato, che vi accoglierà a braccia aperte. Scoprire Trieste in 5 giorni non basta per afferrarne l’ anima . Ma è un tempo sufficiente per inebriarsi del suo spirito docile e ribelle, e della sua delicata bellezza .

Che dire! Trieste in 5 giorni è stata una vacanza da sogno!  Una seducente città del nord est  baciata dal sole  e spettinata dalla bora  .  Trieste in 5 giorni mi ha regalato forti emozioni , che proverò a raccontare in questo articolo. Il risultato è una piccola guida in cui propongo degli itinerari da fare a piedi (https://www.triestemetro.eu/poi/2). Buona lettura!

Trieste in 5 giorni: tra mito e storia

Trieste in 5 giorni è stato un salto  dal passaggio degli Argonauti agli Illiri del  II millennio a.C. Roma conquistò Trieste (II secolo a.C.), la plasmò e ne fece un esempio riuscito di convivenza tra genti slave e italiche .

Girando per Trieste in 5 giorni non si direbbe fosse stata distrutta dalle invasioni barbariche del Medioevo. Piuttosto si percepisce da subito un’ impronta squisitamente mitteleuropea , che ci riporta alla dichiarazione di porto franco decretata da Carlo VI (1719). Questa  libertà di navigazione promossa dagli Asburgo  a Trieste fu dettata da ovvi vantaggi finanziari  a favore della casata nobiliare.

Fu un atto che però determinò un generale benessere economico per la comunità. A Trieste prosperò  il commercio . E tutto ciò che lo teneva saldo: da una Borsa alle grandi banche, da  importanti gruppi assicurativi  alle varie compagnie di navigazione.

L’età dell’ oro . L’Ottocento

Che dire,  una golden age con gli Asburgo che continuò fino a tutto l’Ottocento. Proprio quando l’impero austriaco (e poi austro-ungarico) si aprì con Trieste una fiorente porta sul Mediterraneo. Così da cittadina contadina e Italiana Trieste  si ritrovò a essere urbana e cosmopolita . Sull’onda di quest’apertura di confini commerciali giunsero molti stranieri. Etnie di ogni nazionalità, che furono perfettamente integrate dal governo al tessuto sociale triestino con il fine di arricchirlo.

La regina Maria Teresa d’Austria  permise ai forestieri di edificare una propria chiesa, scuola e un cimitero. Ovvero le basi religiose e culturali per la sopravvivenza di qualunque civiltà.  Questo spiega la presenza di svariati luoghi di culto camminando a Trieste in 5 giorni .

Trieste a metà Novecento

Il legame tra Trieste  e l’Europa centrale fu sempre basilare per la sua crescita.  Però il suo cuore batteva per l’ Italia fino a quando non venne incorporata nel regno nel 1918. Dopo il Secondo Conflitto Mondiale e la contesa dei suoi territori tra lo stivale e la Jugoslavia subentrò nuovamente l’occupazione italiana (1920).

Purtroppo la questione triestina durò per molto.  Come del resto nel resto del Friuli Venezia Giulia ,  passando sostanzialmente dalle mani di tedeschi e jugoslavi (1943) a quello degli Americani (1947). Altre spartizioni territoriali purtroppo lacerarono Trieste  (Memorandum di Londra 1954) , che finirono per fortuna con il trattato NATO del 1975

Trieste oggi

Nell’immediato dopoguerra Trieste tornò alla ribalta con il suo porto franco e uno slancio nell’ industria (siderurgia). Rimase e rimane comunque inalterata la sua indole  non solo culturale ma anche  scientifica e tecnologica. Ne è una prova il festival annuale della ricerca scientifica (trieste.next) .

Tuttora Trieste  si distingue come enorme hub di più di 30 istituzioni prestigiose di rilevanza internazionale . Tra queste basta ricordare: l’ Università degli Studi di Trieste,  l’ Osservatorio astronomico di Trieste, l’ Istituto internazionale di fisica teorica, l’ Area Science Park, Elettra Sincrotone  , la Scuola Internazionale di Studi Avanzati.

Al presente Trieste  è una realtà vibrante , che guarda verso il futuro, pur mantenendo  inalterate le tracce della sua storia millenaria. Vive di turismo.  Il settore ittico va forte e anche quello industriale . Si pensi ai solidi gruppi quali:  Illy cafePasta Zara, e la  Diaco farmaceutica. Multiculturale e al passo con altre capitali europee, Trieste è tutta da esplorare!

Trieste in 5 giorni. Perché andare? 

Trieste non rientra immediatamente nella lista delle destinazioni preferite di un viaggiatore. Cosa completamente errata! Perché a Trieste ci sono dei tesori inestimabili e riserva mille sorprese.Quello che maggiormente mi ha sconvolto di Trieste è il suo carattere poliedrico.

A tratti ci si sente quasi gelati dal suo spirito nordico fiero e laborioso. Un attimo dopo ci si scioglie con  la solarità del suo inconfondibile carattere mediterraneo. Lo stesso che  si legge nel sorriso della sua gente di mare. Quella  che d’estate invade i bagni cittadini . O  che ai primi raggi solari  si riversa negli ampi parchi di Trieste, che  è green , immersa nella natura e dedita allo sport

Trieste in 5 giorni. 3 cose che trovate solo qui!

Se vi state chiedendo perché svignarsela dal tran tran quotidiano a Trieste ecco altre  3 stravaganti buone ragioni:

1. Montare in bici lungo la ciclabile Cottur: Trieste vanta una straordinaria  ciclopedonale intitolata al triestino Giordano Cottur (1914 – 2006) . Questi fu un ciclista che per  tre volte si classificò terzo al Giro d’Italia. Inaugurata nel 2010 essa  segue il tracciato della ex ferrovia Trieste-Hrpelje (Erpelle) , attiva tra il 1887 e il 1959 e smantellata nel 1966.

2. Assistere alla  Barcarola Trieste è da sempre rinomata per questa regata attiva dal 1969,  che è entrata per i suoi numeri nel  Guinness World Record. Si svolge ogni seconda domenica di  Ottobre . Come in un maxi stadio si radunano circa 400 000 spettatori per assistere allo spettacolo della gara di 2000 vele;

3.  Recarsi presso il Museo della Bora:  che però ho trovato chiuso !  Sarebbe stato interessante esserci stata per imparare qualcosa sulla bora, il vento che da nord est dilania Trieste . I triestini sono abituati a questo uragano , che devono sopportare almeno una decida di giorni all’anno con una potenza di 150 km/h. Passando attraverso la Slovenia , la Bora  si riversa verso il Carso .ì Sfiora Trieste in inverno e letteralmente la sconvolge . La Bbra si manifesta in folate furiose, che fanno vibrare i mattoni, volare i cassonetti dell’immondizia, e pezzi di cornicione.

Trieste in 5 giorni. Le forme di una città

Volete altre motivazioni per aggiungere Trieste  alle vostre prossime vacanze? Allora vi illustrerò delle piccole rotte per godervi  Trieste in 5 giorni. Per di più vi stuzzicherò il palato accennandovi della tradizione eno-gastronomica locale  . In aggiunta vi segnalerò altre attrattive da fare fuori porta! Diamo intanto uno sguardo alla struttura urbana di Trieste.

Trieste forma come un arco lungo il golfo dell’Alto Adriatico, che è  intersecato a metà da Piazza Unità in corrispondenza della quale corrono le Rive . Un quadro d’autore completato dal Porto Vecchio.  Questo è uno dei più importanti esempi di recupero industriale in Europa. Fattore dovuto al suo essere un polo attivo. Possiede  vasti spazi per pedoni ,  per bici e un museo, che è  il Magazzino 26 ,  relativo al rapporto tra Trieste e il mare.

Trieste in 5 giorni. I° Tappa : il centro storico

Un consiglio per farvi ammaliare da Trieste è quello di leggere una buona guida turistica senza  programmare tutto nel dettaglio. Cioè ogni tanto uscite , e avventuratevi senza pensare troppo. Questo è il modo migliore per afferrare lo spirito misterioso di quest’urbe che riserva meraviglie in ogni dove.

Intanto dovete sapere che l’old city  di Trieste  si allarga dal Ghetto ebraico al quartiere di Canava . Esso culmina nel Colle di San Giusto, che è l’ombelico primordiale di Trieste . I grandi viali invece rappresentano la Trieste degli Asburgo e profilano la sua parte nuova di fattura neoclassica tratteggiata da strade regolari.

Il primo tragitto è stato piuttosto lungo. L’ho fatto tra mattina e pomeriggio partendo dal mio alloggio vicino (www.dovedormireatriste.it ) la stazione di Trieste  (1857) . Questa è in piazza della Liberta 8  , ed è capolinea della linea ferroviaria Trieste-Vienna. Nelle vicinanze vi suggerisco una sosta nella popolarissima Gelateria Zampolli  ,  che  da prepara generazioni gelati e granite da urlo. Munitevi di scarpe comode  per  spassarvela a  Trieste  . Per i più viziati e pigri Trieste si gira bene anche con la macchina e con i mezzi pubblici .

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Piazza Unità d’Italia

Mi sono incamminata  verso la Capitaneria di Porto . Davanti i miei occhi si è materializzata  la statua di J . Ressel (2022, G. Delben, 183 cm) , che fu l’ inventore dell’elica. Poco dopo ho rivisto Piazza Unità d’Italia  (chiamata così in onore di Trieste Italiana nel 1918 ) , sontuosa e imponente come era rimasta nella mia mente. Essa è uno spazio urbano unico nel suo genere, circondato da architetture prestigiose con un lato prospiciente il mare come una quinta scenografica.

L’assetto attuale di Piazza Unità risale al XIX sec. , ovvero quando si eliminarono strutture più ingombranti. Nel 2021 l’architetto B. Huet ridisegnò la piazza con un reticolo di fari azzurri rasoterra che la illuminano di notte. Lo slargo è occupato per intero dal Palazzo del Municipio  (1870),  con la torre dell’orologio e una commistione di stili , specchio del gusto eclettico di quel periodo.

I gioielli di piazza Unità

Davanti Piazza Unità  spunta la  stravagante Fontana dei quattro continenti  di G. Mazzoleni (1751) ,  in memoria  della fortuna commerciale di Trieste . Alla sua  destra si sdraia sublime Palazzo Strati (A. Buttazzoni, 139) . Al suo fianco c’è il Palazzo del Governo (E. Artmann, 1905) , dove risiede la Prefettura: fine fattezza con un porticato centrale e una decorazione a mosaico. Dirimpetto la piazza si venera Palazzo Pitteri (U. Moro 1780) , che sopravvisse alla ricostruzione ottocentesca con i suoi elementi di rococò viennese.

Verso il mare si profila  Palazzo Lloyd Triestino,  fatto da H. von Ferstel (1880) , ove si riunisce la Giunta Regionale. Sulla riva del Mandracchio  fanno bella mostra due statue :

Caffè degli Specchi

Ho un debole  per i caffè storici specie per  il memorabile  Caffè degli Specchi di Trieste . Del 1839 esso ha una posizione strategica in Piazza Unità  . Fu frequentato per i concerti diretti da un esordiente Franz Lehar  (Tu che mi hai preso il cuor) .

Era il posto preferito di J. Joyce e I. Svevo|, due dei tanti personaggi famosi che l’hanno abitata. Perché sedersi al Caffè degli Specchi ? Non solo per il suo cioccolato e l’eccezionale panorama, ma anche per il caffè che a Trieste è davvero un’istituzione!

Il caffè a Trieste

Trieste è stato uno dei maggiori scali caffeicoli del Mediterraneo. Questo è  un primato che si riflette nella precisione del lessico sul caffè:

  • nero : è l’espresso in tazzina;
  • capo : è quello macchiato, versato anche in B, cioè bicchiere;
  • goccia: con schiuma di latte

Il  traffico del caffè  ha garantito per secoli a Trieste  enormi introiti. E la sua vibrante vita intellettuale è germogliata tra i tavolini di altrettanti rinomati caffè cittadini quali : Caffè SanMarco , Antico Caffè Torinese , Caffè Urbanis , e Caffè Tommaseo.

Molo Audace

Lasciatevi stregare dalla passeggiata di Trieste  al  Molo Audace , dove non si distingue l’azzurro del mare con quello della volta celeste. Fu fatto nel 1743 usando come base lo scafo della nave San Carlo. Il 3 novembre 1918 fu ribattezzato Audace. Questo era  l’omonimo cacciatorpediniere che attraccò su questo scalo portando le prime truppe italiane sul suolo di Trieste libera. Il Molo Audace è una stretta lingua di pietra lungo 246 m , con pavimentazione in masegni ,  pietra arenaria locale. Al vertice la caratteristica bitta con la rosa dei venti.

Da qui  sguardo si spinge dal Castello di Miramare e  quello di Duino  fino alle Alpi. Poco distante si colloca la Chiesa di San Nicolò dei Greci (Matteo Pertsch, XIX sec) in stile neoclassico, tempio  della comunità greco-ortodossa.

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Quartiere Ebraico

Il centro storico di Trieste è stato investito dai cambiamenti dell’architettura fascista compromettendo il vecchio Ghetto ebraico . Questo è un labirinto di botteghe , vicoli , trattorie, e altro ancora che si sviluppano fino a Piazza della Borsa.

Il ghetto arrivava fino a via del Monte . In questo punto c’era un ospedale ebraico  . Questo adesso ospita il Museo della Comuità ebraica Carlo e Vera Wagner, che documenta l’importanza che gli ebrei ebbero per Trieste. Un segno della  loro persecuzione  è rimasto nella Risiera di San Sabbacampo di concentramento nazista.

Ogni terza domenica del mese c’è un mercatino dell’usato con oggettistica del Carso , che si possono ribeccare nei negozi d’usato la Rigatteria , in via Malcanto 12 e nella Libreria Achille ,  in Piazza Vecchia.

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Teatro Romano  e Arco di Riccardo

Testimone del primitivo cardo romano di Trieste   è invece il non lontano Arco di Riccardo (metà I sec. d.C. ).  Si soprannominò così forse per Riccardo Cuor di Leone, il quale, di ritorno dalla Terra santa, fu tenuto prigioniero anche a Trieste.

Delle lesene semplici solcano i pilastri dell’ Arco di Riccardo sormontati da capitelli corinzi. Alto 7 m e largo 5  rimase sempre problematico inserirlo nel circondario delle varie abitazioni. Specialmente quando si ritrovò il  piedritto occidentale nel 1913 che evidenziò appunto l’area archeologica di epoca romana .

Poco lontano sbuca fuori il Teatro Romano ( anfiteatro de I sec. d. C. ) . Capace di contenere  6000 spettatori, è stato edificato quasi interamente in muratura.  Ad eccezione del palcoscenico che doveva essere in legno. Alle sue spalle domina un Antiquarium in via Donota , che accoglie  i resti di una domus e di un sepolcreto di età romana.

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Il colle e la Cattedrale di San Giusto

Salendo lungo la ripida via della Cattedrale si fanno notare la chiesa di S. Maria Maggiore (1682) con la sua  maestosa facciata barocca;  la  Basilica romanica di S. Silvestro (XII sec.) . Da cui  si giunge al Colle di San Giusto . Questo è il punto più alto di Trieste. E anche il più antico , perché vi sorgeva l’emporio romano.

In cima c’è la  Cattedrale di San Giusto, che risulta asimmetrica perché è la risultante di due chiese accostate preesistenti . Il duomo si contraddistingue:

Interno della cattedrale

Il suo interno è a cinque navate . Una foresta di colonne con decorazioni in legno e dipinti e un magnifico lampadario in ferro battuto (doni del duca Massimiliano d’Asburgo) . Le due absidi ai lati di quella centrale son ornate con dei mosaici di scuola veneto bizantina (XIII sec.) . Ci sono figure di : Cristo, San Giusto, la Madonna e gli arcangeli Michele e Gabriele, e gli Apostoli.

Internamente si custodisce la cappella del Tesoro impoverita da un furto del 1984. Tra gli oggetti di valore:

Le pareti sono istoriate da un Cristo tardogotico (XIV sec.) e un ciclo di affreschi coevo illustra episodi della vita di San Giusto.

Castello di San Giusto

Il Castello di San Giusto fu un capriccio degli imperatori austriaci . I lavori ebbero inizio nel 1468 e finirono nel 1636  conferendo al castello l’attuale forma triangolare munita di bastioni ai vertici . Nel Seicento fu un carcere politico, e nel Settecento si smantellarono le sue mura. Poi fu donato al Comune di Trieste nel 1932 e fu visitabile nel 1936. Quello che si può vedere ora  oltre al lapidario, sono : la cappella, la sala Caprin, l’ampio cortile e gli spalti.

Dal Colle San Giusto attraverso un filare di alberi ci si infiltra  nel Monumento dei Caduti della Prima Guerra mondiale (Attilio Selva, 1935) . E  al Parco delle Rimembranze , un omaggio ai caduti , raggiungibile anche da Piazza Goldoni attraverso la gigantesca Scala dei Giganti.

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Museo Winckelman

Il Museo Winckelman (1800) è ricavato da  uno stabile a tre piani . Raccoglie  testimonianze della preistoria e protostoria di Trieste (rinvenuti da Carlo Marchesetti) e dell’Istria. Esso è arricchito con donazioni private di reperti di diverse civiltà: greca, cipriota, lucana , egizia, maya  e  altro ancora.

Fa particolare effetto l’adiacente Orto Lapidario , un boschetto di epigrafi, monumenti vari . In questo si nasconde il tempietto neoclassico con il monumento a Winckelmann. Il dotto tedesco fu ritenuto il padre dell’archeologia e morì assassinato a Trieste . Ciò accadde nel 1768 mentre era ospite della Locanda Grande. L’ideatore di questo cenotafio  fu Domenico Rossetti, procuratore civico e dotto studioso di storia patria.

Altro superficie museale è  quella del Giardino del Capitano, un insieme di lapidi ed iscrizioni di epoca medioevale-moderna . Nell’agosto del 2000, gli ambienti al piano terra del museo sono stati forniti  di cinque ambienti, nonché del nuovo ingresso con il bookshop.

Per info visite: https://museoantichitawinckelmann.it/

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Piazza Cavana

Piazza Cavana era originariamente il covo di marinai che  alleviavano le fatiche del lavoro tra alcol e donne dei bordelli sparsi qui e lì. Al presente è un rione molto animato . Soprattutto la sera, perfetto per un after dinner in uno dei tanti locali affollati e alla moda, che offrono quasi sempre musica dal vivo.

Nei pressi di Piazza Cavana sono da non perdere:

 Trieste in 5 giorni: le Rive

Le Rive ( XVIII-XIX sec.) di Trieste sono come una terrazza sul mare appena ci si allontana dal suo centro storico. La loro genesi è legata al predominio austriaco ( dal 1382 ) e sono nella fattispecie :

I palazzi lungo le Rive

Le Rive è un giretto lungo dal Porto Vecchio a Piazza Venezia, tra geometrie neoclassiche ed eclettiche. Si alternano le architetture più minimali e  festose  dal Secolo d’Oro di Trieste alla Belle Epoque a seconda del periodo di appartenenza. Tra queste:

  Esso fu il lusso a Trieste dal 1841 per antonomasia. Vi si impiantò oltretutto il primo ascensore (1884)  e riscaldamento centralizzato di Trieste (1910).

Trieste in 5 giorni. II tappa: città nuova

Trieste in 5 giorni è un ricordo indelebile. Dopo aver lasciato il centro storico cittadino la seconda tappa ha coinvolto la Trieste più recente. Da piazza Oberdan (non tralasciate il vicino Museo del Risorgimento) mi sono diretta verso il versante settentrionale che si allunga verso Borgo teresiano. Questo fu opera della regina Maria Teresa (1740-1780). Esso è  fatto  di isolati compresi tra le vie Carducci e Ghega. Qui di particolare fascino sono i fabbricati  a tre piani che erano prima degli ex fondaci.

Successivamente si staglia il Borgo franceschino che confluisce appena a Barriera nuova. Questo è un rione architettonicamente vario . Altamente popolato che va da via Giosuè Carducci a l’intero Viale XX Settembre e  sfoggia delle chicche ,  quali:

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Canal Grande

A sud in verticale si convoglia in via Roma che tramite il Ponte Rosso sobbalza sul Canal Grande. Questo era un rigagnolo di acqua utile per le precedenti saline . Sotto la riurbanizzazione asburgica il ponte tramutato in porto e completato nel 1756. Richiama molti turisti per il suo specchio d’acqua altamente scenografico. Oltre che per la statua di James Joyce in corrispondenza della via Gioacchino Rossi ( Nino Spagnoli , 2004).

Tra i grandi palazzi che orbitano attorno il  Canal Grande meritano di essere citati quello di Gopcevich, dove attualmente c’è il Museo teatrale Carlo Schimdl. Il suo creatore fu G.  Berlam (1823), che realizzò pure quello del Morpurgo (175) prospiciente Piazza Vittorio Veneto. Questo fu l’appartamento di una ricca famiglia della borghesia imprenditoriale triestina dell’800.

Chiesa di Sant’Antonio e San Spiridone

Il Canal Grande è incorniciato alle sue spalle dalla Chiesa di Sant’Antonio (P.  Nobile 1828) in stile neoclassico. Essa fu  necessaria  per  venire incontro alle esigenze religiose della popolazione . Questa si era allargata parallelamente al suo sviluppo tra  il 1700 e  il 1800.

Nelle immediate vicinanze si profila il  Tempio di San Spiridone , (C. Maciachini,1861). Essa è una chiesa serbo ortodossa , una comunità che si insediò a nella  Trieste  fiorente  del 1719 . A croce greca si caratterizza per delle cupole sofisticate. Ci possono stare  1600 fedeli ed è in stile bizantino . Sono d’impatto le decorazioni musive delle facciate e la copertura in pietra dalla cave del Carso, Istria, Carrara e Verona.

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Trieste: Svevo, Joyce e Saba

Il Canal Grande si insinua come un serpente fino  al Borgo giuseppino . Questo sorse sotto Giuseppe II quando Trieste era al massimo del suo splendore. Di pari passo si allargarono i confini oltre l’attuale Molo Bersaglieri e si intensificò la sua produzione culturale e artistica.

 Italo Svevo, James Joyce, e Umberto Saba sono dei pilastri dello straboccante panorama di Trieste , che ha fatto da salotto ai primi del Novecento ai tormenti esistenziali dell’uomo. Qui i tre celebri scrittori riuscirono sfogare il loro genio facendo dell’equilibrismo esistenziale una ragione di vita.

Trekking letterari a Trieste

Di suggestioni letterarie Trieste è pervasa in ogni dove. Per esempio al secondo piano della Biblioteca Centrale in via della Madonna: sono visitabili gratuitamente i Civici Musei Letterari, il Museo Sveviano e il Museo James Joyce.

Trieste ostenta una serie di trekking letterari che prendono spunto dai tre intramontabili autori. Tappe ben segnalate da targhe in colore diversi azzurro per Saba, verde per l’irlandese, e il nero per Svevo.  Una delle fermate più popolari è quella di:

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Piazza della Borsa  

Come è facile dedurre Piazza della Borsa è stato l’epicentro del rilancio economico di Trieste . Impreziosita da una rigogliosa Fontana di Nettuno ( G. D. Mazzoleni , 1755) fu Borsa mercantile prima e dei valori poi. Chissà cosa pensa Gabriele D’Annunzio (A. Verdi, 2029) mentre legge ! Una delle tante statue che si possono contare a Trieste!

Al n 5 della disciplinata schiera di palazzi neoclassici a sud della piazza c’è la Portizza un passaggio che conduce al Ghetto vecchio. La sovrasta un panduro. Elemento architettonico onnipresente a Trieste. Un volto di pietra che riporta alla mente i temibili soldati ungheresi che per secoli la difesero dai Turchi . La loro funzione era quella di scoraggiare i malintenzionati

Cosa c’è attorno a Piazza della Borsa 

La pianta dello slargo è irregolare, antecedentemente protetta da cinte murarie  e fa incontrare la Trieste vecchia con quella nuova voluta da Maria Teresa. Si possono contemplare tutto intorno:

Trieste in 5 giorni. III tappa: Castello Miramare

Il Castello Miramare (Grignano) fu fatto tra il 1856 e il 1860 da C. Junker per volere del duca Massimiliano (1832-67) . Il giovane Asburgo era innamorato dell’Adriatico e di Trieste. Era molto giovane quando era governatore della Lombardia e del Veneto.  Il suo soggiorno con la  consorte Carolina durò poco dopo il suo assassinio in Messico . Qui le sue mire espansionistiche vennero ricambiate con la fucilazione.

Tutto in pietra bianca d’Istria il Castello Miramare si presenta all’esterno con ampi  archi acuti che movimentano la verticalità dei suoi motivi gotici. Un complesso unico  agghindato con  terrazze e un lussureggiante parco che scende a balze verso balconate panoramiche. Da qui si può scorgere tutta la magnificenza della costa triestina e l’estuario dell’Isonzo.

Gli interni del castello

 I suoi interni sono pregevoli con tutti gli arredamenti, i dipinti, e cimeli della coppia regale. Nelle stanze di Massimiliano spiccano la camera da letto, lo studio . Mentre quelle di Carlotta primeggiano per un delizioso boudoir. La sala della rosa dei venti era nella bella stagione una sala da pranzo e da gioco d’inverno. Ci sono altri uffici con storiografia della casa asburgica.

A pranzo mi sono deliziata in un ristorante La Terrazza Villa Tergeste in V.le Miramare, 331.  Personale gentile e professionale e primi e secondi di pesce strepitosi al prezzo giusto. Impagabile la vista sul mare triestino.

Info visite:  https://miramare.cultura.gov.it/acquista/; Info trasporti: clicca qui

Trieste oltre il centro storico

Dopo il lauto banchetto a base di sardine e cozze marinate mi sono avviata in autobus a Trieste .Ho avuto modo di osservare da lontano il resto delle meraviglie che Trieste   riserva oltre il suo centro storico. Tra queste:

Trieste sempre più in alto!

Non è finita qui. Per non annoiarvi potete prendervi di coraggio e salire verso le alture di Trieste : 

Trieste in 5 giorni. IV tappa: Duino e il Sentiero Rilke

Duino è un romantico borgo marinaro adagiato sotto le falde del monte Ermada.  Intorno alla montagna troverete i segni della Grande Guerra: caverne usate come riparo e trincee dell’esercito austro-ungarico .

Anticamente Duino era un  santuario del culto celtico della Luna e del Sole .  Poi i Romani lo conquistarono (I sec. a.C.). Nel Medioevo era un feudo imperiale di cui rimangono le rovine di un vecchio castello (XI sec.) sostituito da un altro nel 1395.

Quest’ultimo è il celebre Castello di Duino , che appartenne ai principi di Torre Hofer Valsassina e al momento a quelli di  Torre e Tasso.  Questi ne furono i secolari proprietari. Si possono prenotare visite perché ne vale davvero la pena . Tra le sue perle : la Scala del Palladio, capolavoro di architettura e il forte-piano del 1810 sul quale suonò Liszt .

Cosa vedere a Duino

Nel 1476 le battaglie fra Veneziani e Saraceni rasero al suolo Duino . Dal ‘600 perse la sua funzione militare e diventò  una corte umanistica che pullulava  di letterati e ospiti illustri.   Gravemente danneggiato durante la seconda guerra mondiale è un vaso di pandora tutto da scoperchiare!

Il suo centro storico è davvero piccino e oltre le mura del Castello di Duino di valore è la chiesa del Santo Spirito (1543) e il porticciolo  ricavato da rocce  a  strapiombo sul mare. Una di esse ha  la forma di una donna la Dama Bianca. Secondo la leggenda era l’infelice moglie di un feudatario crudele che finì per gettarsi in acqua. Per pietà divina rimase pietrificata durante la caduta.

Sentiero Rilke

A Duino ci si può anche ritrovare dopo un trekking (2km) di circa un’ora . Basta raggiungere il  comune di Sistiana. Dopo aver parcheggiato con l’auto (da Trieste bus n 44)  avviatevi in uno dei suoi  accessi . Nel giro di pochi minuti attraverserete la Riserva Naturale delle Falesie con tanto di sosta per camperisti!

Un paradiso di macchia mediterranea serrata da cielo e mare che ispirò al poeta praghese Rilke le sue Elegie (1912). Da cui l’appellativo di Sentiero di Rilke ,  uno dei tragitti più incantevoli del Carso triestino. Potrete osservare le postazioni belliche sparse ovunque lungo questo splendido cammino che costeggia le falesie a picco sul Golfo di Trieste.

Duino e dintorni

Altro da perlustrare vicino Duino :

“Avevo una città bella tra i monti

rocciosi e il mare luminoso. Mia

perché vi nacqui, più che d’altri mia

che la scoprivo fanciullo, ed adulto

per sempre a Italia la sposai col canto”

Le osmize

Se vi sentirete provati e affamati potreste provare per una sosta presso degli agriturismi unici nel loro genere . Sono le cosiddette osmize, dalla parola slovena che indica il numero 8 tante quante erano le volte che potevano stare aperti all’anno. Servono solo cibo pronto e  crudo tranne l’uovo . A volte si improvvisa qualche gruppo che suona canti tipici .

Per trovarle dovete stare attenti a delle insegne improvvisate appese ai rami. Sono ormai ridotte  a poco più che venti in tutto per lo più sulla linea slovena. L’ideale per trascorrere una gita fuori porta la domenica.

Trieste in 5 giorni. V Tappa: i musei di Trieste

Trieste  è un sogno anche sotto la pioggia. Più scomoda da girare ma sempre affascinante. Subito dopo un’abbondante colazione faccio un elenco dei musei più esclusivi dove dirigermi. Devo ammettere che quello di Revoltella è stata davvero un’esperienza! Imbottigliato in una villa settecentesca, preserva significativi pezzi d’arte tra cui disegni del Tiepolo.  Mi ha succhiato tutte le energie, per cui ho dovuto  aggirare il Civico Museo Sartorio .

Oltrepassata piazza Venezia sono rimasta a meditare sull’eccezionalità del Museo Revoltella , che vi descriverò in basso . Intanto nei pressi della Marina di  San Giusto, mi sono seduta ai tavolini di Eataly. Ho sbranato dei crostini con acciughe e burro. Mentre stavo sorseggiando uno spritz vedo le gocce d’acqua  lentamente solcare i vetri appannati del mega mercato. Non mi sono fatta mancare nulla come un inaspettato corso sul gin davvero entusiasmante.

 

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Il Salone degli Incanti e Salgado

Il pomeriggio l’ho terminato ammirando Amazonia , una mostra fotografica di S. Salgado (1944) , uno dei più quotati fotografi esistenti . Per sette anni ha vissuto in Brasile . Con i suoi  scatti drammatici in bianco e nero ha documentato gli ultimi popoli rimasti nel più esteso polmone verde del nostro pianeta.

L’evento si è svolto nell’auditorium dell’esclusivo Salone degli Incanti  (1913, G. Polli). Questa era una pescheria , che poi fu  rimessa in uso come centro espositivo polivalente . Nel 1974 Francis Ford Coppola la scelse per il Padrino  . Per la scena  dello sbarco degli immigrati a Ellis Island, New York. 

Museo Revoltella

Accanto al Civico Museo della civiltà Istriana Fiumana Dalmazia si scova il   Museo Revoltella  . Inizialmente era la residenza nobiliare (1853, F.Hitzig) del barone veneto  P. Revoltella (1795-1869).Nel 1902 il municipio ereditò la sua proprietà che insieme ad altri due beni adiacenti (casa Brunner e palazzina Basevi) formarono l’attuale galleria moderna.

Morandi, Manzù, Pomodoro, Fontana e Burri sono alcuni dei maestri che potrete esaminare a fondo. L’unione dei fabbricati fu frutto dell’ingegno di Carlo Scarpa (1962) , che volle così farci un contenitore d’arte a quattro  strati.

Dopo un corridoio con sculture (A . Selva,   M. Mascherini , P. Magni, XX sec.  )  all’ingresso del  Museo Revoltella  c’era  un porticato . Mi ha colpito per una antica libreria in noce fatta dal vicentino Giovanni Moscotto nel 1855.

La camera ottica e Van Gogh

Tante sono le cose che più mi hanno rapito. Per cominciare gli appartamenti del  Revoltella  e una camera ottica attraverso cui scrutava segretamente  le navi  di Trieste! Dopo avere fatto un paio di scale mi è stato assolutamente chiaro quanto l’imprenditore si distinse per il finanziamento del Canale di Suez. Impresa ardita fatta da Lesseps che consentiva di essere in Africa da Bombay  in  4600 miglia invece del doppio! Tema costante per tutto il museo sottoforma di marmi o quadri di Fiedler e Schiavoni (IX sec.).

Ho visto anche  una mostra sul pittore olandese Van Gogh. Muore a 37 anni 10 anni . Non sapevo che la sua mecenate fu Helene Kröller-Müller  .  Nel XX secolo la coraggiosa collezionista sì dedico alla creazione di una fondazione tutta dedita all’intramontabile Van Gogh.

Arte a tutto tondo

Ci ho passato tutta una mezza giornata al  Museo Revoltella . E non mi è bastato. Una buona porzione del museo immortala l’arte del ‘900 (De Chirico e la Secessione Romana) e i più considerevoli traguardi epocali di fine secolo. Come l’introduzione di un acquedotto a Trieste (1850). Questo è impersonificato dalle curve della Ninfa Aurisina scultura che rende leggiadra la scala elicoidale interna . O ancora una tela di Cesare dell’Acqua (1855) sulla Proclamazione Porto Franco di Trieste.

Potevano non esserci dei calchi in gesso di Canova e Houdon di Napoleone? L’insolente imperatore francese le tornò indietro! Per lo meno sappiamo quale ea la sua faccia dai ritratti di Bartolini, suo ritrattista ufficiale toscano! Revoltella fondò una scuola di disegno oggi I .T. A . Volta. Ne vengono fuori grandi artisti locali come N.  Cozzi artista poliedrico e grande alpinista. E. R. Ratman e V .Timmel.

 

Trieste in 5 giorni da mangiare

Non c’è dubbio che l’enogastronomia di Trieste è un melting pot di sapori sloveni, greci, kosher, orientali e mitteleuropei  . Una cornucopia di piatti di pesce e di mare che hanno in comune l’abbinamento con i vini locali. Questi sono i nettari autoctoni delle colline del Carso . Mi sto riferendo rispettivamente al  Terrano (rosso ) e il  Vitovska (bianco). Fatevi versare qualche goccia presso Enoteca Giovinotto in  Via Trento, 9,

Dove gustare la cuisine triestina? Nei tanti ristoranti che in tutta Trieste sono pronti a sfornare la loro specialità giornaliera. In basso vi elenco alcuni di quelli che mi sono piaciuti di più:

Ricette da provare a Trieste in 5 giorni

Se  i triestini si assomigliano per la regolarità dei pasti quotidiani, un’usanza tutta loro è quella del rebechin. Prima era la merenda di metà mattina di lavoratori portuali. Adesso è   un ricco aperitivo con tanto di buffet . Tra i mitici drink meritano un’alta considerazione lo spritz bianco (vino bianco,  acqua gasata o seltz, ghiaccio e limone) e l’hugo , prosecco con sambuco e menta.

La cucina della di Trieste e provincia è opulenta e varia.  Tra le tipicità triestine molto apprezzate ci sono:

  • La jota : che è una zuppa con cavolo, fagioli, maiale e patate;
  • La granseola : che è come uno stufato di granchio ammollato in cipolla, e poi insaporito con aglio e prezzemolo .

In montagna prevalgono carni e formaggi come lo jamar del Carso . Dalla crosta rugisa, sta 4 mesi nelle grotte naturali che gli conferiscono delle sfumature erborine . Se vi è venuta fame vi srotolo un tipico menù triestino a cui ricorrere.

Mare

  • Baccala Mantecato: questa è la tapa triestina per eccellenza. Ovvero una crema di baccala (dissalato, ammollato, e bollito)  da spalmare nei crostini caldi  ;
  • Gamberi alla busara : sono gamberi o a volte scampi sfumati in padella con il brandy . Poi sono messi in una zuppa di mare . Aglio, cipolla, prezzemolo, pomodoro e peperoncino fanno il resto;
  • Sardoni impanai: sono le famose alici impanate e fritte, in umido o in saor , ovvero alla veneziana con cipolle, aceto e alloro ;
  • Pedoci a la scotadeo : sono le cozze alla scottadito, cucinate in bianco con aglio, prezzemolo e pangrattato . Sono un must da provare!

Montagna

Contorni

  • Patate in tecia: sono le patate al tegame . Possono essere lessate e ripassate in padella con cipolla, pancetta;
  • Polenta: consistente come quella alpina che si accompagnano alle luganeghe e ai  fasoi ( salsicce e fagioli) . Oppure al frico, che è una specie di frittata di formaggio, patate e cipolle senza uova   ;
  • Capuzi garbi : sono cavoli cappucci acidi molto invitanti e appetitosi.

Dolci

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Conclusioni . Trieste in 5 giorni

Si dice di Trieste che sia una piccola Vienna sull’acqua. Il paragone calza perfettamente , perché c’è molto  che l’avvicina alla perla del Danubio. Parafrasando U. Saba , Trieste è “come un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore”.

Una confessione passionale del poeta triestino per la sua terra scritta in Italiano quando Trieste era ancora imperiale. Non è un dettaglio. Non c’è ragione di nascondere che gli Asburgo l’hanno fatta evolvere nella massima potenza storica della Mitteleuropa. Inestimabile sbocco sul Mediterraneo Trieste è stata la patria di armatori navali, assicuratori internazionali e uomini di affari.

Trieste vi aspetta per svelare tutte i suoi segreti. Non cercate qui gli schiamazzi di una movida sfrenata, o di divertimento allo stato puro. Trieste non è nulla di tutto questo. Calma, tranquilla ed elegante saprà farvi godere dell’atmosfera pacata e a tratti giovane dei suoi localini sparsi per via Torino. Per il resto vi auguro di mettere Trieste nella lista delle vostre prossime vacanze!

 

Siti utili su Trieste: 

 

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Corsica in 10 giorni

Corsica in 10 giorni

 

“Immaginatevi un mondo primordiale, un susseguirsi di montagne separate da stretti burroni dove scorrono i torrenti; non esistono pianure, ma immense crepe di granito e gigantesche onde di terra ricoperte da macchie intricate o da immense foreste di castagni e di pini.”
Guy de Maupassant

Corsica in 10 giorni

Senza dubbio la  Corsica in 10 giorni   rimarrà una delle vacanze più indimenticabili che abbia mai fatto in vita mia. Nessuna decisione presa a tavolino. Una mattina di Luglio ho  comprato una tenda da campeggio e via su quattro  ruote verso l’isola che c’è!

Non mi è mai capitato di avere un contatto così forte con la natura  come in Corsica in 10 giorni .  Il mio respiro e il battito del mio cuore sono stati gli unici suoni che ho sentito in mezzo all’infinito del mare e i sughereti. Così  questo articolo è un modesto tentativo di condividere il mio incredibile viaggio in Corsica in 10 giorni raccontandovi  di quei luoghi che mi hanno più emozionata. Buona lettura!

Come arrivare  dall’Italia

Sicuramente i mezzi più comodi per raggiungere la Corsica dalla nostra penisola sono 2  :

  1. Traghetto ( per i più  fortunati la barca a vela): ci sono due compagnie principali. La prima è la Corsica Ferries ,  la seconda è la Moby:
  2. Auto o moto: entrambe dovrebbero essere  di   piccole dimensioni a causa della morfologia isolana . Questo   perché le strade corse secondarie sono strette e difficoltose specie nell’interno.

3  collegamenti meno consigliati per l’isola

  1. Treno: ci sono solo due sole linee ferroviarie del 1800 che collegano Ajaccio, Bastia e Calvi (https://cf-corse.corsica/) . Problemi di orario e spostamenti non mancano mai;
  2. Aereo: se volete volare spesso c’è da fare uno scalo in Francia on in altri  hub principali. Esistono 4 aeroporti: l’ aeroporto di Bastia Porettaquello di Figari Corsica del Sud, di Ajaccio Napoleone Bonaparte,  e di Calvi Sainte-Catherine;
  3. Autobus: offrono una buona copertura (https://www.corsicabus.org) , ma hanno partenze solo una o due volte al giorno tra i comuni più grossi . Meglio sempre aggiornarsi per tabelle orari con gli uffici locali turistici.

Libri da leggere prima di partire

Nel XIX secolo grazie ad autori illustri come Prosper Mérimée  (Colomba), Alexandre Dumas ( I fratelli corsi) ,  Guy de Maupassant (Una vita), e Gustav Falubert (Viaggio nei Pirenni e in Corsica) la Corsica  iniziò a incuriosire gli stranieri. Intanto in loco si era generata una letteratura fatte di poesie e narrazioni tramandate di bocca in bocca da contadini e mandriani. Un’apertura letteraria più significativa si è avuta solo nel 1900 in lingua francese e corsa, di cui Rinatu Coti fu uno dei massimi rappresentanti.

Seguirono altri importanti scrittori tra i quali:

Capolavori letterari sulla Corsica

Uscendo  poco a poco dall’oscurità la  Corsica ha richiamato l’attenzione di molti intellettuali che l’hanno immortalata  in best seller  . Da avere  nella propria libreria:

Corsica in 10 giorni. Dov’ è ?

La Corsica (8680 km2)  è la quarta isola più grande del Mediterraneo , dopo la  Sicilia , Cipro , e la Sardegna , da cui è separata  dalle Bocche di Bonifacio  (11 km). Divisa dal 1976  in Alta Corsica e Corsica del Sud ,   è una regione della Francia (da cui dista 170 km) con statuto speciale. Ha come  capitale Ajaccio e conta  circa 279.600 abitanti .  

Con la sola  eccezione della piana di Aleria, il   territorio corso è prevalentemente montuoso (Monte Cinto, 2706 m) con fiumi brevi e a regime torrentizio (come quelli più rilevanti del Golo e del Tavignano). Il suo clima   è mite  .  Mentre  la sua vegetazione è tipicamente mediterranea con molti boschi e parchi . La sua economia si basa prevalentemente sul turismo, viticoltura e l’olivicoltura (inesistente l’industria , se non quella  di tipo artigianale ).

Storia della Corsica

Incerte sono  le ipotesi sul significato del nome di Corsica  . Esso che potrebbe derivare da :

  •  Còruioi, come i Greci chiamarono i primi autoctoni ivi insidiatesi;
  • Corsus  che forse fu un ipotetico conquistatore romano  o un amico  di Enea;
  • Cyrnum, un leggendario figlio di Ercole che si sarebbe stabilito sull’isola.

Di sicuro invece c’è che la Corsica  fu abitata  sin dalla preistoria come documentato dai vari ritrovamenti megalitici risalenti al 2° millennio a.C. Tra i vari invasori ci furono  i Romani  (IV secolo a.C.) , che ci rimasero più a lungo (circa 7 secoli).

Seguirono nel Medioevo:  Vandali,  Bizantini, Ostrogoti,  Longobardi fino all’arrivo dei Pisani (1092) e dei Genovesi che praticamente la plasmarono. Subentrarono poi  i Francesi e la rivoluzione per la libertà  dell’eroe nazionale P. Paoli  ,  che garantì   14 anni di indipendenza, fondando una costituzione repubblicana.

La mano della Francia

Successivamente il  dominio ripassò alla Francia di Re Luigi XV nel 1769. In questo anno nasce in Corsica   Napoleone Bonaparte , che all’inizio fu fedele agli ideali di autogoveno territoriale per poi sposare l’annessione a Parigi (1789).

Dopo un fallimentare intervento degli Inglesi la nazione  subì  le sventure dello stivale conseguenti alla due guerre mondiali, fino alla proclamazione dello stato indipendente nel 1982. Da allora fino ad oggi sono stati tanti i movimenti terroristici che si proclamano contro gli investimenti nel turismo e un aumento dei poteri della classe politica isolana (come il movimento FLNC nato nel 1976). Di religione cattolica i corsi parlano ufficialmente il francese , mentre  il Corsu è il loro dialetto (molto simile affine al toscano).

Periplo della Corsica  in 10 giorni on the road 

La  Corsica  in 10 giorni è stato un immergersi nella sua essenza selvaggia ancora poco ordinata dall’uomo. Questo è il lato più avvincente di questo eldorado che è ancora incontaminato. Soprattutto nell’entroterra dove tra cascate, laghi ,  e torrenti con le loro lagune gelide,  si aprono  valli verdeggianti  e 120 cime oltre i 2000 metri .

Lo scenario più sorprendente della Corsica   è quello delle aree protette e del Parco Naturale Regionale , che si spiega per 1500 km di sentieri. Il più famoso è il GR20. Questo è  uno degli itinerari di randonnée più impegnativi d’Europa (dislivello di 1300 metri) , che   traversa in diagonale l’intera Corsica  ( 200km da Calenzana a Conca).

Alle zone costiere che si estendono per 1000 km la Corsica  lascia la mole più cospicua del nucleo abitativo  e il lusso delle catene alberghiere . Per il resto è tutto un susseguirsi  di  baie da sogno attrezzate e libere  e anfratti nascosti raggiungibili solo in barca come il Desert des Agriates .

Corsica in 10 giorni : 4 camping da provare!

Senza pensarci un attimo d’estate sono partita  da Livorno in nave  con approdo a Bastia in macchina.  Faceva caldissimo. Ma non me ne importava. Perché  l’adrenalina era  in circolo per tutto il tragitto,  che è iniziato a est e finito all parte settentrionale della  Corsica  .

Afferrare lo spirito della  Corsica in 10 giorni in camping  è stata un’esperienza sensazionale. Dormire sotto le stelle, cenare con il canto delle cicale, e svegliarsi al mattino baciati dalla brezza marina è una poesia ancora da rimare.

La scelta delle stazioni di pernottamento è ricaduta strategicamente  su questi 4 in basso:

  1. U Punticchiu , Camping Caravaning, 20230 , Santa Lucia di Moriani;
  2. Acciol , Route D70, 20126 Evisa ;
  3.  La Rondinara, Route de la plage, 20169 , Bonifacio;
  4. Marina Camping , T30, 20220 Aregno.

1 Tappa. Corsica in 10 giorni verso est

Il mio primo giro prende il via da Bastia in giù verso la costa orientale della Corsica (80 km) , che   è meno gettonata  rispetto a quella meridionale ma a torto. Perché riserva dei paesaggi incredibili.

Consta di 3 microregioni: Costa Verde verso Moriani Plage, Costa Serena su  Aleria, e Costa Madreperla dal lato di Solenzara.

Ho  attraversato la  Riserva Naturale della Biguglia (Furiani) e  mi sono spinta fino alla Spiaggia della Mariana vicino San Nicolao con un inversione alla Fonte di Orezza. Altre chicche da non farsi scappare ni paraggi sono:

Bastia

Come un gabbiano appollaiato su uno scoglio gigante , Bastia (45715  abitanti) si rivela in tutto il suo charme adagiata su un promontorio da cui si può contemplare il traffico marittimo. L’unica nota dolente è trovare  parcheggio  (clicca qui per info).  Se lo scovate é piuttosto caro , ma ne vale la pena  per Bastia.  Fatta di tre quartieri: Place Saint-Nicolas, Terra Vecchia-Vieux Port e Cittadella si sviluppa in basso  .

Per il mio tour mi sono mossa dal suo vivace porto . Qui sono concentrati  ristorantini ,  bar  ,  boutique , che si snodano tra le facciate fatiscenti degli edifici medievali. I pescherecci colorati si alternano a yatch  da urlo , un contrasto tutto da contemplare.

Ho proseguito verso alto  la cittadella o Terra Nova , e  dopo avere superato il  Giardino Romieu  con le sue scale terrazzate ho apprezzato  l’ old city  . Il centro storico è  un labirinto di viuzze lastricate,  che recano  le tracce dell’occupazione dei genovesi (XIV sec. ), che contribuirono al suo sviluppo.

Cosa visitare a Bastia

Oltrepassata  la Porta Luigi XVI ho venerato alcune delle gemme di Bastia:

Fonte di Orezza

Dopo un tuffo nel verde smeraldo della Spiaggia di Mariani   (senza infrastrutture ma con servizi vari nelle vicinanze ) ho raggiunto San Nicolau . Questo è un delizioso paesino ai piedi del Monte Castello d’ Osari  .

Siamo nel cantone della Castagniccia. Appena  mi sono addentrata tra i suoi rigogliosi arbusti  ho scovato un sito industriale del 1800.  Questo (rimesso a norma nel 1998) è quello delle Acque Minerali di Orezza, tra le più costose (82,68 euro a pezzo)  e salutari (ferro) in circolazione. L’acqua da bere  in questione sgorga dall’alto e penetra nelle rocce millenarie fino a una profondità di 70 metri, trascinando  calcio, magnesio  e diossido di carbonio.

Zilia e Saint Georges

Ottima per la salute, le Acque Minerali di Orezza  sono un’istituzione tra i corsi insieme ad  altre due sorgenti:

2 Tappa . Corsica in 10 giorni verso il centro

 La Corsica   centrale  è stata scandagliata da Evisa e poi in direzione Corte con immersione finale nella Valle della Restonica dentro il Parco Naturale e Regionale della Corsica. Posso dire che questa deviazione è stata un sospiro di sollievo alla folla e all’arsura estiva!

Mi ha incantato la quiete di questi meandri meridionali lontani dal chiasso festoso del litorale corso. Ci si  proietta decisamente in un’altra dimensione ,  fatta di borghi medievali, vette infinte, e mini giungle fluviali. Per cui  l’appellativo di ile de beautè della Corsica (“isola della bellezza”) dei francesi ha qui davvero preso forma e significato .

La maquis della Corsica

Qui si lasciano alle spalle ombrelloni e secchielli per imbattersi  in  pianure di castagni e nella  maquis , ovvero la macchia corsa. Questa include  78 specie endemiche e 42 tipi  di orchidee e ancora: il corbezzolo, il mirto, e l’elicriso.

Paradossalmente si può nuotare anche in questi punti insoliti della Corsica mediana  . Precisamente in 10 laghetti  , e ci vuole proprio coraggio a immergersi per quanto ci si gela a 12°! Smarritevi pure in queste oasi di pace . Tra passeggiate nelle piazze di borgate fantasma , abbellite dai resti della tradizione contadina come : fontane ,  lavatoi e  casi padronali. Non scordatevi di infilarvi nelle botteghe sparse ovunque per acquistare dei souvenir dell’artigianato corso:   manufatti in vetro e in legno (coltelli) , ceramiche, coralli, ecc.

Evisa

Evisa  è uno dei tanti pittoreschi villaggi montani (850 m) della Corsica   da cui si  vede il mare. Precisamente a circa 40 km ci stanno le spiagge di Porto  di Sagone . Di stampo prettamente medievale Evisa  è stata una gioia infinita per la frescura e i ritmi lenti dei corsi che ci abitano. Ricordo perfettamente  le camminate  per le sue viuzze tranquille e i passanti che ti sorridevano a ogni ora.

Gettonatissima da biker ed escursionisti Evisa è immersa nella foresta di Aïtone    . Mi è entrata nell’anima per il silenzio e la beltà dei boschi e i pini larici che si insinuano fino al Passo di Vergio (1478 m).  In questo colle si può contemplare la caratteristica statua di Cristo Re (in granito rosa alta 6 m.) di Noël Bonardi, che delimita  il confine con la regione  di Niolo.

Corte

Costruita nel 1420 da Vincentello di Istria, signore feudale corso, Corte è:

Relativamente piccola di dimensione Corte è molto frequentata . Puntellata di barettini e trattorie si anima  vicino Piazza Paoli (dedicata all’eroe nazionale),  Piazza del Duca di Padova (generale nella rivoluzione francese), e Piazza Gaffory (altro patriota  corso ).

Corte dall’alto

L’atmosfera che ho respirato a Corte  era davvero allegra , piacevole e internazionale.  Svetta in cima con la sua cittadella (XV sec.) arroccata su uno sperone roccioso . Da non perdere :

3 Tappa. Corsica in 10 giorni verso sud

A detta di tutti il sud della Corsica  è quello che fa innamorare di più . In effetti è capitato anche a me !  Mi hanno letteralmente stregato:   Porto Vecchio ,   la punta estrema di Bonifacio ,  le spiagge della Palombaggia ,   Rondinara e  Sperone e i megaliti di  Filitosa.

Il sud della Corsica  è l’ ideale per chi ha voglia di una vita semplice per chi vuole  farsi scompigliare i capelli dal vento. Se  volete stendere un telo vicino  un catamarano arenato in una battigia   e aspettare il tramonto davanti a un calice di nettare divino, Ssete arrivati a destinazione! Perché non è necessario spostarsi alle Maldive quando le hai a portata di mano!

Porto Vecchio

Incassata nel golfo sovrastato dalla Foresta dell’Ospédale,  Porto Vecchio  è una meta ambita dagli escursionisti per numerosi trekking trai quali quelli più rinomati sono quelli che conducono a :

Nell’antichità  Porto Vecchio   fu uno scalo fondamentale per la variegata successione di sovrani che giunsero in Corsica. Riemersa dalla disgrazia della  malaria (debellata grazie agli interventi degli americani nel secondo dopoguerra),  si classifica attualmente come una delle località balneari più popolari  della Corsica.

Porto Vecchio divisa in due

Incantevole è  il  porto turistico di Porto Vecchio ,  che si popola fino a notte con concerti ed eventi vari . A poca distanza sono raggiungibili  le più superbe spiagge isolane quali quelle di : Santa Giulia, Cala Rossa , Carataggio, e  Pinarello. Porto Vecchio  è frizzante con un centro storico davvero esemplare . Qui  è possibile camminare tra terrazze panoramiche e chiese storiche come quella barocca di Saint-Jean-Baptiste.

Non potrete certo ignorare i lussuosi negozi e negarvi una pausa nei tanti caffè di Piazza della Repubblica. I prezzi non sono affatto bassi! Il tutto sullo sfondo di una cittadella severa ed elegante ( XVI sec.)   fatta dai genovesi. Arrivarci a piedi è faticoso , per cui sono stati messi a disposizione trenini e navette comunali.

Bonifacio

Bonifacio è una delle località corse che mi è piaciuta di più , perché molto elegante e romantica. Si sdraia come una sirena su una scogliera di calcare , che si bagna nelle  acque cristalline delle spiagge limitrofe di Faziò e Tonnara  .

Incastonata   nel cuore della Riserva naturale delle Bocche di Bonifacio, è un santuario che protegge le isole Lavezzi che le stanno di fronte. Ovunque a Bonifacio ci sono lounge bar, negozietti, e  locali di ogni tipo per godersi la movida diurna e notturna .

Bonifacio e le Scalinate del Re di Aragona

Ho perlustrato Bonifacio  a fondo suddividendo la mia girata in questo ordine  :

Sartène

Se si vuole fare un salto nel passato corso si possono  sfogliare i fumetti di Asterix in CorsicaRené Goscinny , Albert Uderzo , 2016) . Uno dei  personaggi è  Ocatarinetabelasciscix,   un prigioniero corso deportato nel continente perché capo della resistenza.

Dalla preistoria   all’Impero Romano la Corsica vanta 8.000 anni di storia testimoniata dalla presenza di  famosi siti archeologici delle civiltà megalitiche ( 3500 ed il 1000 a.C.). Queste ultime cominciarono ad erigere costruzioni legate al culto funerario.

Aleria e Cucuruzzu

Le più esemplari sono i menhir  e i dolmen,  cioè dei blocchi di pietra scolpiti in modo rudimentale rispettivamente  in verticale o raggruppate a cerchio. Quale fosse la ragione del loro essere,  non si sa.  Forse erano solo un modo per rappresentare la fertilità, o un talismano per scacciare i mostri. Oppure avevano la funzione di  calendario o di  osservatori astronomici .

Meritano una visita anche  quelli di  Aleria ,  Cucuruzzu (età del Bronzo) , e quelli di  Filitosa e  Cauria , che ho visto personalmente. Questi ultimi stanno vicino a  Sartène ( 35 minuti e 20 rispettivamente in macchina) nella valle del Rizzanese ,  un borgo del  XVI secolo.

Parco Archeologico di Filitosa

Precisamente a  Sollacaro nella valle del Taravo si incontra  Filitosa , uno dei più imponenti    megaliti  d’ Europa. Scopertonel 1946 dal proprietario del terreno Charles-Antoine Cesari ,  è un insieme di suggestive statue menhir (circa 13) antropomorfe alte 3 metri . Sono sparpagliate in aperta campagna assieme a capanne e altri complessi monumentali che non ancora svelato la loro esatta utilità. Il loro allineamento non è originario, ma è stato ipotizzato da alcuni archeologi.

All’ingresso di  Filitosa vengono forniti dei depliant con molte spiegazioni. Lungo tutto il percorso ci sono delle colonnine che forniscono altri dettagli in molte lingue. La passeggiata è di 800 metri e dura  1 ora e mezza. All’uscita è installato un museo che conserva in delle teche vari suppellettili rinvenuti durante gli scavi.

Sito Megalitico di Cauria

Il Sito Megalitico di Cauria si trova invece a circa 20 minuti da Sartène, percorrendo una strada sterrata. L’accesso è libero, seguendo un percorso ben indicato che permette ai visitatori di ammirare :

  • Dolmen di Fontanaccia: esempio più bello di dolmen in Corsica. Questo monumento funerario collettivo è il più noto e meglio conservato dell’isola: un’enorme lastra posta su 6 pietre verticali;
  • Stantari: 30 statue-menhir posizionate in un campo in maniera perfetta ;
  • Rinaiu:  un altro gruppo di pietre rialzate. Qui è stata valutata una cronologia. Sembra che ci fossero 60 pietre intorno al 4500 a.C. e 180 intorno al primo millennio a.C..

4 Tappa. Corsica in 10 giorni verso ovest

Esclusivo è   il versante occidentale della Corsica  .  L’ ho esplorato  da Ajaccio, dove è nato Napoleone, passando per Cargese, rifugio dei greci,  e con sosta  onirica sui  Calanchi di Piana ! Qui per poco non svenivo .  Non solo per l’eccezionale  visione  dei sassi poliformi, ma anche per la ripidità delle stradine percorse tutte  a chiocciola e senza alcuna protezione !

Incastonato come un gioiello tra il Golfo della Sanguinara e il Capo di Muru questo tratto  della Corsica   vi strabilierà per la trasparenza dei fondali e il proliferare  di paradisi interni : quali le colline di Cinarca e Gravona. Queste ultime si fanno  montuose nella foresta di Vizzanova fino alle Gole di Prunelli e del comune di  Bastelica.

Come se non bastasse se ci capiterete aggiungete alla lista queste meraviglie:

Ajaccio

Ajaccio è la capitale  della Corsica  e ha dato i natali a Napoleone (15 agosto 1769 ), intramontabile stratega per alcuni, tiranno per altri. La casa dove visse la sua infanzia con la sua numerosa e modesta famiglia   è in via Sait Charles , che è ora il museo più affollato dell’isola. Com’è adesso fu per iniziativa di Napoleone III perché ci furono vari smantellamenti.

Non c’è molto delle mobilia dell’epoca dell’infante prodigio,  a parte qualche pannello esplicativo sulla sua esistenza. L’arredamento è piuttosto semplice: una cartina della Corsica (XVIII sec. ), ritratti familiari, un divano , un comò Luigi XVI , una consolle rococò, lampadari italiani , una maschera mortuaria, un albero genealogico, oggetti feticci, ecc.

Ajaccio che stupisce  

Anche ad Ajaccio  sono stati i genovesi che hanno contribuito più di tutti a darle forma. C’è la classica ripartizione in marina portuale, molto accattivante con le sue spiaggette libere e i viali alberati, e la cittadella posta in alto.  Mettete in conto che ad Ajaccio   sarete fagocitati dal caos cittadino.  L’allegria è una costante specialmente quella del mercato  allestito tutte le mattine in piazza  Foch .

Ajaccio, Napoleone e lo zio Fesch

Ecco inoltre cosa vi aspetta:

Cargese

Nel 1774 a Cargese  i francesi   ci sistemarono  definitivamente  n un gruppo di greci di Oitylo (Peloponneso). Erano dei profughi che tentavano di scampare alla morsa dei turchi dal 1776 in Corsica,

Il villaggio crebbe . Si edificò  una chiesa cattolica greca ortodossa, quella di  Santo Spiridione . Anni dopo i corsi ne fecero una latina , la Chiesa di Santa Assunta.  Sicché  attualmente stanno una di fronte l’altra e sono il simbolo di Cargese  .

La torre genovese 

Particolari sono anche la  Cappella di Santo Erasmo e quelle di Sant’Elia e Santa Barbara a Paomia. E se avete ancora un po’ di fiato ecco altro da attenzionare:

L’aria è sottile, e Cargese  è molto raffinata con le sue casette bianche e azzurre  prospicienti il Golfo di Saidone. Essa è  molto  fashion all’estero .  Forse per il richiamo del Club Mediterranee nella Spiaggia di Chiuni, che ammalia a solo 8 km come quelle di Chiuni, di Topini , Capizzolu, Stagnoli, e  Però .

Calanchi di Piana

Solamente le parole di  Guy de Maupassant in Una vita  possono rendere omaggio allo spettacolo dei Calanchi di Piana :

 “Erano picchi, colonne, pinnacoli, figure sorprendenti modellate dal tempo, dal vento rosicchiante e dalla bruma marina. Alte fino a trecento metri, sottili, rotonde, contorte, uncinate, deformate, inaspettate, queste rocce sorprendenti sembravano alberi, piante, bestie, monumenti, monaci in tunica, diavoli cornuti, uccelli sproporzionati, tutto un popolo mostruoso, un serraglio di incubi pietrificato dalla volontà di qualche Dio stravagante”. 

I Calanchi di Piana sono delle bizzarre formazioni rocciose a 400 m sul livello del Mar Mediterraneo formatesi per erosione del vento e dell’acqua. Come nelle nuvole potete dare la forma che volete  a questo cortile di giganti e nani di pietra tinti di rosso, rosa, ruggine e miele. Sempre se non vi prende un attacco di panico come è successo a me salendo in automobile su  la D81 , che è davvero per chi sa tenere le mani al volante!

5 Tappa. Corsica in 10 giorni verso nord

Nella Corsica del nord mi sono spostata tra Aregnu e L’Ile Rousse   toccando  Calvì e Saint Florent . Mi sono insinuata in una microregione particolarissima, quella della Balagna. Questa  fu l’antico granaio della Corsica e oggi si mostra come un magnifico anfiteatro di montagne innevate  sul mare .

La Balagna è una distesa di limoni, uliveti, mandorli, e un continuo susseguirsi di festival di ogni genere che rallegrano la sua comunità . Vive principalmente di agricoltura e turismo e fa da sfondo al punto di partenza del celebre   Grande Randonnée GR 20.

Per spezzare si può fare una capatina anche a :  Lunghignano e il suo vecchio frantoio, Cassano e la sua piazza a punteMontemaggiore per la veduta  mozzafiato sul Golfo di Calvi, il nido d’aquila di Sant’Antonino, e   i centri artigianali  di Pigna e Corbara.

 Aregnu

Aregnu  è stata popolata da sempre, come attestano resti di placche bronzee degli eserciti di Vespasiano. Fu dei  genovesi fino alla metà del XVIII sec. , dopo  divenne proprietà francese. Aregnu  , con le sue frazioni di Torre e Praoli, è collinosa con una pianura che si estende fino al mare. Una piana agricola, che nonostante gli incendi, prospera con i suoi frutti. Oltre agli ulivi sono una gloria le sue arance, marchiate  Aregno citrus sinensis osbeck .

Altro vanto di Aregnu sono i suoi  mandorli che vanno in fiera la prima settimana di agosto . Dal 1997 sono i protagonisti di    un festival   appuntamento  che ha promosso  il settore agricolo e l’artigianato della Balagna.

I templi sacri di Aregnu

Da attenzionare ad Aregnu  oltre le sue fantastiche spiagge sono:

Ille Rousse

L’Ile Rousse  è come la vedete oggi dal 1758, quando P.  Paoli la fortificò per arenare l’invadenza dei genovesi.  Un luogo  singolare della Corsica.  Tanto glamour , da attrarre VIP che ci hanno stabilito le loro fastose residenze estive.  Quanto romantico da sedurre bohemien e sognatori d’ogni dove.

L’Ile Rousse  è un dedalo di meraviglie dalla Torre dello Scalo (del XVI sec.) alla chiesa al  monumento ai caduti  di Antoniucci Voltigero. Dall’Hotel Liberata, albergo per straricchi, fino all’ affollatissima Piazza Paoli, salotto urbano e zona in cui si pratica lo sport preferito dai cittadini , ovvero le bocce.

La città vecchia

Per i comuni mortali sempre nei pressi della old city si allestisce un mercato coperto sotto il tetto di un tempio greco. In sostanza L’Ile Rousse  è  un agglomerato raffinato di architetture sofisticate , casine di pescatori, e isolotti di porfido rosso . Il suo centro cittadino è impreziosito da piazze contenute e un pittoresco lungomare Marinella da godere nei suoi tanti ridenti cafè. Una foto da fare assolutamente è quella con la padrona di questo eden, una Sirena di bronzo realizzata nel 2016 da Gabriel Diana.

Tra questi accumuli di rocce rossastre si distingue l’Isola di Pietra con il suo faro  e  le sue estensioni di  Roccio, Roccetto e Piano. Battezza l’atollo corso e si può perlustrare arrivandoci in soli 15 minuti dal centro,  che  la battezzano e la  colorano di un arancione che si infiamma al tramonto . Le spiagge più paradisiache di Ile Rousse sono : Plage de Caruchetu, Plage de Bodri, Plage de Lozari, Davia , Algajola, Marina di Sant’Ambrogio, Arinella e Sainte-Restitude.

Corsica in 10 giorni : il cibo

La cucina della Corsica è il risultato delle varie dominazioni isolane , per cui prevale l’influenza francese e italiana. Tuttavia ha sviluppato un suo carattere distinto indirizzandosi soprattutto sulle gemme del suo entroterra montuoso.

I verdi pascoli offrono l’ambiente ottimale  per l’allevamento di  capre e pecore, il cui latte   genera squisiti formaggi  , di cui  i  più noti sono:

Charcuterie: salumi e zuppe corse

I pendii boscosi della Corsica brulicano di maiali e cinghiali selvaggi.  Ne vengono fuori delle prelibatezze esemplari, molte delle quali a marchio AOC, cioè Appellation d’origine contrôlée (Denominazione di Origine Controllata) . Tra le più note:

      • Figatellu : è una salsiccia di fegato di maiale affumicata ed essiccata, spesso grigliata o utilizzata nella zuppa di lenticchie;
      • Coppa o capicollu  AOC* : è ottenuto dal muscolo cervicale del maiale disossato e sottoposto a 6 mesi di stagionatura ;
      • Lonzu AOC: è un  filetto di maiale salato, affumicato e pepato, risulta leggermente untuoso e consistente;
      • Prisuttu AOC: è il prosciutto corso  d’eccellenza , che viene  stagionato minimo 12 mesi ricavato dal maiale razza Questi ultimi sono suini di taglia piccola che girellano liberi ad alta quota nutrendosi di radici ed erbe.

Queste carni pregiate sono pensate   per intingoli e stufati gustosissimi, tra cui si distinguono:

      • Zuppa corsa: è un minestrone di verdure in brodo di osso di prosciutto;
      • Civet de sanglier : è uno spezzatino denso di cinghiale, verdure, castagne, vino rosso e finocchietto;
      • Veau aux olives: è uno stufato  di vitello a cottura lenta, olive pomodori, erbe aromatiche e vino bianco o rosato ;
      • Agneau Corse: è l’ agnello arrosto con aglio e rosmarino.

Pesce

Allora cos’altro potrebbe esserci nel menu dei ristoranti della Corsica? Per quanto riguarda il pesce di mare, troverete tantissime:  triglie fresche, orate, acciughe, sarde e scampi. Dai fiumi dell’isola e dalle lagune della costa orientale provengono rispettivamente : abbondanti trote e anguille. La costa orientale è anche un’ importante produttrice di ostriche. Il piatto più strabiliante è :

Dolci in Corsica

Per chiudere un pasto ci sono i dolci corsi , ottimi anche  per   una bevanda bollente durante l’inverno . Stupiscono per varietà ,  consistenza e bontà . Una menzione speciale va fatta per le castagne, piantate nell’isola durante il dominio genovese (dal 1284 alla metà del XVIII sec.) come alternativa alle colture di cereali, di difficile coltivazione. La farina risultante viene utilizzata in molte  ricette corse,  come quella  per le fritelle . A questa cornucopia zuccherosa si aggiungono altre ghiottonerie:

  • Pisticcini: sono delle gallette cotte alla piastra dentro una foglia di castagno;
  • Pastizzu: è un dolce domenicale con  pane raffermo, latteuovazucchero a velozucchero vanigliato e burro;
  • Falculelle: sono delle brioche tipiche di Corte. Si preparano mescolando brocciu, tuorlo d’uovo, farina, zucchero e buccia d’arancia. Questa miscela viene poi cotta al forno su foglie di castagno;
  • Fiadone:  è il tradizionale  dolce leggero  al brocciu;
  • Cacavellu:  è a forma di ciambella ed è  fatto di pasta lievitata ;
  • Canistrelli: sono dei biscotti fatti  di vino bianco, anice, mandorle o nocciole.

Corsica in 10 giorni:  vino

La storia del vino corso è millenaria (VI secolo aC ) .  Greci, romani, pisani e genovesi  vi introdussero il vitigno autoctono principale che è il Nielluccio . Questo è  una variante del Sangiovese toscano.  Sotto i francesi ci fu un segno di ripresa per la viticultura corsa grazi all’agevolazione napoleonica dell’esenzione delle tasse sul commercio del vino corso. Tuttavia la filiera della produzione vinicola corsa ebbe un drastico declino con l’arrivo della fillossera nell’800 e con le Due Guerre Mondiali.

Gli anni ’60 segnarono una svolta . Il governo parigino introdusse  18000 algerini  ( detti pies noir ) a cui si concessero parecchi poderi a est della Corsica  per farli fruttare. Ma gli immigrati puntarono sulla quantità produttiva di vino, causando l’ira dei corsi. Questi si riunirono addirittura in un movimento politico detto  il  riacquistu che puntava sulla qualità di resa e sulla  valorizzazione delle uve autoctone.

Nel ventennio  successivo il vino corso fu  ricercatissimo perché sinonimo di eccellenza grazie a una vera e propria rinascita enologica . Ciò accadde per merito di grossi investimenti nel settore, per lo sforzo di imprenditori locali e l’introduzione di disciplinari (AOC, DOC e IGP) e nuove tecnologie.

Corsica, la carta dei vini!

I vigneti della Corsica (375.000 ettolitri all’ anno) coprono tutta la costa e il 45% viene venduto nel continente. Si sta parlando di circa 6.000 ettari quasi tutte coltivati biologicamente con le tre principali uve native:

I filari di questi grappoli corsi sono segmentati in generale in questi 2 blocchi:

Il terroir della Corsica

Ls viticultura corsa affonda le sue radici nei pendii   a est e nella Valle del Golo , a ridosso di alture che sfiorano i 1200 metri. Il terroir corso spiega la straordinarietà dei suoi vini:

      • Esposizione solare perfetta ( si ricorre ai terrazzamenti per aumentare le entrate di luce);
      • Inverni miti ed estati calde;
      • Diversi microclimi: mediterraneo (apporta calore) , montuoso (dona umidità buona   per la  vite specie in primavera) e marino (venti che rinfrescano);
      • Diversità di suoli: un misto di scisto, granito, gesso, argilla, sedimenti alluvionali :
Quali vini corsi assaggiare?

I vini corsi hanno carattere (per la mineralità del terreno)  e hanno un finale lungo in bocca.  I vini rossi hanno una buona struttura e un colore molto profondo. Sono morbidi, facili da bere e talvolta speziati. I vini bianchi sono molto aromatici, e fini, molto spesso sprigionano  note floreali o fruttate (agrumi) uniche. I rosati sono vivaci e colorati, fruttati e freschi, mentre i vini dolci sono setosi ed eleganti.  In basso vi propongo una selezione di etichette da degustare:

Bianchi:

Rossi:

Rosati:

Cosa bere in Corsica: birre, vini e liquori

La Corsica ha tante altre valide proposte in fatto di alcolici oltre il pastis e il liquore al mirto :

      • Cap Corse Mattei : si fa a Bastia (Louis Napoleon Mattei ed è il classico aperitivo dell’isola che è tra l’amaro e il dolce e rievoca i sapori della macchia mediterranea. La ricetta è segreta ma si possono avvertire le essenze di arance e china;
      • Birre PietraColombao Serena: La prima è  ambrata e ha un sapore deciso e aromatico. La seconda è una birra bianca prodotta con malto d’orzo e frumento, mentre la terza è una birra di puro malto al 100%.

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Corsica in 10 giorni : conclusioni

Concludendo sulla Corsica ve la  consiglio vivamente per  vostre prossime ferie. Si presta a soddisfare le esigenze di tutti i viaggiatori , compresi i lupi solitari in cerca di pace  solitudine . Sta a voi decidere il modo di vivervela e quando metterci piede, perché è una sorpresa in tutte le stagioni.

Personalmente quello che la Corsica mi ha lasciato addosso è la voglia di esplorarla nuovamente in lungo e in largo. A pochi passi dallo stivale ci si catapulta direttamente ai  Caraibi . Direttamente in mezze lune di sabbia fine e dorata accarezzate dalle onde gentili in cui sguazzano pesci di ogni razza.. Vi auguro un piacevole soggiorno!

 

 

Info utili

 

Guide sulla Corsica

Ufficio del Turismo in Corsica

Documenti per la Corsica (carta d’identità)

Telefono in Corsica

Moneta e carte di credito in Corsica (Euro)

Budget per la Corsica

Lingua parlata in Corsica

Dove dormire in Corsica

Camping in Corsica

Parcheggi in Corsica

Dove mangiare in Corsica

Migliori cantine in Corsica

Corsica insolita

Cos’altro  vedere in Corsica

La Corsica in barca a vela

La Corsica in bicicletta

Con i bambini in Corsica

Fare trekking in Corsica

Girare la Corsica in auto

Girare la Corsica in moto

Le migliori spiagge della Corsica

Vacanze in montagna in Corsica

Cosa comprare in Corsica

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Peloponneso in 10 giorni

Peloponneso in 10 giorni

Ti auguro il meglio della vita, 

un buon lavoro

delle relazioni soddisfacenti

un amore intenso

una casa piena di speranze

un gatto dal nome bizzarro…

G. Anastasia , Correzione

Peloponneso  in 10 giorni

Cosa fare nel Peloponneso in 10 giorni? Una domanda a cui rispondo con questo articolo . Vi propongo degli itinerari da fare a est, sud e ovest di questo fazzoletto di terra mistico e selvaggio nella Grecia Meridionale.   Il suo  ricco patrimonio storico, culturale,  paesaggistico ed enogastromico me ne ha fatto innamorare.

Indubbiamente volare come me a Luglio nel Peloponneso in 10 giorni potrebbe sembrare una follia perchè è alta stagione e caldo atroce. In realtà l’estate non è stata un grosso problema per godermi questo eldorado, perché è rinfrescato  dalla brezza marina  e lontano dal turismo di massa.

Il Peloponneso in 10 giorni è un regalo da farvi , perché  vi  farà   immergere in una natura incontaminata: un arcobaleno  dopo una pioggerella passeggera , sardine fritte consumate di fronte a degli scogli assaltati da granchi e gabbiani. Potrei continuare all’infinito. Girare in macchina il  Peloponneso in 10 giorni è stata veramente un’esperienza alla ricerca della bellezza , di luoghi ameni, e della semplicità delle piccole grandi cose della vita. Cosa vi aspetta? Se volete saperlo, buona lettura!

Peloponneso  in 10 giorni. Ma dove è ?

Il   Peloponneso (  capoluogo Tripolis , 21379 km²) è una penisola  circondata dai mari Ionio ed Egeo. Unito alla Grecia continentale dall’istmo di Corinto (6km ,  tagliato artificialmente nel 1893) e dal Ponte Rion Antirion (2024) ha delle coste che sono prevalentemente frastagliate.Nel suo entroterra e si elevano  imponenti montagne, tra cui quelle del Taigeto (2404 mt) sono tra le più alte.

Attualmente la sua economia si basa prevalentemente sull’agricoltura, allevamento (baco da seta), industria (estrazione lignite) , e turismo.In seguito alla nuova delimitazione amministrativa nel  Peloponneso   si distinguono 5 unità regionali (con 595.062 ab. nel 2007) :

  1. Argolide   ( Nafplion)
  2. Arcadia ( Tripolis)
  3. Corinzia  ( Corinto)
  4. Laconia  (Sparta)
  5. Messenia  ( Kalamata)

In aggiunta alle isole Saroniche ad est e le Ionie meridionali ad ovest il  Peloponneso è costellato da rilevanti siti archeologici . Olimpia, Epidauro e Micene  testimoniano la fioritura di quella grandiosa  Antica Grecia , che tanto ha  contribuito allo sviluppo del pensiero occidentale.

Come raggiungere il Peloponneso?

Il miglior modo di arrivare nel   Peloponneso è in aereo (come ho fatto io da Pisa). L’aeroporto principale è quello internazionale Captain Vassilis Constantakopoulos di Kalamata. Il terminal (operativo dal 1959 è ammodernato nel 1991 ) è piuttosto piccolo e ci sono  i servizi  essenziali, come quelli per il  transfer.

In alternativa altri scali sono quelli di:

Naturalmente per il  Peloponneso si può  prendere anche  un  traghetto da  Bari, Brindisi, Ancona, Venezia e Trieste (operano su questa rotta Grimaldi Lines e Superfast Ferries) .

Peloponesso  in 10 giorni. Tra storia e mito

Abitato sin dal  Neolitico, e toccato dall’influenza dei  Minoici di Creta  (2700 a.C. – 1400 a.C. ), il  Peloponneso è stato la culla della  civiltà Micenea.  Secondo leggenda il capostipite fu il re Tantalo ( XV-XI secolo a. C. ) . Da suo figlio Pelope si sarebbe originato il nome .

Subentrò  l’ invasione delle  popolazioni elleniche (2000 a.C.) ,  dei  Dori (l XII secolo a.C.) e il predominio di Sparta (X-VIII sec. a.C.) , che resisté sino all’incedere dei Macedoni (IV a.C.). I Romani (II sec. a. C.) completarono la conquista delPeloponneso in modo definitivo.   Con la crisi dell’Impero,  subì l’incursione  dei barbari , che si stanziarono e furono assimilati.

Dal Medioevo a oggi

Nel 1204 dopo la caduta di Costantinopoli  i Crociati conquistarono il Peloponnesso  e fu suddiviso in 12 baronie.  I Bizantini (XIII sec. d.C.) , i Turchi (XV sec d. C.) , con un inframezzo di dominazione Veneziana (1685 e il 1718), completarono la sua occupazione .

La proclamazione della sovranità nazionale greca avvenne nel 1821 , che fu offuscata dalla presa dei  Tedeschi durante la  Seconda Guerra Mondiale. Dopo la democrazia del 1975 , ci fu l’annessione  alla NATO (1981) e  alla CEE ,  mentre nel 2001 si festeggiò l’ingresso nell’Euro .

Il quadro politico del  Peloponneso degli ultimi anni si è caratterizzato per la forte instabilità per ora mediata dall’ azione di  Kyriakos Mitsotakis . Questi è capo  partito conservatore Nuova Democrazia e Primo Ministro della Grecia .

Peloponneso in 10 giorni on the road

Ovviamente  Peloponneso vuol dire viaggiare per ritrovarsi, rilassarsi ed esplorare anfratti sperduti. E ancora  farsi travolgere dall’ospitalità dei greci. Per me il  Peloponneso è stato un’avventura  senza troppi fronzoli.

L’immensità e la bellezza degli spazi mi ha scatenato una serie dipendenza . Insomma mi è sembrato di vivere in un atollo di grosse dimensioni dove la primavera  si prolunga fino a ottobre inoltrato. Se siete curiosi e volete staccare un biglietto, eccovi delle  informazioni che vi potrebbero fare comodo.

 Prima di partire

Soldi e cosa portarsi dietro

  • Portatevi sempre cash a sufficienza. C’è l’euro e sono accettate tutte le carte. Però alcuni negozi o trattorie  preferiscono contanti. O peggio nelle località più remote  alcuni ATM  possono finire i soldi, o non erogarli più per via della corrente che salta!
  • Munitevi di scarpe comode e aggiungete qualche capo elegante per qualche occasione, i greci amano vestire bene!
  • Se le temperature sono esagerate non fatevi mancare un cappello, crema ad alta protezione. E una bottiglia di acqua, perché non è sempre potabile (accertatevene).

 Al vostro arrivo

  • Lingua: Greco moderno, l’Inglese è molto parlato (talvolta anche il Francese, il Tedesco e l’Italiano);
  • Religione: il cristianesimo ortodosso  con libertà di professione di culto. Copritevi adeguatamente dentro i templi sacri (per le donne mettete in borsa uno scialle) ;
  • Fuso orario: 1 ora avanti rispetto a Italia;
  • Per telefonare: prefisso + 00 30 (Italia-Grecia)/ + 00 39 (Grecia-Italia). Con una sim Italiana il segnale è pressoché inesistente se non ne acquistate una in loco. A meno che non vi affidate ai social (Whatsup, Skype, ecc.) perché il il wi-fi free è quasi ovunque.

Trasporti  e  orari 

  • Mezzi di trasporto: sono piuttosto efficienti autobus, treni, traghetti, noleggio auto, motorini, e biciclette ! I taxi sono poco costosi, ma prima concordate il prezzo. E occhio alla guida dei greci, sono dei pazzi! Potete tranquillamente usare la patente europea per circolare, ma le strade non sono sempre delle migliori. Oltretutto il GPS non è sempre molto aggiornato se vi spingete troppo fuori dalla rete urbana. Non rimante mai senza delle mappe cartacee;
  • Musei, e negozi: annotate giorni e orari di apertura/chiusura. I ristoranti: stanno aperti fino a quando hanno clienti, tirano fino a dopo l’una di notte. La mancia non è obbligatoria: ma gradita!
  • Per evitare fraintendimenti: “sì” si dice “no” (/ne/), mentre “no” si dice “oki” (/oki/), giusto per evitare fraintendimenti! Brindate sempre dicendo “yamas”(/iamas/) : ovverro “alla salute”, porta bene;

Peloponneso in 10 giorni. Prima tappa : Messenia.  

Il periplo del  Peloponneso   è partito su quattro ruote a noleggio a sud ovest. Precisamente  in Messenia, che è costellata da vilaggetti, curiosi cimeli archeologici, coste immacolate , valli verdeggianti e cime incappucciate di neve.

Quello che più mi ha impressionato della Messenia è il contrasto tra la presenza di resort di lusso lungo la suggestiva  Costa Navarino  e la sua aria bucolica. Decisamente la  Messenia  può essere classificata come il punto più incontaminato della Grecia. Sede dell’antica Olimpia, luogo di nascita delle Olimpiadi, è un vero e proprio crogiolo di culture: con i resti di Sparta, i castelli veneziani e le strutture romane.

Messenia, la magia della quiete

Il mio tragitto è iniziato da Kalamata di cui vi dirò in dettaglio a breve , perché è quella in cui mi sono soffermata più  a lungo. Il mio tour  ha incluso queste perle del Mediterraneo:

  • Koroni : è un’incantevole cittadina portuale veneziana su cui si affacciano casette squadrate ,  chiese di epoca medievale . Si può passeggiare tranquilli  per le sue  tortuose viuzze che portano a un grazioso castello;
  • Methoni : altro paesino che sembra dipinto su una tela ,  apprezzato da molti greci per villeggiare. La sua principale attrattiva è una roccaforte veneziana del 1209 separata dalla terraferma da un fossato artificiale;
  • Kyparissia: porticciolo che si allunga in un castello poco distante . Offre molte belle spiagge tra le quali vanno segnalate : Sani beachParalia Stomioe Paralia Ai Lagoudis
  • Kalo Nero: è stata una fermata prima di balzare alla Tenuta Merkouri  a Korakochori per una strepitosa degustazione di nettari divini. Ne vale la pena sedersi su una panchina di questo caratteristico nucleo urbano , perché potrete immortalare il sole che scompare dietro l’isola di Zante.

Messenia e dintorni

I più audaci  possono anche osare in Messenia  :

Kalamata, il cuore della Messenia

La capitale della Messenia è  Kalamata ( 70.000  abitanti).  Ci sono rimasta per un weekend . Ed è più che sufficiente per spassarsela. Non è  una destinazione turistica molto gettonata,  motivo principale che mi ha spinto a visitarla  .

A parte le sue squisite olive ha avuto un po’ di notorietà solo nel 1995 grazie al richiamo del Kalamata International Dance Festival . Naturalmente il suo X factor non è solo  la sua posizione strategica per perlustrare il  Peloponneso, ma anche le molte attrattive distribuite su due livelli dell’urbe.

Kalamata nuova e lungomare Navarino

In basso si staglia  Kalamata nuova, che è quella  più moderna. Non aspettatevi chissà quali architetture sofisticate. Si tratta di un villaggione ristrutturato dopo il terribile terremoto del 1986.

Organizzato in modo disordinato non manca però  nulla: supermarket, bar, bazar, banche, farmacie, panifici, pasticcerie, parchi giochi, ecc. Poco distante queso agglomerato di cemento mi ha sorpreso la vivacità del lungomare   Navarinou (lungo 4km). Dotato di una pista ciclabile e molti alberi che fanno una gradita ombra , il lungomare   Navarinou  è il salotto di Kalamata.

Cosa fare nel lungomare  Navarinou?

il lungomare   Navarinou  è il salotto di Kalamata.trabocca di ristorantini , e night clubs . Fatevi deliziare dalle prelibatezze greche e divertitevi fino a tardi, anche perhé  i costi sono davvero più bassi rispetto all’Italia.

Particolarmente suggestive sono le  mini crociere al largo   che si fano a bordo di enormi navi ormeggiate nei vari moli. Si possono  scandagliare al chiaro di luna scorci da fotografia ascoltando musica e sorseggiando birra. Oppure  ouzo, raki, tsipouro, masticha, bevande tradizionali da testarre assolutamente!

Se si è alla ricerca di  relax, sabbia dorata e fondi cristallini si può  rotolare verso le vicine  spiagge di Verga, lmyros Beach , Mantinia Bay, e Santova Beach. Un po’ più distanti (40 Km) ci sono atri litorali rinomati  tra i quali quello di Voidokilia del tratto della magica Costa di Navarino.

5 cose da vedere Kalamata nuova

  1. Mercato popolare: fin dal primo mattino in questo cappannone gigantesco al coperto  non meno di 450 venditori si incontrano ogni mercoledì e sabato per vendere una moltitudine di squisitezze culinarie;
  2. Galleria d’Arte Moderna Greca: espone dipinti, sculture e incisioni. Costruita nel 1962, rappresenta varie correnti artistiche dell’arte contemporanea internazionale.  La collezione mette in mostra l’influenza dell’arte occidentale sugli artisti greci e la ricerca della grecità nelle loro creazioni;
  3. Club Equestre di Kalamata: offre lezioni di equitazione ed escursioni  nei lidi di Kalamata. ! I cavalli sono tutti calmi, ben addestrati e adatti a ogni cavaliere;
  4. Parco Comunale Ferroviario : è un museo a cielo aperto ricco di vecchi veicoli ferroviari e locomotive. Edificato nel settembre 1986 rede un’ idea di come funzionavano i trasporti in Grecia un paio di secoli fa;
  5.  Crazy Bloom (tutti i giorni operativo fino alle 20:00): se si viaggia con bambini, non c’è niente di meglio di un parco acquatico per farli  giocare con gonfiabili.

Kalamata antica. 

Situato nella parte settentrionale di Kalamata, l’old town è un caotico miscuglio di abitazioni, edifici neoclassici, chiesette e botteghe artigiane. Si nasconde in un labirinto di viuzze, che sono il palcoscenico per assistere alla quotidianità dei greci.

Signore eleganti che sorseggiano un caffè. Bambini che improvvisano una piccola squadra di calcio davanti a una fontanella. Le lenzuola bianche che svolazzano  aggrovigliandosi  alle bouganville che adornano i balconi. Il profumo del pane fresco che ti fa chiudere gli occhi e ripensare alla tua infanzia. E tanto altro ancora.

6 cose da vedere  Kalamata antica

  1. Piazza del 23 Marzo di Kalamata : in posizione centralissima prende il nome dall’evento storico del 23 marzo 1821. cioè la guerra d’indipendenza greca contro l’Impero Ottomano . Altra piazza è quella di Vassileos Georgiou d el 1992 , da cui si snoda l’area pedonale di via Aristomenous  , piena di  boutique e invitanti caffetterie;
  2. Museo Archeologico Messenia:  contiene tante testimonianze storiche della Messenia risalenti alla preistoria fino all’epoca bizantina.  Non lontano c’è  il Museo del folklore e della storia , che  è  un grosso archivio di  manufatti vari e oggetti della Guerra d’indipendenza greca del 1821.  Il  secondo piano documenta  la lunga tradizione tipografica di Kalamata; 
  3. Castello di Isabeau: è adagiato sull’Acropoli  di Farai , una lussureggiante collina ricoperta di pini. William Villehardouin , un cavaliere franco che conquistò l’Acaia, costruì la struttura nel 1208 (successivamente rifatta dai Veneziani e dai Turchi);
  4. Monastero dei Santi Costantino ed Elena: fu fatto nel 1796 dal monaco Gerassimos Papadopoulos. Ci sono due chiese principali: una, del XIII secolo e l’altra dell’ Elevazione della Santa Croce. Esso è stato un monastero greco-ortodosso per sole donne. Internamente c’è anche un laboratorio di seta producendo le famose sciarpe di Kalamata;
  5.  Chiesa  di Ypapanti:  è in stile bizantino e fu eretta nel 1839 ed è dedicata in alla sacra icona della Vergine Maria, che risale al 672 d.C. Ha una struttura cruciforme con cupola e ampio nartece ed è dotata di due campanili. Subì vari danni per disastri naturali e venne più volte restaurata;
  6.  Collezione Victoria Karelias : fruibile da poco (2017) per un’iniziativa privata ci ammirerete una raccolta di costumi e abiti nazionali greci degli ultimi due secoli. I capi sono esposti in manichini semoventi che sicuramente cattureranno la vostra attenzione.

Skitsofrenis: la street art di Kalamata

Qualche tratto del centro storico di Kalamata è ravvivato dalla street art  di Costas Louzis . Questo eclettico artista e fotografo  è nato vicino Sparta. Il suo nickname Skitsofrenis deriva dal fatto che dall’età di 7 anni era ossessionato dal dipingere ogni cosa vedeva intorno il suo piccolo villaggio. Nell’ottobre del 2008 gli è stato commissionato il primo murales  nella strada dove abitava. Da allora in poi è stato un continuo crescendo.

Da molti anni  Skitsofrenis  adorna tanti muri urbani in tutta la Grecia, ma pure  facciate diroccate in qualche campagna . I suoi soggetti (spesso fotorealistici o fumettistici) sono  volti di animali e persone comuni (ma anche personaggi famosi o addirittura supereroi). I suoi temi sono quelli della pace, e della lotta contro ogni demone della società postmoderna e ogni  forma di schiavitù.

Peloponneso in10 giorni. Cosa mangiare 

Il segreto del successo della dieta mediterranea come stile alimentare sano si basa sulla santa trinità della gastronomia greca: cereali, olio d’oliva e vino . Il cibo per i greci  non è  stato mai solo una questione di sopravvivenza, ma un modo per stare in compagnia e sentirsi vicino agli dei.

Continente baciato dal sole, accarezzato  dal vento,  la Grecia  con le sue alture e le sue rive è una cornucopia di alimenti  di eccellenza.  Ricette antiche che si tramandano da padre in figlio che fanno gola a tutti i tipi di palati. Ma cosa c’è di così straordinario? La  freschezza, la stagionalità e la genuinità dei suoi ingredienti.

Storia della cucina greca

La cucina greca svela una miriade di sapori che derivano dalle influenze di chi l’ha invasa:

  • L’ impero bizantino ha portato pane, riso, melanzane , bestiame,  zucchero, spezie e  salse complesse. Così  come anche la frittura ,  diversi metodi di cottura al forno , e di preparazioni (salatura, essiccatura, affumicatura delle carni);
  • I Turchi introdussero  cannella, cumino, chiodi di garofano , vari tipi di dolci di pasta fillo ,  yogurt, agnello e l’appetitosa moussakà. Questa è una sorta di parmigiana ripiena di carne macinata e besciamella ispirata al piatto mediorientale musakhkhan. Elaborano anche alcune tecniche di preparazione come il ripieno di verdure e la cottura lenta della carne.

Peloponneso in 10 giorni . La sua cuisine

Ogni area geografica della Grecia può davvero ostentare un’identità culinaria unica, come il Peloponneso. Questi si presenta come un tappeto di vasti uliveti e agrumeti con molti prodotti certificati DOP o IGP:

Nel  Peloponneso abbondano latticini, frutta e verdura, legumi, pesce selvatico e di allevamento. Nei campi i profumi dei narcisi selvatici si confondono con quelli della salvia e del timo.

In tavola non mancano le frittate fatte con i salumi, diversi tipi di pasta fritta, e regnano sovrane le erbe aromatiche come finocchio e aneto.

10 prelibatezze del Peloponneso

Antipasti
  1. Triglie al savoro : sono triglie marinate in un intingolo di olio, aceto, alloro , uvetta, aglio, rosmarino prima di essere fritte;
  2. Kagianas: sono uova strapazzate a cui si aggiungono pezzetti di pomodoro fresco e salsiccia ;
  3. Lalangia : sono come delle frittelle di pasta non zuccherata, fritti e conditi con miele . Sono molto presenti nelle festività natalizie;
  4. Chorta:   verdure selvatiche che di solito vengono bollite e servite con il limone.
 Zuppe, carni, pesci,  e formaggi 
  1. Zuppa Trahana: è una miscela di semola, farina di frumento mescolata con latte fermentato o yogurt. Si condisce con olio d’oliva, limone, brodo di pollo e  formaggio sbriciolato;
  2. Syglino: sono carni affumicate e insaccati di suini magri  , si insaporiscono con la salvia e l’arancia  prima di farli e si servono con uova rustiche fritte e patate;
  3. Maiale, agnello , conigli e quaglie arrosto: dalle costolette alle braciole fino alle cosce intere, si beccano fatti alla griglia e rallegrano specialmente i pranzi domenicali;
  4. Gallo in salsa di pomodoro:è una specialità che si consuma insieme a uova o alle hilopites , che sono delle tagliatelle greche;
  5. Lagoto: lepre, maiale o manzo cucinato in salsa di pomodoro con aglio;
  6. Bogana: che è uno stufato di agnello con patate, si può avere anche con  carne di montone,  capra , e pollame con contorni di fagioli secchi, verdure, e cipolle;
  7. Pesce: abbondano i  frutti di mare,  polpo alla griglia, calamari fritti , pesce azzurro,  e anguille. Si possono insaporire con questi tipi  di salsa : la skordalia fatta  con patate e aglio , e l’ avgolemono   , che è una variante della nostra maionese;
  8. Feta:  è un formaggio tradizionale greco (latte di pecora e capra), a pasta semidura ma friabile, bianchissimo e piuttosto salato (rimane a maturare in salamoia per un periodo che varia da due a tre mesi in una temperatura di 2-4. Altri da leccarsi i baffi sono il Myzithra e il  Kefalotyri  . Sono formaggi semiduri. Il primo pizzica ed è di pecora e capra . Il secondo è salato ed è buono da grattugiare .
Dolci 
  1. Pastelli: sono una barretta energetica naturale prodotta con miele e semi di sesamo, che si coltiva abbondantemente a Salonicco;
  2. Galaktoboureko : un dessert composto da strati di pasta fillo che avvolgono un eccezionale ripieno di crema pasticcera;
  3. Diples: sono realizzati con un impasto soffice (farina e uova), che viene tagliato in strisce lunghe e sottili e poi fritte e ripiegate nell’olio. Una volta cotte vengono immerse in uno sciroppo di zucchero o miele e aromatizzate con cannella, succo di limone o noci grattugiate grossolanamente;
  4. Galopita: preparata a Messenia  con latte fresco, semola fine, burro, uova, zucchero e, ovviamente, olio d’oliva.

Peloponneso in 10 giorni.  Il vino 

Senza dubbio qualcuno si starà domandando come mai la Grecia non è tra i grossi colossi europei per fare il vino.  Eppure è proprio in questa nazione che il vino (dopo la Turchia) approda dall’Asia nel 2000 a. C . (attraverso i Fenici) e sbarca in Spagna e nelle colonie greche del sud Italia (  730-720 a.C. )    . Colpa degli alti e bassi delle sue  vicende storiche .

Originariamente il vino Grecia visse un’epoca d’oro (1600 a. C.) ,  anche se per lo più era legato alle celebrazioni religiose, politiche, filosofiche , teatrali e anche conviviali. Era per lo più dolce, qualcuno era anche particolarmente acido, e veniva allungato con l’acqua per non dare alla testa.

Il vino nel Medioevo

Nel Medioevo il vino divenne appannagio dei monasteri. Sotto il dominio bizantino fu una merce esportata dai Veneziani e con i Turchi perse molto del suo prestigio. Il rinascimento della viticultura in Grecia coincise con l’indipendenza nazionale del 1900 e dopo le due guerre mondiali.

Al presente l’enologia  ha fatto passi da gigante e molti winemaker stanno lavorando sodo per il futuro del vino in Grecia adottando tecnologie moderne

Il vino oggi 

La produzione di vino nella Grecia contemporanea è regolata dalle leggi della Comunità Europea (le prime erano del 1971) . Oggi il sistema legislativo riguarda:

Peloponneso in 10 giorni. Le regione vinicole

Il Peloponneso  dà alla luce dei vini sublimi perché il suo terroir è davvero eccezionale.  La sua conformazione geografica eterogeanea consente la formazione  di un  microclima speciale, che consente giornate calde e notti fredde per sviluppare uve strepitose.

Il  Peloponneso  è principalmente vocato ai bianchi,  che sono molto freschi e minerali. I rossi rappresentano una piccola percentuale, che di solito sono abbastanza corposi e destinati all’invecchiamento .

La superfice vitata del Peloponneso è di 19.400 ettari, ed è responsabile del 31% della produzione totale di vino greco  .  Le  cantine sono circa 180, con appezzamenti ad altitudini che vanno dai 30 ai 1.000 metri sul livello del mare.

Nemea, Mantinia, Patrasso: l’oro rosso e giallo del Peloponneso

Ci sono da attenzionare 3 importanti sottozone vitivinicole nel Peloponneso :

I vitigni del Peloponneso

I vitigni autoctoni principali del Peloponneso sono :

Tenuta Mercouri, Korakochori, Messenia

La Tenuta Merkouri  è sita a Korakochori . Già operativa  da 140 anni appartiene alla famiglia Merkouris da 4 generazioni. A fondarla fu l’imprenditore Theodoros (1864) , che lavorando molto in Italia ci impiantò le prime barbatelle di Refosco. Si rinnovò piano piano tra il 1930 e il 1960. Nel 1987 si passò al lancio dei vini più in voga . A dirigerla al momento sono i fratelli Vassilis e Christos (società Ktima Merkouri SA).

Appena si mette piede nella Tenuta Merkouri  stupisce la sua rigogliosa vegetazione attraverso cui si intravedono  le baiette private. Un’oasi di palme, pini, cipressi, querce, cedri, agrifogli, allori , oleandri, mirti che si fa regno per volpi, lepri, ricci, furetti, e tartarughe, e pavoni .

All’interno di questa cornice si sviluppa la residenza di famiglia, i fabbricati della  cantina, le cave sotterranee, la taverna , la  stalla , un museo di attrezzi agricoli, e una  cappella. Il tutto è un palco costante per eventi, concerti, e convegni scientifici.

Vitigni della Tenuta Mercouri

I vigneti (vecchi di 130 anni) della  Tenuta Merkouri   si estendono per circa 90 ettari . Si trovano  nelle località Rupaki  e Kavos. Questi  sono terreni fertili e argillosi responsabili dei  vitigni aziendali:

Vini Tenuta Mercouri 

I filari della  Tenuta Merkouri generano questi elisir sopraffini , che ho degustato e  non dimenticherò mai:

Peloponneso in10 giorni.  Seconda tappa: il Mani 

Con il suo aspetto arido il Mani si distende a sud del Peloponneso la cui punta più estrema è Capo Tainaron (o Capo Matapan). Qui gioca a nascondino Porto Kagio, un ritrovo per vacanzieri in cerca di pace e taverne. Le vette del  Taigeto nel Mani scendono ripide fino a farsi circondare dalle spume delle onde marine.

Fino agli anni ’70 il Mani  era accessibile solamente in barca o attraverso stradine di campagna. Nel sangue dei suoi cittadini scorre l’indomabilità dei vecchi manioti che lottarono sempre per essere liberi dal dominio degli stranieri. Adesso il Mani può considerarsi una valida opzion alle blasonate isole di Santorini e Mykonos per le vostre prossime ferie. Perché? Date un’occhiata a quanto segue.

Aeropoli , relitto Dimitrion a Valtaki, e  Gythion

Su e giù per i tornanti del Mani dal finestrino della panda bianca in affitto mi ha distratto  la visione di Limeni. Questo è un posticino fatto di villette in muratura bianca a grandi vetrate con  piscine e  alberi di limoni. Se vi state chiedendo quali sono le prinicpali  destinazioni del Mani qualcosa di indimenticabile è stato passare per :

Gerolimenas

Merita un cenno in più il borgo marinaro di Gerοlimеnаs , dal greco antico sacro porto . Scovato quasi per caso richiedendo a passanti  su dove proseguire, me ne sono letteralmente innamorata.

Gerοlimеnаs abbaglia per  le sue casette in muratura , per  la sua baia a mezza luna , per i tavolini in legno  delle locande di pesce fissi sul pietrisco liscio , e la pace dei suoi ritmi lenti .

Dove dormire

Vi consiglio di alloggiare all’affittacamere Akrotainaritis Gerolimenas 230 71, Grecia ; +30 2733 054205) , dove ho trovato accoglienza e uno spettacolo gratuito con psoto in prima fila sulle sue  acque blu.

Nell’antichità Gerοlimеnаs fu un importante una roccaforte per difendersi dai  pirati . In seguito si trasformò in uno snodo commerciale per il traffico merci e ci fecero anche impianti per lo smaltimento del ghiaccio e un mercato del pesce. Il boom del turismo lo attraversò negli anni ’80senza però aver intaccato il suo fascino di una Grecia autentica.

Patrick Leigh Fermor a colazione

Al mio risveglio la mattina pensavo   a uno scrittore famoso che si era spinto fino a qui . Di questi  me ne  aveva parlato una signora conosciuta per caso a cena. Non potevo proprio ricordarmi il nome.

Intanto assaporavo la mia colazione tipicamente greca: succo d’arancia, caffè nero bollente, pane caldo, yogurt bianco e miele, marmellata fresca e uova sode.

Improvvisamente la mia attenzione cadde su una targhetta con su scritto qualcosa che recitava Patrick Leigh Fermor  fu qui”. Era lui l’intellettuale viaggiatore che scrisse il libro Mani, Viaggi nel Peloponneso, Adelphi . Un romanzo che è un omaggio alla sua esplorazione in questo paradiso   lontano dalla civiltà

Mani, Viaggi nel Peloponneso, Adelphi

Patrick Leigh Fermor    si stabilì nella vicina  Kardamyli. Ho letto il suo diario che sinceramente non è molto scorrevole. Sarà perchè la Grecia che ha visto Fermor è quella tra la guerra d’indipendenza greca e il presente.  Dunque moltissime delle usanze descritte sono pressoché estinte .

Tuttavia nella sua opera ho riscontrotato la stessa sensazione di beatitudine che si prova a essere in questo lato del globo, dove il silenzio è un dono e la luna è la tua unica compagna.

Peloponneso in 10 giorni. Terza tappa: Lakonia

La Lakonia sonnecchia tra i monti del Parnonas e del Taigeto.  Ci sono dei sentieri da percorre in lungo e in largo per appassionati di camminate a quote elevate. Sparpagliate qui e lì ci sono vecchissime strutture difensive come Il castello di Geraki , che è del XIV sec. d. C. molto prezioso per le sue chiesette dagli affreschi interessanti ma piuttosto rovinati.

Non avendo avuto molto tempo a disposizione, rimando alla prossima volta un salto nell’isolotto caribico di Elafonisos e   Sparta. Quest’ultima oggi deve essere molto diversa da quella che ho studiato a scuola! A quanto pare non sarebbe piena di esemplari monumenti, perché gli spartani erano guerrieri . Inoltre è rimasto ben poco delle glorie passate perché tutte smantellate e portate via dall’antiquario Michel Fourmont

Moltissimi paesini montanari in Lakonia sono praticamente spariti. Fatta eccezione per il Villaggio di Vamvakou , che si è rianimato nel 2018 per iniziativa di cinque amici. Dopo essere migrati all’estero sono rimpatriati fondando una cooperativa con lo scopo di ripopolarlo. E pare che ci siano riusciti.

Mistra e Monamvasia

La Lakonia attrae molti viaggiatori perché isolata dal resto del pianeta. Si può staccare la spina e restare immobili davanti la potenza e lo splendore del creato, come:

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Conclusioni. Il Peloponneso in 10 giorni

Per finire posso assicurarvi che la mia vacanza nel  Peloponneso in 10 giorni è stata sensazionale. Una permanenza piuttosto lunga lì ridona voglia di mettere da parte l’orologio e ascoltare i ritmi del proprio essere. La mente si svuota e si concentra sulle meraviglie   che ci circondano.

Il Peloponneso è per molti, ma non per tutti. Se siete molto sofisticati avrete modo anche di farvi viziare dalle varie catene alberghiere per VIP. Ma qui non ci si viene per stappare champagne e saziarsi di  ostriche. Si sceglie apposta per alleggerirsi di quello che non ci serve realmente e che appesantisce l’esistenza. In definitiva si comprende quello che davvero è fondamentale per essere felici.

In questa sorta di gengiva deforme  Eracle lottò contro il leone di Nemea, gli dei si mescolarono agli umani.  Qui Paride di Troia fuggì con Elena e gli Argonauti salparono alla ricerca del Vello d’Oro. Il  Peloponneso in 10 giorni mi è rimasto nel cuore. Tornerò presto a contemplare dove l’azzurro del cielo si confonde con quello del mare in contrasto con la neve che incappuccia le montagne nel freddo dell’inverno.

Info utili

Che libri leggere prima di andare nel Peloponneso

Quando andare nel Peloponneso

Come arrivare nel Peloponneso

Dove dormire nel Peloponneso

Dove mangiare nel Peloponneso

Cos’altro visitare nel Peloponneso

Festività e indirizzi utili nel Peloponneso

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