Ca Avignone, cantina dei Colli Euganei

Ca Avignone, cantina dei Colli Euganei

Cominciano agli ultimi di giugno, nelle splendide
mattinate; cominciano ad accordare in lirica
monotonia le voci argute e squillanti.
Prima una, due, tre, quattro, da altrettanti alberi;
poi dieci, venti, cento, mille, non si sa di dove,
pazze di sole; poi tutto un gran coro che aumenta
d’intonazione e di intensità col calore e col luglio, e
canta, canta, canta, sui capi, d’attorno, ai piedi
dei mietitori.
Finisce la mietitura, ma non il coro.

G. Carducci

‘Cà Avignone’, cantina dei Colli Euganei

Un freddo fine settimana di un Dicembre del 2020 mi ritrovo alla stazione di Monselice, nei Colli Eugane.  Si tratta una pittoresca cittadina vicino Padova, nel Veneto. Mi allontano dai binari per cercare l’uscita dove mi attende Nicola Ercolino, che insieme alla moglie Antonella La Sala  , è responsabile della cantina ‘Ca Avignone’, presso cui trascorro  tutto il weekend.

‘Ca Avignone’, fiorisce otto anni fa grazie al prezioso sodalizio con Roberto Cipresso, enologo di fama internazionale a Montalcino, con cui ho iniziato l’avventura del mio wine reporting alla scoperta delle più pregiate ed interessanti aziende vinicole con cui collabora. Un viaggio anche questo che mi porta in un posto straordinario e mai visto prima, che mi dimostra ancora una volta, che un vino racconta un territorio e molto di più.

Covid 19, non ci fermerai!

È quasi l’imbrunire. Tutto intorno è deserto per le disposizioni contro il  Covid 19, un virus che senza nessun preavviso ha sconvolto le nostre vite e  il pianeta intero con  tutte le terribili  conseguenze per la salute, l’economia, la socialità e la lista sarebbe interminabile.

Il sangue però scorre ancora nelle vene e il mio auspicio è quello che tutti possano avere la possibilità e la forza di reagire, di considerare i propri comportamenti e modificarli in modo più efficace rispetto alle difficoltà innescate da questo morbo. Bisognerebbe assumere un atteggiamento positivo volto alla soluzione di un problema, piuttosto che all’autodistruzione nel dolore, che se momentaneo è umano e in qualche modo addirittura consolante, ma alla lunga risulta essere inutile e frustrante.

Parafrasando  Goethe, vale davvero la pena “vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo”! Questa mia spedizione è diversa dalle altre, è catartica, introspettiva, è un tentativo per non spegnere del tutto il fuoco che hai dentro. E per alimentare questa fiammella che scalda, mi godo tutto, ogni istante, pure il silenzio rumoroso, manifesto di come tutto ciò che prima era normale adesso è un miraggio.

Ca Avignone, cantina dei Colli Euganei

Stazione di Monselice, Veneto

Un po’ smarrita tra lo scroscio della pioggia e gli ultimi sbuffi dei treni che si arrestano al capolinea, mi guardo intorno, e la vista di una rocca mi lascia attonita con quel fascio di luci rosse che la avvolge  quasi a proteggerla. Una targhetta di fianco a una fontana mi informa che  in cima lassù si erge il ‘Castello Cini’, un complesso di  quattro nuclei principali (l’XI – XVI secolo) con annessa la massiccia torre fatta da Ezzelino III da Romano su ordine dell’imperatore Federico II di Svevia.

L’ Italia! Non inizi neppure il cammino che già ti stupisce e ti lascia senza parole. Intanto mi avvicino al parcheggio, dove incontro Nicola  che mi viene a prendere in auto e mi accoglie con un sorriso smagliante che colora un po’ il grigiore di quel venerdì uggioso.

Petrarca Holiday House’, alloggio esclusivo nel ‘Parco dei Colli Eugeani’

Rotto il ghiaccio dei primi convenevoli, Nicola  mi mette subito a mio agio e mi accenna un po’ di sé e della sua famiglia durante il tragitto verso Petrarca Holiday House’, il mio alloggio esclusivo di fronte i colli bolognesi. Nicola e Antonella sono una coppia d’imprenditori che amano  la natura, e dopo anni di lavoro e di giri per il mondo, hanno deciso di dedicarsi quasi del tutto alla loro attività di winemaker nella loro tenuta, ‘Ca Avignone’, incastonata come una gemma  nel ‘Parco dei Colli Euganei’, una delle prime aree verdi istituite nel Veneto nel 1989 .

I Colli Euganei

Vini minerali e di una eleganza sopraffina quelli che regalano gli Euganei, un paradiso di 52 colline di tipo vulcanico , la cui origine geologica risale a 135 milioni di anni fa, quando il pianeta era spartito in due grossi blocchi divisi da un oceano ,che per tensioni crostali fecero innalzare la catena alpina.

I Colli Euganei si generarono più avanti a causa di eruzioni vulcaniche sottomarine non del tutto esplose in superficie per il ristagno del magma. Si tratta  di  ‘laccoliti’ , come sono conosciuti in gergo tecnico , cioè una sorta di accumulo di detriti a forma di  fungo , che una volta emersi , si diversificarono in altitudine  (dai 53 ai 400 metri ) , di cui la massima è  quella del  Monte Venda (600 mt) . Un arcipelago di rilievi sospinti su dalla lava e rimasti tali   fino a quando il mare gradualmente si ritirò  innanzi alla Pianura Padana , che si  fece  spazio in seguito a processi  alluvionali.

Destinazione Arquà Petrarca

Ci inerpichiamo su una stradina piccola e stretta che ci conduce a destinazione. Siamo ad Arquà Petrarca, una deliziosa e incantevole borgata medievale di poche anime, che con i suoi addobbi natalizi sembra quasi essere un presepe vivente, spoglio però di tutta la gente che normalmente sotto le feste affolla le sue contrade, riempiendola di allegria e spensieratezza.

La salita ci porta fino al mio b&b attraverso un sentiero illuminato da dei lampioni. Il cancello fa quasi fatica ad aprirsi. I suoi intagli in ferro battuto picchiettano contro gli aghi dei pini fronzuti, che per il loro peso crollano su dei cespugli di rosmarino e capperi  che preannunciano la mediterraneità di questa oasi sperduta nel deserto.

Nicola  chiude la vettura e mi dà una mano a sistemare i bagagli davanti l’uscio, quando improvvisamente mi fermo a contemplare la bellezza del paesaggio. Dei piccoli faretti sparsi tra gli alberi di castagno e una coperta di stelle schiariscono il fondo valle, dove in mezzo a una nebbiolina fitta si scorgono i contorni di uno skyline ondeggiante, che dal mare Adriatico alle mie spalle gira in modo circolare attraversando tutti i piccoli villaggi dell’entroterra veneto per poi sparire nell’orizzonte infinito.

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Nicola ed Antonella mi accolgono come a casa al ‘Petrarca Holiday House’

A distrarmi da quell’incanto lo scodinzolio di Lana, un pastore bianco maremmano che mi si struscia addosso, una guardia perfetta per i ladri, che con un fare goffo e docile mi invita a entrare in casa. Nicola mi fa accomodare e mi sento in alta quota quando intravedo un bel piatto fumante di pasta e fagioli con delle porzioni abbondanti di: soppressata, pane in crosta, olive nere, parmigiano, evo in purezza, e un singolare taglio bordolese di produzione propria.

Dopo essersi accertato che fosse tutto di mio gradimento e che non mi mancasse nulla, Nicola   mi augura una buona serata. Si scusa di non potersi intrattenere a lungo  e di una cena parca ,  casalinga , arrangiata  alla buona da Antonella  per le chiusure di Conte.

Riduttivo esternargli che la sua classe e il gesto della sua dolce metà mi spiazzano, vorrei ringraziare, ma non serve molto, perché sarebbe un continuo, e capisco che la gentilezza e la generosità fa parte del loro modo di essere. Mi limito a salutare, in qualche modo farò per mostrare loro la mia riconoscenza.

Degustazione '3 Tinto', il taglio bordolese Italiano, a Petrarca Holiday House, Arquà Petrarca

‘Petrarca Holiday House’ , il mio nido nei Colli Euganei

Con calma assaporo quel pasto luculliano finendo praticamente tutto. Nella pace più assoluta, ascoltando un po’ di musica jazz, mi accosto al camino stanca ma felice. Lo scoppiettio del fuoco mi coccola mentre leggo delle guide che mi anticipano i segreti di quei luoghi ameni.

Le pagine di quei libri  sono ormai impolverate a furia di non essere più sfogliate dai turisti dopo lo scorso segno di una crisi economica imperante ovunque, che ha affondato tutti i settori senza esclusione di colpi. Sono attimi in cui rifletti su quanto sta succedendo di così inaspettato, crudele e quasi a i limiti dell’assurdo, e nell’animo avverto tutta la fragilità e la vulnerabilità dell’essere umano.

Poi però mi riprendo rapita dalle immagini di qui volumi sul  Veneto  , sul   suo immenso patrimonio, artistico, culturale, paesaggistico ed enogastronomico.  Mi pervade un senso di libertà.  Quella è per me come un’ora d’aria dalla prigione, respirata in totale sicurezza per raccontare un’esperienza indelebile nella memoria, per condividere una storia di chi con molta tenacia e determinazione nonostante tutto, va avanti.

Il Covid 19, non mollare mai 

Un inno alla collaborazione, alla solidarietà, alla fratellanza. Una promessa al reinventare in meglio noi stessi e la nostra presenza su questo pianeta, che è saturo e che, se non corriamo ai ripari, giustamente si ribellerà eliminando la nostra specie che di tutto il Creato è la più distruttiva. Un messaggio di speranza per chi sta soffrendo più di altri, per non arrendersi.

Un augurio affinché questa maledetta pandemia possa essere presto debellata, perché ce la stiamo mettendo tutta! Ed è l’energia di cui necessito, di cui necessitiamo, quella che mi piace trasmettere, perché come affermavano gli antichi greci πάντα ῥεῖ’’,  “tutto passa”. Spalanco la finestra per contemplare ancora un po’ quella meraviglia, che già a notte fonda è un teatro plen air.

Due leprotti che giocano sotto gli ulivi, il susseguirsi di alture dai contorni non ben definiti e di vallate che accolgono minuscoli paesini con i loro tetti spioventi e qualche campanile che fa capolino da una luna gigante, la cui luce bianca si riflette fin dove riesco a vedere, sbiadendo man mano fino a sparire all’arrivo  dell’alba di domani.

Risveglio ad Arquà Petrarca

I galli cantano e mi svegliano. Scendo giù dalle scale della soffitta che ha accolto il mio sonno. Rimango ancora un po’ sotto il piumone infreddolita. Mentre il calore delle stufe si propaga nelle stanze, mi preparo un caffè nero bollente e dopo una doccia tonificante , il programma è quello di recarmi in centro ad Arquà Petrarca, che , posta tra il Monte Piccolo e il  Monte Ventolone, è  in assoluto la perla  dei Colli Euganei.

L’incombere di una forte tempesta di vento mi fa cambiare idea, così esco fuori in veranda a inebriarmi dell’odore della terra bagnata prima che Nicola   venga a prelevarmi. La fame vince sulle intemperie! A metà mattinata lo stomaco brontola e per farlo tacere, mi decido di cercare un bar nelle vicinanze per divorare un cornetto e scaldarmi con un cappuccino d’asporto!

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Matteo Zanato la mai guida ad Arquà Petrarca

Per mia fortuna Matteo Zanato , il proprietario di Petrarca Holiday House’, mi raggiunge per assicurarsi che tutto sia apposto e per scortarmi giù ad Arquà  a rifocillarmi . Matteo  è dispiaciuto di non avermi lasciato nulla di pronto da mangiare, e gli rammento che in quelle condizioni di restrizioni si è fatto più di un miracolo a organizzare il mio fine settimana per l’intervista.

Matteo non può darmi torto, e più sollevato mi fa cenno di montare sulla sua jeep per mettere qualcosa sotto i denti. Mentre discendiamo giù per quelle viuzze ciottolate e venate dalle radici di tronchi titanici, Matteo mi dice sommariamente qualcosa su di lui, definendosi un self made man.

Dopo aver  rinunciato  al ruolo di d-jay per una nota band musicale per portare avanti la baracca tra consorte e due bambini, Matteo eredita un podere dal padre e lo adibisce a b&b , offrendo agli stranieri lì in vacanza un servizio alquanto insolito quanto ricercato, quello della pesca dell’ introvabile pesce persico. Le stagioni primaverili sono una fucina di tedeschi che calano giù per divertirsi con lui nei laghi a bordo delle sue barche, che purtroppo al presente sono ormeggiate nel prato della sua dépendance per colpa della peste cinese!

Anche per Matteo è lontano il ricordo del suono di quel motore, che azionava con ottimi risultati la sua impresa concepita poco a poco con così tanto sforzo e devozione.  Matteo non molla, perché primo non ne ha voglia, secondo non può neppure permetterselo, per cui escogiterà un piano B! Intanto ci avviamo e dopo pochi minuti giungiamo ad Arquà Petrarca .

Ci intrufoliamo in un bistrot per far colazione, siamo gli unici clienti, e al riparo dal freddo consumiamo in piedi delle paste al miele e un buon tè alla vaniglia.

Cosa vedere ad Arquà Petrarca

Tra una chiacchiera e l’altra la mia attenzione casca su un imponente mausoleo che scorgo da un lucernaio, e  Matteo  soddisfa la mia curiosità, riferendomi che  quella è la chiesetta  di  ‘Santa Maria Assunta’, il cui sagrato, sito accanto al massiccio ‘Palazzo Contarini’ e ‘Casa Strozzi’ (esempi emblematici dell’architettura delle antiche famiglie patrizie veneziane), da secoli custodisce gelosamente le spoglie di Francesco Petrarca, il sommo poeta italiano.

Alcuni dei resti di Francesco Petrarca  sono stati misteriosamente trafugati, e giacciono all’interno di una tomba in pregiato marmo rosso di Verona , costruita dal genero Francescuolo da Borsano, il quale si ispirò ai sarcofagi romani e ai sepolcri più classici su modello di ‘Antenore’ a Padova.

Francesco Petrarca ad Arquà Petrarca

Usciamo per scrutare più da vicino quel monumento sacro, e con mesta reverenza tolgo alcune foglie ringrinzite da un’iscrizione commemorativa, che recita le ultime volontà del dotto Toscano: “Questa pietra ricopre le fredde ossa di Francesco Petrarca, accogli o Vergine Madre, l’Anima sua e tu, figlio della Vergine, perdona. Possa essa stanca della terra, riposare nella rocca celeste”.

Matteo mi spiega che Petrarca per sfuggire all’epidemia che colpì Milano (coincidenza strana che mi fa quasi paura!) si trasferì prima a Padova,  e poi su invito dell’amico Francesco il Vecchio da Carrara ad Arquà, dove acquistò una villa del Duecento, adibita  ora a  museo , in cui si stabilì definitivamente insieme alla figlia e la nipote.

Come narra una legenda, Petrarca esalò gli ultimi respiri (1374) nella quiete del suo giardino, mentre stava ultimando i suoi scritti. Petrarca  ha ribattezzato Arquà e  l’ha resa famosa,  un tempio per pellegrini da ogni dove, un turismo per lo più letterario  fatto di  scrittori  di fama internazionale, da Shelley, Foscolo, Guinizelli, Ruzante e D’Annunzio fino a Zanzotto e molti altri.

Le lancette dell’orologio si fermano quando stai bene, non mi sono accorta che è già mezzogiorno, sono in ritardo perché devo andare in cantina da Nicola ! Per fortuna   Matteo  si presta gentilmente ad accompagnarmi.

Il Mediterraneo nella pianura Padana, Colli Euganei

La  ‘Cantina Ca Avignone’, Nicola e Antonella

Il passo a ‘Ca Avignone’ è davvero breve. Un sole leone inaugura il nostro ingresso nel possedimento di Nicola  e Antonella  , immerso in filari di vigne dal  verde sgargiante, dove ci danno un caloroso benvenuto, stringendoci così affettuosamente la mano da farci male!

Matteo squilla il telefono, e ci comunica rammaricato che si deve allontanare per degli impegni e il suo improrogabile torneo a golf. Antonella è una spumeggiante morettina dai lineamenti aggraziati, e il suo modo di fare è tipico di una donna determinata e realizzata.

Percepisco questi tratti della sua personalità, sarà l’istinto femminile, ancora prima di approfondire la sua conoscenza, e ne ho conferma non appena perlustriamo il suo casolare. Mi colpisce la raffinatezza e la semplicità dello stile country chic degli esterni quasi in contrasto con quello ultramoderno degli arredamenti.

Un gioco equilibrato di opposti, ingentilito dai quadri e dai mobili shabby di Antonella , artista a tutto tondo quando sveste i panni di commercialista e mamma premurosa. Il bianco predomina, come il colore degli infissi delle due ampie vetrate all’inglese che abbelliscono una terrazza con pavimento in cotto, oltre la quale spunta un salone enorme ammobiliato con pochi pezzi importanti e minimali.

A sinistra del soggiorno c’è una scala che porta alle camere da letto, un caminetto, e una cucina total black con un’isola centrale, dotata di tanti di quei comfort e accessori da fare invidia a Cracco! Antonella , da brava chef, vuole essere da sola a preparare il banchetto. Chi osa contraddirla! Nicola  ne approfitta per mostrarmi il suo studio dove mi decanta come si è immolato a Dioniso.

Nicola Ercolino e la nascita della ‘Cantina Ca Avignone’

Nelle mensole fanno bella mostra vari oggetti estrosi, orientaleggianti, tutti disposti in maniera ordinata. Penso siano dei souvenir, gli ultimi cimeli di un trascorso da globe trotter, e non mi sbaglio. Quella vita da affarista cosmopolita è stata appesa a un chiodo, a    Nicola   non  importa più, o meglio gli è servita fino a quando gli interessava.

In questo c’è la risultante del suo background   educativo, illustratomi con molta poca attenzione ai dettagli, perché Nicola non è uno da riflettori, ma da dietro le quinte, va alla sostanza!  Nicola  studia a Venezia e dopo una laurea in economia  e un master in business administration, si dedica prima al commercio e  manifattura di gioielli . Dopo anni di spola tra l’ Asia e il Bel Paese,  passa a immettere nel mercato grosse realtà industriali locali.

Annoiato e deluso dagli individui e dalle istituzioni che bramano solamente soldi senza altro fine, Nicola  fa della sua passione che è il vino  il suo business  principale , ed è così che nasce ‘Ca Avignone’, che da sette anni  delizia i palati dei più esigenti  wine lover / expert nazionali ed esteri.

Difficile stare chiusi fra le mura domestiche quando una giornata frizzante quasi primaverile ti sprona a farti baciare dai raggi solari, e allora ci spostiamo sotto il portico e proseguiamo la nostra conversazione stando comodi su un divanetto all’aperto.

Le terme dei Colli Euganei

Snodandosi per circa quattro ettari e collocata a un’altezza di  1, 86 metri  ‘Cà Avignone’   è una cantina intitolata dalla via omonima in cui è ubicata al civico 13, zona rinomata per le sue terme frequentate dai papi. Le terme euganee sono attestate qui sin dalla preistoria, si sono progredite attraverso i Romani e i Veneziani  fino  a ciò che sono attualmente, un complesso di 13 stabilimenti, 220 piscine , con  una capacità ricettiva di 13.000 posti.

Il bacino idrominerario dei Colli Euganei include i comuni di: Abano Terme, Arquà Petrarca, Baone, Battaglia Terme, Due Carrare, Galzignano Terme, Monselice, Montegrotto Terme, Teolo e Torreglia, per un’estensione complessiva di circa 23 Km2, costituendo una delle più stupefacenti risorse termali a livello europeo e una meta turistica di alto livello senza eguali in Italia.

In base a delle ricerche degli anni Settanta, si è scoperto che la fonte di calore di queste acque termali non è vulcanico come qualcuno potrebbe immaginare, ma meteorico (precipitazioni). Queste acque provengono dai bacini dei Monti Lessini nelle Prealpi, e discendendo nelle Piccole Dolomiti (Monte Pasubio) si riscaldano automaticamente  , arrivando a toccare delle fratture di rocce calcaree a una profondità di circa 3.000 metri.

Appena sfiorano un basamento solido e impermeabile, queste acque si arrestano e si arricchiscono di sali minerali e altre sostanze disciolte nel loro lungo percorso a cascata.  Poi per pressione idraulica risalgono verso il mantello un po’ saline e leggermente radioattive ad una temperatura media di 75°C.

‘Storia di un insolito viaggio sui Colli Euganei’, il libro di Antonella sul territorio , sul cibo e sul vino

Sto prendendo appunti , Nicola  conversa animosamente, Antonella  si avvicina e si siede accanto a noi nelle poltrone in vimini e mi omaggia del  suo diario di bordo ‘Storia di un insolito viaggio sui Colli Euganei’, un  baedeker che narra i luoghi dell’ infanzia , l’  esodo  dalla città alla campagna, un resoconto su un passaggio significativo quello da un’esistenza frenetica a una più autentica e intima nei Colli Euganei .

La coppia si apparta per imbastire la tavola, e nell’attesa divoro un capitolo sulla viticoltura dei Colli Euganei, che Antonella documenta con riferimenti al suo sopralluogo al ‘Museo del Vino dei Colli Euganei’ allestito a Vò nella sede del ‘Consorzio di Tutela dei Vini Euganei’ fondato nel 1972 .

Scavi fatti a Este di reperti archeologici in terracotta, ciotole e coppe legati al consumo del vino, testimoniano come Bacco abbia trionfato da queste parti a partire  dal VII – VI secolo a.C fino all ’impero Romano , cadendo nell’oblio fino a  quando resuscitò grazie ai  monaci nell’anno Mille.

Fu poi nel Cinquecento che entra in scena il re delle uve degli  Euganei , l’asiatico e dolcissimo Moscato Giallo , introdotto come ingegnosa alternativa alle spezie per le pietanze dei nobili dalle signore dei potenti governatori Veneziani quali gli   Emo Capodilista, i Selvatico, i Contarini e i Mocenigo ,  che circondarono i colli di sontuose residenze e li sanarono con sistemi di bonifica.

Il Moscato Giallo dei Colli Euganei 

Successivamente il Moscato Giallo fu selezionato come biotipo  dai viticoltori e da allora  coltivato fino a ottenere l’ambito riconoscimento della DOC nel 1994  e  quella di Colli Euganei Fior d’Arancio DOCG’ o ‘Fior d’Arancio Colli Euganei D OCG’ nel 2011, baldante denominazione che riporta  ai profumi di zagara e di agrumi tipici della vite in  questione, che esplode in tutto il suo sapore  nella versione spumante, passito e secco.

La denominazione include il comprensorio padovano di Arquà PetrarcaGalzignano TermeTorreglia ed in parte quello dei comuni di Abano TermeMontegrotto TermeBattaglia TermeDue CarrareMonseliceBaoneEsteCinto EuganeoLozzo AtestinoVo’RovolonCervarese Santa CroceTeoloSelvazzano Dentro .

Il terroir dei Colli Euganei

Il terroir dei Colli  Euganei  (22 mila ettari) è di essenza vulcanica. Diversi orientamenti e altitudini (dai 50 a un massimo di 400 metri) qui favoriscono dei microclimi variegati e un clima quasi mediterraneo: inverni miti, estati calde, asciutte e buone escursioni termiche fra il giorno e la notte.

La piovosità media annuale oscilla tra i 700 e i 900 mm con due punte massime, in primavera e autunno. L’umidità relativa è variabile tra la pianura e la collina, dove i valori sono notevolmente inferiori e si registra una temperatura superiore nelle giornate limpide e nelle prime ore del mattino  per il fenomeno dell’inversione termica. Per queste peculiarità i  Colli  Euganei sono ideali per la coltivazione della vite, situata prevalentemente in pendii e declivi che consentono il deflusso delle acque evitando i ristagni.

L’alto pregio dei vini euganei è prevalentemente dettato dai suoli di queste montagne, che sono derivati dalla disgregazione delle rocce vulcaniche. Essi  hanno un buon scheletro, e sono ricchi di vulcaniti (rioliti trachiti, basalti,), rocce sedimentarie (biancone, scaglia rossa e marna), alluvioni (conoidi di deiezione, fondovalle alluvionale).

Da questa varietà di microelementi ne consegue  l’eccezionale varietà dei vitigni :

Non si finisce mai di imparare.  Ma qual è l’X-factor dei vini di  ‘Cà Avignone’  ? Il terroir unico dei Colli  Euganei  e la mano sapiente dell’uomo!

'Ca Avignone' , Carboon Foot Print , vini green

Roberto Cipresso e il fattore Carboon Foot Print  della cantina ‘Cà Avignone’ !

Nicola   da bravo sommelier , e con quella umiltà che appartiene solo ai grandi, desidera che esprima il mio giudizio da collega sui suoi nettari , che sono prodotti seguendo i principi più rigorosi sia della tradizione vitivinicola euganea che della innovazione tecnologica, un giusto compromesso tra passato e futuro per questa cantina di nicchia, che oggi vanta  un numero  di  circa 12 000 bottiglie annue.

Sì perché Nicola   e Antonella sono profondamente legati all’immenso patrimonio enologico regionale, e il loro obiettivo è quello di esaltarlo facendo dei vini esclusivi. Nicola   e Antonella desiderano sperimentare e hanno continuamente  meditato su quale fosse  per i loro vini quel qualcosa che facesse la differenza!  Eureka!

La matassa si dipanò  quando i coniugi ‘divini’ riportarono  la faccenda a Sabrina, la locandiera de ‘Il Guerriero’, un ristorantino di Arquà, che li mise  in contatto con Roberto Cipresso! Love at first sight! Dopo una serie di ritrovi e colloqui vari, Nicola   e Antonella si affidarono all’esperienza pluriennale e di successo di Roberto da cui scaturirono strategie importantissime.

Su tutte primeggia in assoluto quella del ‘vincere senza combattere’, ossia generare nuova domanda,  piuttosto che rimanere bloccato in una spietata lotta concorrenziale senza via di uscita ! Questa tattica di guerra acquisita dalla lettura di ‘Oceano Blu’, la bibbia di Cipresso, nella fattispecie un rivoluzionario manuale sul management di R. Castaldo , insieme all’abilità del sapere delegare agli altri  appresa da Antonella, è tutto quello che Nicola  mi confessa essere alla base della sua nuova visione di fare del vino un grande affare.

3 scelte green per i vini ‘Cà Avignone’

Questa crescita , a cui aggiungo lo spirito critico e le doti dirigenziali di Nicola sviluppate nel corso della sua brillante carriera (perché personalmente non si attribuirebbe neppure una virtù!), hanno elevato lo standard che contraddistingue i vini della cantina ‘Cà Avignone’.

Per il  cui lancio sono state fatte tre scelte cardinali che posso essere così sintetizzate:

  1. Il recupero di terreni più adatti alle loro viti;
  2. La perizia enologica di Andrea Boaretti, numero uno nella viticultura euganea;
  3. Rispetto per l’ecosistema e piena sostenibilità della catena produttiva con vini ‘Carbon Footprint’, cioè fatti riducendo al minimo l’emissione  di CO2. Gli espedienti più esemplari per raggiungere questo traguardo pioneristico sono: l’adozione di vetri sottili e leggeri, tappi in canna da zucchero (che permettono di mantenere l’ossidazione stabile almeno per dieci anni), e Cor-ten per i pali,  un tipo di ferro  più affidabile dello zinco perché emette una patina di ruggine, che presenta un’ottima resistenza alla corrosione atmosferica. Certificata dalla società senese ‘Indaco 2’ ( specializzata nell’ individuare azioni migliorative di mitigazione e compensazione degli impatti ambientali), questa è tutta una metodologia imprenditoriale  che  non è certo dettata da piani di marketing , quanto piuttosto dall’esigenza morale di fornire beni ricorrendo a  fonti pulite e rinnovabili, apportando un contributo per risolvere problemi di considerevole attualità che riguardano l’intera società globale: dal riscaldamento del pianeta ai mutamenti climatici, dall’estinzione graduale della biosfera sino a rischi di assottigliamento della biodiversità.

‘Cà Avignone’ è dunque una cantina dal profilo green, con una politica ecologica che, includendo l’assenza di fitosanitari, diserbanti chimici, e di irrigazione per le loro viti (salvo situazioni realmente problematiche in cui è quasi impossibile non ricorre al rame e allo zolfo e al drenaggio dei terreni), può classificare i suoi vini come biologici, biodinamici e naturali.

A pranzo da Nicola e Antonella 

Un certo languorino distoglie me e  Nicola  dai dotti argomenti enoici, traditore è il convivio e la piacevole compagnia. La fine della dissertazione quasi accademica è segnata dallo svolazzare di una tovaglia candida di lino che si srotola lentamente sotto i nostri occhi, su cui Antonella poggia un vaso smaltato di fiori freschi, una brocca d’acqua naturale, un servizio di porcellana e delle posate di argento.

Una mise en place curata nei particolari che per gli Ercolini è la regola e non l’eccezione, quindi non una cortesia per gli ospiti, ma una pratica quotidiana, un rituale per manifestare gratitudine al Creatore. Inalo a polmoni pieni quel soffritto d’aglio che esala dalle orecchiette e cime di rapa, che di nordico hanno ben poco, un dubbio che Antonella percepisce subito e sfata sbottando ironicamente: ‘benvenuta giù a Nord! Nicola è di padre napoletano e io di madre calabrese!’

I vini biologici della cantina ‘Cà Avignone’

In quella frase è racchiuso il segreto di questa coppia straordinaria, temperamento latino e rigore teutonico in un bicchiere!  Eccovi i protagonisti indiscussi della mia prima degustazione sui Colli Euganei:

  • ‘Cicale di Arquà’: così apostrofato da Antonella per un voluto rimando al frinire delle cicale , un coro mediterraneo che in estate allieta i ritmi lenti dei Colli Euganei, un rifugio dell’anima che assaporo in un calice di questo prosecco ‘col fondo’,  Glera e Moscato al  5 % , che fa macerazione sulle bucce per 15 giorni. Per la sua spiccata struttura ‘Cicale di Arquà’ è paragonabile ai ‘sur lie’ della Francia o agli ‘Orange Wine’ dell’Est. Ancora giovane e torbido è un bianco complesso con bollicine fini, sentori erbacei e di pera,  sapido e morbido al primo sorso con una gradevole persistenza aromatica;
  • ‘3 Tinto 2019 ’: tre rossi come evoca l’etichetta. Un bordolese tutto italiano di Merlot , Cabernet e Carmenere, non filtrato e senza lieviti aggiunti, che pur essendo ancora del 2019, è maledettamente sofisticato al naso per i profumi di frutti di bosco e spezie, è al palato spicca per una contrapposizione calibrata tra morbidezze e tannini.  ‘3 Tinto’ è un rosso pronto, che darà il meglio di sé riposando al fresco e al buio.  Questo vino non può essere annoverato tra le DOC per un 5 %  Carmenere  acquistato di poco oltre i confini, una regolamentazione che se da un lato tutela i vini, dall’altro a volte è troppo ferrea e addio  nuove frontiere. Nicola  allude ai suoi sogni nel cassetto per cui è disposto a superare ogni ostacolo: fare un  Merlot  in purezza e un metodo classico, ma non aggiunge altro! Top secret!

Colli Euganei, mille motivi per esserci

Le ricette dei Colli Euganei di Antonella La Sala

Le nuvole sopraggiungono con l’imbrunire. Finite tutte quelle bontà, sparecchiamo, e andiamo a riposarci un po’. Quando sono nel mio cottage, sdraiata accanto al comignolo il libro di Antonella mi alletta allorché elenca tutta una serie di prelibatezze cucinate per dei suoi commensali, tramandate da generazione in generazione e fiore all’occhiello della cuisinè veneta:

  • Lo ‘schissotto’“…tipico pane basso e stuzzicante preparato sui colli Euganei , usando farina, strutto-nei tempi andati le nonne mettevano il grasso d’oca-, un po’ di sale e un po’ di zuccherò” ;
  • I   ‘bisi di Baone’: ” …un risotto prelibato preparato con i piselli coltivati nel paese euganeo di Baone…;
  • La ‘galinella alla canavera…’ : … è una gallinella molto bella, dalle piume lucide e da un caratteristico ciuffo di penne molto lunghe poste sulla testa …’,
  • Il ‘pissacan’ : …è del Tarassaco, un’ erba primaverile che ha al suo centro quei bei fiori gialli….chiamata così perché i cani se ne nutrono quando hanno bisogno di depurarsi;
  • Il ‘brodo di giuggiole’ : il liquore  ‘…di Arquà, molto originale ricavato dai frutti del giuggiolo, che sa di mandorle e frutta secca”.
Ultima cena ai Colli Euganei

Improvvisamente uno stato di totale e sana pigrizia prende il sopravvento, e mi accascio su dei cuscini morbidi, su cui poggio il viso e sprofondo in un dolce sonno ristoratore. Passa qualche ora e mi ritrovo insieme da Nicola   e Antonella  per desinare e gustare una grigliata di carne , e del gustosissimo radicchio avvolto da della pancetta croccante , il  tutto abbinato ai vini di Cà Avignone’.

Altro nettare  di cui vengo a conoscenza è  un ‘Friularo’ del 1998  , un rosso simile al  ‘Raboso del Piave’, appartenente alla DOCG Bagnoli (comune di Due Carrare): colore granato, aroma di frutta rossa matura, caldo, con un tannino compatto ma non invasivo, pieno e persistente.

Mi ricorda l‘Amarone’ . Nicola   infatti sottolinea che questo vino un po’ rustico se non troppo maturo, si vendemmia in Novembre dopo l’estate di San Martino, quando sui tralci si posa la prima brina, cosa che gli conferisce l’epiteto di ‘frigoearo’ , cioè ‘freddo’ dal latino  ‘frigus’ .

I fumi dell’alcol ancora non ci abbattono e sono abbastanza sobria per ammirare quel simposio circondata da un lusso smart, confortevole, tra il classico e l’urbano che non passa mai di moda e si fa notare! Trattata come una principessa, la mezzanotte scocca pure per me e mi ritiro nella mia corte con il cuore pieno di gioia che trabocca fino al mio ritorno in patria.

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Michele Satta, Bolgheri

Michele Satta, Bolgheri

L’essenziale è invisibile agli occhi”. 

Antoine de Saint-Exupéry

Michele Satta, 1 giorno in cantina per scoprire Bolgheri

I vini di Michele Satta sono l’essenza di Bolgheri , una zona a Sud di Livorno, che pochi conoscono. Si tratta di una zona ricca di fascino,  arte e cultura, e con una grande vocazione vitivinicola che è esplosa negli ultimi 50 anni! Vi racconterò di  Michele Satta , che è uno tra gli storici winemaker di Bolgheri, Questo per farvi conoscere la sua cantina , la storia di questo fazzoletto di terra e la sua magia.

D’altronde, si sa,  la Toscana è maledetta, pensi di starci poco e poi ci rimani per sempre! Questo è successo anche a Michele Satta , esattamente  nel 1974 , quando  iniziò a trascorrere qui  le  vacanze di famiglia.

Venite con me, si parte!

Michele Satta

Visita alla cantina di Michele Satta a Bolgheri

Novembre 2019.  Una mattina soleggiata  si parte in macchina. Direzione cantina di Michele Satta, Bolgheri. Il percorso si snoda attraverso  stradine strette,  verso una  pianura d’erba puntellata da papaveri, trifogli e alberi maestosi.

L’ ingresso semplice e minimale della cantina  di Michele Satta inganna . Questo  perché l’architettura dei suoi interni invece si impone con due piani di maestosità, modernità e raffinatezza. Insieme ad altri ospiti ci ritroviamo in una terrazza panoramica prospiciente la famosa Costa degli Estruschi’,  e ad accoglierci il giovane Matteo Bonaguidi,  brillante sommelier in carriera. 

Tutto parte dalla ‘Vigna del Cavaliere’

Appoggiandosi al muretto rovente della balconata, Matteo  ci  indica un punto preciso di Bolgheri tra acque trasparenti, cielo ed ulivi da cui inizia l’avventura di Michele Satta. Si tratta della ‘Vigna del Cavaliere’, il cui rudere è l’ombelico di quella che adesso è la tenuta:

  • una superficie vitata di 24 ettari con una produzione media di 150.000 bottiglie annue, ottenute tutte da uva propria.

In questa area benedetta da Dio il vino è nato molto prima dell’uomo, il vino qui è cultura, è tradizione, è l’anima stessa di Bolgheri . Michele Satta è riuscito perfettamente a valorizzare ogni cosa, che apprendiamo nel dettaglio  con le parole di Matteo prima del banchetto!

Michele Satta, l’uomo

Michele Satta, nasce a  Sant’ Ambrogio Olona, un paesino vicino Varese. Lui è di sangue mezzo sardo e mezzo piemontese. Dopo il liceo classico ,  si iscrive ad Agraria a Milano per un richiamo istintivo verso la natura. Forse lo hanno forgiato i ricordi dell’adoloscenza, trascorsa in villeggiatura tra Sardegna e Toscana, tra acque cristalline e colline di girasoli.

E tra una punta e l’altra dello stivale con le sue diramazioni isolane, come la verità che sta in mezzo, Michele Satta si ritrova a vivere presto  a Castagneto Carducci. Inizialmente metà estiva per un impiego occasionale da fattore propostogli da un amico del padre ingegnere.

Maledetta Toscana!

Nulla è per caso, ed evidentemente c’è una linea sottile, misteriosa, l’Io più profondo, che unisce tutti questi eventi e che spingono Michele Satta a spiegare le vele verso Toscana. Così ventiquattrenne Michele Satta continua l’università a Pisa e sposa Lucia da cui ha sei figli, di cui Giacomo, l’enologo, e Benedetta, responsabile comunicazione, costituiscono l’asse portante dell’azienda agricola.

Il 1983 è un periodo faticoso per  Michele Satta , che però lo tempra e lo fortifica nello spirito.  Per mandare avanti la baracca si sporca le mani, quelle stesse con cui sfoglia i libri da cui apprende con passione l’Ars Agricolae. Tuttavia la poesia dura davvero poco!

L’Italia negli anni ’80. Economia che punta alla quantità e non alla qualità!

Michele Satta  è infatti testimone di un’agricoltura che sta mutando a vista d’occhio, si sta ammodernando con il conseguente e negativo effetto di prediligere la quantità alla qualità e ciò fa abbassare i costi della merce.

Non si guadagna molto con quella fattoria ormai fuori moda ! Appena settanta ettari coltivati a pesche, fragole, carciofi, grano, e un po’ di vigna, che sono rivenduti per una miseria ogni mattina all’alba ai mercati centrali limitrofi.

Mala tempora currunt!

Michele Satta ce la mette tutta per fare funzionare gli ingranaggi di una macchina che però ormai è al collasso, come le sue finanze. C’è da affannarsi il pane tanto quanto basta per sfamare la cospicua prole.

Un concorso in banca a Roma potrebbe essere l’ancora di salvezza. Però c’è la tentazione di restare a lavorare la terra. Accade infatti che il suo vecchio capo gli propone di  curare la parte commerciale e i proventi delle vigne della stessa fattoria che abbandona in precedenza per sfinimento! Michele Satta non esita neppure un attimo e fa ritorno al solo destino cui è designato, il più nobile della terra, il vino! Da allora non si ferma più.

Degustazione vini Michele Satta

Degustazione dei vini di Michele Satta, Bolgheri

Il mio viaggio a Bolgheri   prosegue con la degustazione dei vini Michele Satta. Matteo  si fa notare subito per la sua classe e la sua professionalità . Si capisce subito che fa quello che gli piace fare.

Matteo  prepara i tavoli con dei cestini di pane sciocco e taglieri di salumi e formaggi locali. Sistema in fila tutti i bicchieri , che riflettono una luce calda, quella che entra attraverso le grandi vetrate della sala degustazione.

I miei vini preferiti di Michele Satta

Ecco qui di seguito la  selezione dei rossi e dei bianchi di Michele Satta. Tra quelli che proviamo  mi hanno particolarmente colpito:

  • ‘Bolgheri Bianco Costa di Giulia 2019’: battezzato così dal vigneto da cui proviene oltre che quello di ‘Querciola’, è  una bomba esplosiva di 70% di Vermentino e di 30% Sauvignon . Un bianco che fa innamorare Michele Obama in occasione del suo quarantunesimo compleanno al  ‘Caffè Milano’ di Washington. Questo vino  a contatto con le fecce fini fa affinamento lungo per circa sei mesi in tini di acciaio. Dal colore giallo paglierino, alterna i suoi profumi di pesca bianca e fiori delicati a evidenti sentori di  timo,  erba appena tagliata, miele , vaniglia. Dal finale lungo si presta a invecchiare qualche anno ;
  • ‘Syrah Michele Satta 2016 è un rosso in purezza di Syrah , proveniente dal vigneto detto  ‘Vignanova’ . Possiede tutte le caratteristiche di un vino mediterraneo, molto  sofisticato . Non  ha nulla da invidiare ai superbi rossi francesi del Rodano. Fermenta in botti di rovere da trenta hl ed affina diciotto mesi in barriques di secondo, terzo e quarto passaggio ed un anno in bottiglia con capacità di invecchiamento fino a venti anni. Nel calice si annuncia con un colore rosso rubino cupo, con note di frutta a bacca nera e si arricchisce di sensazioni speziate e nuance di erbe aromatiche. In bocca è di ottimo corpo, con un tannino maturo e termina con una chiusura persistente;
  • ‘Il Cavaliere 2017’: è un rosso 100% da selezione di uve Sangiovese raccolte a mano nei vigneti di ‘Vignanova’ e ‘Torre’ . Esso fa cemento per diciotto mesi , e può invecchiare fino a venti anni. Presenta un colore rubino ed al naso è molto aperto, con aromi di prugna, violetta, tabacco, cuoio e terra di bosco. In bocca è sapido e con tannini morbidi, con un retrogusto di liquirizia e un piacevole finale;
  • ‘Piastraia Michele Satta’ 2017: è un rosso, un taglio bordolese di Cabernet, Merlot e Sangiovese che con l’aggiunta di una punta di Syra prende il corpo  dei vini del Sud. Le uve provengono da cinque diversi vigneti che sono: ‘Torre’, ‘Poderini’, ‘Vignanova’, i ‘Castagni’ e ‘Campastrello’. Ciascuna varietà è fermentata separatamente in botti di rovere troncoconiche da trenta hl.  Sosta in barriques di legni francesi tra i diciotto ed i ventiquattro mesi. Un vino smart con un colore tendente al porpora con riflessi violacei. Al naso emergono note di ciliegia, cacao, e fiori blu. Il vino è sapido, con tannini rotondi e finale lungo. Capacità di invecchiamento fino a venti anni.

I vini di Michele Satta stregano e fanno venire voglia di stare bene, di godersi la vita, di rilassarsi.

Bolgheri, il viale dei cipressi più famoso al mondo

Chiunque arrivi a Bolgheri finisce vittima del suo incantesimo, non appena si percorrono i cinque chilometri dell’Aurelia fiancheggiati da 2500 “cipressi che alti e schietti quasi in corsa giganti giovinetti vanno fino a San Guido in duplice filar “.

Questi ultimi sono i versi del poeta Giosuè Carducci, premio  Nobel per la letteratura italiana nel 1906, che immortalano questo antico borgo medievale fondato nel XI dal Conte Gherardo della Gherardesca, il cui stemma all’ingresso del castello in mattoni rossi   saluta migliaia di visitatori all’arrivo della bella stagione .

Bolgheri, la Bordeaux d’Italia

Bolgheri è una frazione del comune di Castagneto Carducci, in provincia di Livorno. La sua posizione strategica, tra le Colline Metallifere e la leggendaria ‘Costa degli Etruschi’, fa di questo villaggio un territorio unico .

Immersa in una vegetazione rigogliosa e con le sue torri  affacciate su un mare cristallino,  Bolgheri è il fiore all’occhiello della Toscana grazie al Marchese Mario Incisa della Rocchetta, la cui genialità si materializza in tre suoi capolavori e ora attrattive del posto:

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta. In principio è il ‘Sassicaia’

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta  è nato a Roma . Lui è di  stirpe sabauda, e  giunge in Maremma al seguito del suo matrimonio nel 1930 con l’affascinante Clarice, discendente del conte Ugolino cantato da Dante nella sua ‘Divina Commedia’.

Agronomo, cosmopolita, visionario e di classe il Marchese Mario Incisa della Rocchetta  ‘colonizza’ Bolgheri, un centro agricolo di appena cento abitanti e dimenticato da Dio, e la trasforma in una corte stupenda con il suo entourage aristocratico.

Ribot, il cavallo prodigio di Bolgheri

Nei poderi ereditati il Marchese Mario Incisa della Rocchetta  apre un allevamento di cavalli da corsa da cui fuoriesce Ribot, che tra il 1955 e il 1958, vince sedici competizioni su sedici, dall’ ‘Arc de Triomphe’, al ‘Royal Ascot’ da San Siro a ‘Longchamp’.

Dal Cabernet dei Duchi Salviati di Pisa al ‘Sassicaia’

Ci fa anche una fattoria e in particolare a Castiglioncello di Bolgheri nel 1944 il Marchese Mario Incisa della Rocchetta semina delle barbatelle di Cabernet importate dai Duchi Salviati di Migliarino , che frequenta ai tempi dell’università a Pisa, e come il cappellaio matto tira fuori il primo taglio bordolese della Maremma.

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta non è del tutto soddisfatto di quella miscela di vitigni per nulla armonico, ma in fin dei conti gli sta bene, è un esperimento, il suo vino non vuole venderlo ma solo goderselo con chi gli sta intorno e con gli amici.

Il Marchese Mario Incisa della Rocchetta non si arrende e azzarda a regolare il tiro spostando il vigneto in un campo più alto che chiama ‘Sassicaia’ per il mix di sassi e ghiaia che la caratterizza in onore a Graves a cui si ispira,  e da cui ha origine l’omonimo vino che farà di  Bolgheri la Bordeaux d’Italia e un prestigioso centro di riferimento per l’enologia europea.

Nasce il ‘Sassicaia’

Ci vogliono venti anni di perfezionamenti e vicende varie prima che nasca il rinomato ‘Sassicaia’ che ognuno di noi vorrebbe in uno scaffale in bella mostra!Di fondamentale importanza è la lungimiranza del Marchese Mario Incisa della Rocchetta nell’avere individuato in Bolgheri la base per la replica del taglio bordolese francese. Questo è  sempre stato di gran tendenza in Europa e oltre oceano, e ha reso celebre Bolgheri .

Oltretutto si è offerto qualcosa di nuovo al mercato italiano che, da dopo il sofferente e disastroso dopoguerra alla lenta ripresa economica,  ha dormito per quanto riguarda il vino almeno fino agli  anni ’80!

DOC Bolgheri Consorzio di Tutela Vini

‘Sassicaia’, l’oro rosso di Bolgheri

E senza dubbio lo scossone del terremoto  ‘Sassicaia’ con epicentro a Bolgheri si avvertirà in superficie e profondità lungo tutta la penisola ! Pazzo o pioniere, il  Marchese Mario Incisa della Rocchetta lascia il segno a Bolgheri.

A differenza dei contadini della sua era per cui il vino è un modo per sopravvivere e da bere prima dell’inverno successivo, il Marchese Mario Incisa della Rocchetta è un nobile dentro e fuori . Lui vuole fare un vino di pregio, si interessa ai problemi agricoli evidenziando la necessità dì uscire dall’improvvisazione e di imitare i francesi dando un tono alla materia.

Seguendo il metodo francese e in controtendenza con l’allora dominante produzione di massa dovuta all’avvento delle nuove tecnologie, il Marchese Mario Incisa della Rocchetta impianta vitigni selezionati e sperimenta nuovi metodi di vinificazione. Preferisce basse rese in vigna e vitigni alloctoni a quelli autoctoni, lascia perdere il torchio a favore di una pressatura più dolce, e introduce l’affinamento in botte.

La famiglia Antinori , Giacomo Tachis e  l’ascesa del ‘Sassicaia’

Tutti questi sforzi sarebbero stati forse vani se ad un certo punto di questo bel romanzo non ci sarebbero stati altri protagonisti! Da una parte il figlio Nicolò Incisa della Rocchetta,  che, capendo la reale potenzialità di quel  ‘primitivo’ ‘Sassicaia’   osa commercializzarlo.  E dall’ altra i parenti patrizi degli Antinori nelle figure di Niccolò e Piero , che si occupano del marketing.

Questi ultimi fanno scacco matto facendo assumere il loro enologo,  il pater vinorum Giacomo Tachis. Il padre del ‘rinascimento del vino italiano’  stabilisce  tecniche  e tempi di affinamento, ingentilisce e struttura quello che sta per essere il primo cru del Bel Paese!

1968, l’anno del ‘Sassicaia‘. Luigi Veronelli e Robert Parker lo acclamano! 

Con l’inconfondibile etichetta della rosa dei venti dorata su sfondo blu disegnata dallo stesso Marchese Mario Incisa della Rocchett , il ‘Sassicaia’ viene imbottigliato per la prima volta nel 1968 e messo in distribuzione nel 1972 .

L’oro rosso di Bolgheri è sgrezzato dalle sue impurezze a tal punto da abbagliare i big del giornalismo enogastronomico. Le prime luci del ‘Sassicaia’ colpiscono Luigi Veronelli , pietra miliare nostrana del  wine & food , che gli dedica un articolo intero su ‘Panorama’ nel 1974.

Successivamente  con l’annata del 1978 il  ‘Sassicaia’ vola oltre i  confini . Questo esattamente quando la rivista inglese ‘Decanter’   lo proclama come migliore Cabernet tra quelli in competizione di altri trentatré paesi in un concorso tenutosi a Londra . Qui   prevale addirittura sui famosi chateaux bordoles

La vendemmia del 1985 regala al ‘Sassicaia’ 100 punti assegnati dalla penna di  Robert Parker,  guru della critica americana che lo consacra a fama internazionale.

Cosa sono i ‘Super tuscan’? 

E se vi dico che il ‘Sassicaia’ star indiscussa del jet set planetario usciva con la denominazione ‘vino da tavola’? Un paradosso questo che scatena e indigna al punto che, per questa categoria di vini speciali che non si adattano  alle regole dei rigidi disciplinari di allora come le DOC del 1983′ , che tutelano i soli bianchi e rosé.  Ecco che si conia in America il termine di ‘super tuscan’, dove ‘super’ sta per ‘diverso’ e non ‘migliore’.

La ‘Doc’ per i vini di Bolgheri e il ‘Sassicaia’

Bisogna attendere fino al 1994 con la formazione delle ‘DOC Bolgheri’ ,  ‘DOC Bolgheri Superiore e ‘DOC Bolgheri Sassicaia’ per placare le ire funeste .

La costituzione  del ‘Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri DOC’ , di cui Michele Satta è uno dei soci fondatori, nel 1955 con le sue cinquantacinque imprese agricole, sigilla a fuoco una grande  business venture . Questa ricerca costantemente di preservare sapere antico congiunto a modernità  e innovazione con lo scopo  di garantire a Bolgheri  un futuro tutto in salita.

I grandi di Bolgheri dopo il ‘Sassicaia’: ‘Ornellaia’, ‘Guado al Tasso’, ‘Grattamacco’, ‘Masseto’ 

In soli cinquanta anni Bolgheri  passa da 120 a circa 1300 ettari di vigna e assurge a  fenomeno di  vini da collezione che oltre al ‘Sassicaia’ vede spuntare nelle immediate vicinanze  mostri sacri del made in Italy quali ‘Ornellaia’, ‘Guado al Tasso’, ‘Grattamacco’ e  il ‘Masseto’ , Merlot al cento per cento che nel 2001 il ‘Wine Spectator’ celebra come secondo solo al ‘Petrus’ di Pomerol.

Bolgheri non è una moda!

Bolgheri non è una moda o un capriccio di qualche blasonato ma il ‘Rinascimento’ del vino in Toscana, nel momento in cui il ‘Brunello’ e l’Italia sonnecchia per poi svegliarsi del tutto a fine anni Novanta ed essere in classifica tra le potenze enoiche del globo . Bolgheri è il frutto del lavoro e il più dolce dei piaceri di uomini intelligenti e illuminati .  Questi  hanno collaborato e dialogato ribaltando le sorti di questa deliziosa cittadina.

Bolgheri ieri landa del deserto e considerata addirittura non vocata alla viticultura , oggi è una chicca dell’enologia italiana . Un luogo densamente popolato e affollato di turisti, curiosi e investitori provenienti da ogni parte del pianeta.

Cantina Michele Satta

Michele Satta, l’azienda

Michele Satta scommette tutto il suo essere e il suo avere a Bolgheri sin da quando ci mette piede. Genius loci , vate, o cosa? Michele Satta è certamente un imprenditore fuori dagli schemi, dotato di grande personalità, sensibilità ed intuito.

Non dimentichiamo però che se Michele Satta è un’autorità in fatto di vino non è solo per  i suoi studi, il suo carattere, le sue esperienze, e certe circostante favorevoli, ma principalmente per la devozione, la costanza , la  gioia e la serietà con cui ha perseguito  i suoi obiettivi, i suoi ideali.

La filosofia di Michele Satta!

Tutto quello che dai ti torna indietro nel bene e nel male, e quanto è vero per  Michele Satta ! E si sa che la fortuna non è una dea cieca ma aiuta gli audaci!  Tutto questo associato a un rapporto quasi ancestrale tra  Michele Satta  e la terra, che è il leitmotiv della sua esistenza stessa, si traduce nella nascita della sua azienda nel 1983 e nel suo primo vigneto nel 1991.

Michele Satta si distingue dagli altri fuoriclasse a Bolgheri  perché è una voce fuori coro nel dare largo spazio alle uve del posto quali Sangiovese e Vermentino (sia in assemblaggio che in purezza), e nel cimentarsi con altre varietà quali per esempio il Sauvignon Blanc, il Tempranillo e il Petit Verdot.

Una mossa alquanto temeraria quella di Michele Satta in un ambiente di altolocati e di certezze stellate tra le quali primeggia quella del ‘Sassicaia’ , ma mossa del tutto inevitabile per movimentare l’identità territoriale di questo paesotto maremmano, rispettandone sempre l’inclinazione per i vini bordolesi.

Cosa fa di particolare Michele Satta a Bolgheri con il vino?

In linea con i bolgheresi classici,  Michele Satta ha una sua personale visione del vino in cui soggiace prevalentemente l’intenzione di esaltare al massimo la complessità aromatica tipica del terroir mediterraneo che Bolgheri riesce a sprigionare.

Ciò si incarna perfettamente in tappe importanti della sua carriera enoica che dà alla luce nel 1987 il ‘Costa Giulia’ , 100% Vermentino,  e  nel 1994 il ‘Piastraia’ , blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese.

A fine anni novanta, reduce di una consulenza presso l’ ‘Ornellaia’ e sotto la supervisione del prof. Attilio ScienzaMichele Satta pianta anche una piccola porzione di Teroldego, quest’ultimo ingrediente di un’altra opera d’arte di Michele Satta che è il ‘I Castagni’.

Michele Satta, Paolo Lazzarotti studio fotografico

La barricaia di Michele Satta, Bolgheri

Un momento solenne della visita alla cantina di Michele Satta, è quando scendiamo nei  sotterranei , che sono  dedicati all’affinamento dei vini. Appena siamo giù nella cella rocciosa in cui i vini riposano,  Matteo ci confessa una cosa! Cioè che molti  Wine Lovers & Experts snobbano i vini bolgheresi , perché troppo freschi, fin troppo fruttati e non tipici. E principalmente perché essi  accontentano in maggiore misura il palato degli intenditori americani e cinesi.

Ogni testa è tribunale e la verità sta in mezzo! Lo ascoltiamo attenti lì tra le botti e le anfore di terracotta.  E dopo avere assaggiato i vini di Michele Satta, nessuno dei presenti ha dubbio alcuno che il bello per Bolgheri  deve ancora arrivare, nonostante i dubbi di qualcuno!

E come non credere ad un avvenire glorioso per questi vini marittimi, sontuosi, con una traccia balsamica indimenticabile che è il ricordo della macchia mediterranea, tratto specifico che li rende irripetibili.

Quanto è grande la cantina di Miche Satta? 

Michele Satta vanta una superficie vitata di 24 ettari , fruttando attualmente 150.000 bottiglie ottenute da uva propria. Matteo ci fa fare un giro all’interno della bottaia ed è orgoglioso di quello che ci sta descrivendo.

I suoi occhi brillano quasi a illuminare quegli spazi bui e freschi della grotta dove i vini di Michele Satta dormono per esprimere al meglio tutto il loro valore. Un valore che e è strettamente legato al terroir esclusivo di  Bolgheri , che li fanno oggetto di invidia!  Una alchimia naturale di sole, mare e terra questa è Bolgheri! Matteo ci spiega il motivo.

Le vigne di Michele Satta, il terroir di Bolgheri

Le vigne di Michele Satta sono tra quelle più a sud di tutto il comprensorio. Qui il suolo è particolarmente fertile , essendo  variegato per struttura: per lo più sabbia e in molti punti argilla. C’è anche del  limo,  di medio impasto,  drenante, e privo di sedimenti, cosa che facilita alle radici delle viti di scendere giù a fondo per alimentarsi.  

Matteo va avanti narrando che i filari, trattati con pratiche biologiche, sono protetti dal vento a est dalle colline, mentre a sud beneficiano degli effetti del mare e dei fiumi Cornia e Cecina . L’acqua apporta:

  • luce, favorendo la fotosintesi;
  • mitiga  il clima;
  • rende le estati fresche e gli  inverni miti;
  • genera  brezze gentili,  che tolgono la dannosa umidità in superficie.

Bolgheri, a presto

Bolgheri, a presto!

Una passeggiata tra le stradine ciottolate di  Bolgheri  e una cena a lume di candela nell’ intima e raffinata ‘Enoteca del Centro’ conclude magicamente il mio incontro con Michele Satta.

Mi sono riconcessa un sorso del suo ‘Syrah 2015’ , che è in poesia una frase di Antoine de Saint-Exupéry:

“E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”. 

Non è necessario che vi consigli Bolgheri  per una vacanza, o una semplice gita fuori porta. Perché l’Italia è meravigliosa, e se verrete qui capirete il motivo!

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Tenute Delogu, Alghero. Sardegna

Tenute Delogu, Alghero. Sardegna

“Faremo scherzi al vento,  lo chiuderemo in una stanza,

ma promettiamo di liberarlo , se ci aiuterà a volare” 

P. Marras

‘Tenute Delogu’, Alghero in un bicchiere

Andare ad  Alghero è come essere in ‘compagnia di uno straniero’, parafrasando una famosa canzone di Juni Russo .Ti innamori e hai voglia di ritornarci! A Luglio, in  meno di un’ora di volo da Pisa e attero per la seconda volta ad Alghero   per dirigermi alle ‘Tenute Delogu .

Per fare cosa ? Per riprendermi il cuore lasciato in questo gioiello incastonato nella ‘Riviera del Corallo’  a  Nord Ovest della Sardegna . Ancora ebbra dei paesaggi, della gente, dei colori, degli odori, e del vino,  sorseggiando un calice di bollicine  Chelos’  delle ‘Tenute Delogu  , vi racconto la mia storia!

 ‘Tenute  Delogu’, Alghero

Piero Delogu  , proprietario del wine resort le  ‘Tenute Deloguviene a prendermi all’aeroporto di ‘Fertilia Alghero’ . Ci eravamo già conosciuti all’ hotel ‘Carlos V di Alghero’, in occasione di una degustazione dei vini d’eccellenza, grazie a Valeria Crabuzza, manager di ‘Alghero Conciergie’.  Dopo pochi minuti  di tragitto raggiungiamo la nostra destinazione , cioè le  ‘Tenute Delogu, dove ci aspetta il figlio Lorenzo.

Piero , classe 1962, nasce a Ittiri , Sassari.  Praticamente Piero  inizia la sua carriera lavorativa alla fine degli anni Ottanta.  Partendo da zero  si dedica alla produzione di  impianti all’avanguardia di mungitura degli ovini.

Nel giro di pochi anni raggiunge un grande successo e reinveste quanto guadagnato nella realizzazione dell’azienda ‘Carpenterie Metalliche’  (attività di progettazione sviluppo e realizzazione di strutture in profilati di acciaio), nell’acquisto di dieci ettari di zona industriale e nella costruzione di appartamenti da rivendere a Olmedo.

Il Film ‘Bianco di ‘Babbudoiuou’ girato a ‘Tenute Delogu’ con ‘Pino e gli anticorpi’

Questi sono alcuni dei  capitoli della vita di Piero, raccontanti  con un gran sorriso, che dura per il tutto il tempo che siamo in macchina verso la  sua elegante bottaia. Proprio in questi spazi dove ci troviamo con  Piero, è stato girato il film comico ‘Bianco di Babbudoiuou’ del 2016  diretto da Igor Biddau .

Con l’esordio cinematografico del trio comico ‘Pino & gli anticorpi’ e la partecipazione dell’ esotica Caterina Murino, la vicenda narra di tre fratelli sardi, Michele, Roberto e Giusy. Questi giovani mandano avanti  un vigneto, che produce l’ottimo ‘bianco di Babbudoiu’.  Volenterosamente loro desiderano esportare il vino anche in Cina, ma quando il fondo europeo necessario per il progetto viene a mancare, gli sfortunati devono restituire una somma considerevole alla banca. Tutto ‘made in Sassari’ !

‘Vini Delogu’, il meglio di Alghero 

Nel 2004 nasce ‘Tenute Delogu‘,  da 5 ettari di superficie vitata sotto il  Nuraghe di Palmavera  tra le campagne dorate e pianeggianti  della Nurra e il mare cristallino di Alghero, la cui brezza soffia gentile in una zona dove la coltivazione della vite è una tradizione antica.

Si tratta di un terreno con caratteristiche uniche per la viticoltura, con i suoi inverni miti ed estati ventilate.  Ed è proprio in questo territorio, fatto di argille rosse, calcare e ricco in minerali, che si adagiano i filari (allevamento Guyot) di:

Vitigni autoctoni e internazionali di grande pregio,  che Piero cura personalmente insieme al giovane enologo Antonio Puddu e la consulenza esterna di Piero Cella ( della scuola di Tachis!) .

6 etichette di vino firmate Delogu

Un patrimonio vitivinicolo straordinario , di cui  Piero ne ha subito  capito il valore. Amore e attaccamento alla terra e ai suoi collaboratori è tutto racchiuso  nei  nomi delle sei  etichette dell’azienda vinicola (circa 100 mila bottiglie annue):

7 giorni in Paradiso, wine relais  ‘Tenute Delogu’

Piero e Lorenzo mi accolgono come se fossi di famiglia. La mia vacanza  inizia sotto un sole cocente di Luglio nell’orto delle ‘Tenute Delogu,  ettari di terra in cui sono coltivati e allevati  tutti i loro prodotti a km 0!

Allievo la calura estiva con  una doccia fredda nella mia camera ‘il Grappolo’, arredata con gusto e dotata di tutti i comfort, un tuffo nella magnifica  piscina tra palme e cicas ed è ora di cena. Mi incammino attraverso un percorso di fiori e statue in pietra.

Una luna gigante e il sottofondo delle cicale mi accompagnano fino al ristorante della ‘Tenute Delogu, composto da una sala interna ed una esterna su prato. Decisamente un’ incantevole  location immersa nel verde alle quali fanno da cornice delle scenografiche cascate.

Cucina sarda per il piacere dei palati più curiosi

Conosco Vincenzo il cuoco, un signore gentile, che mi anticipa il menù della cena, senza svelarmi però i segreti della sua cucina. La tradizione sarda in tavola, tra mirto, vini superbi e tavoli sapientemente imbanditi con antipasti di verdure e altro ancora:

Piero e Lorenzo mi guardano con aria soddisfatta, perché faccio fuori tutto compiaciuta! Si fa tardi e gli ospiti della sala tornano a casa loro con un’aria leggera di chi è stato bene. Piero e Lorenzo continuano il romanzo della loro vita.

Passione, costanza, perseveranza,  duro lavoro, attaccamento alla terra, rispetto delle tradizioni,  modernizzazione strutture aziendali, amore per la gente: gli ingredienti del loro successo. Incredula di quanta bellezza ci sia in ogni gesto loro, mi sento per un attimo come la protagonista di una favola.

L’attenzione ai dettagli fa la differenza e io l’ho provato sulla mia pelle! Ascolto con grande ammirazione un padre e un figlio che portano avanti il loro progetto di vita . E con molta naturalezza mi rendono partecipe di questa gioia tra una telefonata e l’altra, mille pensieri per iniziare la giornata a seguire, compreso il mio tour !

Non ho con me un orologio, e la sveglia per alzarmi  la mattina alle ‘Tenute Delogu,  non serve. Apro la finestra e davanti a me lo spettacolo in prima fila di una natura rigogliosa. Colazione, e giro per le tenute: parcheggio  molto ampio, spazi immensi costellati da due blocchi di appartamenti nuovi del residence,  cantina e  vigneti.

Cerco un po’  d’ombra e la trovo sotto una folta  bouganvillea , leggo la mia guida sulla Sardegna e sogno di percorrere  tutta la costa Nord Occidentale , perché la posizione della tenuta a tal proposito è strategica. Seguitemi!

10 Posti Top da non perdere vicino Alghero

Essendo siciliana, non mi sono stupita del lauto pranzo in famiglia sarda in campagna da amici di Piero ! Divoro voracemente spaghetti al tonno con gamberi freschi, parago con patate, insalata di polpo, tre tipi di formaggio,  ‘casu marzu compreso, e vassoi di dolci infiniti!  Sicuramente avendomi visto un po’ troppo ‘secca’ , come si dice dalle mie parti, Piero ha ben pensato di farmi fare il pieno prima di portarmi ovunque!

‘La spiaggia delle Bombarde’

‘La spiaggia delle Bombarde’ si estende per un  chilometro di sabbia finissima affacciata su un mare azzurro, rallegrato  dalla dolcissima Anna Paola, che prepara le cozze cotte al carbone nel suo lido.  Una mezzaluna sabbiosa lunga quasi un chilometro che si inarca su un mare dai mille riflessi colorati e  incorniciata da rocce vulcaniche .

‘La Spiaggia della Pelosa’

La ‘Penisola di Stintino’ regala angoli di paradiso come la ‘Pelosa’, una spiaggia tropicale che si affaccia  sul  Golfo dell’ Asinara. Una delle caratteristiche più incredibili sono le sue acque calme e limpide. La spiaggia infatti  è al riparo dai venti ed protetta dal mare aperto dai faraglioni di Capo Falcone.

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‘Cala Mugoni’ 

‘Cala Mugoni’ è posta a ridosso di una pineta, che richiama a se nelle ore più calde tanti bagnanti alla ricerca di ombra e refrigerio. Questa cala  di sabbia bianca calda e mare blu si trova nei pressi di Porto Conte.  Si presenta con un lunga distesa di sabbia bianca non troppo fine e calda, di circa due kilometri e mezzo.

Fertilia 

Fertilia  fu fondata nel 1933 con lo scopo di diventare il centro economico amministrativo di tutta la zona rurale della Nurra di Alghero, colpisce per la sua terrazza severa  prospiciente un porticciolo. Si tratta di un progetto del regime fascista , che voleva creare una ‘città ideale’, una sorta di alter ego della catalana Alghero. Oggi  Fertilia  è una borgata tra mare e laguna nel nord-ovest della Sardegna, che conserva memoria di vicende singolari

Sughera di Suni 

Forse abbiamo perso l’abitudine di apprezzare un buon tappo di sughero, di odorarlo, o di giocarci con le dita. Forse non ci siamo mai chiesti come e dove venga prodotto e in che stato di salute si trovi. Ma un viaggio in Sardegna ci può aiutare, specie a Suni. In questa zona nella  provincia di Oristano ci sono delle importanti sughere  come a  Suni  , comune  noto per la produzione di sughero e Malvasia.

Bosa

Bosa è un incantevole e affascinante borgo mediterraneo fatto di case colorate, dove tradizione e modernità si fondono. C’è  un centro storico ottimamente conservato e nei dintorni si possono ammirare colline e valli. Potrebbe essere un’idea per una fuga dalla frenesia della vita quotidiana!

Alghero

Alghero è un esclusivo luogo di villeggiatura a prova di tutte le stagioni. Posta a  Nord Ovest della Sardegna, Alghero incanta per l’atmosfera leggera ed elegante che si respira. E di sangue catalano, una cittadina superba e altezzosa, che ti abbraccia e non si fa scordare con i suoi paesaggi mozzafiato, le strette viuzze piene di storia, e un mare tra i più belli che abbia mai visto.

Ristorante ‘Sa Mesa’ ad Alghero

Per capire ed assaporare in fondo il meglio dell’ enogastronomia Sarda vi consiglio di fare un salto al ristorante ‘Sa Mesa’  ad d Alghero . Qui  si fa una  cucina tipica ,  rivisitata con  la ricerca dei migliori prodotti locali.

Piero Marras e i ‘Tazendas’ nelle magnum dei vini Delogu

L’unico rimpianto quello di non cogliere i segni del destino, del  mio volo di ritorno cancellato per i soliti disagi della Ryanair . Riparto per la Toscana. Qualcuno forse vuole che rimanga  più a lungo ad Alghero e alle ‘Tenute Delogu.

Quel fine settimana mi perdo il concerto dal vivo di Piero Marras , un famoso cantautore sardo,  in occasione dei suoi 40 anni di carriera, un grande artista a cui Piero, dedica una ‘Magnum di Geo’ , come fa  anche con il gruppo dei  Tazendas’. E insieme ai musicisti e i poeti,  Piero canta della sua Sardegna attraverso l’arte del  vino.

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