Dogliani, il salotto sabaudo delle Basse Langhe. ‘Cantina Ribote’ . Parte seconda
L’afa continua a sfiancarci, fino a quando Fabrizio non mi accompagna nel mio appartamento di sua proprietà a Dogliani. Questa è una piccola ed elegante cittadina piemontese , capitale del vitigno autoctono detto Dolcetto. Sistemate le valigie, ci salutiamo per rilassarci e ricaricare le batterie. Sprofondo in un sonno atavico e mi crogiolo nelle lenzuola di lino bianco fino allo squillo telefonico di Fabrizio . Mi invita a preparami per continuare il nostro giro nel suo paesino.
Dopo una veloce rinfrescata, mi vesto, e ad attendermi nell’atrio ci sono Fabrizio e Monica . In macchina ci dirigiamo a Bene Vagienna da ‘Marsam’, un suggestivo ristorante dei loro amici Marco e Alice,. Qui ceniamo scegliendo da un menù interregionale!
Eccoci qui, una cuisine che spazia dalle Alpi alla Sicilia: un delicato vitello tonnato, servito con caponata di melanzane, alici in agrodolce, e bollicine di un sofisticato ‘Ettore Germano Rosanna Rosè Metodo Classico Extra Brut’.
La sera cala paziente quasi a fatica per il calore ancora asfissiante. Uno scenario bucolico di arbusti, querce e vigneti, di cui si percepiscono appena le sagome per il buio imperante. Le cicale intonano il loro canto, e preannunciano l’arrivo dell’estate ormai alle porte.
Un filo di vento ci scompiglia i capelli , e torna il fiato per parlare, per cui apprendo della tappa successiva dell’indomani, ovvero Dogliani, il salotto sabaudo e capitale del Dolcetto. La stanchezza avanza e consegna tutti quanti alle braccia di Morfeo.
Dogliani
L’indomani mi preparo un caffè nero bollente, che mi dà la carica giusta per godermi il proseguo del mio percorso. Fabrizio mi viene a prendere nella mia dimora per perlustrare Dogliani. Dopo due spremute di arancia ghiacciate al bar ‘Riviera’ , proviamo ad avviarci per il nostro tour .
Chiaramente, impresa quasi impossibile , perché Fabrizio si ferma con tutti a chiacchierare , tra conoscenti e parenti , normale in un luogo di appena cinque mila anime ! Un’atmosfera intima e preziosa in contrasto con la frenesia dei soliti ritmi quotidiani.
Un romanticismo però interrotto bruscamente dalla foga e dal desiderio di Fabrizio di mostrarmi il fascino della sua Dogliani . Due passi verso il centro storico e Fabrizio mi riferisce tutto quello che può su Dogliani, a cominciare dal suo nome.
Origine del nome di Dogliani
Dogliani deriverebbe dal latino ‘Dolium Jani’ , cioè ‘la coppa di Giano’, in riferimento alla leggenda secondo cui la divinità romana giunse in loco per approvvigionarsi del suo vino. Per questo motivo lo stemma del comune di Dogliani raffigurerebbe un leone che regge una ‘doglia’.
Una sorta di coppa per il vino, a memoria della sua vocazione vitivinicola, che affonda le radici nella preistoria. E che continua nell’eccellenza della produzione del vitigno autoctono del Dolcetto. Questo in tutte le sue varianti , ed insieme al Barbera , è alla base dell’economia locale.
Il Dolcetto di Dogliani
Il Dolcetto cresce robusto e vigoroso tra Asti , Cuneo, Alessandria, Ovada , e pure nella Riviera Ligure di Ponente . Esso è anche noto con l’appellativo di Ormeasco. Si tratta di un rosso semplice, da tutto pasto, dal colore generalmente rubino, dal profumo vinoso e dal gusto di solito asciutto e mandorlato.
Questo va dal più diffuso Dolcetto d’Alba, ad altre tipologie. Queste a seconda della provenienza si ditinguono in :
Storia di Dogliani
Dogliani è di dominazione romana ( I° – II° secolo d.C.). Poi per la difesa dai saccheggi e dalle scorribande di Ungari e Saraceni (X° secolo) . questo minuscolo villaggio si espanse in cima a una rocca, ove oggi si erge un Castello medievale, che domina dall’alto l’intero abitato.
Il perimetro della cinta muraria delimitato da un lato opposto all’altro rispettivamente da ‘Porta ‘Soprana’ e ‘Porta Sottana’ , trasuda il passaggio a Dogliani di Francesi, Spagnoli , dei nobili Sabaudi, e di Bonaparte .
Questi dominatori l’adornarono di monumenti, palazzi e templi di preghiera. Tutti questi tesori furono ben incastrati e distribuiti all’interno di un sorprendente ed efficace piano di riassetto urbanistico di Giovan Battista Schellino (1818-1905).
4 buoni motivi per visitare Dogliani firmati Giovan Battista Schellino!
Giovan Battista Schellino fu un eclettico e stravagante architetto, che realizzò per Dogliani opere singolari. Queste rispecchiano nel loro dualismo di vivacità e severità delle forme lo spirito stacanovista del suo popolo genuinamente di stampo agricolo, che la salvò dalla crisi del Dopo Guerra .
Dogliani infatti divenne presto un mercato importante di primizie e per il vino. Un paesino che trovò nello spirito imprenditoriale dell’economista Luigi Einaudi, primo Presidente della Repubblica fino al 1955, la massima espressione del suo genius loci .
A fine colazione io e Fabrizio percorriamo le viuzze strette e a tratti adombrate di Dogliani , dal cuore moderno del Borgo inferiore fino alla sommità del nucleo antico del Castello . Un cammino che attraverso ‘Porta Soprana’ e ‘Porta Sottana’ svela gioielli di straordinaria grandezza, come quelli proposti in basso.
1. ‘Chiesa di San Quirico e Paolo’
La ‘Chiesa di San Quirico e Paolo’ è la magia più imponente di Schellino. In stile Neoclassico a croce greca, al suo interno questa superba cattedrale raccoglie numerosissime testimonianze artistiche:
- Tele dei secoli XVI, XVII, XVIII e XIX;
- Statue lignee di Brilla;
- Una ‘Via Crucis’ di Gaetano Previati;
- Un prezioso organo costruito dai fratelli Vittino di Centallo.
2. ‘Palazzo municipale di Dogliani’
‘Palazzo municipale di Dogliani’ è il palazzo comunale che svetta accanto il duomo con un ampio ingresso e porticato. Esso è ricavato da un convento dei Carmelitani , costruito nel XVI secolo.
Questo palazzo è una bibbia vivente del passato di Dogliani, con queste quatrro importanti attrattive :
- ‘Museo Giuseppe Gabetti’ : al primo piano c’è questo museo del 1983 , che è intitolato al noto germanista doglianese Giuseppe Gabetti;
- ‘La Bottega del Vino’ : si trova nelle sotteranee, ed è un consorzio che dal 1984 lega 44 imprese piccole e grandi della denominazione ‘Dogliani DOCG’. Il suo fine è la promozione del vino e il rilancio del turismo enogastronomico. Ci sono 48 posti a sedere per testare il patrimonio doglianese con una carta a disposizione di 88 ‘Dogliani DOCG’ ;
- ‘Mostra permanente Luigi Einaudi’ : a completare la magnificenza della city hall , ci sono dei locali allestiti per una mostra permanente di foto dedicata a Luigi Einaudi;
- ‘Torre dei Cessi’: si tratta di una piccola torre fatta da Schellino, che ideata come caserma, fu successivamente acclamata come primo esempio di bagni pubblici.
3. ‘Piazza Umberto I’
Io e Fabrizio arriviamo a questa caratteristica ‘Piazza Umberto I’ , un’ agorà caratteristica con i suoi empori rionali di Castelmagno e altri formaggi DOP piemontesi.
Fanno bella mostra i suoi negozi , e la più blasonata delle macellerie, quella di Nello Taricco. Questa ogni anno alla ‘Fiera del Bue Grasso di Carrù’ vince premi per la migliore bistecca di Fassona, altro fiore all’occhiello del carrello delle prelibatezze langarole.
Un mosaico di foto e manifesti di personaggi famosi della TV e dello spettacolo appesi ovunque, mettono perennemente in risalto il ‘Festival dei Media’. Un appuntamento imperdibile che dal 2012 si tiene dal 03 al 05 settembre per tutti questi vicoli , per capire meglio l’informazione, la televisione e il giornalismo italiano.
4. ‘Belvedere del Castello’
Il ‘Belvedere del Castello’ è custodito da un gigantesco e secolare ippocastano di 26 metri . Questo è un punto panoramico di incomparabile beltà. Da cui , adagiati su una scarlatta ‘Big Bench’, si può contemplare Dogliani dall’alto in tutta la sua magnificenza insieme alla vallata del Rea .
All’orizzonte la visuale è annebbiata da altre perle di immenso valore artistico:
- ‘Torre Civica’ : un monumento starodinario , che è caratterizzato da una merlatura ghibellina del 1862 , opera di Schellino;
- ‘Castello dei Perno di Caldara’: questo è un fortilizio difensivo Medievale, che adibito a dimora residenziale tra il XVII e il XIX secolo . Nel 1970 esso fu poi acquistato dalla casa editrice ‘Giulio Einaudi’ , che lo trasformò in uno ‘scrittoio’ per famosi intellettuali, tra cui Primo Levi. Nel 2012 esso passa nelle mani del prof. Gregorio Gitti, ordinario di diritto civile dell’Università di Milano. Questi se ne prende cura con il suo piano di recupero di casa per la cultura , della coltivazione della vite e della vinificazione delle uve di proprietà;
- ‘Piste ciclabili e sentieri pedonali del Gal Mongione’ : un percorso per escursionisti da fare a piedi o in bici in mezzo alla natura piemontese. Queste piste esistono per volontà dello stesso Fabrizio . Con la sua formazione di guida turistica e attivo ciclista, Fabrizio ha sempre lottato per variegare l’offerta turistica di Dogliani, suscitando non poche invidie. Ha solamente ottenuto molte imitazioni delle sue stesse iniziative e davvero pochissimi se non nessun appogio da parte delle politiche comunali! Un difetto dobbiamo pur averlo noi Italiani. Il peggiore è quello di fare squadra solo sulla carta e mai in pratica, specie negli affari!
Tradizione enogastronomica delle Langhe, Barolo, plin e tajarain!
Assetati e anche un po’ affamati io e Fabrizio facciamo una sosta a Dogliani alta presso il ‘Bistrot Và Langa’, di Fabrizio Caravero. Questo simpatico signore che è il proprietario del piccolo e scoppientante localino, ci omaggia di uno spritz .
Fabrizio Caravero è anche titolare del pastificio ‘La Cucina delle Langhe’ . Per cui ci fa vedere degli stratosferici ‘plin’ e ‘agnolotti’. Questa è pasta fresca da condire come volete, che rappresenta il cavallo di battaglia della cucina piemontese. Li ho mangiati crudi per provarli e sono ugualmente buoni!
‘Plin’ e ‘agnolotti’, sono delle paste ripiene di verdure e carne. Queste vengono pizzicate o richiuse nella classica forma quadrata,. Normalmente vengono servite con ndei sughi succulenti di carne! Sono attimi di ilarità e spensieratezza, e vi prego di non cadere nello stereotipo scontato , che l’accoglienza e l’ospitalità siano solo prerogativa del Sud! Se ciò ancora accade è perché non avete messo ancora piede a Dogliani!
Storia del Barolo
Dopo alcuni scatti distratti, a Fabrizio quasi di dovere, tocca come un cantastorie proferire sul più ricercato e inimitabile dei vini , sua maestà il Barolo, che è fatto esclusivamente da uve autoctone di Nebbiolo !
Il Barolo (nelle sue quattro varietà Bolla, Michet, Lampia e il poco fruttuoso Rosé) è uno dei rossi più prestigiosi a livello nazionale e internazionale. Esso è paragonabile ai blasonati Bordeaux dei Cugini d’Oltralpe.
Il Barolo era già apprezzato 2500 anni fa dai Liguri e dai Romani, che con Giulio Cesare iniziarono a esportarlo nell’Urbe da Alba Pompeiana. Tuttavia, il Barolo esordì nel 1751 allorché un gruppo di diplomatici piemontesi ne spedì a Londra una partita .
Si tramanda che fu un grande successo, tanto che persino il futuro Presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson, in trasferta in quegli anni in Europa, ne citò la bontà nei suoi diari, definendolo ‘quasi amabile come il Bordeaux e vivace come lo Champagne’.
C’è da dire però che il Barolo di allora era però dolce e leggermente mosso. Poiché non si sapeva ancora come tramutare in alcol tutti gli zuccheri contenuti nel mosto, il Barolo era quindi ben diverso da quello fermo, rotondo e strutturato, che al presente appassiona esperti di tutto il globo.
Giulia Corbert e Louis Outard alla base del successo del Barolo in Italia
Per fortuna, nei primi dell’Ottocento l’enologo francese Louis Outard , chiamato al ‘Castello di Barolo’ dalla nobile Giulia Corbet sposa del Marchese Carlo Tancredi Falletti, capì subito le virtù del Barolo e lo processò secondo le tecniche di vinificazione degli chateaux bordolesi.
In appresso l’ascesa del Barolo venne definitivamente sancita dall’interesse di personalità storiche, dal re Carlo Alberto di Savoia allo statista Camillo Benso di Cavour. Questi ne allargò la resa, fino a quando comparvero in scena dal 1895 la ‘Opera Pia del Barolo’ e gli Abbona, che ne decretarono la popolarità e l’affermazione nei mercati di settore.
Maledetto Barolo, il re dei vini e un vino per i re!
Il Barolo è frutto del continuo impegno dei vigneron piemontesi, che ci regalano Barolo per una superficie totale di 2150 ettari distribuiti in questi 11 comuni:
- Cherasco;
- Verduno;
- Roddi;
- La Morra;
- Grinzane Cavour;
- Castiglione Falletto;
- Diano d’Alba;
- Barolo;
- Novello;
- Serralunga d’Alba;
- Monforte d’Alba.
Perchè si chiama Barolo?
I Piemontesi venerano come una Madonna il loro Barolo , al punto ovviamente da farne una DOC nel 1966 e una DOCG nel 1980. Ma sapete perché si chiama Nebbiolo ? Per via della nebbia di Novembre, quando esso viene vendemmiato. Oppure dicono per la pruina , che appanna un po’ l’acino una volta che vi si deposita per proteggerlo dai raggi UVA e per idratarlo in caso di necessità.
Ricordatevi che non c’è Barolo uguale all’altro! Il Nebbiolo da cui deriva in purezza, possiede caratteristiche organolettiche, che cambiano a pochi metri di distanza da una zona all’altra in cui viene piantato . Esso spesso è coltivato con allevamenti guyot a controspalliera e bassa intensità d’impianto (3 500 ceppi/ha.).
Perchè il Barolo è così speciale? Perchè si fa solo in Piemonte!
Cosa fa del Barolo un Barolo ? Il suo terroir , che è esemplare nel suo genere per :
- Alture non superiori ai 540 s.l.m,;
- Clima continentale temperato;
- Esposizione collinare a Nord e illuminazione solare;
- Protezione a Nord Ovest delle Alpi.
Una varietà di fattori, che rende il Nebbiolo diverso a seconda della composizione dei suoli, mantenendo però inalterate alcune peculiarità comuni, quali :
- Tinta scarlatta trasparente virante all’aranciato se invecchiato;
- Bouquet complesso di spezie, cioccolato;
- Una sorprendente longevità.
I migliori Barolo del Piemonte!
Le migliori versioni del Barolo sono quelli stagionati ! Per esempio:
- ‘Barolo DOCG’: questo rosso affina per 38 mesi di cui 18 in bottiglia;
- ‘Barolo DOCG Riserva’ : questo rosso invece riposa per ben 62 mesi!
Con una esplosione di 15 000 esemplari l’anno, una resa di circa 1, 500, 000 per ettaro, il Barolo non è certo un vino da tavola. Esso va da una media di 15 euro al pezzo in enoteca , ai più ricercati da collezione come:
- ‘Voghera Brea Riserva’;
- ‘Le Rocche Falletto Riserva di Bruno Giacosa’;
- ‘Monfortino Riserva di Conterno 1999’ ;
- ‘Bartolo Mascarello’ .
Murazzano, a cena da ‘Osteria Baruc’
Fabrizio è un’enciclopedia vivente, impossibile stargli dietro. Monica ci raggiunge in auto e ci preleva da Dogliani per portarci a Murazzano a stemperare la dotta conversazione dinanzi le pietanze stagionali di ‘Ca’ Baruc’. Questa è la locanda rustica e accogliente di Giovanni e della moglie Marina. Entrambi ci viziano con:
- Vari antipasti,;
- Dei deliziosi ‘plin’ , che stavolta mangiati cotti al sugo di arrosto;
- Saporite tartare di Fassona.
Cosa vedere a Murazzano?
A fine pasto soddisfatti e felici, ci divertiamo vagabondando per Murazzano, altro brioso quartiere langarolo da non farsi sfuggire per le sue più illustri attrattive. Tra queste da non perdere sono:
- ‘Torre Medievale’;
- ‘Palazzo Tovegni’;
- ‘Porta Bullaria’;
- ‘Santuario della Beata Vergine di Hal’;
- ‘Tuma di latte di pecora’..
Quello che mi rimane più addosso è decisamente il brio dei suoi abitanti , che ti sorridono per strada , quasi a ricordarti quanto siano orgogliosi dei loro natali . Per non parlare infine del loro passatempo preferito, cioè il gioco del ‘Pallone Elastico’ o ‘Pantalera’. Questa sorta di pallapugno si pratica nelle piazze ed è molto diffuso nel basso Piemonte e nella confinante Liguria .
Le etichette di Giovanni Gallo
Domenica la calura si fa sentire già nel primo mattino. Fabrizio mi scorta di buon in un fondo immenso di boschi e anfiteatri di vigneti di loro proprietà da cui ricavano il loro nettare, e dove giacciono i ruderi del vecchio cascinale ‘Ribote’, poco fuori Dogliani
In mezzo a un eden spunta questa immensa costruzione su due livelli, malandata, e attaccata a una casina prospiciente. Questa era la dimora di Giovanni Gallo, l’illustre ingegnere doglianese disegnatore di sogni ed etichette dei vini delle Langhe, che firmò pure alcune delle eccellenze.
Sotto l’ombra di un castagno centenario simbolo della ‘Cantina Ribote’, Fabrizio mi spiega che qui prima erano attivi i monaci Carmelitani, che si dilettavano a far vino già nel Mille.
Nel Secondo Dopo Guerra queste proprietà invece andarono distrutte a seguito dei bombardamenti dei Tedeschi, i quali fiutarono la presenza di partigiani, tra cui Louis Chabas , messo in salvo furtivamente dallo stesso Gallo, episodio emblematico che diede luce al film ‘Lulù il Partigiano’ .
Basse Langhe, un tuffo al cuore
Fabrizio sogna di ristrutturare quelle preziose rovine per ricavarci nuovi spazi da utilizzare per farci le nuove barriccaie , ma un passo alla volta. Mentre mi illumina dei suoi progetti, andiamo verso le Basse Langhe.
Improvvisamente si apre un itinerario straordinario che tocca :
Il nostro tuffo alcolico finisce nella magnifica Barolo , che si fa contemplare con il suo castello duecentesco dei Falletti (ora di proprietà del comune di Barolo) e il suo ‘ Museo del Vino’ o ‘WiMu’ , uno spazio espositivo artistico e multimediale dedicato al vino e all’enologia, inaugurato nel 2010.
Degustazione dei ‘Vini Ribote’
Mi rendo conto dell’immensa fortuna che ho avuto di navigare il mare verde delle Langhe grazie a Fabrizio . Concludo questa esperienza unica in Piemonte con una degustazioni delle sue migliori bottiglie:
- ‘Bruno Porro Rosato 2020’ : un rosato di vari vitigni tra cui anche il Sangiovese, dai toni violacei, i sentori fruttati e il gusto persistente, ideale per tutta la durata di un simposio;
- ‘Langhe Nebbiolo D.O.C.G. 2019’ : da Nebbiolo 100 % premiato sia dal ‘Wine Spectator’ che dal ‘Decanter’, è un rosso vermiglio, intenso e speziato, vellutato e indimenticabile , con un tannino non molto aggressivo, è un rosso che si propone benissimo per pasti elaborati;
- ‘Dogliani D.O.C.G. Superiore 2016’: da uve di Dolcetto, è un rosso sanguigno alla vista, che sa di ciliegia, e la sua morbidezza si sposa perfettamente con carni grasse e succose;
- ‘Barolo DOCG 2016’ : è un miracolo divino di puro Nebbiolo , dotato di sfumature salmonate, tipico dei vini destinati a lunghi invecchiamenti; dal sapore di prugna e un aroma solenne e lungo, si presta bene a piatti di selvaggina;
- ‘Langhe Barbera DOC Iris 2017’: è un rosso di Barbera 100%, granato, denso e avvolgente, equilibrato e strutturato, perfetto per ogni sorta di caseari strutturati.
Le Langhe un giardino a cielo aperto che incanta
Fabrizio mi ha traghettato in un paradiso ancora poco conosciuto, quello delle ‘Langhe’, e ho preso coscienza di come il vino sia parte integrante della storia del Piemonte .
I Piemontesi hanno un carattere fiero e zelante , e hanno fatto la fortuna di questa regione . Sono passati dall’essere contadini agli operai e industriali dello Stivale. Un patrimonio di cultura, arte e altro ancora racchiuso nei libri di famosi scrittori piemontesiquali :
Questa avventura con Fabrizio nelle Langhe mi ha toccato le corde dell’anima fino a farla scoppiare , fomentando in me il singolo desiderio di ritornare, magari in autunno con un clima un po’ più mite, che accentua la bellezza di questi paesaggi unici al mondo non a caso dichiarati ‘Patrimonio dell’Unesco’ nel 2014.