Sestiere Castello Venezia

Sestiere Castello Venezia

“Perchè il sogno più vero è quello più dstante dalla realtà,

quello che vola via senza bisogno di vele, né di vento” 

H. Pratt

Sestiere  Castello, la Venezia vera

Senza dubbio il sestiere di Castello è uno dei quartieri meno turistici di Venezia (249 726 abitanti). La Serenissima si sviluppa sull’isola di Venezia  ed è posta tra il delta del fiume Brenta e il mare Adriatico. Si estende per 42 chilometri quadrati .  Ed è fatta da 118 isole unite tra loro da circa 150 canali e circa 400 ponti.

Dovete sapere che il  sestiere di Castello è la parte più abitata dai veneziani, quella più silenziosa. Per capirci quella lontana dal caos dei milioni di turisti  che ogni anno visitano Venezia  per la sua straordinaria bellezza. Un’antica Repubblica Marinara che ormai è come un teatro a cielo aperto e che vive del suo glorioso passato. Percorrere il  sestiere di Castello  in questi tre itinerari proposti in questo post  significa perdersi in una Venezia autentica . Tre percorsi che vi porteranno indietro nella sua storia, e nel suo ricco patrimonio culturale, artistico e paesaggistico.  Buon viaggio ! Rigorosamente a piedi, perché a Venezia  si cammina e basta!

Sestiere Castello, la coda di pesce di Venezia

Qual è la zona più orientale e verde di Venezia ? La irsposta è  il sestiere Castello  . Esso comprende diversi isolotti come quello di La Certosa e Le Vignole . Il suo nome si dovrebbe per la presenza di una fortezza (ormai inesistente) sull’adiacente isola di San Pietro . Durante il Medioevo e il Rinascimento era il posto dove si lavorava più duramente. Questo poiché  qui  c’erano tanti moli per lo scarico merci , che arrivavano da ogni lato del pianeta. Ma soprattutto perché era sede dell’ Arsenale, il più vecchio cantiere industriale del globo.

Al presente il  sestiere di Castello  è quello più esteso e popoloso di Venezia   , che è famoso perché ospita la celebre Biennale di arte e architettura . Esso sfoggia pure maestose piazze, chiese, diverse scuole grandi. Queste ultimi  non sono istituti educativi, bensì organismi religiosi spesso dediti alla carità per i più bisognosi . Di notevole interesse sono anche i numerosi pozzi disseminati  ovunque nei distretti veneziani. Questi necessitavano per raccogliere acqua che non fosse salmastra ma piovana. Chiaramente il genio dell’uomo risale all’epoca della nascita di Venezia  , poiché costruita interamente sul mare! Ed è questo quello che ha sempre maggiormente destato stupore !

Tre itinerari da fare al sestiere Castello 

In questo articolo vi suggerisco tre tappe da fare al sestiere di Castello  . Magari in un weekend , che ovviamente non è sufficiente. Per cui mettete in conto di ritornare presto.  Il primo itinerario si sviluppa dalla stazione dei treni di Venezia.  Il secondo dal punto più interno del sestiere di Castello . E l’ultimo dalla riva che lo delimita a sud.

Un tragitto che prova a farvi scoprire il sestiere di Castello dove potrete  afferrare davvero lo spirito di Venezia. Sicuramente girare per le sue calli vi darà una sensazione unica , prché qualsiasi scorcio vi lascerà con il fiato sospeso.  Da quello dei suoi  proverbiali monumenti a qualche lenzuolo bianco che sventola  profumato all’aria fresca della prima brina mattutina.

Venezia , la storia di una città anfibia

Ciò che sbalordisce di Venezia è il fatto che è una città costruita interamente sull’acqua. Questo accadde nel V secolo . Quando dalla terraferma gli abitanti in fuga da Attila e da altri barbari si rifugiarono nelle lagune. Queste ultime da allora diventarono dei veri e propri baluardi difficili da espugnare. Ma Venezia prosperò  nei secoli al punto da diventare un’ entità politica autonoma amministrata dai Dogi.

Da allora  Venezia si arricchì con il commercio grazie alla sua posizione strategica tra l’Occidente e l’Oriente , diventando  al contempo uno dei porti più importanti d’Europa . La sua gloria imperiale però cominciò a diminuire già dalla fine del XV secolo con l’avanzata dei Turchi e  la scoperta dell’America. E non andò meglio nel XVIII secolo quando emersero Inghilterra e Olanda sul piano del monopolio commerciale europeo. Infine con l’arrivo di Napoleone ci fu la sua sottomissione ai francesi . E dopo Venezia seguì le sorti del resto del regno d’Italia dall’unità  al secondo conflitto mondiale .

Come erano costruite le case sull’acqua a Venezia?

In principio  Venezia  era un insieme di palafitte arrangiate su delle paludi bonificate. Queste erano essiccate con l’uso di argilla bruciata e il riporto di altri terreni. Dal X secolo in poi si passo alla pietra . Allora  fu necessario rifabbricare il suolo costipandolo . E lo si consolidò con una fitta rete  di pali di legno (20/25 cm di diametro, lunghi 1, 5). Questi furono  conficcati verticalmente nel fango fino al caranto. Questo è il sedimento sabbioso argilloso su cui poggia Venezia  .

Questa tecnica  serviva ad addensare dello strato originario e rendere più stabile la sua capacità portante. Si riempivano gli spazi tra i pali con detriti di ogni tipo e pozzolana. Il fenomeno sorprendente è che il legno sommerso nel limo non si consuma . Questo perché non filtra ossigeno.  E per il flusso perenne  di acqua salata il tutto si  pietrifica . Si innesca praticamente un processo di mineralizzazione che anziché far marcire provoca resistenza dei materiali.

Lungo il Canal Grande (come il Fondaco Tedeschi) sorgono le tipiche dimore veneziane  conosciute come case -fondaco. Al livello inferiore sta un porticato con degli archi, che si affaccia sull’acqua. Questo era fatto apposta per il carico e scarico merci al passaggio delle navi . Il piano superiore era destinato alla famiglia dei mercanti . E c’erano anche dei sottotetto per la servitù o a uso magazzino.

Venezia una foresta rovesciata

Successivamente su questa foresta rovesciata veniva posta una sorte di zatterone, cioè una tavolata di panconi di larice . E sopra di questa veniva aggunta un’altra incrociata di olmo  oppure ontano. Così facendo si distribuiva uniformemente il carico e in seguito si erigevano i muri portanti in mattone. Su questi ultimi in un secondo momento si ponevano uno strato di pietra d’Istria (presa nelle cave di Orsera e Rovigno) per prevenire l’umidità.

Su queste fondamentate praticamente inventate  (e  possibilmente nel punto più elevato e vicino a un rio) dunque  si realizzavano le residenze dei più facoltosi. E ovviamente anche edifici più imponenti come cattedrali e altri capolavori architettonici. Mentre dietro ad esse sorgevamo attorno a una corte le abitazioni dei più poveri.

Primo itinerario al Sestiere Castello

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Il primo itinerario del sestiere di Castello  parte dalla Stazione di Santa Lucia .  Vi renderete conto che passeggiare per questi angoli  vi farà osservare Venezia da un altro punto di vista. Niente più file per abbandonarsi all’arte, o rumori di viuzze che gremitano di gente alla ricerca di un ricordo della vacanza da riportare in patria.

Al sestiere di Castello  non vi capiterà mai di imbattervi in un cameriere che vi isorride ammiccando per farvi accomodare a mangiare. Piuttosto  vi può succcedere di fare due chacchiere con un artista del posto che vi spiega come funziona Venezia. O ancora di  bere un mitico  spritz  magari preparato con il Cynar anzichè con il classico Aperol o Campari. Questo drink per antonomasia è l’aperitivo in Italia . Ed  è stato inventato proprio in Veneto. Precisamente dalle truppe dell’impero austriaco.  Nel 1800 i soldati  solevano allungare i vini veneti frizzanti con acqua gasata per neutralizzare l’alcol.

Basilica dei Santi Giovanni e Paolo

Lasciato alla spalle il  Quartiere di Cannaregio  , che è quello più residenziale e dove si concentravano gli ebrei , ci ritroviamo al Campo Santi Giovanni e Paolo . Prima è stato uno dei salotti di Venezia, prediletto da artisti quali il Canaletto. Il grande pittore la dipinse in una tela (1724) adesso esposta al museo Ca’ Rezzonico. In mezzo domina  la statua in bronzo di Bartolomeo Colleoni. Il sagace condottiero bergamasco se la fece fare in cambio del rilascio della sua eredità a Venezia. I lavori furono affidati ad Andrea del Verocchio . Però i veneziani non  accontentarono il valoroso mercenario  sulla posizione da lui voluta cioè  a Piazza San Marco!

San Zanipolo

Qui si staglia l’omonima  Basilica  dei Santi Giovanni e Paolo localmente detta San Zanipolo  ((XIV secolo) . Essa fu voluta dai  Domenicani .  L’ampliamento delle sue basi originali sono da attribuire ai frati  Benvenuto da Bologna e Nicolò da Imola.

Notevole è la sua facciata in stile gotico così piena di dettagli.  Mentre al suo interno , ai fianchi del portale centrale di Bartolomeo Bon , si custodiscono i sarcofagi di 25 Dogi veneziani. Preziose poi sono le due statue del XIII secolo una raffigurante la Vergine Maria , l’altra un arcangelo. Da lì poi si è rapiti da un enorme rosone a da tre edicole bianche sul tetto,  che contengono le effigi di San Domenico, San Pietro e San Tommaso d’Aquino. 

Scuola Grande di San Marco

Accanto alla Basilica  dei Santi Giovanni e Paolo si può ammirare la Scuola Grande di San Marco . Questa era  la più operativa delle confraternite veneziane che prestavano aiuto ai più poveri. Il loro era anche un contributo importante per organizzare le processioni religiose. E facevano anche da mecenati per gli artisti.  Venne eretta alla fine del XV secolo dallo scultore Pietro Lombardo e ci sono segni evidenti di influenza rinascimentale e bizantina.

La  facciata della Scuola Grande di San Marco è in marmo bianco. Al suo interno si slanciano dieci colonne corinzie che sono state spogliate dai decori originali. Nel 2013 si inaugurò la Sala Capitolare , che vanta una collezione di testi antichi e strumenti di medicina. Il tutto coperto da un grandioso tetto ligneo del XVI secolo fatto da Vettor Scienza da Feltre e Lorenzo di Vincenzo da Trento.

Libreria Acqua Alta del Sestiere Castello

La Librera Acqua Alta si apre in via C. Longa Santa Maria Formosa, 5176b e nasce da un’idea del vicentino  Luigi Frizzo. Sognatore e viaggiatore incallito si ferma per amore in Valle D’Aosta dove si appassiona ai libri e alla filosofia di Rudolf Steiner. Sceglie Venezia alla fine per aprire la sua cantina di libri usati dove non esiste un catalogo digitale. Ci sono solo  dei cartellini con indicati i prezzi dei  libri di vario genere e riciclati . Questi volumetti sono adagiati su delle gondole spolverate dalle code dei gatti che vi fanno da padroni.

In questo scenario con una scalinata di vecchi volumi affacciata su Corte Sconta sono raccolti i fumetti  di Corto Maltese. Questi è il noto personaggio dello scrittore riminese Hugo Pratt, tanto amato da Luigi Frizzo . Librera Acqua Alta  non è un luogo per tutti.  Ma solamente per i puri d’animo  come il marinaio pirata che salpa sempre per nuove avventure per raggiungere  un giorno il suo porto.

Chiesa di Santa Formosa

Sul mercato di  Campo di Santa Formosa fa bella mostra la Chiesa di Santa Maria Formosa che fu eretta all’inizio del XVI secolo su resti di un tempietto religioso raso al suolo da un incendio. Chi si preoccupò di restaurarla fu l’architetto Mauro Codussi  , che allungò la precedente navata greca fino a farla di tipo  latina. La chiesa è intitolata a un vescoco veneziano del VII secolo , che si dice ebbe la visione della Madonna nella figura di una stupenda matrona.

La Chiesa di Santa Maria Formosa possiede due facciate e  un campanile.  Quello che rimane impresso è  un enigmatico mascherone esterno con tanto di barba , i dentoni e  la bocca storta con funzione di  scaccia i diavoli.  Internamente sono distribuiti quadri del TiepoloLeandro Bassano e Palma il Vecchio.

Fondazione Querini Stampalia del Sestiere Castello

La Fondazione Querini Stampalia è una casa  museo di arte antica e pop della ricca famiglia Querini. Fu fondato nel 1868 dal conte Giovanni. Un gioiello di cui pochi sanno che è incassato al pianterreno di un palazzo nobiliare di Venezia . Si possono venerare esempi di ville patrizie . Perché ci sono mobili settecenteschi e neoclassici, porcellane, sculture e oltre 400 dipinti dal XIV al XX secolo .

La Fondazione Querini Stampalia è stata restaurata nel 1949 . Ed  è circondata da un giardino creato dal genio dell’architetto Carlo Scarpa il cui elemento vitale fu l’utilizzo dell’acqua. Qui si fanno moltissimi eventi di stampo artistico. Essa è dotata di tutti i comfort, tra i quali una caffetteria dal design ricercato di Mario Botta. 

Secondo Itinerario al Sestiere Castello

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Il secondo itinerario di Castello  parte da Campo dei Pozzi . Questa è la sua area più centrale e caratteristica facilmente raggiungibile da ogni parte di Venezia . Il suo prolungamento coincide con il Canale di san Pietro dove iniziò l’urbanizzazione di Venezia  .

Merita davvero un salto la Basilica di San Pietro   che guarda l’ Isola di Sant’Elena  con il suo Parco delle Rimembranze . Un susseguirsi questo di viali ombrosi , aree gioco e altari a Verdi, Wagner, e ai Caduti della Seconda Guerra Mondiale . La basilica in questione fu il duomo ufficiale di Venezia dal 1451 al 1807. Oltre al solenne campanile in pietra d’Istria di Mauro Codussi (XV secolo) il complesso ostenta il tesoro di Pietro Liberi che è il dipinto Castigo dei Serpenti .  Le principali attrattive da non farsi scappare sono queste in basso.

San Francesco alle Vigne

La  Chiesa di San Francesco delle Vigne  fu fatta nel 1534 per mano di Jacopo Sansovino (ma la facciata è del Palladio). Si narra che secoli fa al di sotto doveva esserci un’altra chiesa dedicata a San Marco, patrono di Venezia. Secondo la tradizione il santo di ritorno da Aquilea si sarebbe riposato qui . E gli apparve un angelo che a lui si rivolse pronunciando una frase poi presa da Venezia come suo motto. Questa recita così:

“Pax tibi Marce, evangelista meus” – “Pace a te Marco, mio evangelista.

La  Chiesa di San Francesco delle Vigne si distingue per i suoi tre pittoreschi chiostri e un giardino . Ed è stata progettata seguendo le teorie architettoniche ed esoteriche di frate Francesco Zorzi . Fra i tesori del suo interno si può rammentare la serie di Pietro Lombardo . Annessa alla chiesa c’è anche un Istituto di Studi Ecumenici, e  una sontuosa  Biblioteca

Il vigneto della Chiesa di San Francesco alle Vigne

La  Chiesa di San Francesco delle Vigne ha uno dei vigneti più ampi di Venezia   appartenuto alla famiglia Ziani che nel 1253 l’ebbe in concessione dai frati cistercensi. Questo testimonia lo stretto legame tra Venezia  e il vino che non veniva solo importato ed esportato (come la Malvasia greca) ma anche fatto in loco .

Su questi terreni argillosi e alti appena 1, 87 cm la  Cantina Santa Margherita (Portogruaro) coltiva il  Glera . Vitigno questo che a detta dei loro enologi dovrebbero essere il più antico e rappresentativo di Venezia . Io ho avuto la fortuna di perlustrare i filari della Chiesa di San Francesco delle Vigne  in occasione di una loro degustazione del 2021 . Evento esclusivo che mi ha insegnato tante cose sulla Venezia e il suo ricco patrimonio enoico.

 

Arsenale

Con i sui 30 ettari di estensione l’ Arsenale è arroccato a est di Venezia   , di fronte la mole delle mura cittadine. Era il cantiere navale più colossale  della storia. Esso possedeva una flotta invincibile su cui si basava la forza di Venezia  . Dalle sue navi dipendeva infatti il suo dominio sul Mediterraneo Orientale.

Poco è rimasta di questa fabbrica antica che attualmente si è trasformato in un centro  polivalente che abbraccia le arti, la scienza e la Marina Militare. Venne fatto nel XII secolo e produceva qualcosa come 3000 galere e nel XVI secolo dava da mangiare a 16.000 operai. Grazie alla Biennale di Venezia  l’ Arsenale si salvò dall’abbandono , perché venne a far parte delle aree espositive. Di grande impatto sono i quattro leoni posti all’entrata attorno i quali ci sono molte leggende. Una delle fiere giunse per merito di Francesco Morosini come bottino di guerra dal Pireo attorno al 1688 

Terzo itinerario al Sestiere Castello

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Il terzo itinerario è quello che vi condurrà da Via Garibaldi l’unica strada  di Venezia, nel pieno del movimento cittadino di Venezia  . Con una deviazione all’arco degli innamorati o Sottoportego dei Preti , potete procedere verso la Riva degli Schiavoni .  Questa riva ampliata è del 1780 e si chiama in questo modo per via degli slavi (o meglio i dalmati) che vi erano soliti approdare. Il loro mestiere  era quello di vendere castradina (carne secca di montone) e bojana (scarabina, un pesce secco importato dall’Albania).

Lungo la  Riva degli Schiavoni si troveranno tantissimi  locali e bazar  , e  la lista di cose da vedere anche in questo caso è piuttosto lunga. Intanto non saltate da queste parti il Museo Navale   in riva S. Biasio che illustra, che è inserito in un granaio del XV secolo . Con vista su Bacino di San Marco , esso  illustra la golden age della marina veneziana in 42 padiglioni espositivi .

Le misure dei pesci di Venezia

Tra le cose strabilianti di Venezia ne acciufferete una  in Fondamenta de la Tana all’incrocio con Calle Loredana . Mi sto riferendo a una lapide con incise le misure dei vari pesci commerciabili , sotto le quali si incorreva in gravi sanzioni (altre simili sono al mercato ittico di Rialto e Campo Santa Margherita) .

Verso la fine della via inoltre potrete contemplare una costruzione del V secolo a forma di prua, che era il focolare dei navigatori Giovanni e Sebastiano Caboto scopritori del Canada.

Chiesa della Pietà

La  Chiesa della Pietà è soprannominata Vivaldi perché è dove il grandissimo compositore insegnava violino fu Maestro del Coro (1703-1740). Venne commissionata come cappella dell’Ospedale della Pietà , un’associazione che univa convento orfanotrofio e conservatorio musicale.

La chiesa fu disegnata da Gorgio Massari e ed ha pianta ovale che dona alla struttura un’acustica formidabile. Cosa che si può apprezzare se si ha la fortuna di partecipare ai numerosi concerti in programma tutto l’anno. Appuntamenti imperdibili gestiti da  I Virtusoi Italiani , l’orchestra in carica dal 2011. Tra i canvas di valore bisogna ricordare quelli del Tiepolo, di Giambattista Piazzetta e Giuseppe Angeli.

Chiesa di San Giorgio dei Greci

La chiesa di  San Giorgio dei Greci  ( XVI secolo) fu il frutto della volontà della folta comunità greca durante la diaspora.  I greci trovarono rifugio a Venezia   quando erano in fuga da Costantinopoli per l’invasione dei Turchi del 1453. E furono accolti talmente bene che gli fu consentito di avere il loro santuario.

In stile rinascimentale la chiesa di  San Giorgio dei Greci  fu fatta dall’architetto  Sante Lombardo ,  Gianantonio Chiona, .  Si tratta di una basilica a navata unica con cupola fatta da Giovanni Cipriota sotto la direzione del Tintoretto (XVI secolo). L’ingresso è abbellito da un mosaico recante un’ epigrafe che  compose nel 1564 Michele Sofianòs :

“In onore di Cristo Salvatore e del santo Martire Giorgio i Greci residenti e coloro che di frequente sbarcano a Venezia, affinché essi potessero secondo la tradizione venerare Iddio, (…) edificarono questo Santuario, 1564”.

I suoi  interni furono decorati con oro ed effetti policromi  dall’iconografo Michele Damaskinòs di Creta. Si può subito restare stregati dalla vista del  poderoso campanile fatto da Bernardo Ongarin . Con la vittoria napolenoica tutti i beni furono confiscati e nel 1991 divenne cattedrale dell’Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta.

Chiesa di San Giovanni di Malta

La Chiesa di San Giovanni di Malta   (appellata anche come Chiesa dei Furlani o Chiesa San Giovanni al Tempio) è del XI secolo e fu fatta da Giovanni Battista in stile rinascimentale. Per secoli era appartenuta ai Templari . E dopo la soppressione dell’ordine se ne impossessarono nel 1312  Cavalieri di Malta . Qui gli eroi delle Crociate ebbero il loro quartier generale a Venezia. Per procedere con il sangue alla diffusione del Cristianesimo contro l’Islam.

Finite le guerre si dispersero .  E dopo varie sorti (Rodi, Viterbo, Malta) , allorché la stessa chiesa fu chiusa da Napoleone, riapparirono a Roma nel 1839. Da allora in poi la chiesa fu aperta al pubblico e si allargò con una stamperia e u palco per gli spettacoli.  La Chiesa di San Giovanni di Malta  nasconde al suo interno un enigmatico chiostro adornato con stemmi degli ospitalieri .

Giardini della Biennale del Sestiere Castello

I Giardini della Biennale  sono la location dell’  illustre esposizione annuale d’arte moderna della Biennale di Venezia . Tutto cominciò nel 1895 quando il poeta Riccardo Selvatico e il critico Antonio Fradeletto misero su una prima kermesse che era molto accademica e oppositiva verso u movimenti artistici d’avanguardia.

Solamente nel 1924 comparirono le prime tele impressioniste e quelle di Picasso si videro più tardi nel 1948. Alla Biennale di Venezia ogni nazione gestisce uno stand con i prodotti migliori di arte e architettura contemporanea che hanno visto esplodere personaggi di spessore tra cui : Carlo Scarpa (Venezuela), Josef Hoffman (Austria), Bruno Giacometti (Svizzera) , Takamasa (Giappone), Belgioso, Pereseutti e Rogers (Canada), e Alvar Alto (Finlandia).

Harry’s Bar

E se avete ancora fiato concedetevi un piccolo grande lusso come un calice di Bellini (prosecco e polpa di pesca bianca) all’ Harry’s Bar in San Marco 1323 , dichiarato nel 2001 patrimonio nazionale dal Ministero dei Beni Culturali. Il rinomato bar insieme al cocktail rosa e al  carpaccio di carne cruda  sono delle  creature di Giuseppe Cipriani . L’imprenditore veneziano fece successo con questo piccolo cafè ricavato da una ex corderia vicino San Marco . L’investimento gli fu possibile grazie a un lascito dell’amico Harry Pickering che aiutò a rientrare in America .

A dirigere l’Harry’s Bar , meta di personaggi illustri, è il figlio Arrigo Cipriani . Ogni tanto gira tra i banchi di questa minuscola caffetteria e continua il suo antico mestiere di servire il cliente viziandolo. Se il padre aveva imparato a viaggiare stando fermo perché incontrava sempre forestieri, lui invece ha capito qual è il segreto del turismo di successo.  Lo spiega in uno dei suoi libri che è L’elogio dell’accoglienza . Ci insegna che L’italia da Nord a Sud deve impare a trattare bene i viaggiatori , senza sfruttarli !

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Sestiere Castello, Venezia come non l’avete mai vista !

In conclusione il  sestiere di Castello  riserva mille sorprese come la vicina Giudecca  , che è il sinuoso arcipelago che si snoda  lungo il Bacino di San Marco e il lungomare delle Zattere.. Qui da osservare ci sono la Basilica di San Giorgio Maggiore e l’elegante Hotel Cipriani .

Per non parlare dell’ isola di San Michele . Questo  è il cimitero per eccellenza di Venezia  . Cona la sua forma quadrata sta tra Cannaregio e Murano e fu fatto dall’architetto Mauro Codussi. Tra le personalità illustri che vi riposano ci sono:  il musicista Igor Stravinsky, i poeti Ezra Pound e Brodsky,  il matematico Doppler, e don Salvador de Iturbide (ex governatore del Messico).

Al   sestiere di Castello  niente è per caso . Aggirandovi nei suoi dintorni vi pervaderà una sensazione di pace infinita e di solitudine, che è momentanea . Perché appena vi siederete a un bacareto (trattoria veneziana) il carattere cosmolìta e irriverente di Venezia  salterà fuori da una improvvisa conversazione con perfetti sconosiuti. Che chissà se veneziano o meno non avraà problemi a invitarvi a bere una birra o un prosecco. E state sicuri che prima o poi li rivedrete!

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‘Venissa’  e  il vino a Venezia

‘Venissa’ e il vino a Venezia

“Perchè il sogno più vero è quello più distante dalla realtà. quello che vola via senza bisogno di vele, né di vento”. 

Hugo Pratt

 

‘Venissa’ , una cantina per degustare il vino dei Dogi

Ad Aprile ho avuto il piacere di visitare ‘Venissa’  , un wine resort che si trova a Fondamenta Santa Caterina 3 , Mazzorbo. Quest’ultima è una delle isole principali di Venezia insieme a  Torcello e Burano. ‘Venissa’  è la  cantina  gioiello della famiglia Bisol, storico nome del ‘Prosecco di Valdobbiadene’, alla cui nascita ha contribuito il genio di  Roberto Cipresso.

‘Venissa’   viene fuori dal  desiderio di Gianluca Bisol di riproporre il vino dei Dogi . Questo era  fatto con uno dei più antichi vitigni autoctoni della Laguna: la Dorona. Il suo nome vuol dire ‘uva d’oro’, perché era il nettare dei banchetti nobiliari, che oggi ritroviamo nelle etichette dei bianchi e dei rossi di ‘Venissa’ . Quest’utilma è un’ azienda vitivinicola ineguagliabile, di cui ho avuto un’anteprima  al ‘Vinitaly 2022’ attraverso Matteo Turato,  che ne è il wine ambassador .

Ancora una volta vi racconterò un’altra avventura di vino di Roberto Cipresso, winemaker di fama internazionale. Vi porterò alla scoperta di qualcosa che nessuno ancora sa: Venezia è anche vino! Non ci credete? Siete curiosi? Leggete allora questo post e capirete meglio di cosa sto parlando!

Venezia, non solo arte e gondole!

Venezia è una città unica al mondo, che tutti ci invidiano perché è costruita sul mare. E l’acqua stessa fu fonte di potere . Basta pensare a un’espansione coloniale che raggiunse il massimo del suo splendore tra il XIII e il XVI secolo. Un impero vastissimo sul Mediterraneo (specie nel versante orientale) che crollò con l’arrivo di Napoleone.

Nonostante la fase di declino, dal Settecento in poi Venezia fu  comunque al centro dell’attenzione Europea per la mondanità  ,  la libertà di cui i cittadini godevano, la ricchezza delle arti e il piacere di vivere.

Il passato di Venezia ha così segnato il suo stesso futuro, infatti a oggi il turismo rappresenta la principale fonte di economia. Migliaia di visitatori da ogni dove arrivano nella Serenissima per ammirarla in tutto il suo fascino. E il vino è un altro motivo che la rende ideale per  una destinazione turistica  da intenditori.

La storia del vino a Venezia

Ebbene sì, perché a Venezia , come in tutto il Veneto, c’è una tradizione vitivinicola che affonda le radici in un’era remota prima di Cristo.  E l’uva era una risorsa alimentare che garantiva sostentamento all’uomo. Per di più  in una superficie abitabile che al 92% era coperta di acqua. Pensate che nel Medioevo ‘Piazza San Marco’ era un orto, da cui il suo  appelativo in  dialetto ‘campo’ .

Ecco in basso una story line che ne riassume in breve le tappe fondamentali:

  1. Al VII secolo a.C. risalgono le prime testimonianze di produzione enologica a opera delle popolazioni Etrusco – Retiche;
  2. Nel Medioevo la vitivinicoltura veneta si sviluppò grazie ai lustri del commercio di Venezia. Questo favorì l’introduzione dei vini veneti in altri paesi, e di quelli di Grecia e Cipro in Italia. E ancora la diffusione della Malvasia nel Friuli Venezia Giulia e in Dalmazia;
  3. I vetrai di Murano contribuirono a fare apparire bottiglie e bicchieri in vetro soffiato. Oggetti  nuovi e ricercati per contenere il vino, rispetto a quelli precedenti più semplici in ceramica, peltro e argento;
  4. Dal XVI fino al XVIII secolo il vino veneto subì alti e bassi fino a scomparire,  e ciò per molti fattori. Tra questi il principio della fase di decadenza di Venezia. Ciò oscurò l’importanza dei vini della Grecia, e spostò i riflettori sui vini locali di Treviso, di Vicenza e della Valpolicella. Seguirono anche guerre, pestilenze e gelate;
  5. Nel XX secolo subentrarono le catastrofi dello oidio, peronospora e dalla fillossera che afflissero tutta l’Europa. Tuttavia, ci fu un grande segnale di rilancio con la fondazione della famosa ‘Scuola di Enologia di Conegliano’ e della ‘Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia’. Questi due istituti rilanciarono l’enologia Veneta verso la sfida degli anni ’90 e che al presente non mostra segni di cedimento. E il successo del Prosecco e dell’Amarone ne sono una conferma!

Dove si coltivava il vino a Venezia?

La vocazione vitivinicola di Venezia è testimoniata da alcuni toponimi come:

Un tesoro tramandato dalla coltivazione di uve locali da parte di monaci nei loro conventi, e da privati nei loro giardini. I principali posti in cui c’erano vecchi insediamenti di vigneti sono:

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Visita alla cantina ‘Venissa

Durante le feste di Pasqua  da ‘Fondamenta Nuove’  ho preso  il battello n 12, diretto a est di Venezia . Durante il tragitto mi sono goduta la vista su Venezia, che piano piano spariva all’orizzonte in tutto il suo fascino e mistero.

Dopo mezz’ora sono arrivata a  Mazzorbo. Appena sono scesa dal vaporetto mi ha colpito subito il silenzio e una fila di casette colorate. Dal X secolo  Mazzorbo  era un fiorente villaggio agricolo e anche di svago di patrizi veneziani.

Mazzorbo ha tanti spazi verdi nonostante le sue modeste dimensioni. Tra i suoi monumenti vi consiglio di fare un salto alla:

  • ‘Chiesa di Santa Cataerina’: Questo tempietto sacro è del VIII e poi nel XIII secolo fu annesso a un monastero  benedettino. Nel XIV venne ritoccata con influssi romanici e gotici, e le modifiche continuarono in seguito. Esternamente in cima al porticato d’ingresso svetta il campanile , che pare essere uno dei più vecchi della laguna (1328).

Mazzorbo  è un rifugio dal caos di Venezia  . Passeggiare nelle sue strette viuzze per raggiungere la vigna murata di ‘Venissa’  è qualcosa da fare almeno una volta nella vita! Anche perché , come avrete capito, a Mazzorbo si faceva e si fa vino!

Luca Carnevali racconta ‘Venissa’ !

Ho sempre solo sentito parlare di ‘Venissa’ da tanto!  E mi sono sempre domandata che effetto potesse fare starci almeno per qualche ora. Mi è accaduto e mi sono sentita davvero felice di trovarmi finalmente lì.

Giunta a  ‘Venissa’  mi ha aperto il cancello  Luca Carnevali , responsabile accoglienza. Questo brillante e giovane  sommelier di Padova mi ha accolto con un gran sorriso. Dopo essersi presentato, con un fare gentile Luca Carnevali mi ha fatto perlustrare la piccola tenuta, facendomi sentire come a casa.

Mentre stavamo camminando fra i filari del vigneto sono rimasta stregata dalla bellezza di una natura rigogliosa. A distrarmi da quell’incanto le parole di Luca Carnevali . L’ ho ascoltato attentamente mentre mi stava spiegando con molta semplicità e professionalità quando nasce e cosa è esattamente ‘Venissa’ .

Storia della cantina ‘Venissa’

‘Venissa’  è circondata da delle mura di origine Medievale, che custodiscono le uve di Dorona , un frutteto e i lussuosi spazi per l’accoglienza degli ospiti. Nel bel mezzo di questa oasi  svetta l’imponente torre diSan Michele Arcangelo’ del XIII secolo. Questo è il campanile di una chiesa che era precedentemente annessa a un convento di monaci cistercensi (e poi benedettini).

Questo terreno era prima di proprietà della famiglia Scarpa Volo, che battezza la sala degustazione di ‘Venissa’  . Gli Scarpa Volo dei primi vigneron che gestirono questo immenso bene fino all’inondazione del 1966, che a Venezia  rase al suolo tutti i vigneti allora esistenti. Nel 1990 l’area passò in mano al comune del capoluogo.

Intanto nel 2001 Gianluca Bisol scorse per caso una vecchia vigna in una dimora privata di fronte la ‘Cattedrale di Santa Maria Assunta’ . Se ne fece inviare qualche cassetta per esaminarla. E fu una gran sorpresa. Perché si rese conto non solo che le vigne erano sempre esistite nelle isole, ma che le 80 varietà che aveva trovato erano le ultime di un vitigno autoctono veneziano: la  Dorona!

Per tagliare un diamante ci vogliono grandi maestri!

Da quel momento in poi il progetto di recupero della  Dorona assorbì i Bisol.  Seguirono anni di ricerche, cura e la competenza tecnica di due mostri dell’enologia: Desiderio Bisol Roberto Cipresso.

Nel 2007 si acquistarono i lotti di quella zona abbandonata e se ne affidò la riqualifica allo studio di Zanon Architetti Associati’ . Un’operazione magistrale che fu in grado di portare a nuova luce i vecchi edifici e la vigna murata all’interno della quale si ripiantò la  Dorona. Ed ecco che gradualmente ‘Venissa’  prese forma fino a diventare quello che è oggi: una splendida struttura ricettiva, un centro di formazione, educazione e ricerca agro-ambientale

Cosa è  ‘Venissa’ ? Vino, arte, natura e 10 esperienze

‘Venissa’ ,  è un wine resort di 8 ettari , composto  da 5 appartamenti (doppia con colazione da € 160)  più 13 camere di ‘Casa Burano’ (a partire da € 150) sull’isolotto omonimo distante 10 minuti e collegato da un ponte in legno , che è detto ‘Ponte Longo’.

Si possono fare diverse esperienze a ‘Venissa’ :

  1. Giro in cantina ( aperto al pubblico anche solo per curiosare) e la degustazione ( a partire da € 20 euro) dei vini ‘Venissa’  ;
  2. Workshop sulla lavorazione del merletto: Entrerete nel caratteristico atelier di Martina Vidal, dove potrete anche seguire una lezione di merletto;
  3. Corso di Yoga : Relax tra panorami mozzafiato e di gran pace;
  4. Tour delle isole: Un’escursione che vi farà avere un’idea generale della bellezza di questi luoghi;
  5. Pescaturismo: A bordo di piccoli battelli assisterete alla tecnica della pesca delle ‘moeche’, i piccoli granchi alla base delle prelibatezza della cucina veneta;
  6. Visita a una famiglia di ‘battiloro’ : Gli artigiani che lavorano a mano le etichette di foglie d’oro delle bottiglie di ‘Venissa’ ;
  7. Verso il mare Cà Savio: Questa è una delle spiagge più belle di Cavallino Treporti, ideale per ripararsi dal caldo estivo all’ombra delle sue pinete;
  8. Kayak a Burano: Fare sport mentre si ammira l’adiacente borgo incantato di Burano non ha prezzo;
  9. Gita a ‘San Francesco del Deserto’ : Una località misteriosa, che ospita un convento di frati francescani del 1230 circa. È circondata da barene ed è avvolta lungo il suo perimetro da cipressi e pini marittimi;
  10. ‘Sant’ Erasmo’ in bici: Su due ruote per perdersi in uno degli angoli più verdi della laguna, immersi tra i campi delle rinomate ‘castraure’, i minuscoli carciofi amarognoli e violacei tipici di qui;

‘Venissa’ il ristorante e l’osteria

‘Venissa’   vanta anche due eccellenze della ristorazione Italiana:

  1. ‘Ristorante Venissa’ : Un locale raffinato che ha preso 1 stella Michelin per la cucina sostenibile (pacchetto pranzo e passaggio in barca da € 175). Ci sono dieci tavoli in cui Francesco Brutto e Chiara Pavan interpretano il meglio della cucina veneta in versione gourmet. Come per esempio il pesce della laguna, le verdure a km zero, e le erbe spontanee raccolte dagli chef nel giardino adiacente in cui c’è un orto e un frutteto;
  2. ‘Osteria Contemporanea’: Un posto meno esigente del primo, con una scelta di piatti che rimanda a ricette più popolane. Tra queste figurano gli immancabili ‘cicchetti’, una sorta di finger food appetitoso che spazia dalle ‘sarde in saor e cipolle’ (questo è il più consumato!) , alle polpette di carne, o di peperoni e piselli.

La Dorona , l’oro giallo di Venezia

La Dorona è un’ eredità delle meraviglie di  Venezia. Era definita l’uva d’oro, perché si dice fosse quella dei Dogi durante i loro banchetti nobiliari. I  Bisol la ripropongono per rievocare quella forte identità territoriale che ha reso gloriosa Venezia.

Nonostante la  Dorona  sia un vitigno povero e non  carico di aromaticità, una volta riscoperto si è riadattato a questa area salmastra . E da questo ‘terroir’ che mette in difficoltà la vite, si generano quelle condizioni che danno la possibilità al vino di tirare fuori un carattere di forte spessore.

Ed ecco che la Dorona sprigiona caratteristiche uniche quali:

  • Perfetta adattabilità al sale e alle periodiche inondazioni;
  • Resistenza alla botrite. L’umidità viene combattuta durante l’anno con l’uso della poltiglia bordolese (10% per ogni litro);
  • Capacità di mantenere un’ottima acidità anche a temperature elevate.

‘Venissa’, un ‘terroir’ difficile, una qualità di vino irripetibile

A ‘Venissa’   c’è un solo vigneto di un ettaro di  Dorona da cui si producono i bianchi  (vinificati a Baone , Padova) . Questi hanno in comune la macerazione, che ne è il carattere distintivo, poiché  li rende strutturati come dei rossi!

La macerazione dei bianchi in questo fazzoletto di terra è una vecchia tecnica. Questa  è stata ripresa ancora oggi non solo per il rispetto della tradizione, ma perché non si potrebbe fare altrimenti da queste parti!

Infatti non essendo possibile scavare in profondità nella laguna, mancano cavità ben refrigerate dove conservare i vini. Per cui ai primi caldi estivi l’uva a contatto con il sole si macera!

A ‘Venissa’    genera appena 10 000 bottiglie all’anno ,  tra cui anche rossi. Questi ultimi provengono da ettari ettari di Merlot , Carmènere , e Cabernet in località ‘Santa Cristina’,  proprietà del gruppo ‘Swaroski’.

Perché i vini di ‘Venissa’ sono speciali?

A ‘Venissa’  i suoli sono sabbiosi, con limo e argilla. Le radici fanno fatica a scendere giù ,  si strozzano, per cui crescono in orizzontale Questo determina poca resa e alta qualità, cioè dei prodotti eccezionali, oltre che biologici .

Pur non essendo ancora certificati i vini di ‘Venissa’  sono green, su cui si cerca di intervenire il meno possibile (si ricorre a rame e zolfo laddove è necessario). Ciò è in linea con la filosofia aziendale che ha un approccio olistico, con un occhio attento alla tutela della flora e della fauna autoctona.

 Dorona prospera spontanea nel suo habitat naturale, in una completa simbiosi con la biodiversità lagunare. Ecco perché i vini di ‘Venissa’  sono delle rarità enoiche pluripremiati, che chiaramente hanno carpito l’attenzione di grandi appassionati ed esperti di vino, nonché della stampa specializzata di settore.

Degustazione di 2 Bianchi di ‘Venissa’ 

Ho avuto la fortuna di degustare con Luca Carnevali  due bianchi fuoriclasse della cantina  ‘Venissa’ , mi riferisco a  ‘Venusa 2018’    e   ‘Venissa 2016’Anche se entrambi sono fatti  Dorona in purezza, differiscono per:

Ovviamente è palese che abbiamo a che fare con due vini concepiti per soddisfare esigenze completamente diverse: ‘Venusa 2018’ è tanto leggero da pasteggiarci in compagnia . Invece ‘Venissa 2016’  è un vino da meditazione, che non scorderai mai!

Senza dubbio, l’obiettivo di ‘Venissa’  è quello di sfruttare al massimo la Dorona per potere offrire prodotti inediti che sono portavoce di una identità territoriale specifica, quella del Veneto. Proprio perché si vuole che tutti possano assaporare queste eccellenze , si tende a variare l’offerta  per il pubblico. Ma vediamo nel dettaglio qualche nota di gusto!

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‘Venusa 2018’

‘Venusa 2018’: Un bianco di ultima generazione, non troppo impegnativo, che si distingue per la piacevolezza di beva. Il suo colore è un giallo paglierino, ed emana sentori più leggere e floreali, oltre a frutta come pesca, mela cotogna ed erbe di campo. In bocca il vino risulta etereo, minerale, denotando un’ acidità piacevole.

Scheda Tecnica 

  • Area di Produzione: Venezia, Isola di Mazzorbo;
  • Varietà: 100%  Dorona di Venezia;
  • Superficie vigneto: 0,8 ha;
  • Esposizione: Est-ovest, pianeggiante;
  • Altimetria: Variabile da 1 m a -1 m s.l.m. ;
  • Tipo di suolo: Lagunare, limoso-sabbioso;
  • Sistema di allevamento: Guyot;
  • Densità di piante per ha: 4000;
  • Produzione per pianta: 1,5 kg;
  • Raccolta delle uve: Inizio di settembre;
  • Fermentazione: Acciaio;
  • Temperatura di fermentazione: 16/17 C;
  • Durata della macerazione: 7 giorni;
  • Gradazione alcolica: 12,5%;
  • Affinamento: 24 mesi in cemento.

 

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‘Venissa 2016’

‘Venissa 2016’  è  stata un’annata particolarmente proficua: il numero di bottiglie arriva a 4000 pezzi. Di colore dorato intenso, il naso esibisce aromi di fiori gialli, miele e agrumi. Alla bocca si presenta pieno,  fresco, con una texture vellutata. Il suo finale è secco, sapido e persistente. ‘Venissa 2016’ è un grande bianco da collezione, adatto ad invecchiare. Singolare la sua etichetta , che è una foglia d’oro laminato. L’applicazione è stata eseguita a mano e poi l’ampolla preziosa messa a ricottura nei forni delle vetrerie di Murano. Un capolavoro pensato da Giovanni Moretti, un grande artista del vetro di Murano, e realizzato dal laboratorio  artigianaleMario Berta Battiloro’.

Scheda tecnica

  • Area di Produzione: Venezia, Isola di Mazzorbo;
  • Vitigni: 100%  Dorona di Venezia;
  • Esposizione del vigneto: Est-ovest, pianeggiante;
  • Altimetria del vigneto: Variabile da 1 m a -0,10  m s.l.m. ;
  • Tipo di Suolo: lagunare, limoso-sabbioso, ricco di sostanza organica;
  • Sistema di allevamento: Guyot;
  • Densità di piante per Ha: 4000;
  • Produzione per pianta: 1,10 Kg;
  • Epoca di raccolta delle uve: ;
  • Fermentazione: Acciaio;
  • Temperatura di fermentazione: 16°/17°-,
  • Durata del processo di macerazione: 30 giorni;
  • Operazioni durante la macerazione: Follature manuali;
  • Affinamento: 48 mesi in contenitori inerti;
  • Gradazione alcolica: 13 %Vol.

 ‘Venissa’ , il lato sconosciuto e divino di Venezia!

Senza dubbio la mia tappa a  ‘Venissa’ è stata un momento  indimenticabile che mi ha regalato una Venezia  inedita grazie a un vino d’autore. Un viaggio nel tempo che mi ha fatto innamorare di questo angolo di paradiso, che vi consiglio di mettere in lista per le vostre future vacanze.

‘Venissa’  è una testimonianza di quanto il vino sia in assoluto un patrimonio culturale dell’uomo. Quella dei  Bisol non è stata una mossa commerciale per fare di un vino un privilegio per pochi, ma il risultato dell’amore per il loro territorio, che vogliono elevare e valorizzare con i calici dei loro raffinati elisir! Un esempio per fare un turismo sostenibile e non di massa, di quello che rilancia e non sotterra l’Italia.

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Roberto Cipresso al  ‘Vinitaly 2022’

Roberto Cipresso al ‘Vinitaly 2022’

Non fidatevi di una persona che non ama il vino’

Karl Marx

Roberto Cipresso al ‘Vinitaly 2022’  

‘La Cantina di Roberto Cipresso’   ha partecipato al ‘Vinitaly 2022’  di Verona, la  grande rassegna internazionale sul vino che tutti stavamo aspettando. Dal 10 al 13 Aprile anche  Roberto Cipresso, winemaker di fama  internazionale, ha condiviso il sogno della ripartenza enoica dopo due anni di pandemia.

 La 54° edizione del  ‘Vinitaly 2022’   ha registrato la presenza di circa 4000 produttori di vino nazionale. Il format del ‘Vinitaly 2022’ ha rispecchiato quello del passato, a cui  si sono aggiunti degli spazi inediti che hanno visto protagonisti:

  • ‘Vinitaly Bio’ : Qui si sono assaggiati vini green certificati nazionali e internazionali;
  • ‘Micro Mega Wines’ , ‘Micro Size’, ‘Mega Quality’ : Qui si sono riunite tutte le cantine Italiane di nicchia con vini di altissima qualità . Tutti reperibili ovviamente in piccole quantità d’autore;
  • ‘Enolitech’ : Qui si sono affrontate tutte le tematiche relative alla  tecnologica applicata alla vitivinicoltura, olivicoltura e beverage;
  • Vinitaly Design’ :  Questo è stato un salone indirizzato a tutte le nuove mode in merito  agli accessori  per ristorazione e sommellerie ;
  • ‘International Wine Hall’ : Qui si sono degustati vini e distillati provenienti da ogni parte del pianeta;
  • Clicca qu per maggiori approfondimenti i sulle news del ‘Vinitaly 2022’.

E fra le punte di eccellenza vitivinicola del nostro Bel Paese non poteva certo mancare  ‘La Cantina di Roberto Cipresso’   . L’eclettico enologo ha presentato il suo Brunello di Montalcino, l’oro rosso di Toscana e altre novità. Siete curiosi? Seguitemi per capire di cosa sto parlando!

3 Novità di Roberto Cipresso al ‘Vinitaly 2022’

Roberto Cipresso non  finirà mai di stupirci . Perché propone sempre qualcosa di rivoluzionario. Come i suoi vini, che brevetta di continuo con dei blend mai azzardati , per regalarci qualcosa fuori dal comune!

Non finirò mai di ringraziare Roberto Cipresso per avermi accolto nel suo  straordinario staff  insieme a Ilaria Lorini, responsabile hospitality e comunicazione, e Andrea Rocchi, direttore commerciale. Grazie a tutti loro ho avuto modo di vivere il ‘Vinitaly 2022’  da dietro le le quinte . Per me è stata sicuramente un’esperienza che rifarei mille volte ancora.

Lo stand n. 9 del padiglione B12 Toscana di Roberto Cipresso al  ‘Vinitaly 2022’ è stato un vero e proprio laboratorio di vino e di idee  che ha visto i riflettori puntati su:

  1. 7 Aziende vitivinicole seguite da Roberto Cipresso ‘I Garagisti di Sorgono’   (Sardegna), ‘Cantina Ribote’ (Piemonte), MaremmAlta’ (Maremma), ‘Cantina Corte Capitelli’  (Veneto), ‘Tenuta Donna Madia’ , (Puglia),  ‘Centimetro Zero’ (Marche); ‘Bodega Santa Caterina’ , Maiorca;
  2. ‘Mosaico per Procida 2022’ : Questo blend di 26 vitigni campani è la grand cuvée celebrativa creata da Roberto Cipresso in onore di Procida, eletta capitale della cultura 2022. Un progetto enoico di successo lanciato dal giornalista e sommelier   Gaetano Cataldo insieme all’ Ass. Cult. ‘Identità Mediterranea’ di cui è presidente;
  3. Un vino per la pace in Ucraina : Questa  è un’ anticipazione di un altro capolavoro firmato Roberto Cipresso.  Quello cioè di realizzare  per la pace in Ucraina un un vino fatto dal suo vitigno autoctono, cioè l ‘Odessa black’.  Così la vite  diventa simbolo di speranza per la fine della guerra con la Russia. E per questo progetto è prevista la collaborazione di sei professionisti di fama mondiale.

Adesso vediamo  nel dettaglio cosa è successo al ‘Vinitaly 2022’  con  Roberto Cipresso ! Questo post è dedicato a chi non ha potuto partecipare a questa tanto attesa kermesse sul vino che ha fatto di nuovo sognare.  E che si è svolta davvero  nel totale rispetto delle regole per la salute pubblica.

‘Vinitaly 2022’ si parte da Roberto Cipresso!

La mia seconda volta al ‘Vinitaly 2022’ è stata davvero un momento indimenticabile. Sapete perché ? Perché dopo il disastro del Covid19 ho ritrovato la gioia del contatto umano, la fiducia nel futuro. E ancora perché dopo cinque anni di collaborazione con  Roberto Cipresso come blogger delle sue avventure di vino,  finalmente  sono entrata a far parte per qualche giorno del suo ‘team diffuso’ .

Carta e penna alla mano, ho annotato tutto quello che potevo al ‘Vinitaly 2022’  per testimoniare  il lavoro di Roberto Cipresso e  di tutti i suoi preziosi collaboratori, che ormai sento di poterli considerare amici.

‘Vinitaly 2022’ e Roberto Cipresso. L’Italia e il vino, una fonte naturale di energia!

Per il resto, devo dire che ‘Vinitaly 2022’ è sempre da considerarsi una grande vetrina e una piazza importante per chi appartiene nel campo  del vino! Soprattutto per le P(iccole)M(edie)I(mprese), che rappresentano la vera anima del made in Italy nel mondo in tutte le sue manifestazioni!

Dal 1967, anno della sua nascita, a oggi infatti il  ‘Vinitaly’   ha segnato l’evoluzione del sistema vitivinicolo nazionale ed internazionale. Questo perché ha contribuito a fare del vino una delle più coinvolgenti e dinamiche realtà del settore primario.

In generale dalle interviste fatte al ‘Vinitaly 2022’, risulta che c’è  un enorme interesse da parte di potenziali acquirenti oltre confine. Ciò dimostra che la fiera del ‘Vinitaly’   ha un ruolo vitale  importante per quello che concerne la filiera del vino, che è una delle risorse fondamentali dell’economia del nostro stivale.

Ed ecco i numeri del ‘Vinitaly 2022!

Leggiamo insieme  alcuni interessanti statistiche  ‘Vinitaly 2022’ :

  • In fiera erano presenti ben 88.000 operatori, e il 28% di questi erano stranieri (25.000) provenienti da 139 paesi. Un segnale di rinascita economica.  Se si tiene conto della contrazione di 5000 arrivi di buyer  da Cina e Russia  a causa delle limitazioni pandemiche;
  • Sul fronte delle presenze estere, la leadership appartiene in ordine di importanza a: USA, Germania, Regno Unito, Canada, Francia. Seguono Svizzera, Belgio, Olanda, Repubblica Ceca e Danimarca.  In ambito extraeuropeo si segnalano come emergenti: Singapore, Corea del Sud, Vietnam, India e Africa;
  • Percentuali di ripresa più dettagliate possono essere visualizzate in questo link della ‘ASNALI’ (‘Ass. Naz. Aut. Liberi Imprenditori’).

Il ‘Vinitaly 2022’  non ha quindi deluso  le aspettative di nessuno, ed è stato tutt’altro che scontato. Il vino ha combattuto contro il virus e ha vinto! Uno dei vantaggi delle regole governative applicate per motivi di sicurezza è stato quello di limitare l’accesso al ‘Vinitaly 2022’ a un solo pubblico di addetti ai lavori. E in defintiva le agende degli interessati si sono riempite di appuntamenti interessanti. Sia per ciò che concerne il trade che la stampa specializzata!

‘Vinitaly 2022’ il vino secondo  Roberto Cipresso! 

La filosofia aziendale di Roberto Cipresso nel  fare vino è quella di andare oltre le regole! Testa e cuore, scienza e intuizione per creare dei blend inediti. Nettari pregiati che sono il risultato del connubio dei vitigni più rappresentativi della viticultura globale.  Quelli cioè che si snodano lungo un filo immaginario posto sul 43° Parallelo Nord, che va dalla Georgia al Nuovo Mondo.

Roberto Cipresso  ha un modus operandi in fatto di vino che sorprende sempre più , e conquista! La sua è la  ricerca continua di un vino che possa avvicinarsi alla perfezione. E in questo senso sono i suoli della Toscana, dell’Umbria e delle Marche che garantiscono la realizzazione del suo sogno. Perché queste sono le regioni che in Italia sono attraversate dal 43° Parallelo Nord.  Quelle cioè delle migliori uve esistenti: Verdicchio, Sangiovese, Montepulciano, Vermentino e Sagrantino.

7 Cantine gioiello  firmate Roberto Cipresso!

La rivoluzione attuata in fatto di vino di Roberto Cipresso  non conosce  sosta, e sicuramente la sperimentazione sta alla base della sua arte di fare vino. Non a caso l’angolo divino di Roberto Cipresso al ‘Vinitaly 2022’  è un melting pot delle migliori imprese vitivinicole italiane e sue partner . E  stanno facendo rumore. Ma chi sono queste 7 magnifiche cantine? Date un’occhiata in basso!

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1. ‘I Garagisti di Sorgono’, Sardegna

Pietro UrasRenzo Manca, Simone Murru sono tre giovani imprenditori della provincia di Nuoro . Dal 2015 sono sul mercato con la loro cantina chiamata I Garagisti di Sorgono’  . Il loro nome non è casuale . Perché i tre amici fanno  ‘vin da garage’, ovvero  micro produzioni amatoriali di vino, quello della Mandrolisai DOC  .

Secondo disciplinare, i vini della Mandrolisai DOC rientrano nei comuni di OrtueriAtzaraSorgonoTonaraDesulo, e Samugheo. Essi  sono il risultato dell’ uvaggio in diversa percentuale dei tre principali vitigni sardi:

‘I Garagisti di Sorgono’  stanno portando un’ondata di rinnovamento nei vini della Mandrolisai DOC‘ . Rispetto al passato infatti questi audaci vigneron della Sardegna centrale , non danno più vita ad un miscela casuale dei vitigni. Studiano invece  tutto in modo più approfondito , concentrandosi sui tempi di maturazione dell’uva.  Ciò  conferisce al vino particolari note e sfumature.

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2. ‘Cantina Ribote’, Piemonte

La ‘Cantina Ribote è attiva dal 1980. Da cinque generazioni sono il simbolo dell’eccellenza dei vini delle Langhe, un fazzoletto di terra prevalentemente collinare del basso Piemonte . Questo  paradiso tutto italiano è compreso tra la provincia di Cuneo e quella di Asti  . Le Langhe Sono suddivise in Alta Langa’ (fino a 896 m.) e Bassa Langa’ (con quote genericamente inferiori ai 600 m.).

Nei loro 35 ettari di terreni a Dogliani (CN) la famiglia Porro   coltiva il Dolcetto , vitigno autoctono generoso e versatile. Dal 2005 lavoranoc piante di  Dolcetto che hanno un’ età tra i 10 e i 95 anni, e lo vinificano prevalentemente in purezza. Le versioni più rappresentative sono:   ‘Dogliani’  , Dogliani DOCG, e ‘Dogliani superiore’.

I  ‘Vini Ribote’   sono biologici e di alto livello, su cui si interviene solo laddove è estremamente necessario. L’esclusione di sostanze chimiche, di diserbanti e insetticidi fino ad arrivare all’imbottigliamento, garantiscono vini che tutelano la salute del consumatore.

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3. ‘MaremmAlta’, Toscana

MaremmAlta’  è la cantina di Stefano Rizzi che ci porta con i suoi vini  a Gavoranno , un piccolo paesino vicino Grosseto . Siamo esattamente in  Maremma, la zona  più selvaggia  e meno  conosciuta della Toscana , che  si estende per  5000 km2   da Livorno fino a Civitavecchia.

Vent’anni fa Stefano Rizzi vendeva il vino in qualità di   vicepresidente della Winebow’ (gruppo strategico per l’export del vino italiano negli U.S.A.  fondato nel 1980 da Leonardo Lo Cascio).Oggi lo fa ed egregiamente. 

Da allora il poliedrico imprenditore romano si dedica alla sua splendida  azienda agricola  immersa in  16 ettari di rigogliosa e fertile campagna toscana. Qui coltiva Ciliegiolo, Syrah , SangioveseCabernet Sauvignon, Vermentino, e Viognier . E ne vengono fuori vini straordinari  per lo più lavorati in purezza.

4. ‘Cantina Corte Capitelli’, Veneto

‘Cantina Corte Capitelli’  è un business giovane . Ci troviamo  a  Montebello Vicentino (Vicenza). Questa è una provincia  ad alta vocazione vitivinicola.  Il cammino di queste coppia di ragazzi  innamorati brillanti e capaci è appena iniziato! Il loro desiderio è quello di trarre il meglio dalla Garganega, vitigno a bacca bianca tipico delle colline vicentine. Da esso  confezionano le loro principali bottiglie.

I  filari della ‘Cantina Corte Capitelli’ sono prevalentemente disseminati in località ‘Conca D’Oro’ . Questo è un ampio anfiteatro naturale incastonato nelle Prealpi vicentine. Si tratta di una suggestiva dimora custode di un  ‘terroir’ introvabile altrove. Le particolari caratteristiche di questo ambiente pedoclimatico sono una felice esposizione a sud-est  e la natura vulcanica dei suoli

In particolare vi suggerisco di ordinare il loro ‘Diradorosè’. Questo è un rosato di Syrah e Tai , che colpisce perchè riesce a essere delicato al primo assaggio, ma anche deciso nella sua elegante persistenza. Sicuranente è un vino ricercato , di cui ricordo la vivace freschezza e mineralità. 

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5. ‘Centimetro Zero’, Marche

I ‘Vini cm 0’ sono circa 600 etichette realizzate da Roberto Cipresso e dai ragazzi con disabilità intellettive del ristorante sociale  ‘Centimetro Zero’ ,  a Pagliare (Spinetoli),  Ascoli Piceno. Con  il supporto e la supervisione di Roberta D’Emidio, responsabile della locanda del terzo settore, il guru del vino dimostra ancora una volta che il vino è motivo di crescita,  solidarietà e speranza.

Roberto Cipresso e Roberta D’Emidio sono due grandi personalità che hanno messo al servizio il loro sapere e sapere fare al servizio di chi è stato meno fortunato. E nonostante tutto sorride e va avanti! Un qualcosa di così speciale che anche il presidente della Repubblica Mattarella ha riconosciuto pubblicamente l’alto valore di questo modello di convivenza civile e solidale.

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6. ‘Tenuta Donna Madia’, Puglia

‘Tenuta Donna Madia’  è il desiderio del medico  Bartolomeo Lofano di avviare la sua cantina per continuare  una vecchia attività di  famiglia. Con il prezioso aiuto di Roberto Cipresso la cantina è  un cantiere in divenire nella  soleggiata Contrada Petrarolo’ in Puglia . Un luogo speciale pieno di  filari di Fiano, Primitivo e Sangiovese e alberi di olivo, protetti dagli antichi muri a secco.

A 200 m di altezza  della contrada il Mare Adriatico influisce sul vigore  delle tre uve  della tenuta, da cui scaturiscono queste due formidabili etichette:

  • ‘Donna Madia 2019’: Un rosso esplosivo di 25%  Primitivo e 75%  Sangiovese. La vigna è coltivata  ad un’altitudine di 195 m s.l.m. nell’entroterra del territorio di Monopoli. Il colore è rosso rubino,  al naso regala sensazioni di ciliegia e confettura di fichi, e note che ricordano il cuoio e il tabacco. Al palato entra lentamente e poi si accende con un gusto  pieno e definito. Il gusto, coerente con l’olfatto, porta sensazioni retronasali di frutta matura. Ha una buona definizione e una buona persistenza;
  • ‘Fiano Minutolo 2020’: Un bianco da Fiano  in purezza. Un vino da pasteggio dal colore è giallo con riflessi finemente verdognoli, al naso ricorda subito la pesca bianca , fiori secchi e zafferano.  Al palato è suadente con note vibrate di mela gialla e miele. Chiude con una buona acidità che imprime una buona persistenza e pulizia.

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7. ‘Bodega Santa Caterina’, Maiorca

‘Bodega Santa Caterina’ è un cantina fondata nel 1984 da Stellan Lundqvist. Questi fu un viticoltore svedese che si innamorò di Maiorca, e vi pianto per primo le varietà nobili di Francia:  Merlot, Cabernet Sauvignon, Chardonnay e Syrah.

Nel 2002 , dopo una serie di vicissitudini e problematiche personali , l’azienda cessò la sua attività produttiva . Questa poi  nel 2014  riprese grazie all’impegno dei figli di Stellan Lundqvist.  Da allora in poi  ‘Bodega Santa Caterina’   è attiva nel consolidare uno standard elevato dei loro vini, dei quali vi descrivo le etichette più interessanti: 

  • Inguany 2020′: Un rosso dall’anima latina che prende il nome da ‘inguany’ che in Catalano significa ‘carpe diem’. E come non cogliere al volo l’occasione di bere questo vino fatto da Calette (Cannonau) e Mandò (Alicante). Il colore è rosso porpora, con riflessi violacei. Al naso è complesso, con aromi di frutta nera , pepe, caffè e  caramello e tostato. Il suo finale è elegante, rotondo e lungo, con  un retrogusto e di pane tostato .
  • ‘Bianco Mallorca 2021’ : Un bianco fatto di Viognier , Girò Ros e Prensal che piace a tutti, quasi un vino universale, che tira secco come uno champagne. Il colore è giallo paglierino. Al naso è fresco, molto espressivo con aromi di  mela ,  pera e ananas . Un vino bianco soave , con una buona un’acidità integrata, e  un retrogusto  vaniglia.

‘Vinitaly 2022’ alla scoperta di Verona 

 Il Vinitaly 2022’  è stato anche un modo per me di visitare ancora una volta  Verona. La città di ‘Romeo e Giulietta’ attira  migliaia di innamorati. Amanti di ogni colore e razza che si  recano sotto al famoso balcone celebrato da Shakespeare per rendere omaggio a una delle storie d’amore di tutti i secoli. Senza dubbio Verona offre tante altre attrattive per i viaggiatori più curiosi, come quelle proposte in basso.

Muovendomi  dalla famosissima Piazza Bra’, ho ammirato l’ ‘Arena’ e altri importanti palazzi storici. Proseguendo  poi verso Piazza delle Erbe’, ho avuto modo di scoprire tutto il fascino del centro storico, racchiuso nella splendida ‘Torre del Lamberti’ e da altri edifici caratteristici di epoca romana. Altre tappe irrinunciabili sono state:

Il Veneto, una terra da esplorare

Il Veneto non è solo  una  delle tre regioni più produttive dell’Italia insieme a Piemonte e Lombardia. Migliaia di visitatori ci mettono piede per tanti buoni motivi che  vi elenco in breve:

Non siete ancora convinti di prenotare in Veneto  per le vostre prossime vacanze? Non aspettate di essere al Vinitaly 2022’  per regalarvi un soggiorno pieno di sorprese e paesaggi mozzafiato. Ve lo garantisco!

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Dal ‘Vinitaly 2022’ e dal team di Roberto Cipresso : buona vita!

Che dire! Il vino mi fa viaggiare e mi trasporta in luoghi  nuovi, ed è un mezzo attraverso cui apprendi un sapere nuovo, e apprezzi le molteplici sfumature dell’arte. Il vino è dunque cultura quando viene prodotto, e anche quando viene consumato. Perché  si sceglie non solo in base a criteri pratici , ma anche alle emozioni che ci regala. Questo è quello che Roberto Cipresso  ha professato al Vinitaly 2022’ , che è poi il file rouge del suo pensiero in fatto di vino.

In conclusione, il  Vinitaly 2022’  per me è stato un bilancio più che positivo. E ha anche dimostrato che il vino italiano resta la prima voce dell’export agroalimentare con un fatturato in constante crescita . Un successo non scontato in un mercato mondiale in continua evoluzione, sempre più affollato e competitivo.

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Ca Avignone, cantina dei Colli Euganei

Ca Avignone, cantina dei Colli Euganei

Cominciano agli ultimi di giugno, nelle splendide
mattinate; cominciano ad accordare in lirica
monotonia le voci argute e squillanti.
Prima una, due, tre, quattro, da altrettanti alberi;
poi dieci, venti, cento, mille, non si sa di dove,
pazze di sole; poi tutto un gran coro che aumenta
d’intonazione e di intensità col calore e col luglio, e
canta, canta, canta, sui capi, d’attorno, ai piedi
dei mietitori.
Finisce la mietitura, ma non il coro.

G. Carducci

‘Cà Avignone’, cantina dei Colli Euganei

Un freddo fine settimana di un Dicembre del 2020 mi ritrovo alla stazione di Monselice, nei Colli Eugane.  Si tratta una pittoresca cittadina vicino Padova, nel Veneto. Mi allontano dai binari per cercare l’uscita dove mi attende Nicola Ercolino, che insieme alla moglie Antonella La Sala  , è responsabile della cantina ‘Ca Avignone’, presso cui trascorro  tutto il weekend.

‘Ca Avignone’, fiorisce otto anni fa grazie al prezioso sodalizio con Roberto Cipresso, enologo di fama internazionale a Montalcino, con cui ho iniziato l’avventura del mio wine reporting alla scoperta delle più pregiate ed interessanti aziende vinicole con cui collabora. Un viaggio anche questo che mi porta in un posto straordinario e mai visto prima, che mi dimostra ancora una volta, che un vino racconta un territorio e molto di più.

Covid 19, non ci fermerai!

È quasi l’imbrunire. Tutto intorno è deserto per le disposizioni contro il  Covid 19, un virus che senza nessun preavviso ha sconvolto le nostre vite e  il pianeta intero con  tutte le terribili  conseguenze per la salute, l’economia, la socialità e la lista sarebbe interminabile.

Il sangue però scorre ancora nelle vene e il mio auspicio è quello che tutti possano avere la possibilità e la forza di reagire, di considerare i propri comportamenti e modificarli in modo più efficace rispetto alle difficoltà innescate da questo morbo. Bisognerebbe assumere un atteggiamento positivo volto alla soluzione di un problema, piuttosto che all’autodistruzione nel dolore, che se momentaneo è umano e in qualche modo addirittura consolante, ma alla lunga risulta essere inutile e frustrante.

Parafrasando  Goethe, vale davvero la pena “vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo”! Questa mia spedizione è diversa dalle altre, è catartica, introspettiva, è un tentativo per non spegnere del tutto il fuoco che hai dentro. E per alimentare questa fiammella che scalda, mi godo tutto, ogni istante, pure il silenzio rumoroso, manifesto di come tutto ciò che prima era normale adesso è un miraggio.

Ca Avignone, cantina dei Colli Euganei

Stazione di Monselice, Veneto

Un po’ smarrita tra lo scroscio della pioggia e gli ultimi sbuffi dei treni che si arrestano al capolinea, mi guardo intorno, e la vista di una rocca mi lascia attonita con quel fascio di luci rosse che la avvolge  quasi a proteggerla. Una targhetta di fianco a una fontana mi informa che  in cima lassù si erge il ‘Castello Cini’, un complesso di  quattro nuclei principali (l’XI – XVI secolo) con annessa la massiccia torre fatta da Ezzelino III da Romano su ordine dell’imperatore Federico II di Svevia.

L’ Italia! Non inizi neppure il cammino che già ti stupisce e ti lascia senza parole. Intanto mi avvicino al parcheggio, dove incontro Nicola  che mi viene a prendere in auto e mi accoglie con un sorriso smagliante che colora un po’ il grigiore di quel venerdì uggioso.

Petrarca Holiday House’, alloggio esclusivo nel ‘Parco dei Colli Eugeani’

Rotto il ghiaccio dei primi convenevoli, Nicola  mi mette subito a mio agio e mi accenna un po’ di sé e della sua famiglia durante il tragitto verso Petrarca Holiday House’, il mio alloggio esclusivo di fronte i colli bolognesi. Nicola e Antonella sono una coppia d’imprenditori che amano  la natura, e dopo anni di lavoro e di giri per il mondo, hanno deciso di dedicarsi quasi del tutto alla loro attività di winemaker nella loro tenuta, ‘Ca Avignone’, incastonata come una gemma  nel ‘Parco dei Colli Euganei’, una delle prime aree verdi istituite nel Veneto nel 1989 .

I Colli Euganei

Vini minerali e di una eleganza sopraffina quelli che regalano gli Euganei, un paradiso di 52 colline di tipo vulcanico , la cui origine geologica risale a 135 milioni di anni fa, quando il pianeta era spartito in due grossi blocchi divisi da un oceano ,che per tensioni crostali fecero innalzare la catena alpina.

I Colli Euganei si generarono più avanti a causa di eruzioni vulcaniche sottomarine non del tutto esplose in superficie per il ristagno del magma. Si tratta  di  ‘laccoliti’ , come sono conosciuti in gergo tecnico , cioè una sorta di accumulo di detriti a forma di  fungo , che una volta emersi , si diversificarono in altitudine  (dai 53 ai 400 metri ) , di cui la massima è  quella del  Monte Venda (600 mt) . Un arcipelago di rilievi sospinti su dalla lava e rimasti tali   fino a quando il mare gradualmente si ritirò  innanzi alla Pianura Padana , che si  fece  spazio in seguito a processi  alluvionali.

Destinazione Arquà Petrarca

Ci inerpichiamo su una stradina piccola e stretta che ci conduce a destinazione. Siamo ad Arquà Petrarca, una deliziosa e incantevole borgata medievale di poche anime, che con i suoi addobbi natalizi sembra quasi essere un presepe vivente, spoglio però di tutta la gente che normalmente sotto le feste affolla le sue contrade, riempiendola di allegria e spensieratezza.

La salita ci porta fino al mio b&b attraverso un sentiero illuminato da dei lampioni. Il cancello fa quasi fatica ad aprirsi. I suoi intagli in ferro battuto picchiettano contro gli aghi dei pini fronzuti, che per il loro peso crollano su dei cespugli di rosmarino e capperi  che preannunciano la mediterraneità di questa oasi sperduta nel deserto.

Nicola  chiude la vettura e mi dà una mano a sistemare i bagagli davanti l’uscio, quando improvvisamente mi fermo a contemplare la bellezza del paesaggio. Dei piccoli faretti sparsi tra gli alberi di castagno e una coperta di stelle schiariscono il fondo valle, dove in mezzo a una nebbiolina fitta si scorgono i contorni di uno skyline ondeggiante, che dal mare Adriatico alle mie spalle gira in modo circolare attraversando tutti i piccoli villaggi dell’entroterra veneto per poi sparire nell’orizzonte infinito.

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Nicola ed Antonella mi accolgono come a casa al ‘Petrarca Holiday House’

A distrarmi da quell’incanto lo scodinzolio di Lana, un pastore bianco maremmano che mi si struscia addosso, una guardia perfetta per i ladri, che con un fare goffo e docile mi invita a entrare in casa. Nicola mi fa accomodare e mi sento in alta quota quando intravedo un bel piatto fumante di pasta e fagioli con delle porzioni abbondanti di: soppressata, pane in crosta, olive nere, parmigiano, evo in purezza, e un singolare taglio bordolese di produzione propria.

Dopo essersi accertato che fosse tutto di mio gradimento e che non mi mancasse nulla, Nicola   mi augura una buona serata. Si scusa di non potersi intrattenere a lungo  e di una cena parca ,  casalinga , arrangiata  alla buona da Antonella  per le chiusure di Conte.

Riduttivo esternargli che la sua classe e il gesto della sua dolce metà mi spiazzano, vorrei ringraziare, ma non serve molto, perché sarebbe un continuo, e capisco che la gentilezza e la generosità fa parte del loro modo di essere. Mi limito a salutare, in qualche modo farò per mostrare loro la mia riconoscenza.

Degustazione '3 Tinto', il taglio bordolese Italiano, a Petrarca Holiday House, Arquà Petrarca

‘Petrarca Holiday House’ , il mio nido nei Colli Euganei

Con calma assaporo quel pasto luculliano finendo praticamente tutto. Nella pace più assoluta, ascoltando un po’ di musica jazz, mi accosto al camino stanca ma felice. Lo scoppiettio del fuoco mi coccola mentre leggo delle guide che mi anticipano i segreti di quei luoghi ameni.

Le pagine di quei libri  sono ormai impolverate a furia di non essere più sfogliate dai turisti dopo lo scorso segno di una crisi economica imperante ovunque, che ha affondato tutti i settori senza esclusione di colpi. Sono attimi in cui rifletti su quanto sta succedendo di così inaspettato, crudele e quasi a i limiti dell’assurdo, e nell’animo avverto tutta la fragilità e la vulnerabilità dell’essere umano.

Poi però mi riprendo rapita dalle immagini di qui volumi sul  Veneto  , sul   suo immenso patrimonio, artistico, culturale, paesaggistico ed enogastronomico.  Mi pervade un senso di libertà.  Quella è per me come un’ora d’aria dalla prigione, respirata in totale sicurezza per raccontare un’esperienza indelebile nella memoria, per condividere una storia di chi con molta tenacia e determinazione nonostante tutto, va avanti.

Il Covid 19, non mollare mai 

Un inno alla collaborazione, alla solidarietà, alla fratellanza. Una promessa al reinventare in meglio noi stessi e la nostra presenza su questo pianeta, che è saturo e che, se non corriamo ai ripari, giustamente si ribellerà eliminando la nostra specie che di tutto il Creato è la più distruttiva. Un messaggio di speranza per chi sta soffrendo più di altri, per non arrendersi.

Un augurio affinché questa maledetta pandemia possa essere presto debellata, perché ce la stiamo mettendo tutta! Ed è l’energia di cui necessito, di cui necessitiamo, quella che mi piace trasmettere, perché come affermavano gli antichi greci πάντα ῥεῖ’’,  “tutto passa”. Spalanco la finestra per contemplare ancora un po’ quella meraviglia, che già a notte fonda è un teatro plen air.

Due leprotti che giocano sotto gli ulivi, il susseguirsi di alture dai contorni non ben definiti e di vallate che accolgono minuscoli paesini con i loro tetti spioventi e qualche campanile che fa capolino da una luna gigante, la cui luce bianca si riflette fin dove riesco a vedere, sbiadendo man mano fino a sparire all’arrivo  dell’alba di domani.

Risveglio ad Arquà Petrarca

I galli cantano e mi svegliano. Scendo giù dalle scale della soffitta che ha accolto il mio sonno. Rimango ancora un po’ sotto il piumone infreddolita. Mentre il calore delle stufe si propaga nelle stanze, mi preparo un caffè nero bollente e dopo una doccia tonificante , il programma è quello di recarmi in centro ad Arquà Petrarca, che , posta tra il Monte Piccolo e il  Monte Ventolone, è  in assoluto la perla  dei Colli Euganei.

L’incombere di una forte tempesta di vento mi fa cambiare idea, così esco fuori in veranda a inebriarmi dell’odore della terra bagnata prima che Nicola   venga a prelevarmi. La fame vince sulle intemperie! A metà mattinata lo stomaco brontola e per farlo tacere, mi decido di cercare un bar nelle vicinanze per divorare un cornetto e scaldarmi con un cappuccino d’asporto!

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Matteo Zanato la mai guida ad Arquà Petrarca

Per mia fortuna Matteo Zanato , il proprietario di Petrarca Holiday House’, mi raggiunge per assicurarsi che tutto sia apposto e per scortarmi giù ad Arquà  a rifocillarmi . Matteo  è dispiaciuto di non avermi lasciato nulla di pronto da mangiare, e gli rammento che in quelle condizioni di restrizioni si è fatto più di un miracolo a organizzare il mio fine settimana per l’intervista.

Matteo non può darmi torto, e più sollevato mi fa cenno di montare sulla sua jeep per mettere qualcosa sotto i denti. Mentre discendiamo giù per quelle viuzze ciottolate e venate dalle radici di tronchi titanici, Matteo mi dice sommariamente qualcosa su di lui, definendosi un self made man.

Dopo aver  rinunciato  al ruolo di d-jay per una nota band musicale per portare avanti la baracca tra consorte e due bambini, Matteo eredita un podere dal padre e lo adibisce a b&b , offrendo agli stranieri lì in vacanza un servizio alquanto insolito quanto ricercato, quello della pesca dell’ introvabile pesce persico. Le stagioni primaverili sono una fucina di tedeschi che calano giù per divertirsi con lui nei laghi a bordo delle sue barche, che purtroppo al presente sono ormeggiate nel prato della sua dépendance per colpa della peste cinese!

Anche per Matteo è lontano il ricordo del suono di quel motore, che azionava con ottimi risultati la sua impresa concepita poco a poco con così tanto sforzo e devozione.  Matteo non molla, perché primo non ne ha voglia, secondo non può neppure permetterselo, per cui escogiterà un piano B! Intanto ci avviamo e dopo pochi minuti giungiamo ad Arquà Petrarca .

Ci intrufoliamo in un bistrot per far colazione, siamo gli unici clienti, e al riparo dal freddo consumiamo in piedi delle paste al miele e un buon tè alla vaniglia.

Cosa vedere ad Arquà Petrarca

Tra una chiacchiera e l’altra la mia attenzione casca su un imponente mausoleo che scorgo da un lucernaio, e  Matteo  soddisfa la mia curiosità, riferendomi che  quella è la chiesetta  di  ‘Santa Maria Assunta’, il cui sagrato, sito accanto al massiccio ‘Palazzo Contarini’ e ‘Casa Strozzi’ (esempi emblematici dell’architettura delle antiche famiglie patrizie veneziane), da secoli custodisce gelosamente le spoglie di Francesco Petrarca, il sommo poeta italiano.

Alcuni dei resti di Francesco Petrarca  sono stati misteriosamente trafugati, e giacciono all’interno di una tomba in pregiato marmo rosso di Verona , costruita dal genero Francescuolo da Borsano, il quale si ispirò ai sarcofagi romani e ai sepolcri più classici su modello di ‘Antenore’ a Padova.

Francesco Petrarca ad Arquà Petrarca

Usciamo per scrutare più da vicino quel monumento sacro, e con mesta reverenza tolgo alcune foglie ringrinzite da un’iscrizione commemorativa, che recita le ultime volontà del dotto Toscano: “Questa pietra ricopre le fredde ossa di Francesco Petrarca, accogli o Vergine Madre, l’Anima sua e tu, figlio della Vergine, perdona. Possa essa stanca della terra, riposare nella rocca celeste”.

Matteo mi spiega che Petrarca per sfuggire all’epidemia che colpì Milano (coincidenza strana che mi fa quasi paura!) si trasferì prima a Padova,  e poi su invito dell’amico Francesco il Vecchio da Carrara ad Arquà, dove acquistò una villa del Duecento, adibita  ora a  museo , in cui si stabilì definitivamente insieme alla figlia e la nipote.

Come narra una legenda, Petrarca esalò gli ultimi respiri (1374) nella quiete del suo giardino, mentre stava ultimando i suoi scritti. Petrarca  ha ribattezzato Arquà e  l’ha resa famosa,  un tempio per pellegrini da ogni dove, un turismo per lo più letterario  fatto di  scrittori  di fama internazionale, da Shelley, Foscolo, Guinizelli, Ruzante e D’Annunzio fino a Zanzotto e molti altri.

Le lancette dell’orologio si fermano quando stai bene, non mi sono accorta che è già mezzogiorno, sono in ritardo perché devo andare in cantina da Nicola ! Per fortuna   Matteo  si presta gentilmente ad accompagnarmi.

Il Mediterraneo nella pianura Padana, Colli Euganei

La  ‘Cantina Ca Avignone’, Nicola e Antonella

Il passo a ‘Ca Avignone’ è davvero breve. Un sole leone inaugura il nostro ingresso nel possedimento di Nicola  e Antonella  , immerso in filari di vigne dal  verde sgargiante, dove ci danno un caloroso benvenuto, stringendoci così affettuosamente la mano da farci male!

Matteo squilla il telefono, e ci comunica rammaricato che si deve allontanare per degli impegni e il suo improrogabile torneo a golf. Antonella è una spumeggiante morettina dai lineamenti aggraziati, e il suo modo di fare è tipico di una donna determinata e realizzata.

Percepisco questi tratti della sua personalità, sarà l’istinto femminile, ancora prima di approfondire la sua conoscenza, e ne ho conferma non appena perlustriamo il suo casolare. Mi colpisce la raffinatezza e la semplicità dello stile country chic degli esterni quasi in contrasto con quello ultramoderno degli arredamenti.

Un gioco equilibrato di opposti, ingentilito dai quadri e dai mobili shabby di Antonella , artista a tutto tondo quando sveste i panni di commercialista e mamma premurosa. Il bianco predomina, come il colore degli infissi delle due ampie vetrate all’inglese che abbelliscono una terrazza con pavimento in cotto, oltre la quale spunta un salone enorme ammobiliato con pochi pezzi importanti e minimali.

A sinistra del soggiorno c’è una scala che porta alle camere da letto, un caminetto, e una cucina total black con un’isola centrale, dotata di tanti di quei comfort e accessori da fare invidia a Cracco! Antonella , da brava chef, vuole essere da sola a preparare il banchetto. Chi osa contraddirla! Nicola  ne approfitta per mostrarmi il suo studio dove mi decanta come si è immolato a Dioniso.

Nicola Ercolino e la nascita della ‘Cantina Ca Avignone’

Nelle mensole fanno bella mostra vari oggetti estrosi, orientaleggianti, tutti disposti in maniera ordinata. Penso siano dei souvenir, gli ultimi cimeli di un trascorso da globe trotter, e non mi sbaglio. Quella vita da affarista cosmopolita è stata appesa a un chiodo, a    Nicola   non  importa più, o meglio gli è servita fino a quando gli interessava.

In questo c’è la risultante del suo background   educativo, illustratomi con molta poca attenzione ai dettagli, perché Nicola non è uno da riflettori, ma da dietro le quinte, va alla sostanza!  Nicola  studia a Venezia e dopo una laurea in economia  e un master in business administration, si dedica prima al commercio e  manifattura di gioielli . Dopo anni di spola tra l’ Asia e il Bel Paese,  passa a immettere nel mercato grosse realtà industriali locali.

Annoiato e deluso dagli individui e dalle istituzioni che bramano solamente soldi senza altro fine, Nicola  fa della sua passione che è il vino  il suo business  principale , ed è così che nasce ‘Ca Avignone’, che da sette anni  delizia i palati dei più esigenti  wine lover / expert nazionali ed esteri.

Difficile stare chiusi fra le mura domestiche quando una giornata frizzante quasi primaverile ti sprona a farti baciare dai raggi solari, e allora ci spostiamo sotto il portico e proseguiamo la nostra conversazione stando comodi su un divanetto all’aperto.

Le terme dei Colli Euganei

Snodandosi per circa quattro ettari e collocata a un’altezza di  1, 86 metri  ‘Cà Avignone’   è una cantina intitolata dalla via omonima in cui è ubicata al civico 13, zona rinomata per le sue terme frequentate dai papi. Le terme euganee sono attestate qui sin dalla preistoria, si sono progredite attraverso i Romani e i Veneziani  fino  a ciò che sono attualmente, un complesso di 13 stabilimenti, 220 piscine , con  una capacità ricettiva di 13.000 posti.

Il bacino idrominerario dei Colli Euganei include i comuni di: Abano Terme, Arquà Petrarca, Baone, Battaglia Terme, Due Carrare, Galzignano Terme, Monselice, Montegrotto Terme, Teolo e Torreglia, per un’estensione complessiva di circa 23 Km2, costituendo una delle più stupefacenti risorse termali a livello europeo e una meta turistica di alto livello senza eguali in Italia.

In base a delle ricerche degli anni Settanta, si è scoperto che la fonte di calore di queste acque termali non è vulcanico come qualcuno potrebbe immaginare, ma meteorico (precipitazioni). Queste acque provengono dai bacini dei Monti Lessini nelle Prealpi, e discendendo nelle Piccole Dolomiti (Monte Pasubio) si riscaldano automaticamente  , arrivando a toccare delle fratture di rocce calcaree a una profondità di circa 3.000 metri.

Appena sfiorano un basamento solido e impermeabile, queste acque si arrestano e si arricchiscono di sali minerali e altre sostanze disciolte nel loro lungo percorso a cascata.  Poi per pressione idraulica risalgono verso il mantello un po’ saline e leggermente radioattive ad una temperatura media di 75°C.

‘Storia di un insolito viaggio sui Colli Euganei’, il libro di Antonella sul territorio , sul cibo e sul vino

Sto prendendo appunti , Nicola  conversa animosamente, Antonella  si avvicina e si siede accanto a noi nelle poltrone in vimini e mi omaggia del  suo diario di bordo ‘Storia di un insolito viaggio sui Colli Euganei’, un  baedeker che narra i luoghi dell’ infanzia , l’  esodo  dalla città alla campagna, un resoconto su un passaggio significativo quello da un’esistenza frenetica a una più autentica e intima nei Colli Euganei .

La coppia si apparta per imbastire la tavola, e nell’attesa divoro un capitolo sulla viticoltura dei Colli Euganei, che Antonella documenta con riferimenti al suo sopralluogo al ‘Museo del Vino dei Colli Euganei’ allestito a Vò nella sede del ‘Consorzio di Tutela dei Vini Euganei’ fondato nel 1972 .

Scavi fatti a Este di reperti archeologici in terracotta, ciotole e coppe legati al consumo del vino, testimoniano come Bacco abbia trionfato da queste parti a partire  dal VII – VI secolo a.C fino all ’impero Romano , cadendo nell’oblio fino a  quando resuscitò grazie ai  monaci nell’anno Mille.

Fu poi nel Cinquecento che entra in scena il re delle uve degli  Euganei , l’asiatico e dolcissimo Moscato Giallo , introdotto come ingegnosa alternativa alle spezie per le pietanze dei nobili dalle signore dei potenti governatori Veneziani quali gli   Emo Capodilista, i Selvatico, i Contarini e i Mocenigo ,  che circondarono i colli di sontuose residenze e li sanarono con sistemi di bonifica.

Il Moscato Giallo dei Colli Euganei 

Successivamente il Moscato Giallo fu selezionato come biotipo  dai viticoltori e da allora  coltivato fino a ottenere l’ambito riconoscimento della DOC nel 1994  e  quella di Colli Euganei Fior d’Arancio DOCG’ o ‘Fior d’Arancio Colli Euganei D OCG’ nel 2011, baldante denominazione che riporta  ai profumi di zagara e di agrumi tipici della vite in  questione, che esplode in tutto il suo sapore  nella versione spumante, passito e secco.

La denominazione include il comprensorio padovano di Arquà PetrarcaGalzignano TermeTorreglia ed in parte quello dei comuni di Abano TermeMontegrotto TermeBattaglia TermeDue CarrareMonseliceBaoneEsteCinto EuganeoLozzo AtestinoVo’RovolonCervarese Santa CroceTeoloSelvazzano Dentro .

Il terroir dei Colli Euganei

Il terroir dei Colli  Euganei  (22 mila ettari) è di essenza vulcanica. Diversi orientamenti e altitudini (dai 50 a un massimo di 400 metri) qui favoriscono dei microclimi variegati e un clima quasi mediterraneo: inverni miti, estati calde, asciutte e buone escursioni termiche fra il giorno e la notte.

La piovosità media annuale oscilla tra i 700 e i 900 mm con due punte massime, in primavera e autunno. L’umidità relativa è variabile tra la pianura e la collina, dove i valori sono notevolmente inferiori e si registra una temperatura superiore nelle giornate limpide e nelle prime ore del mattino  per il fenomeno dell’inversione termica. Per queste peculiarità i  Colli  Euganei sono ideali per la coltivazione della vite, situata prevalentemente in pendii e declivi che consentono il deflusso delle acque evitando i ristagni.

L’alto pregio dei vini euganei è prevalentemente dettato dai suoli di queste montagne, che sono derivati dalla disgregazione delle rocce vulcaniche. Essi  hanno un buon scheletro, e sono ricchi di vulcaniti (rioliti trachiti, basalti,), rocce sedimentarie (biancone, scaglia rossa e marna), alluvioni (conoidi di deiezione, fondovalle alluvionale).

Da questa varietà di microelementi ne consegue  l’eccezionale varietà dei vitigni :

Non si finisce mai di imparare.  Ma qual è l’X-factor dei vini di  ‘Cà Avignone’  ? Il terroir unico dei Colli  Euganei  e la mano sapiente dell’uomo!

'Ca Avignone' , Carboon Foot Print , vini green

Roberto Cipresso e il fattore Carboon Foot Print  della cantina ‘Cà Avignone’ !

Nicola   da bravo sommelier , e con quella umiltà che appartiene solo ai grandi, desidera che esprima il mio giudizio da collega sui suoi nettari , che sono prodotti seguendo i principi più rigorosi sia della tradizione vitivinicola euganea che della innovazione tecnologica, un giusto compromesso tra passato e futuro per questa cantina di nicchia, che oggi vanta  un numero  di  circa 12 000 bottiglie annue.

Sì perché Nicola   e Antonella sono profondamente legati all’immenso patrimonio enologico regionale, e il loro obiettivo è quello di esaltarlo facendo dei vini esclusivi. Nicola   e Antonella desiderano sperimentare e hanno continuamente  meditato su quale fosse  per i loro vini quel qualcosa che facesse la differenza!  Eureka!

La matassa si dipanò  quando i coniugi ‘divini’ riportarono  la faccenda a Sabrina, la locandiera de ‘Il Guerriero’, un ristorantino di Arquà, che li mise  in contatto con Roberto Cipresso! Love at first sight! Dopo una serie di ritrovi e colloqui vari, Nicola   e Antonella si affidarono all’esperienza pluriennale e di successo di Roberto da cui scaturirono strategie importantissime.

Su tutte primeggia in assoluto quella del ‘vincere senza combattere’, ossia generare nuova domanda,  piuttosto che rimanere bloccato in una spietata lotta concorrenziale senza via di uscita ! Questa tattica di guerra acquisita dalla lettura di ‘Oceano Blu’, la bibbia di Cipresso, nella fattispecie un rivoluzionario manuale sul management di R. Castaldo , insieme all’abilità del sapere delegare agli altri  appresa da Antonella, è tutto quello che Nicola  mi confessa essere alla base della sua nuova visione di fare del vino un grande affare.

3 scelte green per i vini ‘Cà Avignone’

Questa crescita , a cui aggiungo lo spirito critico e le doti dirigenziali di Nicola sviluppate nel corso della sua brillante carriera (perché personalmente non si attribuirebbe neppure una virtù!), hanno elevato lo standard che contraddistingue i vini della cantina ‘Cà Avignone’.

Per il  cui lancio sono state fatte tre scelte cardinali che posso essere così sintetizzate:

  1. Il recupero di terreni più adatti alle loro viti;
  2. La perizia enologica di Andrea Boaretti, numero uno nella viticultura euganea;
  3. Rispetto per l’ecosistema e piena sostenibilità della catena produttiva con vini ‘Carbon Footprint’, cioè fatti riducendo al minimo l’emissione  di CO2. Gli espedienti più esemplari per raggiungere questo traguardo pioneristico sono: l’adozione di vetri sottili e leggeri, tappi in canna da zucchero (che permettono di mantenere l’ossidazione stabile almeno per dieci anni), e Cor-ten per i pali,  un tipo di ferro  più affidabile dello zinco perché emette una patina di ruggine, che presenta un’ottima resistenza alla corrosione atmosferica. Certificata dalla società senese ‘Indaco 2’ ( specializzata nell’ individuare azioni migliorative di mitigazione e compensazione degli impatti ambientali), questa è tutta una metodologia imprenditoriale  che  non è certo dettata da piani di marketing , quanto piuttosto dall’esigenza morale di fornire beni ricorrendo a  fonti pulite e rinnovabili, apportando un contributo per risolvere problemi di considerevole attualità che riguardano l’intera società globale: dal riscaldamento del pianeta ai mutamenti climatici, dall’estinzione graduale della biosfera sino a rischi di assottigliamento della biodiversità.

‘Cà Avignone’ è dunque una cantina dal profilo green, con una politica ecologica che, includendo l’assenza di fitosanitari, diserbanti chimici, e di irrigazione per le loro viti (salvo situazioni realmente problematiche in cui è quasi impossibile non ricorre al rame e allo zolfo e al drenaggio dei terreni), può classificare i suoi vini come biologici, biodinamici e naturali.

A pranzo da Nicola e Antonella 

Un certo languorino distoglie me e  Nicola  dai dotti argomenti enoici, traditore è il convivio e la piacevole compagnia. La fine della dissertazione quasi accademica è segnata dallo svolazzare di una tovaglia candida di lino che si srotola lentamente sotto i nostri occhi, su cui Antonella poggia un vaso smaltato di fiori freschi, una brocca d’acqua naturale, un servizio di porcellana e delle posate di argento.

Una mise en place curata nei particolari che per gli Ercolini è la regola e non l’eccezione, quindi non una cortesia per gli ospiti, ma una pratica quotidiana, un rituale per manifestare gratitudine al Creatore. Inalo a polmoni pieni quel soffritto d’aglio che esala dalle orecchiette e cime di rapa, che di nordico hanno ben poco, un dubbio che Antonella percepisce subito e sfata sbottando ironicamente: ‘benvenuta giù a Nord! Nicola è di padre napoletano e io di madre calabrese!’

I vini biologici della cantina ‘Cà Avignone’

In quella frase è racchiuso il segreto di questa coppia straordinaria, temperamento latino e rigore teutonico in un bicchiere!  Eccovi i protagonisti indiscussi della mia prima degustazione sui Colli Euganei:

  • ‘Cicale di Arquà’: così apostrofato da Antonella per un voluto rimando al frinire delle cicale , un coro mediterraneo che in estate allieta i ritmi lenti dei Colli Euganei, un rifugio dell’anima che assaporo in un calice di questo prosecco ‘col fondo’,  Glera e Moscato al  5 % , che fa macerazione sulle bucce per 15 giorni. Per la sua spiccata struttura ‘Cicale di Arquà’ è paragonabile ai ‘sur lie’ della Francia o agli ‘Orange Wine’ dell’Est. Ancora giovane e torbido è un bianco complesso con bollicine fini, sentori erbacei e di pera,  sapido e morbido al primo sorso con una gradevole persistenza aromatica;
  • ‘3 Tinto 2019 ’: tre rossi come evoca l’etichetta. Un bordolese tutto italiano di Merlot , Cabernet e Carmenere, non filtrato e senza lieviti aggiunti, che pur essendo ancora del 2019, è maledettamente sofisticato al naso per i profumi di frutti di bosco e spezie, è al palato spicca per una contrapposizione calibrata tra morbidezze e tannini.  ‘3 Tinto’ è un rosso pronto, che darà il meglio di sé riposando al fresco e al buio.  Questo vino non può essere annoverato tra le DOC per un 5 %  Carmenere  acquistato di poco oltre i confini, una regolamentazione che se da un lato tutela i vini, dall’altro a volte è troppo ferrea e addio  nuove frontiere. Nicola  allude ai suoi sogni nel cassetto per cui è disposto a superare ogni ostacolo: fare un  Merlot  in purezza e un metodo classico, ma non aggiunge altro! Top secret!

Colli Euganei, mille motivi per esserci

Le ricette dei Colli Euganei di Antonella La Sala

Le nuvole sopraggiungono con l’imbrunire. Finite tutte quelle bontà, sparecchiamo, e andiamo a riposarci un po’. Quando sono nel mio cottage, sdraiata accanto al comignolo il libro di Antonella mi alletta allorché elenca tutta una serie di prelibatezze cucinate per dei suoi commensali, tramandate da generazione in generazione e fiore all’occhiello della cuisinè veneta:

  • Lo ‘schissotto’“…tipico pane basso e stuzzicante preparato sui colli Euganei , usando farina, strutto-nei tempi andati le nonne mettevano il grasso d’oca-, un po’ di sale e un po’ di zuccherò” ;
  • I   ‘bisi di Baone’: ” …un risotto prelibato preparato con i piselli coltivati nel paese euganeo di Baone…;
  • La ‘galinella alla canavera…’ : … è una gallinella molto bella, dalle piume lucide e da un caratteristico ciuffo di penne molto lunghe poste sulla testa …’,
  • Il ‘pissacan’ : …è del Tarassaco, un’ erba primaverile che ha al suo centro quei bei fiori gialli….chiamata così perché i cani se ne nutrono quando hanno bisogno di depurarsi;
  • Il ‘brodo di giuggiole’ : il liquore  ‘…di Arquà, molto originale ricavato dai frutti del giuggiolo, che sa di mandorle e frutta secca”.
Ultima cena ai Colli Euganei

Improvvisamente uno stato di totale e sana pigrizia prende il sopravvento, e mi accascio su dei cuscini morbidi, su cui poggio il viso e sprofondo in un dolce sonno ristoratore. Passa qualche ora e mi ritrovo insieme da Nicola   e Antonella  per desinare e gustare una grigliata di carne , e del gustosissimo radicchio avvolto da della pancetta croccante , il  tutto abbinato ai vini di Cà Avignone’.

Altro nettare  di cui vengo a conoscenza è  un ‘Friularo’ del 1998  , un rosso simile al  ‘Raboso del Piave’, appartenente alla DOCG Bagnoli (comune di Due Carrare): colore granato, aroma di frutta rossa matura, caldo, con un tannino compatto ma non invasivo, pieno e persistente.

Mi ricorda l‘Amarone’ . Nicola   infatti sottolinea che questo vino un po’ rustico se non troppo maturo, si vendemmia in Novembre dopo l’estate di San Martino, quando sui tralci si posa la prima brina, cosa che gli conferisce l’epiteto di ‘frigoearo’ , cioè ‘freddo’ dal latino  ‘frigus’ .

I fumi dell’alcol ancora non ci abbattono e sono abbastanza sobria per ammirare quel simposio circondata da un lusso smart, confortevole, tra il classico e l’urbano che non passa mai di moda e si fa notare! Trattata come una principessa, la mezzanotte scocca pure per me e mi ritiro nella mia corte con il cuore pieno di gioia che trabocca fino al mio ritorno in patria.

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‘Bortolomiol Winery’. Il  Prosecco in Valdobbiadene

‘Bortolomiol Winery’. Il Prosecco in Valdobbiadene

“One’s destination is never a place, but a new way of seeing things.”

 Henry Miller

‘Bortolomiol winery’ . A weekend in Valdobbiadene, Veneto 

On the first weekend of October  I took  a train from Pisa to Valdobbiadene, a quaint medieval village, located in the  hills of Prosecco set in Veneto. It was my birthday! What a better present than leaving for Valdobbiadene  for a special  wine tasting at ‘Bortolomiol winery  ! It was an original way to celebrate my date of birth,  as Roberto Cipresso suggested with a call greeting!

Roberto Cipresso  is my wine mentor and friend. He is a famous and talented international winemaker . At the age of twenty three, he  moved from Bassano del Grappa  to Montalcino, Tuscany, where he now lives with his family running his own winery ‘Cipresso 43’. The ‘Bortolomiol winery’ is one of the most prestigious wine  companies Roberto  deals with. It is also ine of the most representative of the ‘Prosecco area’ in Veneto, included in the ‘UNESCO’s World Heritage List ‘ in 2019.

If you like bubbles, you need an holiday in Veneto. Vineyards of Prosecco perch on the southern part of this region at a height between  50 and 500 meters above sea level. it’s useful to know for the  wine experts that the most prestigious zone for the Prosecco production is Cartizze!

Veneto, is a perfect mix of environment and art, based on an efficient and widespread system of tourism and hospitality. All of this  goes together with a remarkable variety and quality of great local products.

It is now time for me to share with you my unforgettable wine experience , which  revealed yet another hidden Italian treasure, that is Veneto !

Veneto, the land of Prosecco

Veneto is a captivating Italian region, full of attractions, and renowned for its wine. All around are dotted small terraced vineyards planted on the steep slopes and almost exclusively dedicated to Prosecco, the most famous of Italy’s sparkling wines.

The Prosecco area is marvellous to visit at any time of year, though ideally between April and June, not only the weather mild, though also because there are many Prosecco-related events such as:

Today there are 8159 wine estates, 269 sparkling wine producers and around 200 million bottles produced. The Prosecco area includes 15 communes distributed between Conegliano and Valdobbiadene in the province of Treviso , which  has extended into about 18 000 hectares of good quality agricultural land.

The beauty of Valdobbiadene

It was Friday . I arrived in Valdobbiadene in the late afternoon. After I entered my accommodation in ‘Piazza Marconi’, I unpacked, had a shower and then an aperitivo with some friends in a small though elegant cafè. The weather was just right for a stroll in the historic centre of Valdobbiadene.

Valdobbiadene  has been inhabited for over forty thousand years and the first written documents there date back to 1116, when it was conquered by king Enrich V, and in the following centuries by Treviso, the Ezzelini family’,  Venice and  Napoleon before finally being annexed by Italy in 1861.

What to see in the historic center of Valdobbiadene

Valdobbiadene may not be as popular as other cities in Italy though is a minuscule, charming tourist destination that is worth a visit. You will be surprised by some of the unique things you can do and the places you can explore.

Valdobbiadene is surrounded by important churches, castles and colourful Renaissance buildings aligned to the main Piazza Marconi , on which stands:

On Saturday morning after a huge breakfast and a strong coffee, I went walking along the narrow rural streets of Valdobbiadene for a couple hours,  immersing myself in nature and the green vineyards, whilst admiring the allure of autumn in the falling of leaves from the chestnut trees.

The sun was shining and I felt relaxed, simply wondering in contemplation prior to my first sip of Prosecco at the ‘Bortolomiol winery’.

What is Prosecco?

Prosecco is a sparkling white wine from Veneto,  which  is famous all over the world for its unique  style and taste. Located in the North-Eastern part of Italy, Veneto is a small region, full of landscape of steep hills, which in turn create incredible flavours in its wines.

While consumers often equate it with widely available commercial-quality fizz, access to Italy’s finest sparkling wines is rising. Production techniques continue to improve, and the appetite for experimentation grows. The result is better bubbles and diminished sugar levels.

In the past, Prosecco and Glera were the thin-skinned green grapes used for making Prosecco , which grew  in Veneto  and Friuli Venezia Giulia  in the Northern  Italy for hundreds of years. But  in 2009 due to an increased number of New World plantings, Italian authorities protected  the name ‘Prosecco’  as a place of origin in a legal way , by rechristening the variety as Glera .  Conegliano Valdobbiadene’s appellation’ became a   ‘DOCG’  in the same year!

History of Prosecco

Nowadays in Italy, the delightfully bubbly Prosecco pertains therefore to the historical village of Prosecco, a suburb of Trieste, close to Duino, where Glera grapes originated and had been cultivated since Roman times. Actually , Its name derives from the Slovenian word ‘prozek’ , which means ‘path through the woods’. 

Romans used the Glera grapes to make a tasty drink called ‘Pucino’, which apparently was the life elixir of Livia, the second wife of the Roman Emperor Augustus, as stated by Pliny the Elder in his ‘Natural History’  ( First Century BC). Since then up until the 18th century the cultivation of the delicious Glera grapes has spread around Northern Italy.

Prosecco first and after the great Antonio Carpenè

The first written mention of Prosecco comes:

Prosecco took its next major step forward when in 1868 Count Marco Giulio Balbi Valier cultivated a special grape variety he named ‘Prosecco Balbi’ . He published a booklet regarding his important research. Moreover, in 1876 ‘Conegliano’s School of Winemaking’ was founded, becoming a milestone for both the entire winemaking industry and education regarding wine.

The Romans may have enjoyed Prosecco, but it wasn’t until the 19th century when Antonio Carpenè subjected the still white wine to a second fermentation that Prosecco acquired its now lasting association with bubbles. Prosecco was going to be something major in the 20th century.

Prosecco DOC and DOCG

Until the years after World War II, almost all Prosecco was consumed locally, when  it then grew beyond the borders of Veneto and Friuli-Venezia-Giulia, resulting in the production of inferior imitations to the point where wine producers formed a ‘Consortium’that would go on to create D.O.C.

Up until 2008, vintage Prosecco was protected in Italy as D.O.C’.   (‘Controlled Designation of Origin’),  though in 2009 was upgraded to D.O.C.G.’(‘Controlled Designation of Origin Guaranteed’).

The Prosecco D.O.C.’ covers four provinces:

For the first, the wines are harvested on the hills between the two eponymous towns, while the latter is produced from its namesake town and is known for its exclusive extra-brut vintage (up to 6 grams of residual sugar per liter). The hills where the wine is cultivated are so steep that the vineyards can only be worked by hand, which only adds to the value of the wine. It should come as no surprise that  it is also a lovely place to visit.


Prosecco versus Champagne

In recent years, Prosecco has become very popular, especially in the UK. According to current figures, Britons spent more money in supermarkets over the holidays on Prosecco than on Champagne. It is a big affair for an appellation that didn’t even formally exist until 2009 as the shortage of Prosecco  in 2017 upset wine lovers across the globe!

Prosecco is getting more and more popular, probably because it is a luxury product like Champagne but has a much affordable price! Both Champagne and Prosecco are sparkling wines, though the similarities end there!

Do you know the difference between Prosecco and Champagne? 

Is Prosecco Champagne? The quick answer is simple:

14 main differences between Prosecco and Champagne

But there’s more than just the name . Let’s go deeper into these differences as regards their terroir, composition, output, flavour, tasting notes, aging, calories, and price:

  1. Champagne encompasses a patchwork of soils endowed with unique characteristics such as the presence of chalk and limestone;
  2. Prosecco grapes are harvested on steep, mostly chalk and limestone hills west of Venice  and north of Valpolicella, with traces of clay, marl and marine sandstone.  These hills are situated  between the Dolomite mountains and the Adriatic Sea. This is a perfect position with a mild climate and plenty of annual rainfall;
  3. Champagne can be made as a blend or from a single varietal wine predominantly from Chardonnay, Pinot Noir and Pinot Meunier ;
  4. Prosecco is made primarily from Glera grapes; 
  5. Champagne is made using a high-priced method known as the méthode champenoise’ or ‘traditional method’, which happens in the bottle, releasing complexity, texture and flavours;
  6. Prosecco undergoes the cheap and fast ‘tank method’ , meaning that the second fermentation happens in a single large tank.
  7. Prosecco tends to be a little sweeter than  Champagne ;
  8. Champagne‘s primary flavours are citrus, white peach and cherry, almond and toast;
  9. Prosecco’s primary flavours are green apple, honeydew, honeysuckle, pear and fresh cream;
  10. Unlike  Champagne, Prosecco should be consumed young as it doesn’t benefit from bottle aging;
  11. A standard 5 oz serving of Brut Champagne has 91–98 calories and 1.8 g of carbohydrates (12% ABV);
  12. A standard 5 oz serving of Extra-Dry Prosecco has 91–98 calories and 2.6 carbohydrates (11% ABV);
  13. A good-quality bottle of Champagne can cost between € 50  and € 300- whilst vintage bottles are  sold  for thousands of euros;
  14. A bottle of Prosecco can cost as little as $12.

Is better Champagne  or Prosecco?   It’s not a question of price , and Champagne  cannot be the winner in this debate because costs much more (It is  a lot more time intensive to produce and thus, more expensive1) than Prosecco. Both types of wine are unique and offer different kinds of tasting experience. If you want to understand better, consider purchasing a bottle or two of each kind to help you decide which one you prefer!

‘Bortolomiol Winery’, a beating heart in the hills Conegliano and Valdobbiadene

The  family-run Prosecco ‘Bortolomiol winery’ lies in between the hills of Conegliano and Valdobbiadene, the territory of the ‘Prosecco Superiore D.O.C.G.’, where it has been based since 1949. Here are the most prized vineyards for the production of this great sparkling wine, because the steep slopes make it difficult to mechanize the work traditional methods that are more than 200 years old are still used by growers in these hills today.

Conegliano and Valdobbiadene  are  at opposite ends of the region of Veneto, the first to the east the second to the west. With their different and varying microclimates, complex geologic history, and dedicated winemakers, both came to produce world-class sparkling wine.

The terroir of Conegliano and Valdobbiadene 

Conegliano is the site of Italy’s first winemaking school which opened in 1876,  the lands around lands around it carved by glaciers, which smoothed the rocky edges into rolling hills and left deep mineral deposits in the soil. The soil here is a mix of clay, stones, and sand, which yields grapes with more sugar and consequently wine with a persistent and intense fruity and floral aroma even with spicy notes.

Valdobbiadene‘s hills in the west are by contrast rugged and steep. The soil here comes partly from ancient sea beds, a mix of marlstone, sandstone, and clay. Wines made from grapes grown in this area tend to be more floral while fruit elements can vary from citrus to sweeter white fruits.

‘Prosecco and Conegliano Valdobbiadene hills wine route’

The two capitals are also the place where the first Italian wine route was introduced in 1966, now known as the ‘Prosecco and Conegliano Valdobbiadene hills wine route’. It is a circular itinerary spanning approximately 90 km, which offers visitors the opportunity to explore traces of the local rural, civil and religious history , such as awesome vineyards, medieval hamlets, churches and castles.

Cartizze 

Cartizze is an even more exclusive sub-designation of the ‘Prosecco Conegliano Valdobbiadene Superiore D.O.C.G.’, one  of the finest versions of Prosecco. The steep hill is known as the grand cru’ covering about 107 hectares of the region.

For producers in Prosecco, Cartizze is the most honoured area in the region and has witnessed unprecedented popularity all around the world. This south-facing hilly chain is always exposed to the sun, yet constantly catches a breeze from the north-east as well as cold air from the Alps at night which enhances the flavour of the grapes.

Conegliano

The marlstone-sandstone soil here is old, but not as deep as that around Conegliano. The highest-quality and most sought-after wines come from this part of the D.O.C.G. region, partly because of the unique growing conditions created by the terrain.

The tricky landscape is one of the reasons for the high quality of the grapes, as the steep slopes mean excellent drainage that keeps the vines healthy. The grapes that grow in Cartizze produce wines that are predominantly floral rather than fruity, and usually are made dry (which is the sweet end of the Prosecco scale).

Welcome  at ‘Bortolomiol winery’. One day to experience the real venetian Prosecco

Saturday, 11 o’clock.  Valdobbiadene woke up after a cold windy night with people crowded all around the streets and inside the shops. I went into a tourist office to ask for  information as to how to get to the ‘Bortolomiol winery’.  As it was ten minutes on foot from the historic centre, I decided to go there earlier than my booking at 14:30 !I rang the bell at the gate, and not a soul was in sight !

After a while and to my relief, a tall, smart man came and welcomed me. It was Diego, who is responsible for the guest relation service. I tried to change the scheduled time of my tour, but he said he could not satisfy my request because it was against company policy.  I was so sorry ! Suddenly, he made a sign for me to go inside the winery and to wait for him there.

I opened the brass handled door and fell in love with the big and smart tasting room full of visitors and great Prosecco labels. I sat on a comfortable red sofa and whilst I was reading a magazine, a polite and pretty hostess offered me a glass of a fresh dry white wine. After having greeted his last clients, Diego came close enough to me so that he was certain that no one else could hear  him while he attended to my needs.

‘Bortolomiol winery’ , a jewellery nested in the ‘Filandeta park’ 

First, Diego was really  kind  to invite me to lunch at the winery ,  charming my palate with hand-made bread , parmesan and ham paired of course with Prosecco! After lunch , he  showed me a map of ‘Filandeta park’, which is home to the ‘Bortolomiol winery’,  where he suggested going for a walk   before my official tasting  at ‘Bortolomiol winery’  in the afternoon!

I said thank  for being so kind , then I headed toward ‘Filandeta park’ next to the bell tower of Valdobbiadene. This huge wood was once a silkworm factory, which was bought  and restored by the Bortolomiols as part of their business. The Bortolomiols have contributed significantly not only to the culture and economy of Valdobbiadene . They have also created a corner of paradise inside the municipality, a green space placed  at the disposal of all citizens and any pilgrim, who wants to be involved in the real food and wine heritage of Northern Italy.

The ‘Bortolomiol winery’ is located exactly in the centre of  Valdobbiadene surrounded by its vineyards inside the stunning ‘Filandeta park’  . It is  an open-air wine & arts area, hosting an incredible artwork collection by Giovanni Casellato and  Susken Rosenthal.

There was a connection between their modern and abstract statues, illustrating the concept of freedom. Reading the plaques adorning these statues, all these sculptures are made of different materials and are a symbol of life and nature.

The history of the Bortolomiol family

I appreciated a lot of what was around me, everything seemed to fall right into place. As the sky was turning grey and the air was getting progressively colder, I went back to the winery. I learnt  a lot about the history of the Bortolomiol family by scanning the  inner descriptive panels and black and white photos that hung on the walls of that magnificent building.  It goes like this!

Giuliano Bortolomiol founded the winery in 1949. His father passed on to him a strong passion for  wine and the values of countryside. Giuliano was very young when he decided to attend the prestigious ‘Conegliano Wine School’. Soon after the Second World War, he decided that he wanted to realize an oenological rebirth in his homeland.

Thanks to an improvement in production and quality of Prosecco, he has created  his own brand of a new prestigious Italian sparkling wine which would be become known throughout the world. Having obtained the ‘D.O.C.G. designation’,  his dream has come true and ‘Prosecco Superiore’, has become a wine beloved at international level.

Maria Elena, Elvira, Luisa and Giuliana . The new generation of the Bortolomiol family

However, the winery owes its growth to his four daughters, Maria Elena, Elvira, Luisa, and Giuliana, who today together with their mother Ottavia run business with professionalism. In their father’s memory  the four sisters  made the ‘Cuvée Del Fondatore’,  which is one of their best Prosecco  .

‘Cuvée Del Fondatore’  is a ‘Valdobbiadene D.O.C.G. Prosecco Superiore Brut’ made from a  single-vineyard cultivated in San Pietro di Barbozza. However, what has set the Bortolomiol family apart is simply their love and their intense dedication to what they have done and still do . Their principles have remained unaltered since its founding, producing high quality products and supporting the promotion of their territory.

The Bortolomiols also supports humanitarian projects in Africa such as those representing women rights and the fight against AIDS. Two centuries of tradition lie at the heart of the Bortolomiol family’s understanding and vocation for wine-making in Valdobbiadene. They  interpret  the varieties used to make their wine in the best possible way, planting the steep hills with hand-tended vineyards. They develope also a wine making process to enhance the aromatic characteristics , elegance, freshness and vitality,  which has made their brand stand out.

 The Glera grape variety has found an ideal environment in these hills. It is in fact in this area that the variety has always performed at its best and it is from here that universally recognized quality has developed, the cutting edge of which is ‘Superiore di Cartize’.

A top Tasting at Bortolomiol winery’

There’s nothing better and more unconventional than enjoying a glass of classy Prosecco  in front of a fireplace in the lush open spaces at ‘Bortolomiol winery’ on a rainy autumn afternoon. Visiting the ‘Bortolomiol winery’ means that you give yourself the best opportunity of having a fantastic holiday discovering Veneto and tasting some of the finest Prosecco  varieties on offer.

Tasting Prosecco in that elegant room in the ‘Bortolomiol winery’ was really like being in a fairy tale. At two o’ clock a sommelier entertained us showing us a video regarding the history of the denomination. Moreover, the video tell us about  the land and how the whole family exploited their talent for winemaking from their beginnings to current days.

Prosecco, the sparkling wine from North Italy . Seduction in a simple way 

Later the young wine expert informed us of some interesting detailed facts regarding Prosecco:

  • Proper Prosecco must be made with at least 85% Glera grape and now  must be grown in UNESCO designated areas. Other grapes commonly added to Glera  include native varieties, such as Verdiso, Bianchetta Trevigiana, Perera, Glera Lunga and international grapes, such as Chardonnay, Pinot Bianco and Pinot Grigio;
  • The very best Prosecco has the ‘D.O. C.G.’ signifier;
  • While iconic Prosecco  are sparkling, both the  D. O.C.’ and ‘D.O.C.G.’ versions can be made in sparkling, semi-sparkling and even still versions;
  • Unlike Champagne and other red and white wines, Prosecco is a young wine that doesn’t like to be aged. By the way, recently a new version of  Prosecco  known locally as ‘col fondo’ has been launched onto the market. It is a Prosecco  refermented in the bottle, whose yeasts accumulate at the bottom (‘il fondo’ in Italian) producing a layer of sediment, that gives the wine a fragrant bread crust aroma;
  • Prosecco should be served cold in a tulip glass, as this design allows a little more space for easy swirling of the wine, and focuses the aromatic notes towards the nose;
  • Prosecco is one of the most versatile wines around. It is ideal for drinking at breakfast along with scrambled  eggs, a sweet tipple     in the afternoon to be served with  pastries and as a salty aperitivo or with a variety of dinners.

Giuliano Bortolomiol

Best labels of the ‘Bortolomiol winery’ 

After my tasting of Prosecco  at the Bortolomiol winery’, I realized that there is so much more to Prosecco  than just reasonably priced bubbles! It is not only the favourite aperitivo for Italians up and down the peninsula, though nowadays is also the most sold sparkling wine in the U.S. Why? Because Prosecco is refreshing, flavourful, light-bodied, and  (usually) dry.

It is my pleasure to list below the best labels I discovered during my wine tasting at the ‘Bortolomiol winery’:

  • ‘Bandarossa Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore Extra Dry Millesimato’: It is the Italian for ‘red band’. Since 1986 Giuliano Bortolomiol has put this mark on bottles containing the best ‘extra dry’ of the year to be consumed with close friends, and today this band indicates wines of a high standard. It is delicate sparkling wine, with a nose and fragrance of mature yellow apple with scents of sweet citrus and flower hints. Its perlage is fine. On the palate it is slightly sweet and creamy balanced by a nice acidity. It is perfect as an aperitivo and for serving with any pleasant and savoury dish such as mozzarella with marinated anchovies, marinated fish and stuffed artichoke;
  • ‘Superiore di Cartize’: The Cartizze hill is a genuine Grand Cru. It is a fragrant sparkling wine with a gentle and persistent perlage. It has a nose with an aroma of exotic fruit, hazelnuts and sweet acacia flowers. On the palate sugars are balanced, having a freshness, notable density and creaminess. This is a wine for special occasions which can be enjoyed on its own or as the perfect accompaniment to fine desserts;
  • ‘Extra brut Riserva del Governatore’: it is a kind of Charmat made from Pinot Noir and Chardonnay It is a very refined and dry sparkling wine. It is quite aromatic, crispy, of medium body with a long last. It goes perfectly with rich fried meat and fish dishes;
  • ‘Filanda Rosé’: Giuliano made his first rosé in the 1970’s, and his four daughters together with their mother made this rosé great, dedicating this wine to the noble women who worked in the Valdobbiadene silk mills, improving the whole area from anybody’s point of view. This wine is made from Pinot Noir of the Oltrepò Pavese – north west Italy. It is light pink in Its bouquet is fruity, complex, and floral. It has a nose that is spicy. In the mouth it is fragrant with a good body. It pairs well with exotic and tasty food;
  • ‘Canto Fermo Valdobbiadene Prosecco D.O.C.G. Tranquillo’: it is a non-sparkling Prosecco, basically a white wine made out of Glera grapes, traditional and very specific to the region. This ‘Prosecco D.O.C. Tranquillo’ offers a different kind of pleasure, more reflective and genuine. In contrast to the sparkling and semi-sparkling versions, ‘Prosecco Tranquillo’ has no carbon dioxide or residual sugars. It is fragrant, fruity fine and very tasty. Pairing foods: all kinds of fish, above all the more delicate dishes.

Prosecco for modern cocktails and venetian recipes

There’s a whole lot you don’t know about Prosecco, from its fascinating history to the rare varieties and the best ways to drink it.  For example, Prosecco is a key ingredient in some worldwide known cocktails:

Prosecco goes incredibly well with many Italian dishes and menus. Of course you’ll find Prosecco  in lot of venetian farmhouses, shops, and restaurants. Before going back to Pisa, I had a dinner in an intimate bistrò in Valdobbiadene , where I had Prosecco paired with:

  • An appetizer of  succulent ‘crostini’ seasoned with sorpressa , which is a traditional cured meat with spices and garlic added to it;
  • The highly acclaimed ‘risotto con radicchio di Treviso’, which is rise stuffed with a lettuce leaf with a unique bitter taste, that can be used and cooked in countless ways.

Are you hungry? If your answer is yes, hurry up, and start planning your upcoming trip. Veneto is still a relatively unknown area, which attracts many visitors keen to admire its beauty and who also want to find out more about this fantastic  Italian wine region. Make sure you get there first for an authentic experience like the one I had!

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