‘Venissa’  e  il vino a Venezia

‘Venissa’ e il vino a Venezia

“Perchè il sogno più vero è quello più distante dalla realtà. quello che vola via senza bisogno di vele, né di vento”. 

Hugo Pratt

 

‘Venissa’ , una cantina per degustare il vino dei Dogi

Ad Aprile ho avuto il piacere di visitare ‘Venissa’  , un wine resort che si trova a Fondamenta Santa Caterina 3 , Mazzorbo. Quest’ultima è una delle isole principali di Venezia insieme a  Torcello e Burano. ‘Venissa’  è la  cantina  gioiello della famiglia Bisol, storico nome del ‘Prosecco di Valdobbiadene’, alla cui nascita ha contribuito il genio di  Roberto Cipresso.

‘Venissa’   viene fuori dal  desiderio di Gianluca Bisol di riproporre il vino dei Dogi . Questo era  fatto con uno dei più antichi vitigni autoctoni della Laguna: la Dorona. Il suo nome vuol dire ‘uva d’oro’, perché era il nettare dei banchetti nobiliari, che oggi ritroviamo nelle etichette dei bianchi e dei rossi di ‘Venissa’ . Quest’utilma è un’ azienda vitivinicola ineguagliabile, di cui ho avuto un’anteprima  al ‘Vinitaly 2022’ attraverso Matteo Turato,  che ne è il wine ambassador .

Ancora una volta vi racconterò un’altra avventura di vino di Roberto Cipresso, winemaker di fama internazionale. Vi porterò alla scoperta di qualcosa che nessuno ancora sa: Venezia è anche vino! Non ci credete? Siete curiosi? Leggete allora questo post e capirete meglio di cosa sto parlando!

Venezia, non solo arte e gondole!

Venezia è una città unica al mondo, che tutti ci invidiano perché è costruita sul mare. E l’acqua stessa fu fonte di potere . Basta pensare a un’espansione coloniale che raggiunse il massimo del suo splendore tra il XIII e il XVI secolo. Un impero vastissimo sul Mediterraneo (specie nel versante orientale) che crollò con l’arrivo di Napoleone.

Nonostante la fase di declino, dal Settecento in poi Venezia fu  comunque al centro dell’attenzione Europea per la mondanità  ,  la libertà di cui i cittadini godevano, la ricchezza delle arti e il piacere di vivere.

Il passato di Venezia ha così segnato il suo stesso futuro, infatti a oggi il turismo rappresenta la principale fonte di economia. Migliaia di visitatori da ogni dove arrivano nella Serenissima per ammirarla in tutto il suo fascino. E il vino è un altro motivo che la rende ideale per  una destinazione turistica  da intenditori.

La storia del vino a Venezia

Ebbene sì, perché a Venezia , come in tutto il Veneto, c’è una tradizione vitivinicola che affonda le radici in un’era remota prima di Cristo.  E l’uva era una risorsa alimentare che garantiva sostentamento all’uomo. Per di più  in una superficie abitabile che al 92% era coperta di acqua. Pensate che nel Medioevo ‘Piazza San Marco’ era un orto, da cui il suo  appelativo in  dialetto ‘campo’ .

Ecco in basso una story line che ne riassume in breve le tappe fondamentali:

  1. Al VII secolo a.C. risalgono le prime testimonianze di produzione enologica a opera delle popolazioni Etrusco – Retiche;
  2. Nel Medioevo la vitivinicoltura veneta si sviluppò grazie ai lustri del commercio di Venezia. Questo favorì l’introduzione dei vini veneti in altri paesi, e di quelli di Grecia e Cipro in Italia. E ancora la diffusione della Malvasia nel Friuli Venezia Giulia e in Dalmazia;
  3. I vetrai di Murano contribuirono a fare apparire bottiglie e bicchieri in vetro soffiato. Oggetti  nuovi e ricercati per contenere il vino, rispetto a quelli precedenti più semplici in ceramica, peltro e argento;
  4. Dal XVI fino al XVIII secolo il vino veneto subì alti e bassi fino a scomparire,  e ciò per molti fattori. Tra questi il principio della fase di decadenza di Venezia. Ciò oscurò l’importanza dei vini della Grecia, e spostò i riflettori sui vini locali di Treviso, di Vicenza e della Valpolicella. Seguirono anche guerre, pestilenze e gelate;
  5. Nel XX secolo subentrarono le catastrofi dello oidio, peronospora e dalla fillossera che afflissero tutta l’Europa. Tuttavia, ci fu un grande segnale di rilancio con la fondazione della famosa ‘Scuola di Enologia di Conegliano’ e della ‘Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia’. Questi due istituti rilanciarono l’enologia Veneta verso la sfida degli anni ’90 e che al presente non mostra segni di cedimento. E il successo del Prosecco e dell’Amarone ne sono una conferma!

Dove si coltivava il vino a Venezia?

La vocazione vitivinicola di Venezia è testimoniata da alcuni toponimi come:

Un tesoro tramandato dalla coltivazione di uve locali da parte di monaci nei loro conventi, e da privati nei loro giardini. I principali posti in cui c’erano vecchi insediamenti di vigneti sono:

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Visita alla cantina ‘Venissa

Durante le feste di Pasqua  da ‘Fondamenta Nuove’  ho preso  il battello n 12, diretto a est di Venezia . Durante il tragitto mi sono goduta la vista su Venezia, che piano piano spariva all’orizzonte in tutto il suo fascino e mistero.

Dopo mezz’ora sono arrivata a  Mazzorbo. Appena sono scesa dal vaporetto mi ha colpito subito il silenzio e una fila di casette colorate. Dal X secolo  Mazzorbo  era un fiorente villaggio agricolo e anche di svago di patrizi veneziani.

Mazzorbo ha tanti spazi verdi nonostante le sue modeste dimensioni. Tra i suoi monumenti vi consiglio di fare un salto alla:

  • ‘Chiesa di Santa Cataerina’: Questo tempietto sacro è del VIII e poi nel XIII secolo fu annesso a un monastero  benedettino. Nel XIV venne ritoccata con influssi romanici e gotici, e le modifiche continuarono in seguito. Esternamente in cima al porticato d’ingresso svetta il campanile , che pare essere uno dei più vecchi della laguna (1328).

Mazzorbo  è un rifugio dal caos di Venezia  . Passeggiare nelle sue strette viuzze per raggiungere la vigna murata di ‘Venissa’  è qualcosa da fare almeno una volta nella vita! Anche perché , come avrete capito, a Mazzorbo si faceva e si fa vino!

Luca Carnevali racconta ‘Venissa’ !

Ho sempre solo sentito parlare di ‘Venissa’ da tanto!  E mi sono sempre domandata che effetto potesse fare starci almeno per qualche ora. Mi è accaduto e mi sono sentita davvero felice di trovarmi finalmente lì.

Giunta a  ‘Venissa’  mi ha aperto il cancello  Luca Carnevali , responsabile accoglienza. Questo brillante e giovane  sommelier di Padova mi ha accolto con un gran sorriso. Dopo essersi presentato, con un fare gentile Luca Carnevali mi ha fatto perlustrare la piccola tenuta, facendomi sentire come a casa.

Mentre stavamo camminando fra i filari del vigneto sono rimasta stregata dalla bellezza di una natura rigogliosa. A distrarmi da quell’incanto le parole di Luca Carnevali . L’ ho ascoltato attentamente mentre mi stava spiegando con molta semplicità e professionalità quando nasce e cosa è esattamente ‘Venissa’ .

Storia della cantina ‘Venissa’

‘Venissa’  è circondata da delle mura di origine Medievale, che custodiscono le uve di Dorona , un frutteto e i lussuosi spazi per l’accoglienza degli ospiti. Nel bel mezzo di questa oasi  svetta l’imponente torre diSan Michele Arcangelo’ del XIII secolo. Questo è il campanile di una chiesa che era precedentemente annessa a un convento di monaci cistercensi (e poi benedettini).

Questo terreno era prima di proprietà della famiglia Scarpa Volo, che battezza la sala degustazione di ‘Venissa’  . Gli Scarpa Volo dei primi vigneron che gestirono questo immenso bene fino all’inondazione del 1966, che a Venezia  rase al suolo tutti i vigneti allora esistenti. Nel 1990 l’area passò in mano al comune del capoluogo.

Intanto nel 2001 Gianluca Bisol scorse per caso una vecchia vigna in una dimora privata di fronte la ‘Cattedrale di Santa Maria Assunta’ . Se ne fece inviare qualche cassetta per esaminarla. E fu una gran sorpresa. Perché si rese conto non solo che le vigne erano sempre esistite nelle isole, ma che le 80 varietà che aveva trovato erano le ultime di un vitigno autoctono veneziano: la  Dorona!

Per tagliare un diamante ci vogliono grandi maestri!

Da quel momento in poi il progetto di recupero della  Dorona assorbì i Bisol.  Seguirono anni di ricerche, cura e la competenza tecnica di due mostri dell’enologia: Desiderio Bisol Roberto Cipresso.

Nel 2007 si acquistarono i lotti di quella zona abbandonata e se ne affidò la riqualifica allo studio di Zanon Architetti Associati’ . Un’operazione magistrale che fu in grado di portare a nuova luce i vecchi edifici e la vigna murata all’interno della quale si ripiantò la  Dorona. Ed ecco che gradualmente ‘Venissa’  prese forma fino a diventare quello che è oggi: una splendida struttura ricettiva, un centro di formazione, educazione e ricerca agro-ambientale

Cosa è  ‘Venissa’ ? Vino, arte, natura e 10 esperienze

‘Venissa’ ,  è un wine resort di 8 ettari , composto  da 5 appartamenti (doppia con colazione da € 160)  più 13 camere di ‘Casa Burano’ (a partire da € 150) sull’isolotto omonimo distante 10 minuti e collegato da un ponte in legno , che è detto ‘Ponte Longo’.

Si possono fare diverse esperienze a ‘Venissa’ :

  1. Giro in cantina ( aperto al pubblico anche solo per curiosare) e la degustazione ( a partire da € 20 euro) dei vini ‘Venissa’  ;
  2. Workshop sulla lavorazione del merletto: Entrerete nel caratteristico atelier di Martina Vidal, dove potrete anche seguire una lezione di merletto;
  3. Corso di Yoga : Relax tra panorami mozzafiato e di gran pace;
  4. Tour delle isole: Un’escursione che vi farà avere un’idea generale della bellezza di questi luoghi;
  5. Pescaturismo: A bordo di piccoli battelli assisterete alla tecnica della pesca delle ‘moeche’, i piccoli granchi alla base delle prelibatezza della cucina veneta;
  6. Visita a una famiglia di ‘battiloro’ : Gli artigiani che lavorano a mano le etichette di foglie d’oro delle bottiglie di ‘Venissa’ ;
  7. Verso il mare Cà Savio: Questa è una delle spiagge più belle di Cavallino Treporti, ideale per ripararsi dal caldo estivo all’ombra delle sue pinete;
  8. Kayak a Burano: Fare sport mentre si ammira l’adiacente borgo incantato di Burano non ha prezzo;
  9. Gita a ‘San Francesco del Deserto’ : Una località misteriosa, che ospita un convento di frati francescani del 1230 circa. È circondata da barene ed è avvolta lungo il suo perimetro da cipressi e pini marittimi;
  10. ‘Sant’ Erasmo’ in bici: Su due ruote per perdersi in uno degli angoli più verdi della laguna, immersi tra i campi delle rinomate ‘castraure’, i minuscoli carciofi amarognoli e violacei tipici di qui;

‘Venissa’ il ristorante e l’osteria

‘Venissa’   vanta anche due eccellenze della ristorazione Italiana:

  1. ‘Ristorante Venissa’ : Un locale raffinato che ha preso 1 stella Michelin per la cucina sostenibile (pacchetto pranzo e passaggio in barca da € 175). Ci sono dieci tavoli in cui Francesco Brutto e Chiara Pavan interpretano il meglio della cucina veneta in versione gourmet. Come per esempio il pesce della laguna, le verdure a km zero, e le erbe spontanee raccolte dagli chef nel giardino adiacente in cui c’è un orto e un frutteto;
  2. ‘Osteria Contemporanea’: Un posto meno esigente del primo, con una scelta di piatti che rimanda a ricette più popolane. Tra queste figurano gli immancabili ‘cicchetti’, una sorta di finger food appetitoso che spazia dalle ‘sarde in saor e cipolle’ (questo è il più consumato!) , alle polpette di carne, o di peperoni e piselli.

La Dorona , l’oro giallo di Venezia

La Dorona è un’ eredità delle meraviglie di  Venezia. Era definita l’uva d’oro, perché si dice fosse quella dei Dogi durante i loro banchetti nobiliari. I  Bisol la ripropongono per rievocare quella forte identità territoriale che ha reso gloriosa Venezia.

Nonostante la  Dorona  sia un vitigno povero e non  carico di aromaticità, una volta riscoperto si è riadattato a questa area salmastra . E da questo ‘terroir’ che mette in difficoltà la vite, si generano quelle condizioni che danno la possibilità al vino di tirare fuori un carattere di forte spessore.

Ed ecco che la Dorona sprigiona caratteristiche uniche quali:

  • Perfetta adattabilità al sale e alle periodiche inondazioni;
  • Resistenza alla botrite. L’umidità viene combattuta durante l’anno con l’uso della poltiglia bordolese (10% per ogni litro);
  • Capacità di mantenere un’ottima acidità anche a temperature elevate.

‘Venissa’, un ‘terroir’ difficile, una qualità di vino irripetibile

A ‘Venissa’   c’è un solo vigneto di un ettaro di  Dorona da cui si producono i bianchi  (vinificati a Baone , Padova) . Questi hanno in comune la macerazione, che ne è il carattere distintivo, poiché  li rende strutturati come dei rossi!

La macerazione dei bianchi in questo fazzoletto di terra è una vecchia tecnica. Questa  è stata ripresa ancora oggi non solo per il rispetto della tradizione, ma perché non si potrebbe fare altrimenti da queste parti!

Infatti non essendo possibile scavare in profondità nella laguna, mancano cavità ben refrigerate dove conservare i vini. Per cui ai primi caldi estivi l’uva a contatto con il sole si macera!

A ‘Venissa’    genera appena 10 000 bottiglie all’anno ,  tra cui anche rossi. Questi ultimi provengono da ettari ettari di Merlot , Carmènere , e Cabernet in località ‘Santa Cristina’,  proprietà del gruppo ‘Swaroski’.

Perché i vini di ‘Venissa’ sono speciali?

A ‘Venissa’  i suoli sono sabbiosi, con limo e argilla. Le radici fanno fatica a scendere giù ,  si strozzano, per cui crescono in orizzontale Questo determina poca resa e alta qualità, cioè dei prodotti eccezionali, oltre che biologici .

Pur non essendo ancora certificati i vini di ‘Venissa’  sono green, su cui si cerca di intervenire il meno possibile (si ricorre a rame e zolfo laddove è necessario). Ciò è in linea con la filosofia aziendale che ha un approccio olistico, con un occhio attento alla tutela della flora e della fauna autoctona.

 Dorona prospera spontanea nel suo habitat naturale, in una completa simbiosi con la biodiversità lagunare. Ecco perché i vini di ‘Venissa’  sono delle rarità enoiche pluripremiati, che chiaramente hanno carpito l’attenzione di grandi appassionati ed esperti di vino, nonché della stampa specializzata di settore.

Degustazione di 2 Bianchi di ‘Venissa’ 

Ho avuto la fortuna di degustare con Luca Carnevali  due bianchi fuoriclasse della cantina  ‘Venissa’ , mi riferisco a  ‘Venusa 2018’    e   ‘Venissa 2016’Anche se entrambi sono fatti  Dorona in purezza, differiscono per:

Ovviamente è palese che abbiamo a che fare con due vini concepiti per soddisfare esigenze completamente diverse: ‘Venusa 2018’ è tanto leggero da pasteggiarci in compagnia . Invece ‘Venissa 2016’  è un vino da meditazione, che non scorderai mai!

Senza dubbio, l’obiettivo di ‘Venissa’  è quello di sfruttare al massimo la Dorona per potere offrire prodotti inediti che sono portavoce di una identità territoriale specifica, quella del Veneto. Proprio perché si vuole che tutti possano assaporare queste eccellenze , si tende a variare l’offerta  per il pubblico. Ma vediamo nel dettaglio qualche nota di gusto!

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‘Venusa 2018’

‘Venusa 2018’: Un bianco di ultima generazione, non troppo impegnativo, che si distingue per la piacevolezza di beva. Il suo colore è un giallo paglierino, ed emana sentori più leggere e floreali, oltre a frutta come pesca, mela cotogna ed erbe di campo. In bocca il vino risulta etereo, minerale, denotando un’ acidità piacevole.

Scheda Tecnica 

  • Area di Produzione: Venezia, Isola di Mazzorbo;
  • Varietà: 100%  Dorona di Venezia;
  • Superficie vigneto: 0,8 ha;
  • Esposizione: Est-ovest, pianeggiante;
  • Altimetria: Variabile da 1 m a -1 m s.l.m. ;
  • Tipo di suolo: Lagunare, limoso-sabbioso;
  • Sistema di allevamento: Guyot;
  • Densità di piante per ha: 4000;
  • Produzione per pianta: 1,5 kg;
  • Raccolta delle uve: Inizio di settembre;
  • Fermentazione: Acciaio;
  • Temperatura di fermentazione: 16/17 C;
  • Durata della macerazione: 7 giorni;
  • Gradazione alcolica: 12,5%;
  • Affinamento: 24 mesi in cemento.

 

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‘Venissa 2016’

‘Venissa 2016’  è  stata un’annata particolarmente proficua: il numero di bottiglie arriva a 4000 pezzi. Di colore dorato intenso, il naso esibisce aromi di fiori gialli, miele e agrumi. Alla bocca si presenta pieno,  fresco, con una texture vellutata. Il suo finale è secco, sapido e persistente. ‘Venissa 2016’ è un grande bianco da collezione, adatto ad invecchiare. Singolare la sua etichetta , che è una foglia d’oro laminato. L’applicazione è stata eseguita a mano e poi l’ampolla preziosa messa a ricottura nei forni delle vetrerie di Murano. Un capolavoro pensato da Giovanni Moretti, un grande artista del vetro di Murano, e realizzato dal laboratorio  artigianaleMario Berta Battiloro’.

Scheda tecnica

  • Area di Produzione: Venezia, Isola di Mazzorbo;
  • Vitigni: 100%  Dorona di Venezia;
  • Esposizione del vigneto: Est-ovest, pianeggiante;
  • Altimetria del vigneto: Variabile da 1 m a -0,10  m s.l.m. ;
  • Tipo di Suolo: lagunare, limoso-sabbioso, ricco di sostanza organica;
  • Sistema di allevamento: Guyot;
  • Densità di piante per Ha: 4000;
  • Produzione per pianta: 1,10 Kg;
  • Epoca di raccolta delle uve: ;
  • Fermentazione: Acciaio;
  • Temperatura di fermentazione: 16°/17°-,
  • Durata del processo di macerazione: 30 giorni;
  • Operazioni durante la macerazione: Follature manuali;
  • Affinamento: 48 mesi in contenitori inerti;
  • Gradazione alcolica: 13 %Vol.

 ‘Venissa’ , il lato sconosciuto e divino di Venezia!

Senza dubbio la mia tappa a  ‘Venissa’ è stata un momento  indimenticabile che mi ha regalato una Venezia  inedita grazie a un vino d’autore. Un viaggio nel tempo che mi ha fatto innamorare di questo angolo di paradiso, che vi consiglio di mettere in lista per le vostre future vacanze.

‘Venissa’  è una testimonianza di quanto il vino sia in assoluto un patrimonio culturale dell’uomo. Quella dei  Bisol non è stata una mossa commerciale per fare di un vino un privilegio per pochi, ma il risultato dell’amore per il loro territorio, che vogliono elevare e valorizzare con i calici dei loro raffinati elisir! Un esempio per fare un turismo sostenibile e non di massa, di quello che rilancia e non sotterra l’Italia.

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Chi è Roberto Cipresso? È l’arte di fare il vino a Montalcino

Chi è Roberto Cipresso? È l’arte di fare il vino a Montalcino

“L’arte è un punto di vista e un modo geniale di guardare le cose.”

Henry James

Roberto Cipresso. L’arte di fare vino a Montalcino.

Un  weekend  di Settembre mi sono recata a Montalcino  a  ‘Poggio al Sole’  , resort stellato di Roberto Cipresso  , enologo di fama internazionale. Ho avuto l’occasione di conoscerlo meglio nel suo  eden e assaggiando il suo oro rosso, ossia il Brunello,  uno dei vini più conosciuti al mondo.

Senza dubbio, la mia è stata  un’esperienza che vi metterà di fronte all’evoluzione dell’imprenditoria agricola in Toscana. Certamente essa affonda le radici nella tradizione, ma è decisamente proiettata verso il futuro dell’innovazione.

E non a caso vi parlerò delle novità nella cantina di Roberto Cipresso , il cui sguardo non segna mai un confine, ma si apre ogni volta ad un orizzonte nuovo. Per cui, sedetevi pure comodi e cercate di seguire Roberto Cipresso   attraverso il mio racconto, perché non è facile stargli dietro!

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Il primo incontro con Roberto Cipresso

L’ 08 Novembre del 2018 è una data memorabile per me. Fu allora che incontrai infatti per la prima volta  Roberto Cipresso . Ero stata invitata con altri sommelier a una cena a sorpresa  con degustazione di vini al  ristorante ‘Nautilus’ di Andrea Baldeschi  a Tirrenia, Pisa. Si trattava dei vini di  Roberto Cipresso  abbinati a dei piatti di cucina tradizionale toscana. In quell’occasione l’eclettico winemaker presentò anche il suo libro  ‘Il Romanzo Segreto’  .

In questo mio post  scoprirete con il mio articolo il motivo del successo di Roberto Cipresso  ,  che  risiede nel connubio tra un’eccellente preparazione accademica e una prorompente personalità. Roberto Cipresso  rivoluziona tutto ciò che ordinario, si mette in gioco quotidianamente, poiché la sua curiosità lo spinge a vedere castelli laddove gli altri vedono ruderi!

‘Poggio al Sole’, il buen ritiro di Roberto Cipresso

Così un venerdì mattina sono partita in treno da Pisa direzione Montalcino, per conoscere da vicino e intervistare  Roberto Cipresso. Dal treno sono scesa alla fermata di  Buonconvento . Qui mi è venuto a prendere in macchina  Fabio degli Stefani, braccio destro di  Roberto Cipresso. 

Dopo qualche minuto con Fabio degli Stefani abbiamo percorso con la sua Fiat grigia  un viale di cipressi alti e fieri , che ci hanno portato dritti al cancello di ‘Poggio al Sole’

‘Poggio al Soleè l’ incantevole agriturismo di Roberto Cipresso , che si estende  per  due ettari per lo più coltivati a Brunello  in località Torrenieri. Si tratta di uno spettacolare  wine relais posto  tra la Val d’Orcia e il Monte Amiata.

‘Poggio al Sole è un vecchio rudere del 1700 trasformato nel 1996 in un elegante casa vacanza di campagna  in perfetto stile toscano. Immerso in una vegetazione dolce e avvolgente tra l’Abbazia di Sant’Antimo (VIII secolo), Castelnuovo Abate e Sant’Angelo in Colle , ‘Poggio al Sole dispone di cinque appartamenti a pietra viva , dotati di tutti i comfort di ultima generazione.

Il mio loft a ‘Poggio al Sole’

Ho davvero trascorso un fine settimana indimenticabile a ‘Poggio al Sole’  nella pace del creato, tra i piaceri del cibo,  del vino, e della buona compagnia di Roberto Cipresso.  Ho proprio staccato un biglietto per la prima fila di uno spettacolo di una natura rigogliosa e silenziosa tra filari di vite e  panorami mozzafiato.

La mia stanza era un elegante e comodo loft a pianterreno di ‘Poggio al Sole’  . Quando mi ero affacciata da una finestra interna, vedendo  i colori del tramonto che  pennellavano di arancione le pareti del casale.

Tutto intorno sentivo  profumi di lavanda, ginestra e rosmarino, che invadevano il pergolato. Mi ero goduta appieno  il mio soggiorno, rinfrescandomi con una doccia e rilassandomi nel mio morbido  letto in soffitta.

Mi fecero compagnia Briciola il gatto, e le cicale, che intonarono un canto, salutando l’estate che intanto andava via. A volte bisogna  ricordare che basta davvero poco per rigenerarsi, e la Toscana di Roberto Cipresso è un all inclusive di sensazioni, che difficilmente si possono provare altrove .

Chi è Roberto Cipresso? Winemaker eclettico , blend perfetto di razionalità e sentimento. 

Classe 1963, Roberto Cipresso  nasce a Bassano del Grappa , ma l’uva da giovane non gli interessa affatto. Non solo! Inizialmente la sua vera passione è l’alpinismo. Pensate che Roberto Cipresso   studia volentieri agronomia a Padova per stare più vicino alle vette da scalare!  Roberto Cipresso   doma saggiamente questa sua forma di irrequietezza giovanile. Perché se da un lato la scuola lo disturba, dall’altro è consapevole della sua importanza per dare un solido fondamento alla sua carriera.

In tutta sincerità, Roberto Cipresso è sempre stato un montanaro, e in cima alle Dolomiti impara più che tra i banchi. Cosa? La capacità di oltrepassare i propri limiti, le proprie paure, di scegliere la cosa più logica, perché si sa in fondo fino a dove ci si può spingere!

La perdita di un amico e l’addio alla montagna

Il potere senza la mente, serve a ben poco. Per quanto capaci , siamo sempre esseri umani, macchine perfette , ma non infallibili. E questo Roberto Cipresso l’ha imparato a proprie spese, dopo essere rimasto miracolosamente illeso a causa di una caduta di 80 metri dal Cividale, e la tragica perdita di un amico fraterno!

Così Roberto Cipresso si prende una pausa dai bollori interni, e  decide di conseguire un master presso l’ ‘Istituto di San Michele all’Adige’. Da qui sono usciti fuori numeri uno nel settore vinicolo con la direzione del celebre Professor Attilio Scienza, guru dell’enologia italiana. Roberto Cipresso  non rinuncia a fantasticare, cambia solo rotta, facendo presto parte di quella nicchia di winemakers da rivista platinata.

Roberto Cipresso si descrive nel suo ‘Il Romanzo del Vino’ 

Eppure Roberto Cipresso è rimasto lo stesso ragazzo di prima, come si descrive nel suo libro ‘Il Romanzo del Vino’ :

Da giovane ero già tutto quello che sono oggi. Ballavo poco e male. Suonavo la chitarra con passione. Il mio fumetto era ‘Alan Ford’’. Il Libro con la maiuscola era e resta ‘Lo Straniero di Camus’, ma non potevo certo scappare a ‘Siddharta’ e ‘L’Alchimista’.

Per completare il quadro dirò che mi sono commosso con ‘L’Attimo Fuggente’ e ‘Schindler’s List’, la grande sfida versione cinema è ‘Duel’, l’incanto formato pellicola è ‘Il Color Viola’, un grande attore è De Niro ma restano indimenticabili Giannini e la Melato nel film di quella che sarebbe diventata anche la mia amica Lina Wertmüller, il cantante del cuore è James Taylor, la grande trasmissione è ‘Blob’, per quanta TV vedo, e il comico è Benigni…”.

Dal Veneto alla Toscana. Nulla è per caso!

Il concorso vinto da ranger è un lontano ricordo per Roberto . Appena venticinquenne, si trasferisce definitivamente a Montalcino, che stravolge in meglio la sua esistenza, diventando il posto della memoria. Casualità, destino? Poco davvero importa, perché dal 1988 al 1996, Roberto lavora presso importanti cantine a Montalcino,  quali ‘ Soldera Case Basse’ , ‘Poggio Antico’ e ‘Ciacci Piccolomini d’Aragona’.

Inevitabilmente Roberto mette su famiglia a  Montalcino  , sposando Marina Fiorani , proprietaria del rinomato ristorante Il Boccone Divino’ . Parallelamente nel 1955 con i campioni del rally Miki Biason e Tiziano Siviero,  e altri personaggi illustri,  Roberto   coofonda  ‘La Fiorita’, una azienda vinicola, che  cresce fino a toccare i nove ettari di superfice vitata.

Poggio al Sole, wine relais a Montalcino
‘Poggio al Sole’, wine relais a Montalcino

Roberto Cipresso, un visionario e un uomo dal cuore d’oro

Roberto Cipresso non è solo un professionista del settore enoico, è in primis un visionario con un cuore a prova di oceano. Lui è un globe trotter, capace di stare tanto accanto ai re quanto ai poveri, restando pur sempre se stesso, con tutta la sua straordinaria semplicità.

Quello che più mi conquista di Roberto  è la sua umanità, quello che più ammiro è l’arte del delegare. Mi ha dato fiducia, e quindi la possibilità di approfondire la mia formazione da sommelier. Mi ha spedito un po’ ovunque per lo stivale per documentare il decollo di imprenditori di spicco,  a cui ha fatto da mentore, che si sono lanciati nel vino per poi esplodere con il suo fidato appoggio.

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Ca Avignone, cantina dei Colli Euganei

Ca Avignone, cantina dei Colli Euganei

Cominciano agli ultimi di giugno, nelle splendide
mattinate; cominciano ad accordare in lirica
monotonia le voci argute e squillanti.
Prima una, due, tre, quattro, da altrettanti alberi;
poi dieci, venti, cento, mille, non si sa di dove,
pazze di sole; poi tutto un gran coro che aumenta
d’intonazione e di intensità col calore e col luglio, e
canta, canta, canta, sui capi, d’attorno, ai piedi
dei mietitori.
Finisce la mietitura, ma non il coro.

G. Carducci

‘Cà Avignone’, cantina dei Colli Euganei

Un freddo fine settimana di un Dicembre del 2020 mi ritrovo alla stazione di Monselice, nei Colli Eugane.  Si tratta una pittoresca cittadina vicino Padova, nel Veneto. Mi allontano dai binari per cercare l’uscita dove mi attende Nicola Ercolino, che insieme alla moglie Antonella La Sala  , è responsabile della cantina ‘Ca Avignone’, presso cui trascorro  tutto il weekend.

‘Ca Avignone’, fiorisce otto anni fa grazie al prezioso sodalizio con Roberto Cipresso, enologo di fama internazionale a Montalcino, con cui ho iniziato l’avventura del mio wine reporting alla scoperta delle più pregiate ed interessanti aziende vinicole con cui collabora. Un viaggio anche questo che mi porta in un posto straordinario e mai visto prima, che mi dimostra ancora una volta, che un vino racconta un territorio e molto di più.

Covid 19, non ci fermerai!

È quasi l’imbrunire. Tutto intorno è deserto per le disposizioni contro il  Covid 19, un virus che senza nessun preavviso ha sconvolto le nostre vite e  il pianeta intero con  tutte le terribili  conseguenze per la salute, l’economia, la socialità e la lista sarebbe interminabile.

Il sangue però scorre ancora nelle vene e il mio auspicio è quello che tutti possano avere la possibilità e la forza di reagire, di considerare i propri comportamenti e modificarli in modo più efficace rispetto alle difficoltà innescate da questo morbo. Bisognerebbe assumere un atteggiamento positivo volto alla soluzione di un problema, piuttosto che all’autodistruzione nel dolore, che se momentaneo è umano e in qualche modo addirittura consolante, ma alla lunga risulta essere inutile e frustrante.

Parafrasando  Goethe, vale davvero la pena “vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo”! Questa mia spedizione è diversa dalle altre, è catartica, introspettiva, è un tentativo per non spegnere del tutto il fuoco che hai dentro. E per alimentare questa fiammella che scalda, mi godo tutto, ogni istante, pure il silenzio rumoroso, manifesto di come tutto ciò che prima era normale adesso è un miraggio.

Ca Avignone, cantina dei Colli Euganei

Stazione di Monselice, Veneto

Un po’ smarrita tra lo scroscio della pioggia e gli ultimi sbuffi dei treni che si arrestano al capolinea, mi guardo intorno, e la vista di una rocca mi lascia attonita con quel fascio di luci rosse che la avvolge  quasi a proteggerla. Una targhetta di fianco a una fontana mi informa che  in cima lassù si erge il ‘Castello Cini’, un complesso di  quattro nuclei principali (l’XI – XVI secolo) con annessa la massiccia torre fatta da Ezzelino III da Romano su ordine dell’imperatore Federico II di Svevia.

L’ Italia! Non inizi neppure il cammino che già ti stupisce e ti lascia senza parole. Intanto mi avvicino al parcheggio, dove incontro Nicola  che mi viene a prendere in auto e mi accoglie con un sorriso smagliante che colora un po’ il grigiore di quel venerdì uggioso.

Petrarca Holiday House’, alloggio esclusivo nel ‘Parco dei Colli Eugeani’

Rotto il ghiaccio dei primi convenevoli, Nicola  mi mette subito a mio agio e mi accenna un po’ di sé e della sua famiglia durante il tragitto verso Petrarca Holiday House’, il mio alloggio esclusivo di fronte i colli bolognesi. Nicola e Antonella sono una coppia d’imprenditori che amano  la natura, e dopo anni di lavoro e di giri per il mondo, hanno deciso di dedicarsi quasi del tutto alla loro attività di winemaker nella loro tenuta, ‘Ca Avignone’, incastonata come una gemma  nel ‘Parco dei Colli Euganei’, una delle prime aree verdi istituite nel Veneto nel 1989 .

I Colli Euganei

Vini minerali e di una eleganza sopraffina quelli che regalano gli Euganei, un paradiso di 52 colline di tipo vulcanico , la cui origine geologica risale a 135 milioni di anni fa, quando il pianeta era spartito in due grossi blocchi divisi da un oceano ,che per tensioni crostali fecero innalzare la catena alpina.

I Colli Euganei si generarono più avanti a causa di eruzioni vulcaniche sottomarine non del tutto esplose in superficie per il ristagno del magma. Si tratta  di  ‘laccoliti’ , come sono conosciuti in gergo tecnico , cioè una sorta di accumulo di detriti a forma di  fungo , che una volta emersi , si diversificarono in altitudine  (dai 53 ai 400 metri ) , di cui la massima è  quella del  Monte Venda (600 mt) . Un arcipelago di rilievi sospinti su dalla lava e rimasti tali   fino a quando il mare gradualmente si ritirò  innanzi alla Pianura Padana , che si  fece  spazio in seguito a processi  alluvionali.

Destinazione Arquà Petrarca

Ci inerpichiamo su una stradina piccola e stretta che ci conduce a destinazione. Siamo ad Arquà Petrarca, una deliziosa e incantevole borgata medievale di poche anime, che con i suoi addobbi natalizi sembra quasi essere un presepe vivente, spoglio però di tutta la gente che normalmente sotto le feste affolla le sue contrade, riempiendola di allegria e spensieratezza.

La salita ci porta fino al mio b&b attraverso un sentiero illuminato da dei lampioni. Il cancello fa quasi fatica ad aprirsi. I suoi intagli in ferro battuto picchiettano contro gli aghi dei pini fronzuti, che per il loro peso crollano su dei cespugli di rosmarino e capperi  che preannunciano la mediterraneità di questa oasi sperduta nel deserto.

Nicola  chiude la vettura e mi dà una mano a sistemare i bagagli davanti l’uscio, quando improvvisamente mi fermo a contemplare la bellezza del paesaggio. Dei piccoli faretti sparsi tra gli alberi di castagno e una coperta di stelle schiariscono il fondo valle, dove in mezzo a una nebbiolina fitta si scorgono i contorni di uno skyline ondeggiante, che dal mare Adriatico alle mie spalle gira in modo circolare attraversando tutti i piccoli villaggi dell’entroterra veneto per poi sparire nell’orizzonte infinito.

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Nicola ed Antonella mi accolgono come a casa al ‘Petrarca Holiday House’

A distrarmi da quell’incanto lo scodinzolio di Lana, un pastore bianco maremmano che mi si struscia addosso, una guardia perfetta per i ladri, che con un fare goffo e docile mi invita a entrare in casa. Nicola mi fa accomodare e mi sento in alta quota quando intravedo un bel piatto fumante di pasta e fagioli con delle porzioni abbondanti di: soppressata, pane in crosta, olive nere, parmigiano, evo in purezza, e un singolare taglio bordolese di produzione propria.

Dopo essersi accertato che fosse tutto di mio gradimento e che non mi mancasse nulla, Nicola   mi augura una buona serata. Si scusa di non potersi intrattenere a lungo  e di una cena parca ,  casalinga , arrangiata  alla buona da Antonella  per le chiusure di Conte.

Riduttivo esternargli che la sua classe e il gesto della sua dolce metà mi spiazzano, vorrei ringraziare, ma non serve molto, perché sarebbe un continuo, e capisco che la gentilezza e la generosità fa parte del loro modo di essere. Mi limito a salutare, in qualche modo farò per mostrare loro la mia riconoscenza.

Degustazione '3 Tinto', il taglio bordolese Italiano, a Petrarca Holiday House, Arquà Petrarca

‘Petrarca Holiday House’ , il mio nido nei Colli Euganei

Con calma assaporo quel pasto luculliano finendo praticamente tutto. Nella pace più assoluta, ascoltando un po’ di musica jazz, mi accosto al camino stanca ma felice. Lo scoppiettio del fuoco mi coccola mentre leggo delle guide che mi anticipano i segreti di quei luoghi ameni.

Le pagine di quei libri  sono ormai impolverate a furia di non essere più sfogliate dai turisti dopo lo scorso segno di una crisi economica imperante ovunque, che ha affondato tutti i settori senza esclusione di colpi. Sono attimi in cui rifletti su quanto sta succedendo di così inaspettato, crudele e quasi a i limiti dell’assurdo, e nell’animo avverto tutta la fragilità e la vulnerabilità dell’essere umano.

Poi però mi riprendo rapita dalle immagini di qui volumi sul  Veneto  , sul   suo immenso patrimonio, artistico, culturale, paesaggistico ed enogastronomico.  Mi pervade un senso di libertà.  Quella è per me come un’ora d’aria dalla prigione, respirata in totale sicurezza per raccontare un’esperienza indelebile nella memoria, per condividere una storia di chi con molta tenacia e determinazione nonostante tutto, va avanti.

Il Covid 19, non mollare mai 

Un inno alla collaborazione, alla solidarietà, alla fratellanza. Una promessa al reinventare in meglio noi stessi e la nostra presenza su questo pianeta, che è saturo e che, se non corriamo ai ripari, giustamente si ribellerà eliminando la nostra specie che di tutto il Creato è la più distruttiva. Un messaggio di speranza per chi sta soffrendo più di altri, per non arrendersi.

Un augurio affinché questa maledetta pandemia possa essere presto debellata, perché ce la stiamo mettendo tutta! Ed è l’energia di cui necessito, di cui necessitiamo, quella che mi piace trasmettere, perché come affermavano gli antichi greci πάντα ῥεῖ’’,  “tutto passa”. Spalanco la finestra per contemplare ancora un po’ quella meraviglia, che già a notte fonda è un teatro plen air.

Due leprotti che giocano sotto gli ulivi, il susseguirsi di alture dai contorni non ben definiti e di vallate che accolgono minuscoli paesini con i loro tetti spioventi e qualche campanile che fa capolino da una luna gigante, la cui luce bianca si riflette fin dove riesco a vedere, sbiadendo man mano fino a sparire all’arrivo  dell’alba di domani.

Risveglio ad Arquà Petrarca

I galli cantano e mi svegliano. Scendo giù dalle scale della soffitta che ha accolto il mio sonno. Rimango ancora un po’ sotto il piumone infreddolita. Mentre il calore delle stufe si propaga nelle stanze, mi preparo un caffè nero bollente e dopo una doccia tonificante , il programma è quello di recarmi in centro ad Arquà Petrarca, che , posta tra il Monte Piccolo e il  Monte Ventolone, è  in assoluto la perla  dei Colli Euganei.

L’incombere di una forte tempesta di vento mi fa cambiare idea, così esco fuori in veranda a inebriarmi dell’odore della terra bagnata prima che Nicola   venga a prelevarmi. La fame vince sulle intemperie! A metà mattinata lo stomaco brontola e per farlo tacere, mi decido di cercare un bar nelle vicinanze per divorare un cornetto e scaldarmi con un cappuccino d’asporto!

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Matteo Zanato la mai guida ad Arquà Petrarca

Per mia fortuna Matteo Zanato , il proprietario di Petrarca Holiday House’, mi raggiunge per assicurarsi che tutto sia apposto e per scortarmi giù ad Arquà  a rifocillarmi . Matteo  è dispiaciuto di non avermi lasciato nulla di pronto da mangiare, e gli rammento che in quelle condizioni di restrizioni si è fatto più di un miracolo a organizzare il mio fine settimana per l’intervista.

Matteo non può darmi torto, e più sollevato mi fa cenno di montare sulla sua jeep per mettere qualcosa sotto i denti. Mentre discendiamo giù per quelle viuzze ciottolate e venate dalle radici di tronchi titanici, Matteo mi dice sommariamente qualcosa su di lui, definendosi un self made man.

Dopo aver  rinunciato  al ruolo di d-jay per una nota band musicale per portare avanti la baracca tra consorte e due bambini, Matteo eredita un podere dal padre e lo adibisce a b&b , offrendo agli stranieri lì in vacanza un servizio alquanto insolito quanto ricercato, quello della pesca dell’ introvabile pesce persico. Le stagioni primaverili sono una fucina di tedeschi che calano giù per divertirsi con lui nei laghi a bordo delle sue barche, che purtroppo al presente sono ormeggiate nel prato della sua dépendance per colpa della peste cinese!

Anche per Matteo è lontano il ricordo del suono di quel motore, che azionava con ottimi risultati la sua impresa concepita poco a poco con così tanto sforzo e devozione.  Matteo non molla, perché primo non ne ha voglia, secondo non può neppure permetterselo, per cui escogiterà un piano B! Intanto ci avviamo e dopo pochi minuti giungiamo ad Arquà Petrarca .

Ci intrufoliamo in un bistrot per far colazione, siamo gli unici clienti, e al riparo dal freddo consumiamo in piedi delle paste al miele e un buon tè alla vaniglia.

Cosa vedere ad Arquà Petrarca

Tra una chiacchiera e l’altra la mia attenzione casca su un imponente mausoleo che scorgo da un lucernaio, e  Matteo  soddisfa la mia curiosità, riferendomi che  quella è la chiesetta  di  ‘Santa Maria Assunta’, il cui sagrato, sito accanto al massiccio ‘Palazzo Contarini’ e ‘Casa Strozzi’ (esempi emblematici dell’architettura delle antiche famiglie patrizie veneziane), da secoli custodisce gelosamente le spoglie di Francesco Petrarca, il sommo poeta italiano.

Alcuni dei resti di Francesco Petrarca  sono stati misteriosamente trafugati, e giacciono all’interno di una tomba in pregiato marmo rosso di Verona , costruita dal genero Francescuolo da Borsano, il quale si ispirò ai sarcofagi romani e ai sepolcri più classici su modello di ‘Antenore’ a Padova.

Francesco Petrarca ad Arquà Petrarca

Usciamo per scrutare più da vicino quel monumento sacro, e con mesta reverenza tolgo alcune foglie ringrinzite da un’iscrizione commemorativa, che recita le ultime volontà del dotto Toscano: “Questa pietra ricopre le fredde ossa di Francesco Petrarca, accogli o Vergine Madre, l’Anima sua e tu, figlio della Vergine, perdona. Possa essa stanca della terra, riposare nella rocca celeste”.

Matteo mi spiega che Petrarca per sfuggire all’epidemia che colpì Milano (coincidenza strana che mi fa quasi paura!) si trasferì prima a Padova,  e poi su invito dell’amico Francesco il Vecchio da Carrara ad Arquà, dove acquistò una villa del Duecento, adibita  ora a  museo , in cui si stabilì definitivamente insieme alla figlia e la nipote.

Come narra una legenda, Petrarca esalò gli ultimi respiri (1374) nella quiete del suo giardino, mentre stava ultimando i suoi scritti. Petrarca  ha ribattezzato Arquà e  l’ha resa famosa,  un tempio per pellegrini da ogni dove, un turismo per lo più letterario  fatto di  scrittori  di fama internazionale, da Shelley, Foscolo, Guinizelli, Ruzante e D’Annunzio fino a Zanzotto e molti altri.

Le lancette dell’orologio si fermano quando stai bene, non mi sono accorta che è già mezzogiorno, sono in ritardo perché devo andare in cantina da Nicola ! Per fortuna   Matteo  si presta gentilmente ad accompagnarmi.

Il Mediterraneo nella pianura Padana, Colli Euganei

La  ‘Cantina Ca Avignone’, Nicola e Antonella

Il passo a ‘Ca Avignone’ è davvero breve. Un sole leone inaugura il nostro ingresso nel possedimento di Nicola  e Antonella  , immerso in filari di vigne dal  verde sgargiante, dove ci danno un caloroso benvenuto, stringendoci così affettuosamente la mano da farci male!

Matteo squilla il telefono, e ci comunica rammaricato che si deve allontanare per degli impegni e il suo improrogabile torneo a golf. Antonella è una spumeggiante morettina dai lineamenti aggraziati, e il suo modo di fare è tipico di una donna determinata e realizzata.

Percepisco questi tratti della sua personalità, sarà l’istinto femminile, ancora prima di approfondire la sua conoscenza, e ne ho conferma non appena perlustriamo il suo casolare. Mi colpisce la raffinatezza e la semplicità dello stile country chic degli esterni quasi in contrasto con quello ultramoderno degli arredamenti.

Un gioco equilibrato di opposti, ingentilito dai quadri e dai mobili shabby di Antonella , artista a tutto tondo quando sveste i panni di commercialista e mamma premurosa. Il bianco predomina, come il colore degli infissi delle due ampie vetrate all’inglese che abbelliscono una terrazza con pavimento in cotto, oltre la quale spunta un salone enorme ammobiliato con pochi pezzi importanti e minimali.

A sinistra del soggiorno c’è una scala che porta alle camere da letto, un caminetto, e una cucina total black con un’isola centrale, dotata di tanti di quei comfort e accessori da fare invidia a Cracco! Antonella , da brava chef, vuole essere da sola a preparare il banchetto. Chi osa contraddirla! Nicola  ne approfitta per mostrarmi il suo studio dove mi decanta come si è immolato a Dioniso.

Nicola Ercolino e la nascita della ‘Cantina Ca Avignone’

Nelle mensole fanno bella mostra vari oggetti estrosi, orientaleggianti, tutti disposti in maniera ordinata. Penso siano dei souvenir, gli ultimi cimeli di un trascorso da globe trotter, e non mi sbaglio. Quella vita da affarista cosmopolita è stata appesa a un chiodo, a    Nicola   non  importa più, o meglio gli è servita fino a quando gli interessava.

In questo c’è la risultante del suo background   educativo, illustratomi con molta poca attenzione ai dettagli, perché Nicola non è uno da riflettori, ma da dietro le quinte, va alla sostanza!  Nicola  studia a Venezia e dopo una laurea in economia  e un master in business administration, si dedica prima al commercio e  manifattura di gioielli . Dopo anni di spola tra l’ Asia e il Bel Paese,  passa a immettere nel mercato grosse realtà industriali locali.

Annoiato e deluso dagli individui e dalle istituzioni che bramano solamente soldi senza altro fine, Nicola  fa della sua passione che è il vino  il suo business  principale , ed è così che nasce ‘Ca Avignone’, che da sette anni  delizia i palati dei più esigenti  wine lover / expert nazionali ed esteri.

Difficile stare chiusi fra le mura domestiche quando una giornata frizzante quasi primaverile ti sprona a farti baciare dai raggi solari, e allora ci spostiamo sotto il portico e proseguiamo la nostra conversazione stando comodi su un divanetto all’aperto.

Le terme dei Colli Euganei

Snodandosi per circa quattro ettari e collocata a un’altezza di  1, 86 metri  ‘Cà Avignone’   è una cantina intitolata dalla via omonima in cui è ubicata al civico 13, zona rinomata per le sue terme frequentate dai papi. Le terme euganee sono attestate qui sin dalla preistoria, si sono progredite attraverso i Romani e i Veneziani  fino  a ciò che sono attualmente, un complesso di 13 stabilimenti, 220 piscine , con  una capacità ricettiva di 13.000 posti.

Il bacino idrominerario dei Colli Euganei include i comuni di: Abano Terme, Arquà Petrarca, Baone, Battaglia Terme, Due Carrare, Galzignano Terme, Monselice, Montegrotto Terme, Teolo e Torreglia, per un’estensione complessiva di circa 23 Km2, costituendo una delle più stupefacenti risorse termali a livello europeo e una meta turistica di alto livello senza eguali in Italia.

In base a delle ricerche degli anni Settanta, si è scoperto che la fonte di calore di queste acque termali non è vulcanico come qualcuno potrebbe immaginare, ma meteorico (precipitazioni). Queste acque provengono dai bacini dei Monti Lessini nelle Prealpi, e discendendo nelle Piccole Dolomiti (Monte Pasubio) si riscaldano automaticamente  , arrivando a toccare delle fratture di rocce calcaree a una profondità di circa 3.000 metri.

Appena sfiorano un basamento solido e impermeabile, queste acque si arrestano e si arricchiscono di sali minerali e altre sostanze disciolte nel loro lungo percorso a cascata.  Poi per pressione idraulica risalgono verso il mantello un po’ saline e leggermente radioattive ad una temperatura media di 75°C.

‘Storia di un insolito viaggio sui Colli Euganei’, il libro di Antonella sul territorio , sul cibo e sul vino

Sto prendendo appunti , Nicola  conversa animosamente, Antonella  si avvicina e si siede accanto a noi nelle poltrone in vimini e mi omaggia del  suo diario di bordo ‘Storia di un insolito viaggio sui Colli Euganei’, un  baedeker che narra i luoghi dell’ infanzia , l’  esodo  dalla città alla campagna, un resoconto su un passaggio significativo quello da un’esistenza frenetica a una più autentica e intima nei Colli Euganei .

La coppia si apparta per imbastire la tavola, e nell’attesa divoro un capitolo sulla viticoltura dei Colli Euganei, che Antonella documenta con riferimenti al suo sopralluogo al ‘Museo del Vino dei Colli Euganei’ allestito a Vò nella sede del ‘Consorzio di Tutela dei Vini Euganei’ fondato nel 1972 .

Scavi fatti a Este di reperti archeologici in terracotta, ciotole e coppe legati al consumo del vino, testimoniano come Bacco abbia trionfato da queste parti a partire  dal VII – VI secolo a.C fino all ’impero Romano , cadendo nell’oblio fino a  quando resuscitò grazie ai  monaci nell’anno Mille.

Fu poi nel Cinquecento che entra in scena il re delle uve degli  Euganei , l’asiatico e dolcissimo Moscato Giallo , introdotto come ingegnosa alternativa alle spezie per le pietanze dei nobili dalle signore dei potenti governatori Veneziani quali gli   Emo Capodilista, i Selvatico, i Contarini e i Mocenigo ,  che circondarono i colli di sontuose residenze e li sanarono con sistemi di bonifica.

Il Moscato Giallo dei Colli Euganei 

Successivamente il Moscato Giallo fu selezionato come biotipo  dai viticoltori e da allora  coltivato fino a ottenere l’ambito riconoscimento della DOC nel 1994  e  quella di Colli Euganei Fior d’Arancio DOCG’ o ‘Fior d’Arancio Colli Euganei D OCG’ nel 2011, baldante denominazione che riporta  ai profumi di zagara e di agrumi tipici della vite in  questione, che esplode in tutto il suo sapore  nella versione spumante, passito e secco.

La denominazione include il comprensorio padovano di Arquà PetrarcaGalzignano TermeTorreglia ed in parte quello dei comuni di Abano TermeMontegrotto TermeBattaglia TermeDue CarrareMonseliceBaoneEsteCinto EuganeoLozzo AtestinoVo’RovolonCervarese Santa CroceTeoloSelvazzano Dentro .

Il terroir dei Colli Euganei

Il terroir dei Colli  Euganei  (22 mila ettari) è di essenza vulcanica. Diversi orientamenti e altitudini (dai 50 a un massimo di 400 metri) qui favoriscono dei microclimi variegati e un clima quasi mediterraneo: inverni miti, estati calde, asciutte e buone escursioni termiche fra il giorno e la notte.

La piovosità media annuale oscilla tra i 700 e i 900 mm con due punte massime, in primavera e autunno. L’umidità relativa è variabile tra la pianura e la collina, dove i valori sono notevolmente inferiori e si registra una temperatura superiore nelle giornate limpide e nelle prime ore del mattino  per il fenomeno dell’inversione termica. Per queste peculiarità i  Colli  Euganei sono ideali per la coltivazione della vite, situata prevalentemente in pendii e declivi che consentono il deflusso delle acque evitando i ristagni.

L’alto pregio dei vini euganei è prevalentemente dettato dai suoli di queste montagne, che sono derivati dalla disgregazione delle rocce vulcaniche. Essi  hanno un buon scheletro, e sono ricchi di vulcaniti (rioliti trachiti, basalti,), rocce sedimentarie (biancone, scaglia rossa e marna), alluvioni (conoidi di deiezione, fondovalle alluvionale).

Da questa varietà di microelementi ne consegue  l’eccezionale varietà dei vitigni :

Non si finisce mai di imparare.  Ma qual è l’X-factor dei vini di  ‘Cà Avignone’  ? Il terroir unico dei Colli  Euganei  e la mano sapiente dell’uomo!

'Ca Avignone' , Carboon Foot Print , vini green

Roberto Cipresso e il fattore Carboon Foot Print  della cantina ‘Cà Avignone’ !

Nicola   da bravo sommelier , e con quella umiltà che appartiene solo ai grandi, desidera che esprima il mio giudizio da collega sui suoi nettari , che sono prodotti seguendo i principi più rigorosi sia della tradizione vitivinicola euganea che della innovazione tecnologica, un giusto compromesso tra passato e futuro per questa cantina di nicchia, che oggi vanta  un numero  di  circa 12 000 bottiglie annue.

Sì perché Nicola   e Antonella sono profondamente legati all’immenso patrimonio enologico regionale, e il loro obiettivo è quello di esaltarlo facendo dei vini esclusivi. Nicola   e Antonella desiderano sperimentare e hanno continuamente  meditato su quale fosse  per i loro vini quel qualcosa che facesse la differenza!  Eureka!

La matassa si dipanò  quando i coniugi ‘divini’ riportarono  la faccenda a Sabrina, la locandiera de ‘Il Guerriero’, un ristorantino di Arquà, che li mise  in contatto con Roberto Cipresso! Love at first sight! Dopo una serie di ritrovi e colloqui vari, Nicola   e Antonella si affidarono all’esperienza pluriennale e di successo di Roberto da cui scaturirono strategie importantissime.

Su tutte primeggia in assoluto quella del ‘vincere senza combattere’, ossia generare nuova domanda,  piuttosto che rimanere bloccato in una spietata lotta concorrenziale senza via di uscita ! Questa tattica di guerra acquisita dalla lettura di ‘Oceano Blu’, la bibbia di Cipresso, nella fattispecie un rivoluzionario manuale sul management di R. Castaldo , insieme all’abilità del sapere delegare agli altri  appresa da Antonella, è tutto quello che Nicola  mi confessa essere alla base della sua nuova visione di fare del vino un grande affare.

3 scelte green per i vini ‘Cà Avignone’

Questa crescita , a cui aggiungo lo spirito critico e le doti dirigenziali di Nicola sviluppate nel corso della sua brillante carriera (perché personalmente non si attribuirebbe neppure una virtù!), hanno elevato lo standard che contraddistingue i vini della cantina ‘Cà Avignone’.

Per il  cui lancio sono state fatte tre scelte cardinali che posso essere così sintetizzate:

  1. Il recupero di terreni più adatti alle loro viti;
  2. La perizia enologica di Andrea Boaretti, numero uno nella viticultura euganea;
  3. Rispetto per l’ecosistema e piena sostenibilità della catena produttiva con vini ‘Carbon Footprint’, cioè fatti riducendo al minimo l’emissione  di CO2. Gli espedienti più esemplari per raggiungere questo traguardo pioneristico sono: l’adozione di vetri sottili e leggeri, tappi in canna da zucchero (che permettono di mantenere l’ossidazione stabile almeno per dieci anni), e Cor-ten per i pali,  un tipo di ferro  più affidabile dello zinco perché emette una patina di ruggine, che presenta un’ottima resistenza alla corrosione atmosferica. Certificata dalla società senese ‘Indaco 2’ ( specializzata nell’ individuare azioni migliorative di mitigazione e compensazione degli impatti ambientali), questa è tutta una metodologia imprenditoriale  che  non è certo dettata da piani di marketing , quanto piuttosto dall’esigenza morale di fornire beni ricorrendo a  fonti pulite e rinnovabili, apportando un contributo per risolvere problemi di considerevole attualità che riguardano l’intera società globale: dal riscaldamento del pianeta ai mutamenti climatici, dall’estinzione graduale della biosfera sino a rischi di assottigliamento della biodiversità.

‘Cà Avignone’ è dunque una cantina dal profilo green, con una politica ecologica che, includendo l’assenza di fitosanitari, diserbanti chimici, e di irrigazione per le loro viti (salvo situazioni realmente problematiche in cui è quasi impossibile non ricorre al rame e allo zolfo e al drenaggio dei terreni), può classificare i suoi vini come biologici, biodinamici e naturali.

A pranzo da Nicola e Antonella 

Un certo languorino distoglie me e  Nicola  dai dotti argomenti enoici, traditore è il convivio e la piacevole compagnia. La fine della dissertazione quasi accademica è segnata dallo svolazzare di una tovaglia candida di lino che si srotola lentamente sotto i nostri occhi, su cui Antonella poggia un vaso smaltato di fiori freschi, una brocca d’acqua naturale, un servizio di porcellana e delle posate di argento.

Una mise en place curata nei particolari che per gli Ercolini è la regola e non l’eccezione, quindi non una cortesia per gli ospiti, ma una pratica quotidiana, un rituale per manifestare gratitudine al Creatore. Inalo a polmoni pieni quel soffritto d’aglio che esala dalle orecchiette e cime di rapa, che di nordico hanno ben poco, un dubbio che Antonella percepisce subito e sfata sbottando ironicamente: ‘benvenuta giù a Nord! Nicola è di padre napoletano e io di madre calabrese!’

I vini biologici della cantina ‘Cà Avignone’

In quella frase è racchiuso il segreto di questa coppia straordinaria, temperamento latino e rigore teutonico in un bicchiere!  Eccovi i protagonisti indiscussi della mia prima degustazione sui Colli Euganei:

  • ‘Cicale di Arquà’: così apostrofato da Antonella per un voluto rimando al frinire delle cicale , un coro mediterraneo che in estate allieta i ritmi lenti dei Colli Euganei, un rifugio dell’anima che assaporo in un calice di questo prosecco ‘col fondo’,  Glera e Moscato al  5 % , che fa macerazione sulle bucce per 15 giorni. Per la sua spiccata struttura ‘Cicale di Arquà’ è paragonabile ai ‘sur lie’ della Francia o agli ‘Orange Wine’ dell’Est. Ancora giovane e torbido è un bianco complesso con bollicine fini, sentori erbacei e di pera,  sapido e morbido al primo sorso con una gradevole persistenza aromatica;
  • ‘3 Tinto 2019 ’: tre rossi come evoca l’etichetta. Un bordolese tutto italiano di Merlot , Cabernet e Carmenere, non filtrato e senza lieviti aggiunti, che pur essendo ancora del 2019, è maledettamente sofisticato al naso per i profumi di frutti di bosco e spezie, è al palato spicca per una contrapposizione calibrata tra morbidezze e tannini.  ‘3 Tinto’ è un rosso pronto, che darà il meglio di sé riposando al fresco e al buio.  Questo vino non può essere annoverato tra le DOC per un 5 %  Carmenere  acquistato di poco oltre i confini, una regolamentazione che se da un lato tutela i vini, dall’altro a volte è troppo ferrea e addio  nuove frontiere. Nicola  allude ai suoi sogni nel cassetto per cui è disposto a superare ogni ostacolo: fare un  Merlot  in purezza e un metodo classico, ma non aggiunge altro! Top secret!

Colli Euganei, mille motivi per esserci

Le ricette dei Colli Euganei di Antonella La Sala

Le nuvole sopraggiungono con l’imbrunire. Finite tutte quelle bontà, sparecchiamo, e andiamo a riposarci un po’. Quando sono nel mio cottage, sdraiata accanto al comignolo il libro di Antonella mi alletta allorché elenca tutta una serie di prelibatezze cucinate per dei suoi commensali, tramandate da generazione in generazione e fiore all’occhiello della cuisinè veneta:

  • Lo ‘schissotto’“…tipico pane basso e stuzzicante preparato sui colli Euganei , usando farina, strutto-nei tempi andati le nonne mettevano il grasso d’oca-, un po’ di sale e un po’ di zuccherò” ;
  • I   ‘bisi di Baone’: ” …un risotto prelibato preparato con i piselli coltivati nel paese euganeo di Baone…;
  • La ‘galinella alla canavera…’ : … è una gallinella molto bella, dalle piume lucide e da un caratteristico ciuffo di penne molto lunghe poste sulla testa …’,
  • Il ‘pissacan’ : …è del Tarassaco, un’ erba primaverile che ha al suo centro quei bei fiori gialli….chiamata così perché i cani se ne nutrono quando hanno bisogno di depurarsi;
  • Il ‘brodo di giuggiole’ : il liquore  ‘…di Arquà, molto originale ricavato dai frutti del giuggiolo, che sa di mandorle e frutta secca”.
Ultima cena ai Colli Euganei

Improvvisamente uno stato di totale e sana pigrizia prende il sopravvento, e mi accascio su dei cuscini morbidi, su cui poggio il viso e sprofondo in un dolce sonno ristoratore. Passa qualche ora e mi ritrovo insieme da Nicola   e Antonella  per desinare e gustare una grigliata di carne , e del gustosissimo radicchio avvolto da della pancetta croccante , il  tutto abbinato ai vini di Cà Avignone’.

Altro nettare  di cui vengo a conoscenza è  un ‘Friularo’ del 1998  , un rosso simile al  ‘Raboso del Piave’, appartenente alla DOCG Bagnoli (comune di Due Carrare): colore granato, aroma di frutta rossa matura, caldo, con un tannino compatto ma non invasivo, pieno e persistente.

Mi ricorda l‘Amarone’ . Nicola   infatti sottolinea che questo vino un po’ rustico se non troppo maturo, si vendemmia in Novembre dopo l’estate di San Martino, quando sui tralci si posa la prima brina, cosa che gli conferisce l’epiteto di ‘frigoearo’ , cioè ‘freddo’ dal latino  ‘frigus’ .

I fumi dell’alcol ancora non ci abbattono e sono abbastanza sobria per ammirare quel simposio circondata da un lusso smart, confortevole, tra il classico e l’urbano che non passa mai di moda e si fa notare! Trattata come una principessa, la mezzanotte scocca pure per me e mi ritiro nella mia corte con il cuore pieno di gioia che trabocca fino al mio ritorno in patria.

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