“Il Papa è a Roma, Dio è a Napoli”
Jean Cocteau
Napoli, ‘Quartieri Spagnoli’ e ‘Vomero’ , cosa vedere
Altro interessante itinerario a piedi da fare a partire dall’ InCentrob&b’ in via Toledo 156 è quello che mi porta a visitare i ‘Quartieri Spagnoli’ e il ‘Vomero’ . Queste sono le due zone più caratteristiche e contrapposte di Napoli. Da una parte l’anima del popolo autentico, e dall’altra quella della borghesia benestante.
Il fascino di Napoli è proprio dettato dall’equlibrio dei suo opposti , tratto suo distintivo per eccellenza. E tra miseria e nobiltà, tra caos e ordine, Napoli è una città di contrasti che non finisce mai di stupire . Seguitemi in questo post , per scoprire cosa vedere in questi angoli della metropolitana. Armatevi di coraggio perché ciò che vi illustrerò richiede davvero tanta energia e polmoni sani!
‘Quartieri Spagnoli’, una storia di Napoli
Mi avvio verso i ‘Quartieri Spagnoli’ di Napoli che nascono come accampamento temporaneo per le truppe regie spagnole. La posizione strategica ‘Quartieri Spagnoli’ a Napoli di fronte al ‘Palazzo del Vicerè’ e del porto spiega la loro genesi militare, così come il loro schema urbanistico a scacchiera.
Ai ‘Quartieri Spagnoli’ di Napoli ci si addentra in un ammasso di stradine strette, su cui si adagiano i ‘vasci’, cioè i ‘bassi’ . Queste sono le odierne abitazioni anguste di famiglie spesso numerose, che all’origine erano i vecchi dormitori per soldati elevati a più piani.
L’origine della ‘camorra’
Non stupisce se si pensa che questo tipo di habitat dei ‘Quartieri Spagnoli’ particolarmente chiuso è stato un giusto terreno per il proliferare della camorra. In principio i camorristi erano probabilmente dei giustizieri loschi che compensavano un governo assente.
Pare che la parola camorra derivi dallo spagnolo ‘rissa’ . Oppure starebbe a indicare una stoffa o un giubbotto che questi ‘poliziotti fai da te’ indossavano durante le loro ispezioni illegali! Tuttavia oggi i ‘Quartieri Spagnoli’ non è più l’area più malfamata di Napoli, ma sono un esempio di uno sforzo di riqualificazione finanziaria, sociale, ed urbanistica. Essa pullula di attrattive per i forestieri , impieghi inventati e graffiti di valore.
I ‘Quartieri Spagnoli’, un dedalo di gerani rossi, ruote bucate e pennellate di valore
Girovagando nel labirinto dei ‘Quartieri Spagnoli’ , si ha come l’impressione di essere dentro un calderone, che ribolle di tutti i tipi della specie umana . Tutti con loro abitudini quotidiane e con il loro magistrale affaccendarsi per fare un po’ di soldi e sbarcare il lunario.
I mercanti di frutta e verdura che gridano a voce alta i prezzi della loro merce fresca sono sparpagliati dappertutto. Così come ogni sorta di ristorantini il cui menù è proposto dai camerieri, che con il loro fare scanzonato si avvicinano ai passanti nella speranza di fargli consumare un pasto!
‘Quartieri Spagnoli’ , la vera Napoli!
Napoli è la sintesi degli opposti, ogni arteria principale nasconde un tessuto popolare. Napoli è vita, è paradiso, ma è anche inferno, perché i problemi ci sono: la criminalità organizzata, il clientelismo, l’emergenza rifiuti e il lassismo.
Non merita però di essere ridotta ad una semplice lista di opinioni rigidamente precostituite, perché qualsiasi altra metropoli soffre di qualcosa, e chissà se poi in misura maggiore o minore!
5 cose da vedere nei ‘Quartieri Spagnoli’ di Napoli
Ai ‘Quartieri Spagnoli’ c’è una ventata di rinnovamento negli ultimi anni . Cresce l’offerta gastronomica, si moltiplicano le visite guidate, ed i murales sparsi ovunque restituiscono orgoglio a questa area dalle origine povere e degradate.
Napoletani e turisti vanno a caccia delle ‘Edicole votive’ e dei grandi della street art Napoletana che hanno contribuito a valorizzare i ‘Quartieri Spagnoli’ . Stesso discorso vale per la periferia remota del capoluogo campano, dove i murales da non perdere sono:
- ‘Parco Merola di Ponticelli’ : Le quattro opere da ammirare a ‘Ponticelli’ sono la ‘Bambina Rom’ di Jorit, i ‘Giocattoli con un Joypad’, di Zed1, i ‘Volti ispirati agli abitanti del quartiere’ di CDO, e i ‘Due bambini che giocano a calcio’ di Rosk&Loste ;
- ‘Murales a Materdei’: Su un ex ospedale psichiatrico giudiziario a ‘Materdei’ si scorge la figura di un ambiguo ed enigmatico personaggio verde dalla bocca aperta dell’artista Blu;
- ‘Murales per Massimo Troisi’ : Su una facciata del palazzetto dello sport di ‘San Giorgio a Cremano’ , Jorit ha immortalato il grande attore Napoletano;
- ‘Zilda’ : Zilda è un artista francese molto attivo che a Napoli, che la ha riempita dei i suoi graffiti , che si ispirano all’ arte Rinascimentale. Come si evince nel suo ‘Angelo’ in vico San Giovanni in Porta
1. ‘Edicole Votive’
Le ‘Edicole votive’ sono degli ex voto di strada. Poste all’interno di piccole o gigantesche teche di vetro, i popolani ci venerano il patrono San Gennaro, l’idolo Maradona , la Madonna , Gesù, e pure insieme anche a foto dei defunti più cari. Le ‘Edicole votive’ rappresentano un segno di totale riverenza verso Dio e verso la famiglia, che sono alla base del carattere dei Napoletani.
Alcune di queste ‘Edicole votive’ sono di cattivo gusto, altre invece di gran valore artistico. A me ha colpito in modo particolare:
- ‘Madonna con Bambino’: in Piazzetta Trinità degli Spagnoli risalente alla fine del XVIII secolo
Esse sono sempre piene di fiori freschi e fiaccole. Sono curate assiduamente dalle massaie , con la pulizia dei vetri e con il ricambio costante degli stoppini a ogni loro spegnersi. Clicca qui per altre info su le ‘Edicole votive’ dei ‘Quartieri Spagnoli’
La storia del padre domenicano Rocco e il sistema di illuminazione a Napoli nel ‘700
Napoli possiede migliaia di ‘Edicole votive’ sparse ovunque. Questa è un’antichissima usanza di derivazione romana che unisce sacro e profano. E sebbene tutti sono al corrente di questa realtà, nessuno forse sa che la loro diffusione si deve al padre Gregorio Maria Rocco!
Il padre domenicano , già autore del ‘Real Albergo dei Poveri’ (1751–1829) , infatti incitò il governo borbonico a favorire il proliferare delle ‘Edicole votive’ nelle aree più povere e buie di Napoli, dove per la malavita falli’ il brillante sistema di illuminazione regio.
Padre Gregorio Maria Rocco salvò letteralmente Napoli dal buio nel 1700, sfruttando il forte sentimento religioso dei Napoletani, che [ sempre appartenuto a buoni e cattivi! (a volte molto più vicino alla superstizione che alla fede). Le ‘Edicole votive’ erano infatti perennemente adornate con dei lumi, perennemente alimentati da tutti i fedeli, delinquenti compresi. Tale pratica ebbe anche il vantaggio di scoraggiare il pericolo di vandalismi e atti impropri!
2. Alimentari di ‘Angelo & Tina Scogliamiglio’
La bottega alimentare di ‘Angelo & Tina Scogliamiglio’ in vico Lungo Gelso si è trasformata in una scuola di cucina napoletana per gli immigrati di Napoli. Nel suo negozio di frutta e verdura ogni martedì alle 15,30 la signora Tina organizza corsi gratuiti di cucina a chiunque voglia partecipare.
E naturalmente le classi si colorano di razze : cingalesi, senegalesi, russi, cinesi , magrebini, indiani, imparano le ricette più famose della cucina partenopea! Marito e moglie sono stati geniali nell’avere fatto della loro ‘putia’ un laboratorio innovativo per promuovere Napoli .
3. ‘Via Portacarrarese’ e la ‘Fondazione Foqus’
‘Via Portacarrese’ è un vicolo a ‘Montecalvario’ pieno di sorprese, perché qui vi nacque Santa Francesca, la santa che aiutava le donne ad avere dei figli. Per non dimenticare i murales dedicati a ‘Totò’ e ad altri figli dell’arte partenopea.
‘Foqus Napoli’, un esempio di rigenerazione urbana
Inoltre da queste parti è nato ‘Foqus Napoli’ , un progetto di rigenerazione urbana ospitato in un ex monastero l’ ‘Istituto Montecalvario’. Si tratta di una Onlus di privati e imprese che stanno scommettendo sulla formazione, sulla cultura e sulla integrazione, una filosofia di investimento cara al suo stesso presidente Rachele Furfaro.
L’edificio è un insieme di scuole, corsi di arte, cooperative e start up giovanili, che sperimentano forme nuove di comunità e benessere sociale. Ci sono sempre tanti eventi che si svolgono tutto l’anno aperti a tutti all’interno di una corte interna elegante che accoglie anche mostre di installazioni e arte permanente.
4. ‘Quore Spinato’
‘Quore Spinato’ è un incredibile percorso di 223 opere di street art dei Napoletani ‘Cyope & Kaf’ . Questi artisti vogliono denunciare ogni forma di ingiustizia sociale e il capitalismo. E al tempo stesso rallegrare il grigiore di saracinesche o panche sgarrupate. Così attraverso il concept dell’attrazione turistica, si arriva a un conseguente risultato di riqualificazione urbana. Che male non fa!
‘Quore Spinato’ è un campo di lavoro che abbraccia tre livelli: il pittorico, l’audiovisivo e lo scritto. In maniera quasi multimediale gli artisti creano opere che parlano di queste aree, proponendole su muri, portoni e cancelli. Clicca qui per vedere il percorso intero di ‘Quore Spinato’ !
5. ‘Maradona e la Pudicizia’, murales in via Emanuele de Deo
Tra la street art più significativa di Napoli , quella che racconta di tutti i suoi figli, naturali o acquisiti, vanno segnalati soprattutto le tele urbane in via Emanuele de Deo:
- Il ritratto di ‘Maradona’ : Fatto da Mario Filardi del 1990, è detto al ‘Pibe d’Oro’ , per celebrare il suo secondo scudetto (restaurato poi da Salvatore Iodice nel 2016);
- La raffigurazione della ‘Pudicizia’ : Su un’intera parete l’argentino Francisco Bossoletti riprende la più sensuale delle sagome femminili del santuario barocco di via Francesco de Sanctis.
6. ‘Trattoria da Nennella’
All’imbrunire Marco, la mia guida napoletana, vuole farmi sperimentare la vera cucina di Napoli . Mi trascina da ‘Nennella’ , l’ormai celebre trattoria in Lungo Teatro Nuovo nei ‘Quartieri Spagnoli’ .
Il nome ‘Nennella’ e è vezzeggiativo volgare per ‘piccola’. Come riporta la scritta di una targhetta in argento di una vespa rossa che fa da insegna al locale. Papille gustative soddisfatte, e anche un live show del meglio e del peggio dell’esuberanza Napoletana!
Il mercato di Pignasecca
Dai ‘Quartieri Spagnoli’ mi spingo fino alla parte più verace di Napoli , il rione di ‘Pignasecca’, ubicato da largo Carità a Ventaglieri . Rimarrete sbalorditi dal via via di persone che fa acquisti, si respira l’aria della quotidianità partenopea, con i suoi riti e le sue abitudini.
A ‘Pignasecca’ i marciapiedi sono scomparsi per dare largo ai banconi. In questi oltre a pesce, corstacei e molluschi di risaputa qualità, ci si rifornisce di tutto: latte, formaggi, salumi, spezie, scarpe, cravatte, vestiti, stufe, condizionatori, trucchi, penne, bevande assortite!
La storia di ‘Pignasecca’
Una leggenda narra che agli albori questo souk napoletano era situato fuori le mura di Napoli . Sarebbe un pezzo della tenuta della famiglia Pignatelli di Monteleone . Esso era coperto da boschi , che è documentato prima con l’appellativo di ‘Biancomangiare’ (per via di un dolce tipico di questi parti). Dopo di ‘pignasecca’ , cioè ‘pino secco’. Questo è quell’ultimo albero rimasto quando si cementa tutto per fare via Toledo nel 1536!
Anche l’arbusto rinsecchito sarebbe stato raso al suolo dai residenti, perché focolare di alcune gazze ladre che li derubarono di tutto . Esse furono pure scomunicate da dei vescovi perché ritrovarono nella refurtiva nascosta indizi di atti illeciti con le loro perpetue!
Il ‘Vomero’, l’altra Napoli
Roberta di Porzio mi guida verso il ‘Vomero’ , il versante collinare di Napoli. Ci arriviamo con la ‘Funivia di Montesanto’ a ‘Pignasecca’. Pare che ‘Vomero’ si chiami così da un gioco ‘vomere’, un passatempo che o vecchi contadini del posto praticavano nei giorni festivi, sfidandosi a tracciare con l’aratro il solco più diritto.
Il ‘Vomero’ ha mantenuto a lungo la sua vocazione contadina. Non a caso prima era chiamato ‘la collina dei broccoli’, con i suoi villaggi rurali pieni di mercati ortofrutticoli. In seguito alla paura della peste del 1656 accadde che l’aristocrazia Napoletana decidesse di trasferirsi quassù costruendo dimore nobiliari a garanzia della loro salute. Questa fu una tendenza che furò per tutto il Settecento e l’Ottocento. A questo periodo si fa risalire vua Infrascata, la prima via carrozzabile oggi nota come via Salvator Rosa.
5 Cose da vedere al ‘Vomero’
Il ‘Vomero’ è la parte più moderna di Napoli , in risposta ai piani di ampliamento messi a punto con la ‘bonifica’ conseguente all’epidemia del 1884. Il’ Vomero’ è una sorta di piccolo villaggio mondano , che dalle sue radici agricole è finito per essere un eden per cittadini benestanti pieno di palazzine in stile liberty e parchi (anche se qui la speculazione edilizia degli anni cinquanta non ha risparmiato niente e nessuno!).
La mondanità estrema del ‘Vomero’ si articola su via Scarlatti, via Luca Giordano, e ‘Piazza Vanvitelli’ . Qui ha sede il famoso studio di architettura di Salvatore di Vaia . Questi insieme a Roberta di Porzio proprietaria dell’ ‘InCentro b&b’ in via Toledo 156a Napoli sono state le mie guide per la divina Napoli .
1. ‘Certosa di San Martino’
La ‘Certosa di San Martino’ è un’antica vestigia realizzata da Tino di Camaino nel 1326 e fu modificata notevolmente tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Settecento. Furono tre gli architetti che intervennero alla certosa per consegnarla ai Napoletani come la venerano oggi:
- Giovanni Antonio Dosio (1581) che da gotica la convertì in stile rinascimentale;
- Cosimo Fanzago (1623) che glie diede un tocco di Barocco;
- Nicola Tagliacozzi (1723) che la vivacizzo con un po’ di Rococò.
La ‘Certosa di San Martino’ fu un via vai di monaci dal 1799 al periodo delle guerre mondiali per la soppressione degli ordini religiosi. Sul finire dell’Ottocento fu adibita a ‘Museo Nazionale’ . La certosa è soprattutto il buen ritiro di chi vuole tuffarsi nella gloria di una vista su Napoli dall’alto, grazie ai suoi loggiati e belvederi.
2. L’antica ‘Vigna di San Martino’
Nei pressi della ‘Certosa di San Martino’ si estende uno dei pochi polmoni verdi di Napoli , la cosiddetta ‘Vigna di San Martino’ . Si tratta di un terreno di 7 ettari coltivato a vite, ulivi e alberi da frutto. Da qui si gode di una vista spettacolare sul ‘Golfo di Napoli’.
Queste terrazze coltivate risalgono ai primi dell’ 800, sono miracolosamente scampati alla speculazione edilizia del Dopoguerra. Nel 1988 Giuseppe Morra, noto gallerista e mecenate, acquistò questo angolo di paradiso, riportandolo al suo antico splendore. Dal 2010 la ‘Vigna di San Martino’ rappresenta un esempio perfetto di azienda agricola urbana che produce vino e olio.
Il percorso di accesso si ha in Corso Vittorio Emanuele 340, e su prenotazione si puo’ visitare, rimanendo affascinati dal sentiero che porta in cima alla collina, che offrono scorsi inediti su Napoli
Ai piedi della vigna salta poi fuori ‘Hotel San Francesco al Monte’ della famiglia Pagliari , che è ricavato da un convento del XVI secolo. Che dire un’ albergo museo . Quelle che erano le camere dei monaci adesso sono camere con vista Vesuvio e Capri!
3. ‘Castel Sant’Elmo’
Il ‘Castel Sant’Elmo’ domina la città di Napoli dal punto più alto del ‘Vomero’ nel Largo San Martino, da cui si gode uno splendido panorama sul centro storico. Su una preesistente una cappella dedicata a Sant’Erasmo (da cui ‘Eramo’ , ‘Ermo’ e poi ‘Elmo’, che diede il nome attuale della fortezza) , Roberto d’Angiò ci volle impiantare un castello medievale nel 1300 sotto la supervisione dell’architetto Tino di Camaino .
Durante la lotta fra francesi e spagnoli per la conquista del Regno di Napoli, il castello venne più volte assediato. L’attuale pianta stellare a sei punte si deve ai rifacimenti nel 1547 sotto il vicerè spagnolo Don Pedro De Toledo.
Nel 1587 un fulmine colpì il castello distruggendo le dimore di castellani e militari e la chiesa interna. L’edificio fu quindi ricostruito tra il 1599 ed il 1610 dall’architetto Domenico Fontana. Attualmente il ‘Castel Sant’Elmo’ ospita mostre ed esposizioni d’arte temporanee, festival e rassegne teatrali e musicali. Inoltre esso è sede permanente del ‘Museo Napoli Novecento 1910/1980’, che raccoglie opere realizzate da artisti napoletani nel corso del XX secolo.
5. Le scale della ‘Pedamentina’
La ‘Pedamentina‘ è un complesso di 414 scalini del risalente al XIV secolo a opera dagli architetti Tino di Campiono e Francesco de Vito. Possiamo considerarla un tentativo di collegamento pedonale tra zone della città interessate da espansioni extra moenia.
Questa discesa aveva il compito di unire due differenti zone della città di Napoli , vale a dire la ‘Certosa di San Martino’ ed il ‘Castel Sant’Elmo’ , collocati sulla collina del ‘Vomero’, ed il centro storico, posto a valle.
Percorrendo la ‘Pedamentina‘, ad oggi considerata un capolavoro urbanistico, si gode di uno spettacolare panorama del ‘Golfo’, ma anche gli orti ed i giardini della Certosa di San Martino’.
4. ‘Ville Liberty’ del ‘Vomero’
Al ‘Vomero’ un itinerario interessante è quello relativo alle ville del periodo d’oro del ‘liberty partenopeo’, firmate dall’ architetto napoletano Adolfo Avena (1860 – 1937) . Uno dei figli di Avena, Gino, ne seguì le orme facendo proliferare al diversi altri capolavori fino agli 30.
Le 4 ‘Ville Liberty’ da non perdere
- ‘Villa La Santarella’: Posto tra tra via Luigia Sanfelice e via Filippo Palizzi, questo castello con quattro torri è figlio del celebre commediografo e attore Napoletano Edoardo Scarpetta (padre dei De Filippo) . Si intitolò questo gioiello in onore a ‘Na Santarella’, una delle sue opere più conosciute. Sulla facciata si legge “Qui rido io“! Vuol dire che se al teatro erano gli altri che ridevano alle sue battute, qui sarebbe stato lui a godere dei frutti del suo lavoro;
- ‘Casa Marotta’ : Si tratta di una residenza aristocratica a tre piani dell’architetto palermitano Leonardo Paterna Baldizzi , per cui si può considerare un esempio di ‘liberty siciliano‘. Ubicato in via Solimena 76, l’ esterno presenta importanti balconate , e un caratteristico color giallo ocra;
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‘Palazzo Avena’: Tra via Renato Lordi e Piazza Ferdinando Fuga, questo tesoro è costituito solo dalla facciata d’ingresso della settecentesca ‘Villa Ruffo’ (o ‘Villa Palazzolo’ o ‘Villa Haas’). Questa venne rifatta da Adolfo Avena tra il 1927 e il 1928 per la risistemazione del piazzale di fronte alla Funicolare Centrale, che venne inaugurata nel 1928;
- ‘Villa Floridiana’: All’ingresso di questa villa si può accedere sia da via Domenico Cimarosa 77 che da via Aniello Falcone 171. Non è altro che la residenza estiva voluta da Ferdinando I di Borbone per la seconda moglie Lucia Migliaccio (duchessa di Floridia).. Al suo interno ospita dal 1927 il ‘Museo nazionale della ceramica Duca di Martina’.
Napoli è tutto!
La semplicità, l’autenticità delle persone. Il loro sorriso, il loro accento, la loro voglia di vivere. L’orgoglio per la loro città, la fierezza nei loro occhi quando parlano della magia di Napoli. Riescono a farti sentire a casa, in poco tempo.
Non sono Napoletana, ma questa metropoli mi appartiene, perché ci rivedo tutto quello che mi piace della vita, compreso il sole, il mare e la voglia di stare bene. Non vi perdete nulla di Napoli, e se volete dormire bene e avere consigli ulteriori non esiste posto migliore di l’ ‘InCentro b&b’ di Roberta di Porzio e Salvatore di Vaia
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