La ‘Cantina di Roberto Cipresso’. La teoria rivoluzionaria del parallelo 43

La ‘Cantina di Roberto Cipresso’. La teoria rivoluzionaria del parallelo 43

La ‘Cantina di Roberto Cipresso’ un modo rivoluzionario di fare vino! 

Fabio mi porta in macchina nella cantina di Roberto denominata ‘Cipresso 43’, situata a pochi passi da ‘Poggio al Sole’.  Si trova esattamente in Località Bivio dell’Asso, 53024 . Qui trovo Roberto  all’entrata con il suo inconfondibile sorriso .

Ci sediamo su un gradino e Roberto . Ed ecco che mi anticipa che il nuovo marchio delle sue creazioni sarà  denominato ‘La Cantina di Roberto Cipresso’ . Ciò al fine di  un più immediato riconoscimento del suo laboratorio divino. Vista la sua crescente notorietà. Questo è un piccolo anticipo di quello che bolle in pentola!

La ‘Teoria rivoluzionaria  del parallelo 43’ 

‘La Cantina di Roberto Cipresso’ , a breve sarà operativa! Intanto Roberto mi spiega meglio con il suo fare gentile l’asse portante della sua filosofia aziendale ovvero la sperimentazione e la ‘Teoria del parallelo 43′:

“Quando assaggio un vino eccellente, mi chiedo qual è la sua posizione geografica, non la parcella di vigneto da cui proviene. La mia visione di terroir è ampia, perché basata su coltivazioni allineate su uno stesso orizzonte, il parallelo 43.

Un ambiente pedoclimatico diffuso di cui, in collaborazione con l’Università di Firenze, sto tuttora studiando tutte le caratteristiche, vale a dire la geografia, la geologia, le altitudini, l’orografia, il clima.  Il parallelo 43 è una linea immaginaria, che passa attraverso tutte le tappe fondamentali della viticoltura, dalla Mesopotamia agli Stati Uniti. 

Un filo magico, che avvolge tutto il globo, e ci fa viaggiare dal Tigri e l’Eufrate (nel massiccio del Monte Tauro ci sono state le prime forme di viticoltura) e si arresta all’Oregon (la capitale del vino del nuovo mondo), dopo avere toccato regioni con uve sacre come  Croazia (Plavac Mali), Marche, Umbria, Toscana (Montepulciano, Sagrantino e Sangiovese) , Corsica, Midì francese (Viogner e Grenache) e i Paesi Baschi (Txacoli).

Non sono religioso, ma credo ci sia qualcosa di mistico, sovrannaturale nel parallelo 43, se è vero che su questa asse si adagiano Medjugorje, Assisi, Santiago De Compostela e Lourdes”.

La ‘Quadratura del Cerchio’

Esiste un vino perfetto? No, ma si può imparare a farlo! 

‘La Cantina di Roberto Cipresso’  mira a creare un vino inimitabile a partire dai terroir più vigorosi ed espressivi del parallelo 43°, all’interno del quale i requisiti propri dei singoli componenti si esaltano l’uno con l’altro anziché ottenebrarsi a vicenda.

Si tratta di un concetto quasi rivoluzionario, che scandalizzò quando nel 1995 venne fuori ‘La Quadratura del Cerchio’, che:

Non si può raggiungere la perfezione, ma ci si può provare.  Così come non si può ottenere un cerchio da un quadrato a meno che non lo si smonti in puntini! Roberto monta i suoi vini brevettando delle quadrature perfettibili, e li smonta nuovamente fino a quando non è del tutto soddisfatto. Roberto vuole offrire qualcosa di insolito, sorprendente e speciale, e si cimenta con la testa, con l’anima e l’istinto.

André Tchelistcheff , un maestro di vino e di vita

Roberto  si sforza di rincorre continuamente il vento giusto. Come quando scoprì un trattato di André Tchelistcheff. In questo scritto  il famoso enologo russo discuteva sulle possibili forme di supertuscan negli USA ! Roberto  sposò le convinzioni del maestro e le mise in pratica. Come? Abbinando il Sangiovese  alla versione italiana dello Zinfandel,   ovvero il Primitivo di Manduria.

Roberto lotta per scovare le armi e le tattiche giuste per essere più che un vincitore un bravo stratega nel fare vino. Roberto  studia, coopera con Università, ed esplora, mantenendo il suo porto fermo a Montalcino. Da cui però si allontana come un marinaio per compiere altre gesta del vino.

Come quelle fatte in più di venti regioni italiane e oltre confine in Croazia, Brasile, Spagna, Romania, California, Perù, Turchia, Slovacchia, Cile. Ma per lo più in Argentina ( ‘Achaval Ferrer’ e ‘Matervini) e Brasile (‘Bellavista Estate).

Con l’aiuto di altri imprenditori, in ognuno di questi anfratti sperduti e lontani, Roberto aspira a valorizzare il più remoto dei terroir . E anche a  generare a vini di carattere, dal Malbec argentino alla Dorona veneziana .

Oltre ad avere ricevuto tantissimi premi e scritto molti libri , Roberto riveste un ruolo importante nel panorama enoico italiano. DNel 1990 fondò  ‘Winemaking’ , un gruppo di consulenza vitivinicola. Questo poi fu ribattezato  ‘Cipresso 43’  nel 2001. Che dire ,  Roberto   è stato sempre un fiume in piena , che è ancora pronto ad esondare!

La cantina di Roberto Ci
‘La Cantina di Roberto Cipresso’

La nuova ‘Cantina di Roberto Cipresso’. Cosa bolle in pentola!

Siamo nella cantina  ‘Cipresso 43’ . Questa è senz’altro  un punto di riferimento per i vignaiuoli, che, in assenza momentanea degli strumenti giusti, vogliono provare a vinificare, mettendo alla prova le loro potenzialità. Ci addentriamo nella lounge degustazione per un’apericena di benvenuto. L’atmosfera è intima e raccolta con musica jazz in sottofondo. Particolare è l’arredamento decisamente urban chic:

  • un lungo tavolo in legno;
  • foto e quadri d’autore per tutto il corridoio.

Sbalorditiva è l’adiacente  ‘Terroteca’, una collezione di ampolle in vetro con  tutti i terreni calpestati da Roberto durante i suoi sopralluoghi professionali.

Bollicine di Sangiovese per andare altrove a Milano e tornare giù Montalcino!

Al bancone di materiale riciclato  Roberto stappa e mi versa le soavi bollicine del suo ‘Altrove’.  Esso è un metodo Charmat  del cru di Brunello a ‘Poggio al Sole’ .  Proseguendo la visita della sala, Roberto mi svela finalmente i suoi quattro piani  segreti:

  1. ‘Milano da bere’: Roberto vuole installare dei  vitigni pensili sulle terrazze dei più colossali e importanti grattacieli nella zona vip di ‘City Life’. Questa è a Portello , nord-ovest della metropoli. Un altro mega progetto fatto in collaborazione con  noto otorino milanese. Per questo intento,  Roberto sta allevando delle uve speciali , dette  Sauvignon  Kretos . Questa è una varietà particolare di uve resistenti alle malattie (dette PWI, dal tedesco ‘pilzwiderstandfähig’, ossia ‘viti resistenti ai funghi’) ;
  2. ‘Eureka’: è una linea di bottiglie di 35 uve vinificate senza scopi commerciali destinate a un club di wine experts per un totale di 4000 aderenti , che vi accederanno tramite tesserà;
  3. ‘Parco del parallelo 43’: se c’è una cosa a cui   Roberto è allergico è la monotonia ! Come la geometria perenne delle Langhe.! Se c’è una cosa che per Roberto è un credo, questa è la sostenibilità in tre fattori:
  • impatto ambientale della coltivazione,;
  • tollerabilità economica dell’operazione;
  • sfruttamento consapevole della terra.

Con queste premesse è facile innamorarsi di un altro spettacolo che spunterà a breve a  Montalcino:

 Brunello e  Rosso di Montalcino firmati  Roberto Cipresso

Cena sarda a Montalcino, ‘Osteria dei Briganti’

Fare due chiacchiere con Roberto è un attimo di crescita culturale e spirituale, al prezzo di una sbornia. Perché letteralmente ti ubriaca. Ci si può avvicinare a Roberto  , se si possiede la giusta dose di empatia e si è on wine , ovvero collegati al vino! Il vino  è infatti primae una  bevanda seduttrice e  un’opera d’arte .

Roberto è un vulcano e se qualche volta avete la fortuna come me di beccarlo in pausa fumante, approfittatene, prima che riprenda a scoppiettare! Anche Roberto è un essere umano, non preoccupatevi, specie se ha fame! Lo stomaco brontola, e allora si decide per una cena sarda nell’ ‘Osteria dei Briganti e dei Poeti’:  porcheddu e patate esaltato da un  Savigny Les Beaune ler Cru Les Narbantons Domaine Mongeard Mugneret’ , un  Pinot Nero da urlo!

Risveglio a ‘Poggio al Sole’. Brunello e  Rosso di Montalcino firmati  Roberto Cipresso

L’indomani la tranquillità a ‘Poggio al Sole’ è distratta dalla piacevole incursione di clienti di Padova e Bologna. Questi hanno giustamente selezionato questo buen ritiro per staccare la spina. Faccio colazione con caffè nero bollente e delle brioche calde , che Fabio mi omaggia prima di tuffarsi nella sua routine quotidiana.

Vedo dei bambini che inseguono Kyra, il barboncino di Roberto.  Le mamme sorvegliano i loro pargoli, beatamente sdraiate su dei dondoli. Stanno beate  all’ombra di ulivi per proteggere la loro pelle bianca dal sole settembrino, che ancora scotta.

Lascio la mia suite campestre e mi perdo nella natura della tenuta.  Passeggio tra grappoli, viste sconfinate e un silenzio rigenerante. Al mio rientro mi accingo verso la cucina all’aperto di  ‘Poggio al Sole’ . Attendo l’imbrunire per aiutare Roberto   e Fabio a imbandire una tavolata per il banchetto della sera.

I rossi di Roberto Cipresso: Brunello e Rosso di Montalcino

Sopraggiungono gli invitati, persone affabili e contenute all’inizio. Decisamente più allegre dopo i miei spaghetti alla mediterranea, la grigliata e i rossi di Roberto :

  • ‘Brunello di Montalcino 2018’: 100 % Sangiovese, con affinamento di un anno in barrique di rovere francese. Il colore è rosso rubino con riflessi granata, si apre al naso con le sue note di frutta rossa e liquirizia, cuoio, e cioccolato. I suoi tannini sono morbidi, al palato è strutturato e persistente;
  • ‘Rosso di Montalcino’ : 100% Sangiovese, rosso rubino con sfumature porpora, all’olfatto molto intenso, sa di amarena e vaniglia.  Un vino che possiede una giusta acidità, delicato al palato, e che permane a lungo.

La ‘quadratura del cerchio’ non è solo un enigma! Si tratta   di un’ attitudine misurabile in tre vini! 

Quello che mi colpisce di Roberto oltre il talento, la classe e l’umiltà, è l’attenzione per i dettagli,  l’abilità di osservare le cose da un’altra prospettiva, l’ha appreso in montagna.

Come si è già accennato, un quadrato non può mai raggiungere l’area di un cerchio, per una semplice questione di Pi greco’, il numero irrazionale. Però si può osare ragionarci su! Per Roberto non è una questione di avere per forza una soluzione a un problema, ma di avvicinarsi quanto più si può alla verità.

D’altra parte, questo anelito alla conoscenza ha spinto  Roberto  alla creatività nel vino, alla maestria di migliorarlo, dosando le peculiarità singolari di ogni vitigno.

4 vini di Roberto Cipresso  fuori dal comune 

Ne risultano dei sorsi sorprendenti, come quelli di questi tesori decantati da Roberto  a un gruppo di giovani wine experts  l’ultimo giorno prima della mia permanenza:

1. ‘Punto Bianco 2020’:un matrimonio perfetto tra la verticalità e l’ossatura del Vermentino Toscano e la vivacità del Verdicchio Marchigiano, i due vitigni autoctoni del parallelo 43, quelli che più esprimono la storicità delle lande attraversate da questa linea magica.

Il valore aggiunto di due mari che s’incontrano, l’Adriatico e il Tirreno in un calice che fa stupire. Sono due terroir diversi che però si amalgamano nello stesso parallelo e vibrano. Giallo paglierino scarico, al naso note floreali di tiglio e acacia con piacevoli sensazioni aromatiche di basilico.

La beva denota una buona freschezza con l’equilibrio leggermente spostato su mineralità e sapidità. Con affinamento di otto mesi in contenitori di acciaio, è un bianco di buon corpo, gradevole e contemporaneo;

2. ‘Punto Rosso  2019’ : la sensualità e l’acidità del Sangiovese Toscano prende forza e vigore grazie al Montepulciano Marchigiano, che lo arricchisce con la sua carnosità . Pensato come vino da mescita, questo vino è un passepartout , cioè sta bene con tutto.

Un rosso dal colore rubino, dai sentori olfattivi schietti e intensi, con profumi fruttati e sfumature delicatamente speziate. In bocca ha un buon corpo, mostra una media tannicità e una buona finitura;

3. ‘Pi Greco 2012’ : è un Sangiovese da San Quirico d’Orcia in purezza , un tripudio di spezie, frutta nera e rossa, fichi . Esso ha una buona acidità, e non vuole confrontarsi con le grandi DOC e DOCG dell’impero toscano.

Prende quindi un’altra strada, un rischio calcolato nelle complessità, nelle altitudini e in terroir finora poco valorizzati, che però esprimono un carattere personale e percettibile.

4. ‘Quadratura 2017’: Sangiovese di San Quirico d’Orcia (SI); Montepulciano di Moresco (FM) e Sagrantino di Spello (PG) , le tre uve autoctone più rinomate del nostro bel paese. La scommessa è stata quella di co-fermentarle tutta sulla stessa frequenza, quella del parallelo 43.

Un’accordatura che ha l’ambizione di rivelare il massimo bilanciamento. Una sorta di metamorfosi fermentativa di tre uve apparentemente distanti ma, nel risultato finale, molto affini. Il colore è di un rosso prepotente, all’olfatto è raffinato con il suo pepe e tabacco al mentolo.

Energico e ben rispondente, è un rosso che sfodera una morbidezza sinuosa e tannini abbondanti quanto vellutati. Freschezza senza cedimenti e struttura compatta lasciano presagire grande potenziale evolutivo.

Bisogna alzare lo sguardo in cielo per vedere le stelle

Bisogna alzare lo sguardo in cielo per vedere le stelle

Non è solo una questione di determinazione, passione e duro lavoro se Roberto    ha sempre ottenuto ciò che ha voluto.  Ci vuole sensibilità e apertura mentale. Roberto è un visionario, guarda in alto le stelle, immagina la realtà diversamente dagli altri, mette in discussione sempre. Impara, mischia, mescola e shakera, ci crede e poi lo fa!

Mi auguro per lui  che ogni tanto possa fermarsi per godere della bellezza di cui si è circondato, ma non sarà mai forse fattibile.

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Chi è Roberto Cipresso? È l’arte di fare il vino a Montalcino

Chi è Roberto Cipresso? È l’arte di fare il vino a Montalcino

“L’arte è un punto di vista e un modo geniale di guardare le cose.”

Henry James

Roberto Cipresso. L’arte di fare vino a Montalcino.

Un  weekend  di Settembre mi sono recata a Montalcino  a  ‘Poggio al Sole’  , resort stellato di Roberto Cipresso  , enologo di fama internazionale. Ho avuto l’occasione di conoscerlo meglio nel suo  eden e assaggiando il suo oro rosso, ossia il Brunello,  uno dei vini più conosciuti al mondo.

Senza dubbio, la mia è stata  un’esperienza che vi metterà di fronte all’evoluzione dell’imprenditoria agricola in Toscana. Certamente essa affonda le radici nella tradizione, ma è decisamente proiettata verso il futuro dell’innovazione.

E non a caso vi parlerò delle novità nella cantina di Roberto Cipresso , il cui sguardo non segna mai un confine, ma si apre ogni volta ad un orizzonte nuovo. Per cui, sedetevi pure comodi e cercate di seguire Roberto Cipresso   attraverso il mio racconto, perché non è facile stargli dietro!

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Il primo incontro con Roberto Cipresso

L’ 08 Novembre del 2018 è una data memorabile per me. Fu allora che incontrai infatti per la prima volta  Roberto Cipresso . Ero stata invitata con altri sommelier a una cena a sorpresa  con degustazione di vini al  ristorante ‘Nautilus’ di Andrea Baldeschi  a Tirrenia, Pisa. Si trattava dei vini di  Roberto Cipresso  abbinati a dei piatti di cucina tradizionale toscana. In quell’occasione l’eclettico winemaker presentò anche il suo libro  ‘Il Romanzo Segreto’  .

In questo mio post  scoprirete con il mio articolo il motivo del successo di Roberto Cipresso  ,  che  risiede nel connubio tra un’eccellente preparazione accademica e una prorompente personalità. Roberto Cipresso  rivoluziona tutto ciò che ordinario, si mette in gioco quotidianamente, poiché la sua curiosità lo spinge a vedere castelli laddove gli altri vedono ruderi!

‘Poggio al Sole’, il buen ritiro di Roberto Cipresso

Così un venerdì mattina sono partita in treno da Pisa direzione Montalcino, per conoscere da vicino e intervistare  Roberto Cipresso. Dal treno sono scesa alla fermata di  Buonconvento . Qui mi è venuto a prendere in macchina  Fabio degli Stefani, braccio destro di  Roberto Cipresso. 

Dopo qualche minuto con Fabio degli Stefani abbiamo percorso con la sua Fiat grigia  un viale di cipressi alti e fieri , che ci hanno portato dritti al cancello di ‘Poggio al Sole’

‘Poggio al Soleè l’ incantevole agriturismo di Roberto Cipresso , che si estende  per  due ettari per lo più coltivati a Brunello  in località Torrenieri. Si tratta di uno spettacolare  wine relais posto  tra la Val d’Orcia e il Monte Amiata.

‘Poggio al Sole è un vecchio rudere del 1700 trasformato nel 1996 in un elegante casa vacanza di campagna  in perfetto stile toscano. Immerso in una vegetazione dolce e avvolgente tra l’Abbazia di Sant’Antimo (VIII secolo), Castelnuovo Abate e Sant’Angelo in Colle , ‘Poggio al Sole dispone di cinque appartamenti a pietra viva , dotati di tutti i comfort di ultima generazione.

Il mio loft a ‘Poggio al Sole’

Ho davvero trascorso un fine settimana indimenticabile a ‘Poggio al Sole’  nella pace del creato, tra i piaceri del cibo,  del vino, e della buona compagnia di Roberto Cipresso.  Ho proprio staccato un biglietto per la prima fila di uno spettacolo di una natura rigogliosa e silenziosa tra filari di vite e  panorami mozzafiato.

La mia stanza era un elegante e comodo loft a pianterreno di ‘Poggio al Sole’  . Quando mi ero affacciata da una finestra interna, vedendo  i colori del tramonto che  pennellavano di arancione le pareti del casale.

Tutto intorno sentivo  profumi di lavanda, ginestra e rosmarino, che invadevano il pergolato. Mi ero goduta appieno  il mio soggiorno, rinfrescandomi con una doccia e rilassandomi nel mio morbido  letto in soffitta.

Mi fecero compagnia Briciola il gatto, e le cicale, che intonarono un canto, salutando l’estate che intanto andava via. A volte bisogna  ricordare che basta davvero poco per rigenerarsi, e la Toscana di Roberto Cipresso è un all inclusive di sensazioni, che difficilmente si possono provare altrove .

Chi è Roberto Cipresso? Winemaker eclettico , blend perfetto di razionalità e sentimento. 

Classe 1963, Roberto Cipresso  nasce a Bassano del Grappa , ma l’uva da giovane non gli interessa affatto. Non solo! Inizialmente la sua vera passione è l’alpinismo. Pensate che Roberto Cipresso   studia volentieri agronomia a Padova per stare più vicino alle vette da scalare!  Roberto Cipresso   doma saggiamente questa sua forma di irrequietezza giovanile. Perché se da un lato la scuola lo disturba, dall’altro è consapevole della sua importanza per dare un solido fondamento alla sua carriera.

In tutta sincerità, Roberto Cipresso è sempre stato un montanaro, e in cima alle Dolomiti impara più che tra i banchi. Cosa? La capacità di oltrepassare i propri limiti, le proprie paure, di scegliere la cosa più logica, perché si sa in fondo fino a dove ci si può spingere!

La perdita di un amico e l’addio alla montagna

Il potere senza la mente, serve a ben poco. Per quanto capaci , siamo sempre esseri umani, macchine perfette , ma non infallibili. E questo Roberto Cipresso l’ha imparato a proprie spese, dopo essere rimasto miracolosamente illeso a causa di una caduta di 80 metri dal Cividale, e la tragica perdita di un amico fraterno!

Così Roberto Cipresso si prende una pausa dai bollori interni, e  decide di conseguire un master presso l’ ‘Istituto di San Michele all’Adige’. Da qui sono usciti fuori numeri uno nel settore vinicolo con la direzione del celebre Professor Attilio Scienza, guru dell’enologia italiana. Roberto Cipresso  non rinuncia a fantasticare, cambia solo rotta, facendo presto parte di quella nicchia di winemakers da rivista platinata.

Roberto Cipresso si descrive nel suo ‘Il Romanzo del Vino’ 

Eppure Roberto Cipresso è rimasto lo stesso ragazzo di prima, come si descrive nel suo libro ‘Il Romanzo del Vino’ :

Da giovane ero già tutto quello che sono oggi. Ballavo poco e male. Suonavo la chitarra con passione. Il mio fumetto era ‘Alan Ford’’. Il Libro con la maiuscola era e resta ‘Lo Straniero di Camus’, ma non potevo certo scappare a ‘Siddharta’ e ‘L’Alchimista’.

Per completare il quadro dirò che mi sono commosso con ‘L’Attimo Fuggente’ e ‘Schindler’s List’, la grande sfida versione cinema è ‘Duel’, l’incanto formato pellicola è ‘Il Color Viola’, un grande attore è De Niro ma restano indimenticabili Giannini e la Melato nel film di quella che sarebbe diventata anche la mia amica Lina Wertmüller, il cantante del cuore è James Taylor, la grande trasmissione è ‘Blob’, per quanta TV vedo, e il comico è Benigni…”.

Dal Veneto alla Toscana. Nulla è per caso!

Il concorso vinto da ranger è un lontano ricordo per Roberto . Appena venticinquenne, si trasferisce definitivamente a Montalcino, che stravolge in meglio la sua esistenza, diventando il posto della memoria. Casualità, destino? Poco davvero importa, perché dal 1988 al 1996, Roberto lavora presso importanti cantine a Montalcino,  quali ‘ Soldera Case Basse’ , ‘Poggio Antico’ e ‘Ciacci Piccolomini d’Aragona’.

Inevitabilmente Roberto mette su famiglia a  Montalcino  , sposando Marina Fiorani , proprietaria del rinomato ristorante Il Boccone Divino’ . Parallelamente nel 1955 con i campioni del rally Miki Biason e Tiziano Siviero,  e altri personaggi illustri,  Roberto   coofonda  ‘La Fiorita’, una azienda vinicola, che  cresce fino a toccare i nove ettari di superfice vitata.

Poggio al Sole, wine relais a Montalcino
‘Poggio al Sole’, wine relais a Montalcino

Roberto Cipresso, un visionario e un uomo dal cuore d’oro

Roberto Cipresso non è solo un professionista del settore enoico, è in primis un visionario con un cuore a prova di oceano. Lui è un globe trotter, capace di stare tanto accanto ai re quanto ai poveri, restando pur sempre se stesso, con tutta la sua straordinaria semplicità.

Quello che più mi conquista di Roberto  è la sua umanità, quello che più ammiro è l’arte del delegare. Mi ha dato fiducia, e quindi la possibilità di approfondire la mia formazione da sommelier. Mi ha spedito un po’ ovunque per lo stivale per documentare il decollo di imprenditori di spicco,  a cui ha fatto da mentore, che si sono lanciati nel vino per poi esplodere con il suo fidato appoggio.

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MaremmAlta, la cantina di Stefano Rizzi in Maremma

MaremmAlta, la cantina di Stefano Rizzi in Maremma

“…O mite terra che di fieno odori
di grano ancor 
baciata dal maestral vento di mare
questo lo so 
o terra che sei il regno dei colori 
una canzone a te voglio cantar. 
E canto sol per te Maremma mia
a mia canzon 
or che la primavera è rifiorita 
di rose e fior
a te che ispiri al cuor la poesia
queste parole voglio dedicar…”

Spartaco Trapassi / Elioi Menconi 

 

‘MaremmAlta’, la cantina di Stefano Rizzi

A inizio primavera  raggiungo MaremmAlta’, una cantina di nicchia vicino Grosseto, seguita da Roberto Cipresso, agronomo di fama internazionale, con cui collaboro ormai da circa cinque anni. Ed ecco che parto da Pisa per intervistare Stefano Rizzi ,  il proprietario di questa splendida azienda agricola. 

Ancora una volta mi ritrovo a fare un wine report  davvero speciale che mi porta a scoprire il ‘Morellino di Scansano‘ , uno dei rossi più buoni della Toscana!  E dietro questo bicchiere divino ci sta lo splendore della terra in cui cresce rigoglioso, cioè la Maremma. Seguitemi per scopire questa  terra magica ! 

La Maremma , il polmone verde della Toscana

La Maremma è un angolo di paradiso della Toscana ancora poco conosciuto.  Dal fascino mediterraneo e  dai confini ben difficili da definire, la Maremma   si estende per  5000 km2 ,  da Livorno fino a Civitavecchia.

Ed è proprio in questi spazi  battuti dai Butteri, i mitici pastori a cavallo per il bestiame a pascolo , che sette anni fa Stefano Rizzi  fondò la sua impresa vinicola ‘MaremmAlta’. Siamo precisamente a Gavoranno un piccolo paesino sul versante settentrionale del Monte Amiata a est di Scarlino.

Qui Stefano Rizzi   si trasferì  dall’ America , dopo trenta anni di vicepresidenza allaWinebow’ (gruppo strategico per l’export del vino italiano negli U.S.A.  fondato nel 1980 da Leonardo Lo Cascio). Ma soprattutto fece il grande passo per amore dei tre figli Ettore, Diletta e Domitilla.

Storia  della Maremma

La Maremma seduce per la diversità dei suoi paesaggi mozzafiato tra mare e monti,  per l’arte, la cultura e la tradizione enogastronomica ereditate da antichi popoli e nobili, che la dominarono, e resero eterna.

Dagli Etruschi ai Romani, dagli Aldobrandeschi ai Medici, dagli Asburgo Lorena al secondo dopo guerra la Maremma si trasformò da un luogo malsano,  a uno che si sceglie per viverci o per soggiornarvi!

Perché  si chiama Maremma? 

C’è un riferimento di questo periodo triste  della  Maremma nell’etimologia del suo stesso nome . Esso  forse deriverebbe dal castigliano ‘marisma‘, che vuol dire ‘palude’. 

La Maremma  ebbe dunque  un passato di inferno fatto di malaria. Il suo popolo dovette lottare per la sopravvivenza per via delle aree palustri cirocostanti. Queste già dall’ Alto Medioevo la circondavano a causa dell’innalzamento dei tomboli , che cordoni di sabbia costieri che provocavano il ristagno delle acque. 

Da palude malsana a territorio di eccellenza sotto il potere di Leopoldo II

Successivamente la situazione i Maremma migliorò  per merito del piano di bonifica intensiva del granduca di Toscana Leopoldo II eseguito nel XIX secolo, che si protrasse fino al primo dopo guerra.

Quel tragico  trascorso di morte rimase unicamente un refrain in vecchie canzoni popolari. C’è ne traccia anche  nelle imprecazioni tipiche della parlata colorita dei Toscani, ove la Maremma ora è poeticamente amara‘ ora irriverentemente maiala’.

Il progresso della Maremma

Quello della Maremma fu un progresso sociale lento , una ripresa faticosa fatta da menti illuminate e dal sudore delle braccia di contadini, falegnami, boscaioli, minatori, allevatori. Tutti questi lavoratori  scommisero tutto quello che avevano nella Maremma Proprio come fece Stefano Rizzi.

Inizialmente  Stefano  seguiva la fattoria ‘Le Pupille’ , sotto la scuola francese di Christian Le Sommer . Questi era il luminare di Les Domaines Baron de Rothschild-Lafite’. Successivamente dopo vari e complicati passaggi della sua esistenza,  proseguì per la sua strada fondando quella che è oggi la sua cantina ‘MaremmAlta’

‘MaremmaAlta’, il laboratorio divino di Stefano Rizzi

La mia avventura in Maremma  comincia quando fuori dalla stazione a Grosseto c’è ad aspettarmi Letizia Borselli.  Mi saluta e con la sua Dacia bianca ci  avviamo per andare a   ‘MaremmAlta’. Letizia è una donna dai tratti gentili e riservata. Dopo qualche minuto di strada, prende un po’ di confidenza , dicendomi  che è contenta di avermi come ospite nella loro tenuta.

Durante il tragitto Letizia mi confida che il loro business è gestito al meglio e con la massima dedizione. Ovviamente sottolinea il fatto che la loro realtà aziendale è a conduzione familiare, molto diversa dalle vicine cattedrali del vino quali: 

Qual è il segreto del successo della cantina ‘MaremmAlta’

Letizia dice che il cosiddetto x-factor della cantina  ‘MaremmAlta’  è quello di essere dei bravi e semplici vigneron, che fanno questo lavoro perché  lo amano. Vogliono fare vino, perché non saprebbero fare altro.  Il loro nettare soddisfa dai palati più semplici a quelli più esigenti. 

Dall’asfalto della provincia di Grosseto ai girasoli e i cipressi dei campi maremmani il passo è davvero breve. In meno di un’ora giungiamo a ‘MaremmAlta’ , a Gavorannoin località Casteani.  Stefano mi attende a braccia aperte  a ‘MaremmAlta’ per raccontarmi la loro storia.

‘MaremmAlta’ , la cantina  del  vigneron  artista

Varco la porta di un antico casolare ristrutturato in chiave moderna. Questo è circondato da  filari in fiore e uliveti secolari, da cui viene estratto un olio eccezionale.  A farmi festa tanti cagnolini scodinzolanti, e lo stesso Stefano Rizzi,  un signore alto e distinto, dagli occhi azzurri e sinceri . 

Stefano mi offre un bicchiere della loro profumatissima Ansonica’ . Si fa un brindisi insieme a Letizia e suo fratello Federico Borselli. Mi sono sentita come a casa.

Gli interni da galleria! 

Prima di gustare ogni sorta di prelibatezza, Stefano mi mostra gli interni del suo casolare. I colori esterni ed interni sono caldi . Si nota subito una ricerca dei dettagli infinita, soprattutto negli arredamenti . Essi sono molto lineari ed easy chic.  Negli scaffali ci sono libri di ogni genere, prevalgono quelli dedicati alla pittura.

Lo spirito del collezionista di Stefano trasuda dalle pipe di ogni forma e foggia e dalle tele di valore che abbelliscono ogni parete del suo nido. Intanto lo ascolto mentre mi spiega cosa è il vino! 

Stefano concepisce il vino come un miracolo tra intervento della natura e quella dell’uomo. E quando ciò succede si genera un capolavoro, perché perfetto equilibrio di  sentimento e tecnica. Il sole è invitante, e l’aria frizzante.

vini 'MaremmAlta'

Degustazione in giardino dei vini ‘MaremmAlta’

Ci accomodiamo nella veranda. Tutti insieme imbandiamo la tavola per il nostro pranzo luculliano a base di squisitezze a chilometro zero: porchetta, lardo, patate arrosto, formaggi , pane e dolci di riso, abbinati alle migliori etichette di ‘MaremmAlta’:

  • ‘Lestra 2020’ : è un vino bianco di Viognier al 100 % . Giallo paglierino, al naso è caratterizzato da percezioni d lime e albicocca, iris, giglio e acqua di rose. C’è un sottofondo di menta e pepe bianco . L’assaggio è fedele al naso, con un’ esplosione di morbidezza e sapidità . Perfetto per aperitivi formaggi, pesce e primi;

  • Micante Bianco 2019 ‘ : Vermentino (90%) e Sauvignon (10%), è un bianco proveniente da vigneti giovani e vigorosi. Si ammira un bel giallo chiaro luminoso .  Al naso esprime sentori intensi di frutta esotica, ananas e pesca bianca, insieme a note di erbe aromatiche e qualche accenno di agrumi. Al palato si avverte subito una piacevole freschezza e mineralità . Il  finale è agrumato , misurato, ma  intenso. Si presta a buona longevità in bottiglia. Ideale per piatti a base di pesce;

  • Micante 2019′ : Sangiovese 80% e Cabernet Sauvignon 20% puramente biologico e certificato, manifesta un rosso rubino accesso e raggiante. Al naso si respira mirtillo, prugna e ciliegia. A questi sentori  si avvertono sensazioni di viola, sottobosco, foglie secche e lievi accenni balsamici di eucalipto. La bocca gode di struttura piena , morbidezza avvolgente e suadente freschezza. Il finale è burroso e persistente . Consigliabile per grigliate di carne;

  •  ‘Poggio Maestro 2019’: un Syrah 100 % biologico , che cresce perfettamente in Maremma con i suoi terreni  calcareo-silicei. Di un rosso rubino carico , è intenso e speziato al naso. Esso è carico di sentori di amarena sotto spirito, cioccolato fondente, pepe, e grafite. Al  palato si presenta corposo e scalpitante con un lungo finale balsamico. Ottimo per formaggi, salumi, piatti a base di carne;

  • ‘Ciliegiolo Casa Rizzi 2019’ : è una carta da giocare quella del Ciliegiolo, vitigno autoctono del sud della Toscana, che invece di essere usato come taglio per il ‘Chianti’ , viene fatto in purezza. Dal rosso rubino, al naso esso sa di ciliegia e viola con qualche accenno di pepe e noce moscata. Al palato è ampio, pieno di polpa. La sua acidità non molto spiccata. I tannini sono invece forti, e  danno slancio al vino senza prepotenza alcolica. La persistenza è gradevole e di frutti di bosco selvatici. Abbinabile ad aperitivi, formaggi, salumi, primi, secondi di carne e preparazioni BBQ .

Come nasce ‘MaremmAlta’?

Dopo aver pranzato , Letizia ci lascia per prendersi cura dei suoi cuccioli. Con Stefano e Federico ci rechiamo tra le vigne di ‘MaremmAlta’.  Intanto  la luce del giorno si smorza,  pennellando di arancione la campagna maremmana.

Giungiamo nel punto più lontano della cantina, da cui si ha una panoramica meravigliosa sui 16 ettari (di cui 6 in affitto) dell’azienda agricola. Questa produce  30,000 bottiglie annue , e sono vendute prevalentemente in Italia e in Nord Europa.

Un  ristorante particolare! 

Tutto intorno è la pace, e si ode solo il cinguettio degli uccelli e il fruscio degli alberi, che sembrano come delle colonne che reggono un cielo turchino e terso. Saliamo su degli scalini e arriviamo in cima a una maestosa quercia. Qui sopra   Stefano ha costruito un piccolo locale  plen air .

Stefano ha organizzato tante  degustazioni su questo delizioso  ristorante posto su un  albero, che è  fatto tutto in legno . E le richieste dei clienti aumentano , tanto che pensa di attrezzarlo e allargarlo per ricavarne un petit chateaux ! Ad un certo punto lo sguardo  di  Stefano quasi si spegne. Questo perché  mi confessa di una tragedia immane, che da adolescente lo segnò nel suo intimo. 

La vita di Stefano Rizzi. Dal furto alla Capitale all’oro rosso della Maremma

Girando le lancette dell’orologio indietro nel tempo, Stefano ricorda di quando era dodicenne, quando rimase orfano di entrambi i genitori. In seguito  fu adottato dai Salesiani a Frascati. Ad aggravare la situazione la  sorella si ammala, ma non si perse d’animo.

Stefano cominciò a buttarsi sul lavoro per sopravvivere a quella disgrazia familiare. I  suoi primi guadagni li ottenne faticando come fattorino in uno studio notarile ai Parioli, quartiere vippaiolo di Roma. Destino volle che trovò conforto a   ‘Vigna Stelluti’, l’ enoteca più famosa dell’Urbe, quella dei fratelli Antoni in largo Stefano.

La gazza ladra di Roma

Stefano era attratto dai lustri di quel posto. Per  lui  quel posto rappresentava quella giostra mai goduta per un’ infanzia bruciata troppo velocemente. Stefano era come rapito dalla bella gente, che sembrava essere felice con un solo calice di vino in mano. Così rubò un’ampolla e pure delle più scadenti per capire quale fosse il segreto di quel misterioso elisir!

Luca uno dei proprietari, si accorse del furto e fece finta di nulla.  In fondo sapeva si trattava di una ragazzata. E finì pure per affezionarsi a quel biondo brigantello. Il piccolo da ‘quell’ ignobile gesto’ in poi frequentò assiduamente la sua lussuosa vineria. Luca trasmise tutto il suo sapere sul vino a Stefano  , che lo considerò come padre e  mecenate.

In appresso Stefano, dovendosi campare, si lanciò prima nella gestione degli spacci del ministero prima, e poi esplose come  top manager delle esportazioni del vino Italiano in America negli anni ottanta.

Bacco solleva dai dolori 

Prima di volare via, Stefano fu festeggiato da Luca con un ‘Barolo Bussia 68’, rammentandogli bonariamente:  “se vuoi fare come la volpe che frega le galline , almeno fallo bene la prossima volta!” .

Nelle parole di Stefano c’è molta nostalgia, e se guarda indietro, la fortuna è stata con lui come una donna capricciosa, che lo ha sedotto e poi abbandonato e poi ripreso, fino a farlo diventare l’uomo che è adesso.

Stefano è di una umanità disarmante, la stessa virtù che lo accomuna al suo amico e consulente Roberto Cipresso, incontrato qualche anno fa in occasione di una giornata AIS nella capitale.  

Il Morellino, il vino della Maremma

Contemplo la bellezza della Maremma, e Stefano me ne spiega i segreti. Dopo periodi nefasti, questa parte di Toscana è stata sanata e valorizzata al punto da vantare un terroir ineguagliabile e uan ricezione turistica di livello.

La Maremma è quel “…dolce paese dal quale derivai identico il carattere fiero e la poesia sdegnosa e l’animo in cui non si acquietano mai odio e amore, ti rivedo ancora e rivedendoti il cuore sussulta…”. Così Carducci  la immortalò, versi aulici legati ai ricirdi della sua fanciullezza ivi trascorsa! 

Le ‘DOC Morellino di Scansano’

Grazie agli sforzi , gli investimenti e l’acume di produttori illuminati , la Maremma  tuttavia e per fortuna, da brulla si è evoluta. Si è trasformata  in una sorta di eldorado viticolo consolidato e certificato con una DOCG, sette DOC, due IGT e a ‘tre Strade del Vino’:

Vitigni della Maremma

Le caratteristiche pedoclimatiche della Maremma sono particolari:

  • La presenza contemporanea e ravvicinata di mare, montagna e colline, la rendono unica:
  • Gli inverni non sono mai troppo rigidi e le estati mai eccessivamente calde

Questo spiega perché i vini  della Maremma  , da secoli vocata alla viticultura, sono di alta qualità. Essi possono essere bianchi, rosati, passiti, vinsanti, e di vendemmia tardiva. La Maremma è ormai proiettata verso una lavorazione moderna dei suoi vitigni più diffusi quali: 

Senza ombra di dubbio dal tufo di Pitigliano  alle terrazze dell’isola del Giglio, la Maremma è  testimonial indiscusso della Toscana in fatto di vino. E il ‘Morellino di Scansano’ ha contribuito indiscutibilmente alla sua fama.

Sua maestà, il Morellino di Scansano 

Il ‘Morellino di Scansano , DOCG dal 2007, è originario dell’omonimo comune di Scansano e del comprensorio delle cittadine di: 

Secondo quanto previsto dal disciplinare, il ‘Morellino di Scansano DOCG’ deve contenere: 

Esso inoltre va  vinificato in vasche di acciaio inox. Solo la versione riserva, più strutturata, prevede un invecchiamento di due anni in botti di legno.

Perché  si chiama ‘Morellino’

Il termine ‘Morellino’ è stato introdotto, intorno al 1700, dai viticoltori di Scansano per indicare il loro vino, vigoroso , scuro intenso nel suo rosso . Esattamente come il manto dei cavallo detti ‘morelli’ , che venivano utilizzati per trainare le carrozze dei nobili verso Scansano, dove si recavano per acquistare proprio il vino.

Qualcuno sostiene, invece, che il termine sia da attribuire all’uva Sangiovese impiegata per la sua produzione e denominata ‘morella’ in Maremma.

4 buoni motivi per visitare la Maremma

Maremma oggi è una meta turistica ambita da milioni di visitatori da tutte le parti dell’Italia e dell’estero. Stefano mi svela che rimane davvero poco del suo passato da  ‘Medioevo buio’. 

Il  mezzo migliore per esplorare la Maremma  rimane sicuramente la macchina, proprio per essere indipendenti e permettersi di godersela appieno in tutto il suo splendore. La bellezza della Maremma  declina dal mare  alla montagna, dalla pianura alla collina, dai borghi medievali alle oasi naturalistiche, e tanto altro ancora. Sarebbe davvero impossibile elencare tutto quello che c’è da fare e vedere in Maremma. Vi regalo però un piccolo assaggio! 

1. Il Parco della Maremma

Il ‘Parco della Maremma’  chiamato localmente ‘Parco della Uccellina ,  fu istituito nel 1975 per un totale di quasi 10.000 ettari. Esso va da Principina a Mare’ (circa 20 km a sud di Castiglione della Pescaia) fino al promontorio di Talamone

2. Populonia

Populonia e il ‘Golfo di Baratti’ sono dei must da perlustrare della ‘Costiera degli Etruschi’.  Due località che abbagliano per il loro patrimonio archeologico e paesaggistico. Siete davanti i più antichi insediamenti degli Etruschi, civiltà all’avanguardia e misteriosa che ha lasciato di se tracce nel DNA del popolo toscano.

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3. Terme di Saturnia

Terme di Saturnia’  sono un centro termale incantevole situato ai piedi del borgo medievale di Saturnia . Questa oasi  è circondata da un parco . Innegabile  che sia una struttura di altissimo livello, sapientemente organizzata, in grado di soddisfare una clientela molto esigente. Il complesso è composto da  Spa & Golf Resort e Golf Club’

Immersi nelle quattro piscine termali all’aperto (da cui si alza un vapore suggestivo e rilassante),  si può godere  di  una magnifica vista sulla tipica  terra maremmana. Il fulcro delle terme è dato  costituite da un’unica sorgente termale,  la quale sgorga ad una temperatura costante di 37,5 gradi.

4. San Galgano

San Galgano è un luogo magico, che ti trasporta in un altro tempo, sospeso fra la realtà e il mito. Questo posto fantastico si trova a Chiusdino, in provincia di Siena. Di grande impatto è una singolare ‘Abbazia’   del  1200, che  appartenne all’ordine  dei monaci  cistercensi. Perse il suo prestigio e la sua ricchezza un secolo dopo, a seguito di una gravissima epidemia di peste,  che decimò la popolazione monastica.

Questa misteriosa  chiesa diroccata è legata alla leggenda d di San Galgano.  Prima di essere santo questi era un ricco cavaliere che si dedicò a Dio dopo l’apparizione Arcangelo Michele, che avvenne proprio qui . Esattamente a Montesiepi, si narra che  San Galgano  abbia conficcato la spada nella roccia, simbolo della scelta santa fatta.

Di questa ‘Abbazia’  sono rimaste solo le mura. Varcandole si entra in un edificio gotico, solenne, con un pavimento di terra ed erba e con un tetto di cielo e nuvole. Sorprendente è la forza che questi resti architettonici emanano,  nonostante le evidenti mancanze.

Tramonto in Maremma

Stregata da un tramonto che sfuma di riflessi ambrati il blu dell’orizzonte, mi accorgo che è ora di andare via dalla cantina MaremmAlta’ .Mi riprometto  di tornare quanto prima, perché la Maremma crea dipendenza. Non siete d’accordo?

In conclusione, posso confessare che la Toscana non smette mai di stupirmi. Ovunque ti dirigi, c’è sempre qualcosa da vedere o fare. Non c’è da meravigliarsi se è considerata dagli stranieri  la regione più affascinante d’Italia. Spero di avere contribuito nel mio piccolo ad avervi proposto un itinerario alternativo per le vostre prossime vacanze! 

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“Cantina Arrighi”,  Elba

“Cantina Arrighi”, Elba

 

“La qualità non è mai casuale; è sempre il risultato di uno sforzo intelligente.”

John Ruskin

“Cantina Arrighi”,  Elba

Il vino della “Cantina Arrighi” mi porta per una seconda volta all’ Elba! Antonio Arrighi  suo proprietario e grande winemaker mi viene  a prendere in auto  a Portoferraio un weekend di fine estate. Ci siamo diretti a Porto Azzurro    sede dell‘azienda vinicola in viale Europa, Pian del Monte, 57036 .  In questa ridente cittadina ci sta anche l’albergo Hotel Belmare” , dove ho nuovamente alloggiato. Qui nella  stanza numero 13 è nato Antonio Arrighi!  Un uomo straordinario che oltre a essere il numero uno nel suo lavoro, è un fuoriclasse nella vita!

Grazie alla “Cantina Arrighi”   ho avuto la possibilità di appronfondire la conoscenza dei  nettari dellElba ,  della sua storia e di   cosa c’ è da vedere su questo incantevole atollo toscano. Seguitemi in questa avventura che voglio condividere con voi, suggerendovi qualche cosa di davvero interessante da non perdervi nella vostra prossima vacanza sull’isola!

“Cantina Arrighi” a Porto Azzurro, un borgo fatato

AL mio risveglio in camera il sole fuori è appena spuntato ed è ancora caldo. Esco fuori a  Porto Azzurro, che ormai mi è familiare.  Faccio colazione seduta davanti il mare in un baretto nel porticciolo.  Sembra di essere dentro un quadro di Monet.

Tutte le barchette variopinte in fila, che dondolano al ritmo delle piccole onde insieme agli yacht a più piani dei ricchi Inglesi attracati alla darsena.  I gabbiani che librano liberi nell’aria, e qualche vagabondo che come me si aggira nel salotto di  piazza Giacomo Matteotti a  Porto Azzurro per godersi il silenzio del mattino. Non ho un programma preciso, sono senza orologio, e l’unica cosa che desidero e perdermi tra i vicoli stretti di questo borgo medievale, pieno di localini e botteghe artigianali che lo rallegrano e lo rendono così glamour e alla moda.

“Oasi degli dei” , Porto Azzurro, Elba

Il mio pelelgrinaggio inizia  al lungomare di Porto Azzurro.   Mi fermo a osservare dei bambini, che si infilano in una fontana a giocare con gli zampilli d’acqua che rinfrescano i passanti. Ad un certo punto vicino la banchina del porto turistico , mi ritrovo davanti  l’ “Oasi degli Dei” . Si tratta di cinque statue di marmo di Carrara create da artisti del calibro di Raphaelle Duval, Christian Ibanez e  Franco Dagab raffiguranti:

  1. “Cavalluccio Marino”;
  2. “Nettuno”;
  3. “Medusa”;
  4. “Venere Dormiente” ;
  5. “Gea” .

Per cinque anni queste divinità marmoree hanno abitato le acque di “Punta Polveraia” a “Marciana” dietro iniziativa di Giorgio Verdura, che è un sommozzatore professionista,. E  poi sono state tirate fuori per essere esposte in una sorta di museo all’aperto che impreziosisce Porto Azzurro .

La “Passaggiata Carmignani”, dal centro di Porto Azzurro

Dal centro di Porto Azzurro a pochi passi dalla spiaggetta cittadina mi sposto  alla “Passeggiata Carmignani” , che in salita su degli scalini (portate acqua e scarpe comode!)  mi conduce fino alla “Spiaggia Barbarossa”.  Qui faccio purtroppo il mio ultimo bagno! Senza dubbio Settembre è il periodo migliore per vivere l’ Elba ,  perché le temperature sono miti e piacevoli. Oltretutto lontano dalla massa dei turisti dell’alta stagione  si possono girare altri  posti affascinanti come per esempio:

Sul tardo pomeriggio mi avvio verso la cantina  dove trovo Antonio Arrighi affaccendato nel suo tran tran quotidiano . Ci saranno stati almeno una decina di  wine lovers giunti apposta per le degustazioni, e per sapere del misterioso “Nesos” , il vino salato . Altra magia di Antonio Arrighi! 

” Cantina Arrighi”, un modo per scoprire  la storia dell’ Elba

Secondo una leggenda Venere , la dea della bellezza e dell’amore, avrebbe perso una collana di perle nel  Mar Tirreno, dando così vita all ‘  “Arcipelago Toscano” di cui l’Elba  fa parte . L’Elba si trova a 6,2 miglia dalla città costiera di Piombino . Con un’area di 86 miglia quadrate (223 km quadrati), è un paradiso toscano incontaminato: limpide acque blu, coste infinite, paesaggi meravigliosi, clima mediterraneo ed una natura rigogliosa .

L’ Elba , inoltre, è una terra ricca di una cultura vitivinicola che è antica tanto quanto la sua storia.  L’Elba è stata abitata sin dall’epoca preistorica. Ed essendo piena di depositi di minerale ferroso l’Elba, ha  attirato molti colonizzatori. Gli Etruschi ed i Greci la chiamarono  “Aethalia” (che significa “luogo fumoso”, probabilmente a causa della presenza di fornaci). Successivamente i Romani la ribattezzarono “Ilva” , ovvero “ferro”, stabilendovi una base navale.

Seguirono altre dominazioni durante il Medioevo: Pisa e Genova se la contesero fino al governo  dei Duchi di Piombino” 1399 e di Cosimo I dei Medici di Firenze nel 1548. Dal 1596 al 1709 la parte orientale dell’ Elba  passò invece sotto il controllo dell’Impero Spagnolo per circa 150 anni.  Poi tutto il territorio  fu conquistato prima da Napoli e infine dai Francesi nel 1802.

Napoleone all’Elba

Quando Napoleone I  abdicò nel 1814, venne esiliato all ‘Elba , dove sbarcò il 4 maggio. Da allora, l’ Elba fu  riconosciuta come principato indipendente con Napoleone come suo re fino al 26 febbraio 1815, giorno in cui tornò in Francia per i cento giorni“. Napoleone  lasciò il suo marchio con le sue residenze nobiliari a Portoferraio ,  capoluogo dell’Elba :

Successivamente, l’ Elba  fu  restituita alla Toscana , con la quale si annettè  all’Italia unificata nel 1860 . L’Elba merita di essere vista anche per i sapori della sua cucina , composta da piatti semplici e fantasiose. Una cucina per lo più a base di pesce, che qui abbonda come i suoi deliziosi ristorantini sparsi ovunque. Questi  vengono riforniti da tutti quei pescatori , che ogni mattina vanno al largo con le loro barche, e le riempiono di  polpi, stoccafissi, totani, e sardine.

Antonio Arrighi

Antonio Arrighi , da direttore d’albergo all’Elba a  winemaker

Antonio Arrighi è  Elbano DOC. Il mitico vigneron è cresciuto in una famiglia di albergatori e ristoratori esperti , che vantano un lungo trascorso nell’  accoglienza turistica  all’Elba  a partire dal 1960, gli anni d’oro del boom del turismo e del rilancio finaziario. Parimenti i suoi genitori si dedicano a tirare su un’azienda agricola pensata per lo più per i loro stessi clienti, producendo diversi tipi di carne (maiale, coniglio, ecc.), fiori, e frutta (pesche e uva).

Antonio Arrighi, sommelier ‘AIS Toscana’

Da bambino Antonio Arrighi è sempre stato coinvolto dietro le quinte negli affari di famiglia.  Nel 1980 decide di diventare sommelier (fa ancora parte della delegazione Elba di “AIS” Toscana” ),  non solo per prendersi cura dei suoi vigneti, ma anche per fare dell’ottimo vino!

Nel 1995 Antonio Arrighi ha davanti a sé una grossa opportunità: intraprendere un ambizioso progetto in collaborazione con la Regione Toscana e con Paolo Storch , senior researcher del CREA” (“Assessorato alla Ricerca Agraria di Arezzo”) . Lo scopo è quello di capire quali vitigni internazionali insieme a quelli locali possono crescere all’Elba .

La risposta a questa domanda è stata:  Syrah , Sagrantino e Tempranillo per i vini rossi, ed Incrocio Manzoni Chardonnay Viognier per i vini bianchi. Antonio Arrighi ha continuato a piantare tutte queste varietà di uva internazionali selezionate nella sua terra, essendo resistenti alla siccità ed alle malattie, rispettando parimenti elevati standard di qualità.

Giulia e Ilaria , i gioielli di casa Arrighi 

Dal 2000 in poi,  Antonio Arrighi si è dedicato completamente alla sua passione vinicola,  che si è trasformata nel suo mestiere principale aiutato dai suoi cari. Per  il futuro della “Cantina Arrighi” può’ contare sulla bravura  delle figlie Giulia e  Ilaria ,  enologa la prima, esponsabile comunicazione e marketing la seconda .

Il cambio generazionale della sua azienda ha base solide dunque, rafforzato anche dal piccolo  Matteo avuto dall’attuale  compagna  Giada  . Tutti quanti insieme sono una forza! Si dice che l’umiltà appartiene ai grandi, ed è il loro caso! Appena li conosci è inevitabile non cadere vittima della loro professionalità, genuinità e calorosa ospitalità, e di conseguenza ti ci affezioni!

Perché i vini della “Cantina Arrighi” sono così ricercati? 

Antonio Arrighi  è sempre lo stesso, in formissima, vivace, sorridente e pieno di cose da fare.  Contenti di parlare nel suo ufficio di presenza dopo il Covid 19  si chiacchiera su come il settore vitivinicolo abbia risentito bruscamente della crisi per la pandemia. Per fortuna Antonio Arrighi mi dice che si è ripreso e che i suoi ritmi produttivi sono pressoché gli stessi di prima.

Tuttavia, mi confessa che ci sono stati momenti di smarrimento, che però sono stati seguiti da altri di riflessione su come investire e fare di più! Mi spiega Antonio Arrighi  che l’obbiettivo è quello di ingrandirsi e di mantenere il sapere e la tradizione della viticoltura elbana con uno sguardo verso il futuro, mediante l’uso di strumenti sempre più moderni. Cerchiamo di capire meglio dove su quale versante isolano si apre il tesoro di questo alchimista elbano!

Elba, terroir unico al mondo

L’oro rosso e bianco dell’eden di  Antonio Arrighi è posizionato a “Piano al Monte” , nelle colline orientali di Porto Azzurro , all’interno del  Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano”.  Con una produzione di circa 40.000 bottiglie annue , la proprietà di Antonio si estende su 12 ettari, di cui sette coltivati a vigneto ed il resto ad alberi d’ulivo.

L’obiettivo dell’impresa di Antonio Arrighi è produrre vino dai propri vitigni e sperimentarne altri nuovi, di quelli che chiaramente si adattano meglio al terroir dell’Elba  .  Un’oasi fatta di ferro, argilla, mare, sole e clima temperato tutto l’anno (la temperatura media annuale è intorno ai 17 ° C con precipitazioni relativamente limitate, concentrate generalmente in autunno e inverno ).

Terreni dell’Elba

L’Elba  strega chiunque per la sua bellezza che si distingue per un’  immensa varietà di paesaggi, che sono importanti non solo per far arrivare visitatori! Con un terzo della superficie al di sopra dei 200, l’Elba può essere suddivisa in aree con terreni molto dissimili tra loro. Questi terreni sono il risultato di diverse stratificazioni geologiche, quando essa ha fatto da collante tra la penisola italiana e la Corsica. La parte occidentale dell’Elba è piuttosto montagnosa, mentre quella centrale ha suoli sedimentari sabbiosi ed argillosi.

Questa geografia così interessante garantisce dell’ottimo vino con caratteristiche organolettiche uniche ed un’ampia scelta tra tipi di rossi e bianchi! Ovviamente Antonio Arrighi spera che tutto proceda per il meglio, e che per via della pandemia non ci siano danni nefasti per il turismo. Questo  è motore stesso della sua  attività, che è sempre più in crescita grazie non solo perché la cantina si trova a soli dieci minuti di passeggiata dal centro di Porto Azzurro, ma anche per i percorsi di wine trekking al suo interno. Si rimane incantati dagli anfiteatri di filari di un verde sfavillante, che sono disposti l’uno accanto all’altro in modo armonico come le note di uno spartito, che danno vita  ad una musica infinita.

"Nesos" , il vino del mare elbano

Il vino elbano, una tradizione millenaria

Antonio Arrighi  crede ciecamente nell’enorme potenziale dell’Elba come regione vinicola, confermato dal suo passato glorioso di  coloni greci (X secolo a.C.), etruschi (VI secolo a.C.) e romani (V secolo a.C.), che lasciano segni indelebili del loro sapere enoico.  Come ad esempio la vinificazione in anfore di terracotta, antica tecnica che Antonio Arrighi ha iniziato ad  intraprendere con rigore scientifico nella sua cantina.

Tutto questo ha già suscitando molto scalpore!  L’Elba è stata sempre un’area a vocazione fortemente enoica, come dimostrano due scoperte  del 2013:

E la storia continua! Non ci sono prove relative alla viticoltura elbana durante il Medioevo. Tuttavia,  è documentato che il vino elbano  godesse di buona reputazione e di un commercio a prezzi equi in Toscana . Alla fine del Settecento e per tutto l’Ottocento la viticoltura elbana è stata protagonista di un notevole sviluppo grazie alle politiche di salvaguardia di  Napoleone  .

Tra il 1850 ed il 1860 invece ci sono alti e bassi. Comunque  l’Elba è costellata  da vigneti a terrazze, che coprono i pendii alti fino a 400 metri sul livello del mare, i quali diminuiscono in numero  nel  1960 a causa dell’urbanizzazione e del  boom del settore turistico .

Terrazzamenti di vigne elbani

La situazione corrente non è delle più felici, considerando che dei numerosi vigneti , che coprono circa 300 ettari dell’ Elba, solo circa 125 sono iscritti nel “Registro Nazionale delle Varietà delle Viti”.  Per non parlare del fatto che la maggior parte dei precedenti terrazzamenti sono ricoperti di cespugli,  alberi selvatici, ed edifici!

Tuttavia, negli ultimi anni i vini elbani stanno rinascendo grazie all’impegno e alla dedizione di cantine ben organizzate e associazioni locali, il cui scopo è la valorizzazione, la promozione e la crescita economica di questo angolo di paradiso.

I vitigni della “Cantina Arrighi” all’Elba

Dalle bottaie dell’impresa agricola facciamo un salto ad un  pub di Porto Azzurro  per un apericena. Qui Antonio Arrighi mi racconta dei  suoi vitigni, che sono poi quelli  storici dell”Elba :

Ovviamente mi sono resa conto che la migliore qualità di Antonio Arrighi è la creatività. Una volta immaginato un vino lo realizza poi nella sua cantina. Questo perché, come dice lui stesso :

“la vinificazione è un’arte oltre che una scienza, e avere la capacità di pensare fuori dagli schemi e di improvvisare, quando necessario, sono abilità critiche per avere successo”. 

10  vini della “Cantina Arrighi” . l’Elba in un bicchiere! 

Antonio Arrighi è un intuitivo, vuole spingere il terroir dell’ Elba fino al suo massimo potenziale, per ottenere dei vini di grande spessore, che riflettano la loro origine. Se volete carpire l’anima dell’Elba veniteci,  e qui vi aggiungo altri nove buoni motivi per concedervi questo privilegio:

  1. “Ilagiù Elba Bianco DOC” :  è un vino minerale e fruttato, composto per l’80% da Procanico e da una piccola quantità di Biancone, ed Ansonica  .  La sua fermentazione avviene in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata;
  2. “Era Ora Bianco IGT”: è un vino bianco rotondo, secco e di buona acidità, ottenuto da Chardonnay  ed Incrocio Manzoni . La  sua fermentazione avviene in vasche di acciaio inox a temperatura controllata, e parte di questo vino è stato affinato in barriques di rovere francese;
  3. “Mattanto DOC” :  è composto al 100% da Ansonica  (5000 piante per ettaro), ha un sapore asciutto, pieno e morbido. La sua fermentazione avviene in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata;
  4. “VIP Viognier White IGT” : è uno dei miei preferiti! È un vino bianco minerale e fruttato, composto al 100% da Viognier  (6000 piante per ettaro). La sua fermentazione avviene in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata con tre mesi di affinamento in bottiglia;
  5. “Hermia Vinum in Amphora White IGT  : è un particolare vino bianco fatto 100% da  Viognier , si presenta fine e leggero grazie ad una vinificazione naturale ottenuta con anfore in terracotta di firmate “Artenova” di Impruneta (800 litri di capienza) . Fa unga macerazione a contatto con le bucce e sei  mesi di invecchiamento in bottiglia. Il suo nome ricorda  “Hermia” ,  uno schiavo,  che faceva il cantiniere di una villa romana rinvenuta a  San Giovanni” , un villaggio elbano vicino a Portoferrario ;
  6. “Valerius White IGT” : è un grande vino bianco 100% di Ansonica (6000 piante per ettaro) con vinificazione in anfora di terracotta (220 litri) )  e lunga macerazione a contatto con le bucce e tre mesi di affinamento in bottiglia. Un vino bianco, armonico ,  persistente e con una buona sapidità;
  7. “Isola in Rosa Rosé IGT” : è un delicato vino rosato a base di Syrah al 100%(5000 piante per ettaro), che ricorda il Sud della Francia con la sua tenue tonalità corallo; affina quattro mesi in bottiglia;
  8. “Centopercento Elba Rosso DOC” : è un vino rosso corposo e fruttato composto per l’80% da Sangiovese e per il 20% da Syrah (5000 piante per ettaro). La sua fermentazione avviene in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata con otto giorni di macerazione ed affinamento in bottiglia per sei  mesi;
  9. “Tresse Anfora Red IGT” : è un vino speziato e ricco a base di Sangioveto, Syrah e Sagrantino  . Fino al  2016 esso dormiva in barrique di rovere, poi nel 2018 grazie all’aiuto dell’enologa Laura Zuddas  , Antonio lo fa riposare in anfore di terracotta , come facevano gli antichi romani!  Ad Antonio piace questo tipo di affinamento, perché la terracotta è un materiale semplice e naturale paragonabile al legno, che permette ai vini di respirare senza cedere alcun sentore. Ecco perché “Tresse” è un vino corposo, che avvolge il palato con i suoi profumi di frutti di bosco;
  10. “Siloso Elba Aleatico Passito Rosso DOCG” : questo  passito  di  Aleatico al 100% ha ottenuto vari riconoscimenti . Il suo profumo di ciliegia si abbina perfettamente a dolci come la tradizionale schiaccia ubriaca elbana, un dolce natalizio rotondo e pastoso con la particolarità di avere il vino rosso nell’impasto.

Le luci delle strade si spengono e ci si va a riposare un po’. AntonioArrighi mi accompagna nella mia suite, lui torna a casa, perché domani ha la sveglia all’alba per la vendemmia.

Cosa è “Nesos” della “Cantina Arrighi”?  

Tutti gli appasionati ed esperti di vino cercano il famoso “Nesos” ,  il vino  salato che Antonio Arrighi ha tirato fuori come un mago dal suo cappello! Lui è sempre stato un visionario, e galeotta è stata la  settima edizione dell’ “Elbaleatico, un Grappolo di Storia” nell’ Aprile del  2018 .

In occasione di questa nota kermesse dedicata all’ ”Aleatico Passito dell’Elba DOCG”  , Antonio Arrighi fa un incontro che gli cambia in meglio il destino, quello con il professore Attilio Scienza, agronomo dell’Università di Milano. I due fanno amicizia alla fine dell’evento, e tra una chiacchiera e l’altra, la loro dotta conversazione verte su un argomento a loro caro, cioè  tentare di fare il vino come 2500 anni fa a Chio, in Grecia. I proverbi non sbagliano mai, nulla è per caso! Quanto mai di più vero, perché da quel momento parte il loro esperimento!

“Nesos” , un vino fatto come 2500 ani fa nell’isola di Chio

Questo vino della Grecia classica doveva essere corposo, dolce e molto alcolico, ed in grado di intraprendere lunghi viaggi sul mare. Esso si  prestava a  essere diluito con acqua durante i banchetti e le celebrazioni.  Antonio Arrighi ha esaudito il desiderio del professor Attilio Scienza di dare vita a qualcosa di simile all’Elba, dopo sue varie iniziative fallite in altre piccole isole del Sud Italia.

Insieme si incamminano verso questa avventura, supporta tra l’altro dall’ Università di Pisa, un progetto ambizioso, in cui i due esperti aggiungono anche il loro tocco personale. A tal proposito Antonio Arrighi  decide di riprodurre questo antico vino greco utilizzando l’ Ansonica . Questa è un’ uva simile a quella che doveva esserci a Chio. Successivamente ha travasato l’ uva Ansonica   , tenuta in cesti di vimini sardi, nel mare di Porto Azzurro, fino a circa 7 metri per 5 giorni.

Cosa fa di speciale il sare marino all’uva ?

Dopo che Antonio Arrighi  ha estratto l’uva Ansonica   dal mare, queste uve vengono disidratate, appassite su graticci ed infine vinificate in anfore di Terracotta.  Per questo vino è stata anche consentita qualche macerazione tra le bucce e il mosto. Gli aspetti più rilevanti di tutto questo processo sono due:

  1. L’ acqua di mare scioglie il caratteristico strato di cera che ricopre l’uva, ed  in questo modo la maturazione delle uve diventa più veloce;
  2. Il sale marino è ideale per conservare il vino in modo naturale e delicato!

Vi avverto che è tutto sold out! Vuol dire che “Nesos”  non è più disponibile, perché già venduto. Non c’è da stupirsi se la richiesta di “Nesos”  è  stata spropositata, nessuno fa un vino del genere al mondo!  Ed io invece ho avuto la fortuna di assaggiare “Nesos”  ancora ‘grezzo’   lo scorso luglio  in occasione di  “Anteprime di  Toscana 2019”  , un evento enoico  tenutosi alla  “Fortezza da Basso” di Firenze.

“Vinum Insulae”, il cortometraggio su “Nesos” 

Con “Nesos” l’ anfora è tornata sul fronte della vinificazione quasi dopo 2000 anni . Un risultato questo dovuto all’opera di Antonio Arrighi, che  con  “Nesos” vino sapido per eccellenza,  è arrivato a una tiratura di 200 bottiglie sparite già dagli scaffali!

Stefano Muti, un grande video maker elbano,  ha immortalato  l’impresa di Antonio  con un cortometraggio dal titolo  “Vinum Insulae”Si tratta di un trailer di 15 minuti, che  riceve un premio al Festival del Cinema di Marsille “Aenovideo 2019 ”Antonio celebr; la vittoria in una  cerimonia ufficiale svoltasi  al “Luxenbourg Palace” a Parigi ! 

Antonio Arrighi , atleta nell’ animo

La tenacia e la voglia di vivere di Antonio  Arrighi è imbarazzante, anzi meglio irrefrenabile! Probabilmente tutti i suoi viaggi  in terre lontane lo hanno temprato , cosìcome le sue medaglie al triatlon.  Il passo a diventare un eccellente winemaker fu breve.

Ritorno  a Porto Azzurro e mi do una rinfrescata per poi cenare con Antonio Arrighi ed i suoi familiari e amici.  L’indomani dopo un bell’acquazzone ed una doccia di pioggia ritorno felice a Pisa, promettendomi di ripetere presto questa indimenticabile esperienza elbana.

Un saluto al caro  Stefano, che da lassù ci protegge da qualche nuvola!

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‘Cantina Villa Santo Stefano’,  Lucca

‘Cantina Villa Santo Stefano’, Lucca

“Chi non ama le donne, il vino e il canto è solo un matto , non un santo”.

A. Schopenhauer

‘Cantina Villa Santo Stefano’,  Lucca

‘Cantina Villa Santo Stefano  è un’ azienda agricola di lusso, che definirei  quasi surreale per la sua bellezza. Essa sta nascosta , ma ancora per poco, tra le magnifiche e dolci colline lucchesi di Pieve di Santo Stefano. Claudia Martinelli, responsabile della società di marketing ‘Darwin & Food’ , mi inivita a una degustazione dei loro superbi vini.

‘Cantina Villa Santo Stefano’    è un pò difficile da trovare, almeno per me , specie sotto  un  sole cocente , quello tipico di una mattina di luglio .  Mi smarrisco   in macchina per delle stradine strette in direzione  Pieve di Santo Stefano  . Tuttavia non mi scoraggio . Dopo un’oretta da Pisa  raggiungo la loro  sede in via della Chiesa 504 B . L’emozione di ritrovarmi con altri giornalisti e blogger per questo evento straordinario è infinita. Seguitemi per sapere di cosa si tratta!

Wolfgang Reitzle e Nina Ruge

Arrivata a  Cantina Villa Santo Stefano i gestori ci accolgono con un sorriso enorme . Inizialmente facciamo un giro dentro il parco enorme. Questo è immerso in una natura ordinata e rigogliosa. Accanto la piscina c’è l’ingresso per la sala degustazione. Dopo avere varcato delle grandi porte in ferro battut, ci mettiamo comodi sulle sedie. Tutto lo staff della stampa è incantato dalla raffinatezza degli interni e dell’apparecchiatura della tavola, imbandita con posate d’argento.

Cantina Villa Santo Stefano vuol dire anche un serivzio eccellente ! Appena i camerieri servono i vari bianchi e rossi aziendali,  stiamo fermi e immobili ad ascoltare la storia della tenuta attraverso le parole dell’ ingegnere tedesco Wolfgang Reitzle. Lui  ne  è il fondatore  insieme alla moglie Nina Ruge, famosa giornalista e presentatrice alemanna. Ciò che mi stupisce è soprattutto l’ ottimo rapporto qualità prezzo dei loro prodotti enoici, che esprimono al meglio lo splendore lo spirito della Toscana.

Wolfgang Reitzle

Il sogno diventato realtà di Wolfgang Reitzle

Wolfgang Reitzle è il proprietario di Cantina Villa Santo Stefano . Questi è un signore   alto , distinto , di una classe innata. Lui è  felice  di parlare  di come nel tempo è riuscito a trasformare la sua passione per il vino in un lavoro, che adesso  si è  materializzato in Cantina Villa Santo Stefano .

Wolfgang Reitzle, ex dirigente dellaBMW’ e poi CEO della ‘Ford’, ci spiega che tutto è nato quasi per caso. Sin da piccolo l’imprenditore tedesco si reca frequentemente  in Toscana  per le vacanze  con la sua famiglia.  Da allora il desiderio di viverci è forte.  A tal punto che poi , nel corso della sua vita , decide di acquistare un fazzoletta  di terra  nella regione più amata d’Italia.

Come nasce la ‘Cantina Villa Santo Stefano’ ?

Wolfgang Reitzle  vuole creare così un posto dove coltivare la vite e produrre nettari divini  fatti di vitigni locali come:

L’ occasione è il 2001 . Wolfgang Reitzle compra  la ‘Villa Bertolli’ assieme ad alcuni oliveti e ad un vigneto di circa un ettaro. La propirtà era della famiglia Bertolli .  I signori Reitzle e Ruge ribattezzano la villa  Cantina Villa Santo Stefano. E lo fanno in onore della pittoresca Pieve del IX secolo’ , che si trova nelle immediate vicinanze.

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‘Cantina Villa Santo Stefano’ , uno staff eccezzioanle per dei vini speciali

Wolfgang Reitzle ci confessa che non è facile mettere in piedi un’impresa agricola come Cantina Villa Santo Stefano  di così grande di portata. Non lo aiuta il fatto di essere straniero in Italia.  Perché ci sono molti problemi burocratici e logistici da risolvere. Non ultimo l’interrogativo se fare tutto ciò è da pazzi o da pionieri!

Da grande uomo di affari qual è Wolfgang Reitzle riesce nel suo intento . E dal 2005 a oggi l’avventura con Cantina Villa Santo Stefano continua con successo . Tutto ciò  grazie anche al supporto dei suoi affetti e dei suoi fidati collaboratori nelle figure di :

Al momento Cantina Villa Santo Stefano  rileva nei suoi 11 ettari di terreno:

La filosofia che guida la  Cantina Villa Santo Stefano  è la ricerca della perfezione nel fare vino ed olio sfruttando al massimo tutte le potenzialità di questo paradiso  benedetto da Dio.

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I vini di ‘ Cantina Villa Santo Stefano’

I vini di Cantina Villa Santo Stefano sono particolari, biologici, strutturati i rossi e leggiadri i bianchi. Assaggiare un calice di vino lucchese è un’esperienza speciale. Questo   ancora una volta conferma la ricchezza del patrimonio vitivinicolo  della Toscana senza passare per forza attraverso nomi blasonati!

Degustazione di 5 vini 

Una delle caratteristiche più distintive dei vini  di Cantina Villa Santo Stefano è la sapiente mescolanza di vitigni autoctoni con varietà di origine francese.  Oltre un terroir da manuale fatto di peculiarità pedoclimatiche esclusive che sono:

  • Terreni misti e prevalentemente argillosi;
  • Una temperatura mite tutto l’anno;
  • Ua combinazione di vicinanza al mare e montagna, che conferiscono a questi vini il loro sapore distinto.

Ecco le etichette in assaggio della Cantina Villa Santo Stefano :

  1. ‘Gioia 2018 e 2019’ : è un ‘IGT Toscano’, un vino bianco fatto al 100 %  di Vermentino . Questo vitigno  cresce spontaneo dalla Lucchesia alla Liguria .  Esso proviene da un vitigno adiacente l’azienda esposto a Sud , vicino alle spiagge della Versilia distanti circa 20 km . Qui c’è un microclima straordinario, che si riflette nell’aroma fragrante del vino stesso. La selezione e la raccolta delle uve , è eseguita scrupolosamente a mano. E dopo la diraspatura e pigiatura, le uve subiscono una leggera macerazione di qualche ora prima di essere vinificate in bianco. La fermentazione dura dai 15 ai 20 giorni e si avvale delle tecnologie più innovative. Il  processo avviene infatti in vasche di acciaio a temperatura controllata tra i 15° e i 16°. Questo vino bianco, nelle due diverse annate, possiede un bouquet armonico e fruttato, una buona acidità e un tocco di mineralità che si avverte nel finale;
  2. ‘Luna 2019’ : fatto di 50% Merlot e 50% Sangiovese , è un rosé sobrio, che va bene su tutte le portate di mare e di carni bianche . Ed è perfetto anche per un aperitivo. Esso ha un colore rosa provenzale, al naso è pulito con profumi che ricordano la pesca bianca e la buccia di mela rossa;
  3. ‘Volo 2019’ : è ‘IGT Toscanofatto di  40% Petit Verdot, 40% Cabernet Sauvignon e 20% Alicante.  Questo è un un vino che si presenta con un colore rosso intenso e con sfumature violacee frutto della sua giovane età. Al naso è floreale, con note di prugne, more e ciliegie, con un finale delicato di cipria. Al palato si esprime frizzante, con un buon tannino ed un’ acidità equilibrata  che lo fanno diventare di gradevole beva;
  4. ‘Sereno 2016, 2017 e 2018’ : è una ‘DOC Colline Lucchesi fatto da  80% di Sangiovese e 20% tra Ciliegiolo e da altri vitigni del posto. Si tratta di un vino dal colore rosso rubino con riflessi porpora, al naso  note di violetta, frutti rossi e spezie. Al palato è morbido con un finale gradevole di frutta;
  5. ‘Loto 2015, 2017 e 2018’ : è il vino più pregiato di ‘Villa Santo Stefano’ fatto di  50% Cabernet Sauvignon,  40% Merlot e 10% Petit Verdot . Per ogni vite vengono selezionati non più di quattro grappoli, per garantire il massimo della resa da ogni pianta. Nel 2015 è stato installato un impianto computerizzato ad alta tecnologia utilizzato per garantire un processo di fermentazione e vinificazione ottimale. Di norma, il processo di fermentazione dura 12 giorni. L’affinamento dura, a seconda della tipologia di uva e dell’annata. Essa va  dai 12 ai 18 mesi ed avviene in pregiate barrique francesi, in una barriccaia a temperatura (15°C) e umidità (83%) controllate. Il tipo di legno utilizzato per le barrique viene selezionato a seconda della tipologia di uva. Al termine dell’affinamento viene composta la cuvée e viene quindi imbottigliato il vino, che dovrà attendere almeno altri 6 mesi prima di essere distribuito. Questo è un vino di spessore, di corpo, che si presenta con un colore che può arrivare al rosso rubino intenso ed ha sentori di frutti di bosco, tabacco e vaniglia.

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Pranzo nel giardino della ‘ Cantina Villa Santo Stefano’

Tra una chiacchiera e l’altra il tempo vola . Lo stomaco brontola percè è ora di pranzo. Nel dehors esterno della Cantina Villa Santo Stefano tra fontane zampillanti di acqua e alberi abbracciati da boccioli di rosa iniziano il nostro lauto banchetto.

Il nostro pergolato ci protegge un po’ dalla calura estiva che finisce di darci fastidio non appena lo chef Riccardo Santini del Vignaccio ci annuncia il menù della festa:

  • Una panzanella di pomodoro e cipolle all’aceto balsamico;
  • Una ‘torta lunigiana  d’Erbi’ di bietole spinaci e rapini;
  • Uno sformato di fagiolini e formaggio di Scoppolato di Pedona’
  • Faraona, zuppa di porro e patate;
  • Un sorbetto al melone per pulire la bocca.

Regalatevi una fuga a ‘Cantina Villa Santo Stefano’! 

Cantina Villa Santo Stefano’ è un borgo incantato che ti strega non appena varchi il cancello all’entrata. Vi potete   perdere per ritrovarvi.  Vi rilassate tra il  lusso garbato  e tanti  vini pregiati . Questi danno il meglio riposando a lungo. Così sono  pronti per essere stappati e consumati per celebrare un momento speciale.

Cantina Villa Santo Stefano’   con i loro vini vi dà la possibilità di scoprire la Toscana. Perchè venire? I motivi sarebbero tanti, e vanno oltre l’uva!  Qui potere fare delle  vacanze all’insegna dell’arte e della storia, della natura, del mare o del relax,  Questa splendida regione sa offrire davvero di tutto e accontentare ogni tipo di viaggiatore: dalle città d’arte famose in tutto il mondo ai borghi medievali, dalle dolci colline del Chianti fino alle spiagge della Versilia e alle isole dell’arcipelago. Buon viaggio!

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