‘Venissa’  e  il vino a Venezia

‘Venissa’ e il vino a Venezia

“Perchè il sogno più vero è quello più distante dalla realtà. quello che vola via senza bisogno di vele, né di vento”. 

Hugo Pratt

 

‘Venissa’ , una cantina per degustare il vino dei Dogi

Ad Aprile ho avuto il piacere di visitare ‘Venissa’  , un wine resort che si trova a Fondamenta Santa Caterina 3 , Mazzorbo. Quest’ultima è una delle isole principali di Venezia insieme a  Torcello e Burano. ‘Venissa’  è la  cantina  gioiello della famiglia Bisol, storico nome del ‘Prosecco di Valdobbiadene’, alla cui nascita ha contribuito il genio di  Roberto Cipresso.

‘Venissa’   viene fuori dal  desiderio di Gianluca Bisol di riproporre il vino dei Dogi . Questo era  fatto con uno dei più antichi vitigni autoctoni della Laguna: la Dorona. Il suo nome vuol dire ‘uva d’oro’, perché era il nettare dei banchetti nobiliari, che oggi ritroviamo nelle etichette dei bianchi e dei rossi di ‘Venissa’ . Quest’utilma è un’ azienda vitivinicola ineguagliabile, di cui ho avuto un’anteprima  al ‘Vinitaly 2022’ attraverso Matteo Turato,  che ne è il wine ambassador .

Ancora una volta vi racconterò un’altra avventura di vino di Roberto Cipresso, winemaker di fama internazionale. Vi porterò alla scoperta di qualcosa che nessuno ancora sa: Venezia è anche vino! Non ci credete? Siete curiosi? Leggete allora questo post e capirete meglio di cosa sto parlando!

Venezia, non solo arte e gondole!

Venezia è una città unica al mondo, che tutti ci invidiano perché è costruita sul mare. E l’acqua stessa fu fonte di potere . Basta pensare a un’espansione coloniale che raggiunse il massimo del suo splendore tra il XIII e il XVI secolo. Un impero vastissimo sul Mediterraneo (specie nel versante orientale) che crollò con l’arrivo di Napoleone.

Nonostante la fase di declino, dal Settecento in poi Venezia fu  comunque al centro dell’attenzione Europea per la mondanità  ,  la libertà di cui i cittadini godevano, la ricchezza delle arti e il piacere di vivere.

Il passato di Venezia ha così segnato il suo stesso futuro, infatti a oggi il turismo rappresenta la principale fonte di economia. Migliaia di visitatori da ogni dove arrivano nella Serenissima per ammirarla in tutto il suo fascino. E il vino è un altro motivo che la rende ideale per  una destinazione turistica  da intenditori.

La storia del vino a Venezia

Ebbene sì, perché a Venezia , come in tutto il Veneto, c’è una tradizione vitivinicola che affonda le radici in un’era remota prima di Cristo.  E l’uva era una risorsa alimentare che garantiva sostentamento all’uomo. Per di più  in una superficie abitabile che al 92% era coperta di acqua. Pensate che nel Medioevo ‘Piazza San Marco’ era un orto, da cui il suo  appelativo in  dialetto ‘campo’ .

Ecco in basso una story line che ne riassume in breve le tappe fondamentali:

  1. Al VII secolo a.C. risalgono le prime testimonianze di produzione enologica a opera delle popolazioni Etrusco – Retiche;
  2. Nel Medioevo la vitivinicoltura veneta si sviluppò grazie ai lustri del commercio di Venezia. Questo favorì l’introduzione dei vini veneti in altri paesi, e di quelli di Grecia e Cipro in Italia. E ancora la diffusione della Malvasia nel Friuli Venezia Giulia e in Dalmazia;
  3. I vetrai di Murano contribuirono a fare apparire bottiglie e bicchieri in vetro soffiato. Oggetti  nuovi e ricercati per contenere il vino, rispetto a quelli precedenti più semplici in ceramica, peltro e argento;
  4. Dal XVI fino al XVIII secolo il vino veneto subì alti e bassi fino a scomparire,  e ciò per molti fattori. Tra questi il principio della fase di decadenza di Venezia. Ciò oscurò l’importanza dei vini della Grecia, e spostò i riflettori sui vini locali di Treviso, di Vicenza e della Valpolicella. Seguirono anche guerre, pestilenze e gelate;
  5. Nel XX secolo subentrarono le catastrofi dello oidio, peronospora e dalla fillossera che afflissero tutta l’Europa. Tuttavia, ci fu un grande segnale di rilancio con la fondazione della famosa ‘Scuola di Enologia di Conegliano’ e della ‘Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia’. Questi due istituti rilanciarono l’enologia Veneta verso la sfida degli anni ’90 e che al presente non mostra segni di cedimento. E il successo del Prosecco e dell’Amarone ne sono una conferma!

Dove si coltivava il vino a Venezia?

La vocazione vitivinicola di Venezia è testimoniata da alcuni toponimi come:

Un tesoro tramandato dalla coltivazione di uve locali da parte di monaci nei loro conventi, e da privati nei loro giardini. I principali posti in cui c’erano vecchi insediamenti di vigneti sono:

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Visita alla cantina ‘Venissa

Durante le feste di Pasqua  da ‘Fondamenta Nuove’  ho preso  il battello n 12, diretto a est di Venezia . Durante il tragitto mi sono goduta la vista su Venezia, che piano piano spariva all’orizzonte in tutto il suo fascino e mistero.

Dopo mezz’ora sono arrivata a  Mazzorbo. Appena sono scesa dal vaporetto mi ha colpito subito il silenzio e una fila di casette colorate. Dal X secolo  Mazzorbo  era un fiorente villaggio agricolo e anche di svago di patrizi veneziani.

Mazzorbo ha tanti spazi verdi nonostante le sue modeste dimensioni. Tra i suoi monumenti vi consiglio di fare un salto alla:

  • ‘Chiesa di Santa Cataerina’: Questo tempietto sacro è del VIII e poi nel XIII secolo fu annesso a un monastero  benedettino. Nel XIV venne ritoccata con influssi romanici e gotici, e le modifiche continuarono in seguito. Esternamente in cima al porticato d’ingresso svetta il campanile , che pare essere uno dei più vecchi della laguna (1328).

Mazzorbo  è un rifugio dal caos di Venezia  . Passeggiare nelle sue strette viuzze per raggiungere la vigna murata di ‘Venissa’  è qualcosa da fare almeno una volta nella vita! Anche perché , come avrete capito, a Mazzorbo si faceva e si fa vino!

Luca Carnevali racconta ‘Venissa’ !

Ho sempre solo sentito parlare di ‘Venissa’ da tanto!  E mi sono sempre domandata che effetto potesse fare starci almeno per qualche ora. Mi è accaduto e mi sono sentita davvero felice di trovarmi finalmente lì.

Giunta a  ‘Venissa’  mi ha aperto il cancello  Luca Carnevali , responsabile accoglienza. Questo brillante e giovane  sommelier di Padova mi ha accolto con un gran sorriso. Dopo essersi presentato, con un fare gentile Luca Carnevali mi ha fatto perlustrare la piccola tenuta, facendomi sentire come a casa.

Mentre stavamo camminando fra i filari del vigneto sono rimasta stregata dalla bellezza di una natura rigogliosa. A distrarmi da quell’incanto le parole di Luca Carnevali . L’ ho ascoltato attentamente mentre mi stava spiegando con molta semplicità e professionalità quando nasce e cosa è esattamente ‘Venissa’ .

Storia della cantina ‘Venissa’

‘Venissa’  è circondata da delle mura di origine Medievale, che custodiscono le uve di Dorona , un frutteto e i lussuosi spazi per l’accoglienza degli ospiti. Nel bel mezzo di questa oasi  svetta l’imponente torre diSan Michele Arcangelo’ del XIII secolo. Questo è il campanile di una chiesa che era precedentemente annessa a un convento di monaci cistercensi (e poi benedettini).

Questo terreno era prima di proprietà della famiglia Scarpa Volo, che battezza la sala degustazione di ‘Venissa’  . Gli Scarpa Volo dei primi vigneron che gestirono questo immenso bene fino all’inondazione del 1966, che a Venezia  rase al suolo tutti i vigneti allora esistenti. Nel 1990 l’area passò in mano al comune del capoluogo.

Intanto nel 2001 Gianluca Bisol scorse per caso una vecchia vigna in una dimora privata di fronte la ‘Cattedrale di Santa Maria Assunta’ . Se ne fece inviare qualche cassetta per esaminarla. E fu una gran sorpresa. Perché si rese conto non solo che le vigne erano sempre esistite nelle isole, ma che le 80 varietà che aveva trovato erano le ultime di un vitigno autoctono veneziano: la  Dorona!

Per tagliare un diamante ci vogliono grandi maestri!

Da quel momento in poi il progetto di recupero della  Dorona assorbì i Bisol.  Seguirono anni di ricerche, cura e la competenza tecnica di due mostri dell’enologia: Desiderio Bisol Roberto Cipresso.

Nel 2007 si acquistarono i lotti di quella zona abbandonata e se ne affidò la riqualifica allo studio di Zanon Architetti Associati’ . Un’operazione magistrale che fu in grado di portare a nuova luce i vecchi edifici e la vigna murata all’interno della quale si ripiantò la  Dorona. Ed ecco che gradualmente ‘Venissa’  prese forma fino a diventare quello che è oggi: una splendida struttura ricettiva, un centro di formazione, educazione e ricerca agro-ambientale

Cosa è  ‘Venissa’ ? Vino, arte, natura e 10 esperienze

‘Venissa’ ,  è un wine resort di 8 ettari , composto  da 5 appartamenti (doppia con colazione da € 160)  più 13 camere di ‘Casa Burano’ (a partire da € 150) sull’isolotto omonimo distante 10 minuti e collegato da un ponte in legno , che è detto ‘Ponte Longo’.

Si possono fare diverse esperienze a ‘Venissa’ :

  1. Giro in cantina ( aperto al pubblico anche solo per curiosare) e la degustazione ( a partire da € 20 euro) dei vini ‘Venissa’  ;
  2. Workshop sulla lavorazione del merletto: Entrerete nel caratteristico atelier di Martina Vidal, dove potrete anche seguire una lezione di merletto;
  3. Corso di Yoga : Relax tra panorami mozzafiato e di gran pace;
  4. Tour delle isole: Un’escursione che vi farà avere un’idea generale della bellezza di questi luoghi;
  5. Pescaturismo: A bordo di piccoli battelli assisterete alla tecnica della pesca delle ‘moeche’, i piccoli granchi alla base delle prelibatezza della cucina veneta;
  6. Visita a una famiglia di ‘battiloro’ : Gli artigiani che lavorano a mano le etichette di foglie d’oro delle bottiglie di ‘Venissa’ ;
  7. Verso il mare Cà Savio: Questa è una delle spiagge più belle di Cavallino Treporti, ideale per ripararsi dal caldo estivo all’ombra delle sue pinete;
  8. Kayak a Burano: Fare sport mentre si ammira l’adiacente borgo incantato di Burano non ha prezzo;
  9. Gita a ‘San Francesco del Deserto’ : Una località misteriosa, che ospita un convento di frati francescani del 1230 circa. È circondata da barene ed è avvolta lungo il suo perimetro da cipressi e pini marittimi;
  10. ‘Sant’ Erasmo’ in bici: Su due ruote per perdersi in uno degli angoli più verdi della laguna, immersi tra i campi delle rinomate ‘castraure’, i minuscoli carciofi amarognoli e violacei tipici di qui;

‘Venissa’ il ristorante e l’osteria

‘Venissa’   vanta anche due eccellenze della ristorazione Italiana:

  1. ‘Ristorante Venissa’ : Un locale raffinato che ha preso 1 stella Michelin per la cucina sostenibile (pacchetto pranzo e passaggio in barca da € 175). Ci sono dieci tavoli in cui Francesco Brutto e Chiara Pavan interpretano il meglio della cucina veneta in versione gourmet. Come per esempio il pesce della laguna, le verdure a km zero, e le erbe spontanee raccolte dagli chef nel giardino adiacente in cui c’è un orto e un frutteto;
  2. ‘Osteria Contemporanea’: Un posto meno esigente del primo, con una scelta di piatti che rimanda a ricette più popolane. Tra queste figurano gli immancabili ‘cicchetti’, una sorta di finger food appetitoso che spazia dalle ‘sarde in saor e cipolle’ (questo è il più consumato!) , alle polpette di carne, o di peperoni e piselli.

La Dorona , l’oro giallo di Venezia

La Dorona è un’ eredità delle meraviglie di  Venezia. Era definita l’uva d’oro, perché si dice fosse quella dei Dogi durante i loro banchetti nobiliari. I  Bisol la ripropongono per rievocare quella forte identità territoriale che ha reso gloriosa Venezia.

Nonostante la  Dorona  sia un vitigno povero e non  carico di aromaticità, una volta riscoperto si è riadattato a questa area salmastra . E da questo ‘terroir’ che mette in difficoltà la vite, si generano quelle condizioni che danno la possibilità al vino di tirare fuori un carattere di forte spessore.

Ed ecco che la Dorona sprigiona caratteristiche uniche quali:

  • Perfetta adattabilità al sale e alle periodiche inondazioni;
  • Resistenza alla botrite. L’umidità viene combattuta durante l’anno con l’uso della poltiglia bordolese (10% per ogni litro);
  • Capacità di mantenere un’ottima acidità anche a temperature elevate.

‘Venissa’, un ‘terroir’ difficile, una qualità di vino irripetibile

A ‘Venissa’   c’è un solo vigneto di un ettaro di  Dorona da cui si producono i bianchi  (vinificati a Baone , Padova) . Questi hanno in comune la macerazione, che ne è il carattere distintivo, poiché  li rende strutturati come dei rossi!

La macerazione dei bianchi in questo fazzoletto di terra è una vecchia tecnica. Questa  è stata ripresa ancora oggi non solo per il rispetto della tradizione, ma perché non si potrebbe fare altrimenti da queste parti!

Infatti non essendo possibile scavare in profondità nella laguna, mancano cavità ben refrigerate dove conservare i vini. Per cui ai primi caldi estivi l’uva a contatto con il sole si macera!

A ‘Venissa’    genera appena 10 000 bottiglie all’anno ,  tra cui anche rossi. Questi ultimi provengono da ettari ettari di Merlot , Carmènere , e Cabernet in località ‘Santa Cristina’,  proprietà del gruppo ‘Swaroski’.

Perché i vini di ‘Venissa’ sono speciali?

A ‘Venissa’  i suoli sono sabbiosi, con limo e argilla. Le radici fanno fatica a scendere giù ,  si strozzano, per cui crescono in orizzontale Questo determina poca resa e alta qualità, cioè dei prodotti eccezionali, oltre che biologici .

Pur non essendo ancora certificati i vini di ‘Venissa’  sono green, su cui si cerca di intervenire il meno possibile (si ricorre a rame e zolfo laddove è necessario). Ciò è in linea con la filosofia aziendale che ha un approccio olistico, con un occhio attento alla tutela della flora e della fauna autoctona.

 Dorona prospera spontanea nel suo habitat naturale, in una completa simbiosi con la biodiversità lagunare. Ecco perché i vini di ‘Venissa’  sono delle rarità enoiche pluripremiati, che chiaramente hanno carpito l’attenzione di grandi appassionati ed esperti di vino, nonché della stampa specializzata di settore.

Degustazione di 2 Bianchi di ‘Venissa’ 

Ho avuto la fortuna di degustare con Luca Carnevali  due bianchi fuoriclasse della cantina  ‘Venissa’ , mi riferisco a  ‘Venusa 2018’    e   ‘Venissa 2016’Anche se entrambi sono fatti  Dorona in purezza, differiscono per:

Ovviamente è palese che abbiamo a che fare con due vini concepiti per soddisfare esigenze completamente diverse: ‘Venusa 2018’ è tanto leggero da pasteggiarci in compagnia . Invece ‘Venissa 2016’  è un vino da meditazione, che non scorderai mai!

Senza dubbio, l’obiettivo di ‘Venissa’  è quello di sfruttare al massimo la Dorona per potere offrire prodotti inediti che sono portavoce di una identità territoriale specifica, quella del Veneto. Proprio perché si vuole che tutti possano assaporare queste eccellenze , si tende a variare l’offerta  per il pubblico. Ma vediamo nel dettaglio qualche nota di gusto!

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‘Venusa 2018’

‘Venusa 2018’: Un bianco di ultima generazione, non troppo impegnativo, che si distingue per la piacevolezza di beva. Il suo colore è un giallo paglierino, ed emana sentori più leggere e floreali, oltre a frutta come pesca, mela cotogna ed erbe di campo. In bocca il vino risulta etereo, minerale, denotando un’ acidità piacevole.

Scheda Tecnica 

  • Area di Produzione: Venezia, Isola di Mazzorbo;
  • Varietà: 100%  Dorona di Venezia;
  • Superficie vigneto: 0,8 ha;
  • Esposizione: Est-ovest, pianeggiante;
  • Altimetria: Variabile da 1 m a -1 m s.l.m. ;
  • Tipo di suolo: Lagunare, limoso-sabbioso;
  • Sistema di allevamento: Guyot;
  • Densità di piante per ha: 4000;
  • Produzione per pianta: 1,5 kg;
  • Raccolta delle uve: Inizio di settembre;
  • Fermentazione: Acciaio;
  • Temperatura di fermentazione: 16/17 C;
  • Durata della macerazione: 7 giorni;
  • Gradazione alcolica: 12,5%;
  • Affinamento: 24 mesi in cemento.

 

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‘Venissa 2016’

‘Venissa 2016’  è  stata un’annata particolarmente proficua: il numero di bottiglie arriva a 4000 pezzi. Di colore dorato intenso, il naso esibisce aromi di fiori gialli, miele e agrumi. Alla bocca si presenta pieno,  fresco, con una texture vellutata. Il suo finale è secco, sapido e persistente. ‘Venissa 2016’ è un grande bianco da collezione, adatto ad invecchiare. Singolare la sua etichetta , che è una foglia d’oro laminato. L’applicazione è stata eseguita a mano e poi l’ampolla preziosa messa a ricottura nei forni delle vetrerie di Murano. Un capolavoro pensato da Giovanni Moretti, un grande artista del vetro di Murano, e realizzato dal laboratorio  artigianaleMario Berta Battiloro’.

Scheda tecnica

  • Area di Produzione: Venezia, Isola di Mazzorbo;
  • Vitigni: 100%  Dorona di Venezia;
  • Esposizione del vigneto: Est-ovest, pianeggiante;
  • Altimetria del vigneto: Variabile da 1 m a -0,10  m s.l.m. ;
  • Tipo di Suolo: lagunare, limoso-sabbioso, ricco di sostanza organica;
  • Sistema di allevamento: Guyot;
  • Densità di piante per Ha: 4000;
  • Produzione per pianta: 1,10 Kg;
  • Epoca di raccolta delle uve: ;
  • Fermentazione: Acciaio;
  • Temperatura di fermentazione: 16°/17°-,
  • Durata del processo di macerazione: 30 giorni;
  • Operazioni durante la macerazione: Follature manuali;
  • Affinamento: 48 mesi in contenitori inerti;
  • Gradazione alcolica: 13 %Vol.

 ‘Venissa’ , il lato sconosciuto e divino di Venezia!

Senza dubbio la mia tappa a  ‘Venissa’ è stata un momento  indimenticabile che mi ha regalato una Venezia  inedita grazie a un vino d’autore. Un viaggio nel tempo che mi ha fatto innamorare di questo angolo di paradiso, che vi consiglio di mettere in lista per le vostre future vacanze.

‘Venissa’  è una testimonianza di quanto il vino sia in assoluto un patrimonio culturale dell’uomo. Quella dei  Bisol non è stata una mossa commerciale per fare di un vino un privilegio per pochi, ma il risultato dell’amore per il loro territorio, che vogliono elevare e valorizzare con i calici dei loro raffinati elisir! Un esempio per fare un turismo sostenibile e non di massa, di quello che rilancia e non sotterra l’Italia.

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Roberto Cipresso al  ‘Vinitaly 2022’

Roberto Cipresso al ‘Vinitaly 2022’

Non fidatevi di una persona che non ama il vino’

Karl Marx

Roberto Cipresso al ‘Vinitaly 2022’  

‘La Cantina di Roberto Cipresso’   ha partecipato al ‘Vinitaly 2022’  di Verona, la  grande rassegna internazionale sul vino che tutti stavamo aspettando. Dal 10 al 13 Aprile anche  Roberto Cipresso, winemaker di fama  internazionale, ha condiviso il sogno della ripartenza enoica dopo due anni di pandemia.

 La 54° edizione del  ‘Vinitaly 2022’   ha registrato la presenza di circa 4000 produttori di vino nazionale. Il format del ‘Vinitaly 2022’ ha rispecchiato quello del passato, a cui  si sono aggiunti degli spazi inediti che hanno visto protagonisti:

  • ‘Vinitaly Bio’ : Qui si sono assaggiati vini green certificati nazionali e internazionali;
  • ‘Micro Mega Wines’ , ‘Micro Size’, ‘Mega Quality’ : Qui si sono riunite tutte le cantine Italiane di nicchia con vini di altissima qualità . Tutti reperibili ovviamente in piccole quantità d’autore;
  • ‘Enolitech’ : Qui si sono affrontate tutte le tematiche relative alla  tecnologica applicata alla vitivinicoltura, olivicoltura e beverage;
  • Vinitaly Design’ :  Questo è stato un salone indirizzato a tutte le nuove mode in merito  agli accessori  per ristorazione e sommellerie ;
  • ‘International Wine Hall’ : Qui si sono degustati vini e distillati provenienti da ogni parte del pianeta;
  • Clicca qu per maggiori approfondimenti i sulle news del ‘Vinitaly 2022’.

E fra le punte di eccellenza vitivinicola del nostro Bel Paese non poteva certo mancare  ‘La Cantina di Roberto Cipresso’   . L’eclettico enologo ha presentato il suo Brunello di Montalcino, l’oro rosso di Toscana e altre novità. Siete curiosi? Seguitemi per capire di cosa sto parlando!

3 Novità di Roberto Cipresso al ‘Vinitaly 2022’

Roberto Cipresso non  finirà mai di stupirci . Perché propone sempre qualcosa di rivoluzionario. Come i suoi vini, che brevetta di continuo con dei blend mai azzardati , per regalarci qualcosa fuori dal comune!

Non finirò mai di ringraziare Roberto Cipresso per avermi accolto nel suo  straordinario staff  insieme a Ilaria Lorini, responsabile hospitality e comunicazione, e Andrea Rocchi, direttore commerciale. Grazie a tutti loro ho avuto modo di vivere il ‘Vinitaly 2022’  da dietro le le quinte . Per me è stata sicuramente un’esperienza che rifarei mille volte ancora.

Lo stand n. 9 del padiglione B12 Toscana di Roberto Cipresso al  ‘Vinitaly 2022’ è stato un vero e proprio laboratorio di vino e di idee  che ha visto i riflettori puntati su:

  1. 7 Aziende vitivinicole seguite da Roberto Cipresso ‘I Garagisti di Sorgono’   (Sardegna), ‘Cantina Ribote’ (Piemonte), MaremmAlta’ (Maremma), ‘Cantina Corte Capitelli’  (Veneto), ‘Tenuta Donna Madia’ , (Puglia),  ‘Centimetro Zero’ (Marche); ‘Bodega Santa Caterina’ , Maiorca;
  2. ‘Mosaico per Procida 2022’ : Questo blend di 26 vitigni campani è la grand cuvée celebrativa creata da Roberto Cipresso in onore di Procida, eletta capitale della cultura 2022. Un progetto enoico di successo lanciato dal giornalista e sommelier   Gaetano Cataldo insieme all’ Ass. Cult. ‘Identità Mediterranea’ di cui è presidente;
  3. Un vino per la pace in Ucraina : Questa  è un’ anticipazione di un altro capolavoro firmato Roberto Cipresso.  Quello cioè di realizzare  per la pace in Ucraina un un vino fatto dal suo vitigno autoctono, cioè l ‘Odessa black’.  Così la vite  diventa simbolo di speranza per la fine della guerra con la Russia. E per questo progetto è prevista la collaborazione di sei professionisti di fama mondiale.

Adesso vediamo  nel dettaglio cosa è successo al ‘Vinitaly 2022’  con  Roberto Cipresso ! Questo post è dedicato a chi non ha potuto partecipare a questa tanto attesa kermesse sul vino che ha fatto di nuovo sognare.  E che si è svolta davvero  nel totale rispetto delle regole per la salute pubblica.

‘Vinitaly 2022’ si parte da Roberto Cipresso!

La mia seconda volta al ‘Vinitaly 2022’ è stata davvero un momento indimenticabile. Sapete perché ? Perché dopo il disastro del Covid19 ho ritrovato la gioia del contatto umano, la fiducia nel futuro. E ancora perché dopo cinque anni di collaborazione con  Roberto Cipresso come blogger delle sue avventure di vino,  finalmente  sono entrata a far parte per qualche giorno del suo ‘team diffuso’ .

Carta e penna alla mano, ho annotato tutto quello che potevo al ‘Vinitaly 2022’  per testimoniare  il lavoro di Roberto Cipresso e  di tutti i suoi preziosi collaboratori, che ormai sento di poterli considerare amici.

‘Vinitaly 2022’ e Roberto Cipresso. L’Italia e il vino, una fonte naturale di energia!

Per il resto, devo dire che ‘Vinitaly 2022’ è sempre da considerarsi una grande vetrina e una piazza importante per chi appartiene nel campo  del vino! Soprattutto per le P(iccole)M(edie)I(mprese), che rappresentano la vera anima del made in Italy nel mondo in tutte le sue manifestazioni!

Dal 1967, anno della sua nascita, a oggi infatti il  ‘Vinitaly’   ha segnato l’evoluzione del sistema vitivinicolo nazionale ed internazionale. Questo perché ha contribuito a fare del vino una delle più coinvolgenti e dinamiche realtà del settore primario.

In generale dalle interviste fatte al ‘Vinitaly 2022’, risulta che c’è  un enorme interesse da parte di potenziali acquirenti oltre confine. Ciò dimostra che la fiera del ‘Vinitaly’   ha un ruolo vitale  importante per quello che concerne la filiera del vino, che è una delle risorse fondamentali dell’economia del nostro stivale.

Ed ecco i numeri del ‘Vinitaly 2022!

Leggiamo insieme  alcuni interessanti statistiche  ‘Vinitaly 2022’ :

  • In fiera erano presenti ben 88.000 operatori, e il 28% di questi erano stranieri (25.000) provenienti da 139 paesi. Un segnale di rinascita economica.  Se si tiene conto della contrazione di 5000 arrivi di buyer  da Cina e Russia  a causa delle limitazioni pandemiche;
  • Sul fronte delle presenze estere, la leadership appartiene in ordine di importanza a: USA, Germania, Regno Unito, Canada, Francia. Seguono Svizzera, Belgio, Olanda, Repubblica Ceca e Danimarca.  In ambito extraeuropeo si segnalano come emergenti: Singapore, Corea del Sud, Vietnam, India e Africa;
  • Percentuali di ripresa più dettagliate possono essere visualizzate in questo link della ‘ASNALI’ (‘Ass. Naz. Aut. Liberi Imprenditori’).

Il ‘Vinitaly 2022’  non ha quindi deluso  le aspettative di nessuno, ed è stato tutt’altro che scontato. Il vino ha combattuto contro il virus e ha vinto! Uno dei vantaggi delle regole governative applicate per motivi di sicurezza è stato quello di limitare l’accesso al ‘Vinitaly 2022’ a un solo pubblico di addetti ai lavori. E in defintiva le agende degli interessati si sono riempite di appuntamenti interessanti. Sia per ciò che concerne il trade che la stampa specializzata!

‘Vinitaly 2022’ il vino secondo  Roberto Cipresso! 

La filosofia aziendale di Roberto Cipresso nel  fare vino è quella di andare oltre le regole! Testa e cuore, scienza e intuizione per creare dei blend inediti. Nettari pregiati che sono il risultato del connubio dei vitigni più rappresentativi della viticultura globale.  Quelli cioè che si snodano lungo un filo immaginario posto sul 43° Parallelo Nord, che va dalla Georgia al Nuovo Mondo.

Roberto Cipresso  ha un modus operandi in fatto di vino che sorprende sempre più , e conquista! La sua è la  ricerca continua di un vino che possa avvicinarsi alla perfezione. E in questo senso sono i suoli della Toscana, dell’Umbria e delle Marche che garantiscono la realizzazione del suo sogno. Perché queste sono le regioni che in Italia sono attraversate dal 43° Parallelo Nord.  Quelle cioè delle migliori uve esistenti: Verdicchio, Sangiovese, Montepulciano, Vermentino e Sagrantino.

7 Cantine gioiello  firmate Roberto Cipresso!

La rivoluzione attuata in fatto di vino di Roberto Cipresso  non conosce  sosta, e sicuramente la sperimentazione sta alla base della sua arte di fare vino. Non a caso l’angolo divino di Roberto Cipresso al ‘Vinitaly 2022’  è un melting pot delle migliori imprese vitivinicole italiane e sue partner . E  stanno facendo rumore. Ma chi sono queste 7 magnifiche cantine? Date un’occhiata in basso!

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1. ‘I Garagisti di Sorgono’, Sardegna

Pietro UrasRenzo Manca, Simone Murru sono tre giovani imprenditori della provincia di Nuoro . Dal 2015 sono sul mercato con la loro cantina chiamata I Garagisti di Sorgono’  . Il loro nome non è casuale . Perché i tre amici fanno  ‘vin da garage’, ovvero  micro produzioni amatoriali di vino, quello della Mandrolisai DOC  .

Secondo disciplinare, i vini della Mandrolisai DOC rientrano nei comuni di OrtueriAtzaraSorgonoTonaraDesulo, e Samugheo. Essi  sono il risultato dell’ uvaggio in diversa percentuale dei tre principali vitigni sardi:

‘I Garagisti di Sorgono’  stanno portando un’ondata di rinnovamento nei vini della Mandrolisai DOC‘ . Rispetto al passato infatti questi audaci vigneron della Sardegna centrale , non danno più vita ad un miscela casuale dei vitigni. Studiano invece  tutto in modo più approfondito , concentrandosi sui tempi di maturazione dell’uva.  Ciò  conferisce al vino particolari note e sfumature.

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2. ‘Cantina Ribote’, Piemonte

La ‘Cantina Ribote è attiva dal 1980. Da cinque generazioni sono il simbolo dell’eccellenza dei vini delle Langhe, un fazzoletto di terra prevalentemente collinare del basso Piemonte . Questo  paradiso tutto italiano è compreso tra la provincia di Cuneo e quella di Asti  . Le Langhe Sono suddivise in Alta Langa’ (fino a 896 m.) e Bassa Langa’ (con quote genericamente inferiori ai 600 m.).

Nei loro 35 ettari di terreni a Dogliani (CN) la famiglia Porro   coltiva il Dolcetto , vitigno autoctono generoso e versatile. Dal 2005 lavoranoc piante di  Dolcetto che hanno un’ età tra i 10 e i 95 anni, e lo vinificano prevalentemente in purezza. Le versioni più rappresentative sono:   ‘Dogliani’  , Dogliani DOCG, e ‘Dogliani superiore’.

I  ‘Vini Ribote’   sono biologici e di alto livello, su cui si interviene solo laddove è estremamente necessario. L’esclusione di sostanze chimiche, di diserbanti e insetticidi fino ad arrivare all’imbottigliamento, garantiscono vini che tutelano la salute del consumatore.

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3. ‘MaremmAlta’, Toscana

MaremmAlta’  è la cantina di Stefano Rizzi che ci porta con i suoi vini  a Gavoranno , un piccolo paesino vicino Grosseto . Siamo esattamente in  Maremma, la zona  più selvaggia  e meno  conosciuta della Toscana , che  si estende per  5000 km2   da Livorno fino a Civitavecchia.

Vent’anni fa Stefano Rizzi vendeva il vino in qualità di   vicepresidente della Winebow’ (gruppo strategico per l’export del vino italiano negli U.S.A.  fondato nel 1980 da Leonardo Lo Cascio).Oggi lo fa ed egregiamente. 

Da allora il poliedrico imprenditore romano si dedica alla sua splendida  azienda agricola  immersa in  16 ettari di rigogliosa e fertile campagna toscana. Qui coltiva Ciliegiolo, Syrah , SangioveseCabernet Sauvignon, Vermentino, e Viognier . E ne vengono fuori vini straordinari  per lo più lavorati in purezza.

4. ‘Cantina Corte Capitelli’, Veneto

‘Cantina Corte Capitelli’  è un business giovane . Ci troviamo  a  Montebello Vicentino (Vicenza). Questa è una provincia  ad alta vocazione vitivinicola.  Il cammino di queste coppia di ragazzi  innamorati brillanti e capaci è appena iniziato! Il loro desiderio è quello di trarre il meglio dalla Garganega, vitigno a bacca bianca tipico delle colline vicentine. Da esso  confezionano le loro principali bottiglie.

I  filari della ‘Cantina Corte Capitelli’ sono prevalentemente disseminati in località ‘Conca D’Oro’ . Questo è un ampio anfiteatro naturale incastonato nelle Prealpi vicentine. Si tratta di una suggestiva dimora custode di un  ‘terroir’ introvabile altrove. Le particolari caratteristiche di questo ambiente pedoclimatico sono una felice esposizione a sud-est  e la natura vulcanica dei suoli

In particolare vi suggerisco di ordinare il loro ‘Diradorosè’. Questo è un rosato di Syrah e Tai , che colpisce perchè riesce a essere delicato al primo assaggio, ma anche deciso nella sua elegante persistenza. Sicuranente è un vino ricercato , di cui ricordo la vivace freschezza e mineralità. 

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5. ‘Centimetro Zero’, Marche

I ‘Vini cm 0’ sono circa 600 etichette realizzate da Roberto Cipresso e dai ragazzi con disabilità intellettive del ristorante sociale  ‘Centimetro Zero’ ,  a Pagliare (Spinetoli),  Ascoli Piceno. Con  il supporto e la supervisione di Roberta D’Emidio, responsabile della locanda del terzo settore, il guru del vino dimostra ancora una volta che il vino è motivo di crescita,  solidarietà e speranza.

Roberto Cipresso e Roberta D’Emidio sono due grandi personalità che hanno messo al servizio il loro sapere e sapere fare al servizio di chi è stato meno fortunato. E nonostante tutto sorride e va avanti! Un qualcosa di così speciale che anche il presidente della Repubblica Mattarella ha riconosciuto pubblicamente l’alto valore di questo modello di convivenza civile e solidale.

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6. ‘Tenuta Donna Madia’, Puglia

‘Tenuta Donna Madia’  è il desiderio del medico  Bartolomeo Lofano di avviare la sua cantina per continuare  una vecchia attività di  famiglia. Con il prezioso aiuto di Roberto Cipresso la cantina è  un cantiere in divenire nella  soleggiata Contrada Petrarolo’ in Puglia . Un luogo speciale pieno di  filari di Fiano, Primitivo e Sangiovese e alberi di olivo, protetti dagli antichi muri a secco.

A 200 m di altezza  della contrada il Mare Adriatico influisce sul vigore  delle tre uve  della tenuta, da cui scaturiscono queste due formidabili etichette:

  • ‘Donna Madia 2019’: Un rosso esplosivo di 25%  Primitivo e 75%  Sangiovese. La vigna è coltivata  ad un’altitudine di 195 m s.l.m. nell’entroterra del territorio di Monopoli. Il colore è rosso rubino,  al naso regala sensazioni di ciliegia e confettura di fichi, e note che ricordano il cuoio e il tabacco. Al palato entra lentamente e poi si accende con un gusto  pieno e definito. Il gusto, coerente con l’olfatto, porta sensazioni retronasali di frutta matura. Ha una buona definizione e una buona persistenza;
  • ‘Fiano Minutolo 2020’: Un bianco da Fiano  in purezza. Un vino da pasteggio dal colore è giallo con riflessi finemente verdognoli, al naso ricorda subito la pesca bianca , fiori secchi e zafferano.  Al palato è suadente con note vibrate di mela gialla e miele. Chiude con una buona acidità che imprime una buona persistenza e pulizia.

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7. ‘Bodega Santa Caterina’, Maiorca

‘Bodega Santa Caterina’ è un cantina fondata nel 1984 da Stellan Lundqvist. Questi fu un viticoltore svedese che si innamorò di Maiorca, e vi pianto per primo le varietà nobili di Francia:  Merlot, Cabernet Sauvignon, Chardonnay e Syrah.

Nel 2002 , dopo una serie di vicissitudini e problematiche personali , l’azienda cessò la sua attività produttiva . Questa poi  nel 2014  riprese grazie all’impegno dei figli di Stellan Lundqvist.  Da allora in poi  ‘Bodega Santa Caterina’   è attiva nel consolidare uno standard elevato dei loro vini, dei quali vi descrivo le etichette più interessanti: 

  • Inguany 2020′: Un rosso dall’anima latina che prende il nome da ‘inguany’ che in Catalano significa ‘carpe diem’. E come non cogliere al volo l’occasione di bere questo vino fatto da Calette (Cannonau) e Mandò (Alicante). Il colore è rosso porpora, con riflessi violacei. Al naso è complesso, con aromi di frutta nera , pepe, caffè e  caramello e tostato. Il suo finale è elegante, rotondo e lungo, con  un retrogusto e di pane tostato .
  • ‘Bianco Mallorca 2021’ : Un bianco fatto di Viognier , Girò Ros e Prensal che piace a tutti, quasi un vino universale, che tira secco come uno champagne. Il colore è giallo paglierino. Al naso è fresco, molto espressivo con aromi di  mela ,  pera e ananas . Un vino bianco soave , con una buona un’acidità integrata, e  un retrogusto  vaniglia.

‘Vinitaly 2022’ alla scoperta di Verona 

 Il Vinitaly 2022’  è stato anche un modo per me di visitare ancora una volta  Verona. La città di ‘Romeo e Giulietta’ attira  migliaia di innamorati. Amanti di ogni colore e razza che si  recano sotto al famoso balcone celebrato da Shakespeare per rendere omaggio a una delle storie d’amore di tutti i secoli. Senza dubbio Verona offre tante altre attrattive per i viaggiatori più curiosi, come quelle proposte in basso.

Muovendomi  dalla famosissima Piazza Bra’, ho ammirato l’ ‘Arena’ e altri importanti palazzi storici. Proseguendo  poi verso Piazza delle Erbe’, ho avuto modo di scoprire tutto il fascino del centro storico, racchiuso nella splendida ‘Torre del Lamberti’ e da altri edifici caratteristici di epoca romana. Altre tappe irrinunciabili sono state:

Il Veneto, una terra da esplorare

Il Veneto non è solo  una  delle tre regioni più produttive dell’Italia insieme a Piemonte e Lombardia. Migliaia di visitatori ci mettono piede per tanti buoni motivi che  vi elenco in breve:

Non siete ancora convinti di prenotare in Veneto  per le vostre prossime vacanze? Non aspettate di essere al Vinitaly 2022’  per regalarvi un soggiorno pieno di sorprese e paesaggi mozzafiato. Ve lo garantisco!

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Dal ‘Vinitaly 2022’ e dal team di Roberto Cipresso : buona vita!

Che dire! Il vino mi fa viaggiare e mi trasporta in luoghi  nuovi, ed è un mezzo attraverso cui apprendi un sapere nuovo, e apprezzi le molteplici sfumature dell’arte. Il vino è dunque cultura quando viene prodotto, e anche quando viene consumato. Perché  si sceglie non solo in base a criteri pratici , ma anche alle emozioni che ci regala. Questo è quello che Roberto Cipresso  ha professato al Vinitaly 2022’ , che è poi il file rouge del suo pensiero in fatto di vino.

In conclusione, il  Vinitaly 2022’  per me è stato un bilancio più che positivo. E ha anche dimostrato che il vino italiano resta la prima voce dell’export agroalimentare con un fatturato in constante crescita . Un successo non scontato in un mercato mondiale in continua evoluzione, sempre più affollato e competitivo.

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Cosa è ‘Mosaico per Procida 2022’? Ve lo spiego subito!

Cosa è ‘Mosaico per Procida 2022’? Ve lo spiego subito!

„…È strano come l’eternità si lasci captare piuttosto in un segmento effimero che in una continuità estesa…“
Elsa Morante

‘Mosaico per Procida 2022’. Una bottiglia celebrativa per  l’isola capitale della cultura

‘Mosaico per Procida 2022’  è una grand cuvée nata dal genio di Roberto Cipresso . In questo modo il winemaker di fama internazionale ha voluto  omaggiare  Procida , eletta capitale della cultura 2022. Per  la ricorrenza si produrranno circa 6000 bottiglie , che saranno date  in  dono a tutte quelle personalità  che hanno reso possibile il miracolo!

Dovete sapere che non è la prima volta che sono  approdata a Procida! Purtroppo lo scorso Luglio ci ho  messo piede, rompendomelo letteralmente. Da allora Procida è stata per me come il canto di una sirena, che si  è diffusa nell’aria. E poi è giunta  in qualche modo all’orecchio di Roberto Cipresso , il quale mi ha  invitato alla conferenza stampa di ‘Mosaico per Procida 2022’ .

Da circa cinque anni sto scrivendo degli articoli sulle cantine seguite dall’ eclettico globetrotter del vino, che mi hanno dato la possibilità di perdermi in terre infinite. Adesso è stata la volta in cui sono partita per  esplorare Procida!

‘Mosaico per Procida 2022’. 26 Febbraio 2022, conferenza stampa

Descrivervi in toto la sensazione di essermi  trovata a Procida  per una manifestazione significativa come ‘Mosaico per Procida 2022’, mi porterebbe via troppo inchiostro.  Ci proverò in questo mio post! Siete pronti a seguirmi? via!

Sabato 26 Febbraio 2022 ci si è riuniti con  Roberto CipressoGaetano Cataldo al bar ‘Capriccio’  vicino il porto prima della conferenza stampa su ‘Mosaico per  Procida 2022’ . In attesa degli alti ospiti è piovuto ininterrottamente! Nonostante il freddo, l’atmosfera si è scaldata , perché è stata una gran festa!

Ciak si gira! Il vino è la cultura, che non isola!

Tra quei tavoli e sotto gli ombrelloni del bar al riparo dalla pioggia, si è convogliata  così tanta energia, che è esplosa appena ci si è spostati successivamente  nel palazzo di città di Procida. Le nuvole grigie sono state colorate dai sorrisi di tutti i partecipanti. Dopo tanta acqua addosso insieme a una gioia infinita , ci siamo accomodati nell’ aula consiliare del comune di Procida, dove ‘Mosaico per  Procida 2022’  si è finalmente reso pubblico.

4 Special guest!

Sono stati presenti al convegno :

  1. Pasquale Persico, capitano di lungo bordo , proprietario del ‘Riccio Apartments’ , e soprattutto  primo procidano a credere nell’impresa con una lauta offerta spontanea;
  2. Alcuni dei viticoltori societari e imprenditori del settore eno gastronomico;
  3. Tommaso Mascolo , delegato di  ‘AIS Campania’ ;
  4. Ciro Adinolfi dirigente ‘Agenzia Regionale Campania Turismo’.

Senza dubbio,  ‘Mosaico per  Procida 2022’ è un’opera d’arte. Si tratta della creazione di un blend  dei migliori bianchi campani, che sta già facendo rumore!  Il cappellaio magico in questione è stato  Gaetano Cataldo .  Con la sua assoc.  cult.  ‘Identità Mediterranee  ha sposato e promosso questo capolavoro questo evento  indimenticabile1

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7 Motivi del successo di ‘Mosaico per Procida 2022’

Dopo aver preso posto in aula, si è aspettato impazienti per la rivelazione di ‘Mosaico per Procida 2022’. Questa è stata definita un’iniziativa di altissimo valore. Non poteva essere stato diversamente! Se si considera che non è stata affatto una manovra  commerciale, ma si è auto alimentata con libere donazioni!

I volti della gente lì riunita si sono illuminati alla visione di Roberto Cipresso e di Gaetano Cataldo  che presenziavano ai tavoli di fronte. Loro sono stati i capitani di bordo di questa incredibile traversata, con una  fedele ciurma senza la quale  non si sarebbe neppure potuto  salpare! Vediamo più da vicino chi sono stati i magnifici 7 di  ‘Mosaico per  Procida 2022’ .

1. Ass. al turismo Leonardo Costagliola e il sindaco Dino Ambrosino. Procida merita!

Intanto hanno preso la parola   l’ass, al tur.  Leonardo Costagliola e il sindaco Dino Ambrosino . Quasi commossi, il loro discorso di apertura ha avuto in comune il loro amore per Procida. L’hanno ricordata come una vecchia fotografia in bianco e nero, affollata da pescatori e bambini. Tra questi c’erano anche loro, che adesso da adulti si sono impegnati  per cambiarla. In meglio!

Schiarita la voce, e nel silenzio più assoluto i due primi cittadini hanno attirato l’attenzione di tutti i presenti , presentando   gli  altri attori  principali di ‘Mosaico per Procida 2022’. Sono riportati di seguito , in ordine di intervento.

2. Angelo Radica presidente di  ‘Città del Vino’ 

Angelo Radica,  sindaco di Tollo (Abbruzzo), ha annunciato orgoglioso l’adesione di Procida ai 460 comuni di ‘Città del Vino’. Partendo da un’ iniziale  terroir diffuso e grazie a un fondo di 3000 euro , si innescherà un processo importante . Cioè quello di educare i vigneron procidani ad avviare una  solida realtà enoturistica nella loro terra .

4. Roberto Cipresso. Il vino parla! 

Roberto Cipresso  è inequivocabilmente l’enologo nazionale! Con  ‘Mosaico per Procida 2022’ ha ripetuto un’altra magica  alchimia. Questa si aggiunge ad altre del passato, come per esempio  le magnum fatte per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e per i papi Giovanni Paolo II e Francesco Bergoglio!  Da ambasciatore di ‘Città del Vino’, Roberto Cipresso ha sottolineato che il vino  deve fare emozionare.

5. Gaetano Cataldo , il ‘Corto Maltese’ di Castel San Giorgio, Salerno

Gaetano Cataldo , giornalista con un master in food and beverage, ci ha delucidati sulle difficoltà e i traguardi raggiunti con ‘Mosaico per Procida 2022’. Tra questi i fondi che verranno destinati per l’allestimento di un altro  ‘Abito della Graziella’. 

6. ‘Team diffuso’ per ‘Mosaico per Procida’

Con orgoglio Gaetano Cataldo ha alzato il sipario sui nomi delle imprese vitivinicole , che si sono imbarcate in questa sfida, che è proiettata verso un futuro più che brillante. C’è un forte segnale che appare chiaro:

  • fare sistema lavorativo  in  Campania ;
  • abbattere unitamente le paure e le problematiche della concorrenza in fatto di vino;
  • porre le basi per un rilancio del tessuto economico locale  efficace e duraturo!

7. L’arte si manifesta al ‘MAVV Wine Art Museum’ di Portici

Non poteva mancare un vestito  per ‘Mosaico per Procida 2022’  ! Al  ‘MAVV Wine Art Musem’ di Portici il direttore  Eugenio Gervasio  ha premiato Claudia Albano come miglior artista per la produzione di ‘Incanto DiVino’ . Questa è l’etichetta dell’ampolla sacra, che riprende lo skyline stilizzato di questo isolotto colorato!

Come è nato ‘Mosaico per Procida 2022’? Galeotta fu Pontelatone! 

Ma come viene fuori ‘Mosaico per Procida 2022’ ? Nel Settembre del 2021 a Pontelatone (CA) Roberto Cipresso e Gaetano Cataldo si incontrarono per discutere  delle  potenzialità vitivinicole della Campania.

Da lì  l’idea  per l’ elisir per Procida  iniziò a prendere forma! Da quel momento in poi si mise in moto un ingranaggio infernale per procedere con l’intento. Il primo passo  fu di trovare partner validi per lo scopo.Presto si unirono ben 26 cantine campane, tutte rigorosamente selezionate secondo i criteri di territorialità, sostenibilità agronomica ed enologia etica.

La ‘Cantina Bellaria’ di Antonio Pepe, primo tassello di ‘Mosaico Procida 2022’

Il grosso venne fatto! Le stesse aziende successivamente inviarono qualche ettolitro del loro vino nel laboratorio di Roberto Cipresso a Montalcino . Nello stesso periodo si proseguì con la vinificazione effettiva del bianco inedito presso la ‘Cantina Bellaria’      di  Antonio Pepe a  Roccabascerana  (AV).

A suggellare il tutto ci fu poi  l’intervento dei due grandi enologi Mario Mazzitelli e Luca Zirpoli. Adesso invece si sta aspettando che il vino maturi . In attesa di poterlo  poi  stappare ad Aprile 2022 per la  proclamazione ufficiale di Procida  a capitale della cultura 2022 .

Insieme si può! Anche al Sud!

La Campania ha un cuore che pulsa a dismisura, e una testa che funziona benissimo.  Ma con ‘Mosaico per Procida 2022’ siamo oltre l’abbraccio della regione per la gloria di Procida nel 2022! Infatti la  realizzazione di ‘Mosaico per Procida 2022’ è  soprattutto un esempio di grande sinergia imprenditoriale campana, che scalda l’anima e insegna!

Questo è il Sud  che voglio,  poiché quando c’è  gioco di squadra vero, si vince! Questo succede quando  in campo scendono i sentimenti , i buoni propositi, guidati da maestri quali Roberto Cipresso  e Gaetano Cataldo. Si sa che l’ unione fa la forza! Allora questa straordinaria azione collettiva  vuole essere in primis  un messaggio di pace alle soglie del dissidio tra Russia e Ucraina, con l’unica speranza che possa presto spegnersi!

‘Mosaico per Procida 2022’ , un’avventura appena iniziata

 ‘Mosaico per Procida 2022’ è  l’espressione più totale e autentica della passione del popolo campano per il loro territorio, convertito liberamente in un business pulito ed efficiente! Da questi quattro giorni procidani ho imparato che se non alzi lo sguardo in alto non vedrai mai le stelle!

Non bisogna mai  smettere di desiderare quello che si vuole! Questione di tempo, accadrà! Ma solo se si ha davanti una metà precisa, E se non puoi dirigere il vento, puoi comunque sempre orientare le vele!

Roberto Cipresso, se non ci fosse bisognerebbe clonarlo!

Dietro ogni mossa vincente in fatto di vino c’è sempre lo zampino di Roberto CipressoTutte le volte che ho la fortuna di collaborare con lui  per un wine report , mi domando perché non possa clonare il suo DNA , oltre che vitigni antichi!

Si deduce che la scelta di Roberto Cipresso  a capo della sua stessa creatura qual è ‘Mosaico per Procida 2022’ ,  non è stata né funzionale né mediatica. Oserei dire quasi obbligata per la sua professionalità e umanità!  A confermarlo il poliedrico Gaetano Cataldo , direttore di questa magnifica orchestra enoica, che mi ha accolto a bordo come un fido mozzo!

Nulla è per caso! I love Procida

In conclusione, non tutto il mal vien per nuocere! Forse senza quello sfortunato incidente estivo dello scorso anno , non avrei mai vissuto Procida in maniera così profonda! Di conseguenza questo post è un umile tentativo di immortalare in parole l’esperiensa unica di ‘Mosaico per Procida 2022’ ,  che mi ha fatto innamorare di Procida .

Avete presente come quando vi sentite catapultati in un film? Ecco, questo è stato per me ‘Mosaico per Procida 2022’  ! Un cortometraggio lungo quanto basta per impressionare nella pellicola tutta la bellezza  di Procida  e della sua gente!

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Montalcino e il Brunello, l’oro rosso della Val d’Orcia

Montalcino e il Brunello, l’oro rosso della Val d’Orcia

Montalcino e il Brunello, l’oro rosso della Val d’Orcia

Patrimonio dell’Unesco dal 2004, Montalcino è un affascinante borgo toscano. Esso è  di origine etrusca, e conta  appena sei mila abitanti. Si trova  a sud di Siena, che in passato  la sottrae dopo secoli al controllo di Firenze.

Per questa vittoria celebrata nel 1361 si erige a Montalcino una massiccia fortezza , che è a pianta pentagonale fatta . Essa è stat fatta dagli architetti toscani Mino Foresi e Domenico di Feo.  Da questo capolavoro con torri angolari , sede del celebre ‘Jazz & Wine Festival’ , si scorgono in lontananza il Monte Amiata e le Crete Senesi.

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6 cose da vedere a Montalcino!

Montalcino è un paesino medievale incantato, che tutto l’anno ammalia migliaia di visitatori con i suoi negozi e ristorantini alla moda. I suoi vicoli stretti e i suoi quattro chilometri di mura possenti con tredici torrioni e sei porte. Montalcino racchiude inestimabili tesori quali:

  1. ‘Palazzo dei Priori: Collocato in Piazza del Popolo  ( XIII-XIV secolo) , sul cui lato orientale si ammira una straordinaria loggia  a cinque archi di fattura ed epoche diverse,   è adornato con gli stemmi araldici dei vari podestà di Montalcino. Ci sono anche un’alta torre merlata e un portico con volte ribassate . In mezzo ci sta  una statua cinquecentesca di Cosimo I dei Medici;
  2. ‘Palazzo Vescovile’: Questo era  inizialmente la residenza per il vescovo della diocesi per volere di papa Pio III Piccolomini . Poi ci trasferirono i musei di Montalcino, che  negli anni Novanta  furono poi spostati nel Seminario di Sant’Agostino;
  3. ‘Duomo’: Sorgeva qui una pieve romanica, che Pio II convertì nell’odierno   Duomo nel 1462. Dedicato a San Salvatore , esso è  in stile neoclassico. Il  Duomo è un esempio della magnificenza di Montalcino, e custodisce  al suo interno dipinti di alto valore di  Francesco Vanni ,  della scuola senese del XVI secolo, e   di Francesco Nasini (1647) ;
  4. ‘Chiesa di Sant’Egidio’: Edificata nel 1325, si fa notare per la semplicità della facciata romanica in pietra e il delizioso campanile a vela. La chiesa presenta una sola navata, sormontata da un tetto a travi. Sull’altare maggiore si staglia un tabernacolo evocativo in legno istoriato sul ‘Cristo risorto e Santi’ di Alessandro Casolani;
  5. Chiesa romanica di ‘Sant’Agostino’ : Risalente al Trecento è adornata con degli affreschi di  scuola senese  raffiguranti le scene della ‘Passione di Cristo’ e ‘La vita di Sant’Antonio Abate’.  Altri descrivono le vicissitudini di ‘Sant’Agostino, degli Evangelisti e dei Dottori della Chiesa’ attribuiti a Bartolo di Fredi. La chiesa ospita anche il Museo Civico e Diocesano d’Arte Sacra di Montalcino’  , e il più recente ‘Tempio del Brunello’, un museo dedicato all’ uva celebre  del paese;
  6. ‘Abbazia di Sant’Antimo’ :Si tratta di un complesso monastico del  XIII° secolo presso Castelnuovo dell’Abate, non molto distante da Montalcino,  notevole monumento romanico della Toscana meridionale.

Montalcino e il Brunello, una Bordeaux tutta Italiana. Un modello per uscire dalla crisi della pandemia! 

Montalcino deve la sua gloria ai suoi stupefacenti paesaggi collinari, puntellati da girasoli e papaveri. Ma anche all’essere stata tappa per i pellegrini della via Francigena.  Questa da Roma conduceva fino a Canterbury, e ciò   rese la posizione geografica di Montalcino relativamente isolata, fino a farne un crocevia di mercanti, papi e imperatori.

Grazie a questo e allo spirito imprenditoriale del suo popolo, la piccola cittadina sviluppò un’economia mercantile molto fiorente. Disgraziatamente però  Montalcino  precipitò  in fondo al baratro nella seconda metà del Novecento.

Mai arrendersi!

Le cause furono alcuni episodi funesti del 1960. Tra esse:

  • l’ apertura dell’Autostrada del Sole (che da Milano conduceva a Napoli);
  • il repentino crollo dei traffici stradali sulla vicina Cassia;
  • l’abolizione della mezzadria .

Un elenco di fattori negativi, che misero Montalcino  a dura prova . Con la conseguente sparizione delle sue attività artigianali ed emigrazione dei suoi cittadini. Una catastrofe di circa dieci anni  che si superò  nel giro di mezzo secolo.

Per intervento della comunità agricola ilcinese, che si risollevò puntando tutto sul Brunello! Mossa per nulla azzardata che consacrò Montalcino  a tempio del vino rosso. Un sapere antico ereditato già dagli etruschi, come testimoniato da vari reperti archeologici ritrovatesi nelle vicinanze.

Come nasce il Brunello?  

Ma cosa è esattamente il Brunello? Il Brunello è una variante genetica del Sangiovese, che il farmacista Clemente Biondi Santi  studiò approfonditamente alla fine dell’Ottocento .

Questo fece  fare a Montalcino il vero salto di qualità. Il nobile toscano intuì le potenzialità del Brunello ( chiamato  a questa maniera per via del colore piuttosto bruno degli acini), vinificandolo  in purezza e  ottenendo un vino rosso impareggiabile.

La vendemmia del 1865 del Brunello ottené  addirittura una medaglia d’argento dal ‘Comizio Agrario di Montepulciano’, e poi fu premiato a Parigi e Bordeaux, oscurando persino i blasonati rossi francesi.

Successivamente il nipote Ferruccio Biondi Santi  impiantò a Montalcino  il primo vitigno di Brunello , che volò in picchiata fino alla proclamazione della DOC nel 1966 ,  e del suo      Consorzio e della DOCG nel 1980 . Da allora in poi le voci sulla gloria del Brunello girarono in fretta, e dei ricchi investitori americani scommisero e investirono su Montalcino , eleggendola a patria enoica italiana.

Brunello di Montalcino

Brunello, il signor vino! Mi presento! 

Il Brunello è sempre stato un rosso di nicchia. Non a caso si aggiudicò riconoscimenti importanti dal prestigioso ‘Wine Spectator’ come:

  • migliore vino rosso nel 1999 ;
  • come primo nella classifica mondiale nel 2006.

Onore al merito, se consideriamo che  Montalcino  parò il colpo di altre tre grosse meteore. In ordine temporale esse furono:

  •  il collasso finanziaria del 2008;
  • il rincaro di prezzi del Brunello  del 50% nel 1997 a causa di politiche sbagliate  (perché intanto la domanda si abbassava!);
  • lo scandalo dell’aggiunta di altre uve contrariamente al disciplinare..

Il ‘Rosso di Montalcino’, il fratello del Brunello! 

La ripresa fu comunque veloce. Cioè accadde , nel senso che non fu progettata a tavolino. Infatti il sistema era già solido di suo . E nonostante le paure e le difficoltà, gli icinesi si tennero  compatti e agirono. I commercianti  applicarono qualche buona strategia:

  • Non riabbassarono le cifre di vendita del Brunello. Piuttosto lo esportarono nelle grosse distribuzioni del Centro Europa;
  • Fece la sua comparsa  il ‘Rosso di Montalcino’, in sostanza la prima annata del Brunello  , che è seducente abbastanza da potere essere messa in circolazione.

Tutto questo  permise un respiro all’economia di Montalcino . E da questa storia si evince che il vino è, è stato, e sarà sempre la fortuna e la speranza di Montalcino.

Cosa fa del Brunello un vino unico? Il suo terroir

Il  Brunello è un vitigno figlio del Sangiovese, che cresce solo a Montalcino , per delle peculiarità pedoclimatiche particolarissime. Montalcino sorge su una collina dell’altezza massima di 600 m, che le garantisce un’ottima esposizione solare e una perfetta escursione termica, ottimo per la prevenzione dell’umidità.

Il clima  Montalcino è mediterraneo, mitigato d’inverno per la presenza del mare (a poco più di 40 km), e ben ventilato per la protezione offerta dalle montagne e dalle tre  valli dell’Orcia, dell’Asso e dell’Ombrone .

Ed è proprio questo terroir irritrovabile che dona rarità al nostro  Brunello, la cui zona di produzione coincide con lo stesso comune di Montalcino  per un totale di circa 4000 ettari vitati. Soltanto il 15 % dell’intero comprensorio di Montalcino   è destinato alle uve,  per il resto è costituito da boschi di querce, faggi, e lecci. Un ambiente bucolico di prati estesi che si alterna a filari verdi, allevati a cordone speronato e guyot  e ad alta densità di impianto per ettaro (3 000 ceppi/ha) per garantire qualità nella resa.

Brunello, se non ci fosse bisognerebbe piantarlo!

 Il Brunello è l’espressione più autentica della Toscana, che è conosciuto anche come ‘grosso’, cioè dalla buccia spessa. Quest’ultima è una caratteristica che causa macerazione più duratura. Questa inoltre richiede almeno trenta giorni  per estrarre tannini, colore e polifenoli!

Il massimo dell’esaltazione del   Brunello è dato dal suo riposo per almeno cinque anni (che sono sei per la versione riserva) nelle botti di rovere, dal momento della vendemmia alla sua immessa nel mercato. Il  Brunello è un’opera d’arte dal rosso rubino intenso tendente al granato se invecchiato: una complessità di armonie, che sa di frutti rossi, vaniglia, legno e sottobosco.

Brunello, il re dei vini 

Il Brunello  è un vino nobile, tannico, strutturato, caldo, armonico e persistente. Un rosso che è compagno ideale dei grandi piatti della cuisine toscana, tra selvaggina e tartufi. Si  percepisce la grafite nel Brunello  , la stessa che rimane nei suoli vulcanici di Montalcino , che abbondano anche in calcare, sabbia, argilla, galestro e alberese,  regalando mineralità al nettare toscano. Elementi questi che si trovano sparpagliati in tutti i vigneti di Montalcino  , benché in percentuali diverse, per l’intesa attività tettonica durante le diverse ere geologiche.

Queste ultime lasciarono a Montalcino ambienti podologici variegati , ed è per questo motivo che  un Brunello non è  mai del tutto uguale a un altro!  Montalcino è un modello da copiare per un prototipo di sviluppo economico, che confida nella valorizzazione delle proprie risorse territoriali, che in teoria dovrebbe essere il destino di molte altre aree dell’Italia dal Nord al Sud.

Montalcino insegna! 

Il passato di  Montalcino  ci insegna che  si può uscire dalla tempesta con le ossa rotte, ma più forti e migliori di prima. E questo racconto è un augurio per sconfiggere del tutto il  Covid , e per riprenderci nell’immediato dalle tragiche conseguenze di questa pandemia.

L’impegno dei produttori di Montalcino e delle varie associazioni di categoria, hanno sicuramente funzionato per ottimizzare e preservare l’eccellenza dei beni naturali di Montalcino. Attenzioni costanti che lo stesso Roberto  pratica da quando ci abita.

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La ‘Cantina di Roberto Cipresso’. La teoria rivoluzionaria del parallelo 43

La ‘Cantina di Roberto Cipresso’. La teoria rivoluzionaria del parallelo 43

La ‘Cantina di Roberto Cipresso’ un modo rivoluzionario di fare vino! 

Fabio mi porta in macchina nella cantina di Roberto denominata ‘Cipresso 43’, situata a pochi passi da ‘Poggio al Sole’.  Si trova esattamente in Località Bivio dell’Asso, 53024 . Qui trovo Roberto  all’entrata con il suo inconfondibile sorriso .

Ci sediamo su un gradino e Roberto . Ed ecco che mi anticipa che il nuovo marchio delle sue creazioni sarà  denominato ‘La Cantina di Roberto Cipresso’ . Ciò al fine di  un più immediato riconoscimento del suo laboratorio divino. Vista la sua crescente notorietà. Questo è un piccolo anticipo di quello che bolle in pentola!

La ‘Teoria rivoluzionaria  del parallelo 43’ 

‘La Cantina di Roberto Cipresso’ , a breve sarà operativa! Intanto Roberto mi spiega meglio con il suo fare gentile l’asse portante della sua filosofia aziendale ovvero la sperimentazione e la ‘Teoria del parallelo 43′:

“Quando assaggio un vino eccellente, mi chiedo qual è la sua posizione geografica, non la parcella di vigneto da cui proviene. La mia visione di terroir è ampia, perché basata su coltivazioni allineate su uno stesso orizzonte, il parallelo 43.

Un ambiente pedoclimatico diffuso di cui, in collaborazione con l’Università di Firenze, sto tuttora studiando tutte le caratteristiche, vale a dire la geografia, la geologia, le altitudini, l’orografia, il clima.  Il parallelo 43 è una linea immaginaria, che passa attraverso tutte le tappe fondamentali della viticoltura, dalla Mesopotamia agli Stati Uniti. 

Un filo magico, che avvolge tutto il globo, e ci fa viaggiare dal Tigri e l’Eufrate (nel massiccio del Monte Tauro ci sono state le prime forme di viticoltura) e si arresta all’Oregon (la capitale del vino del nuovo mondo), dopo avere toccato regioni con uve sacre come  Croazia (Plavac Mali), Marche, Umbria, Toscana (Montepulciano, Sagrantino e Sangiovese) , Corsica, Midì francese (Viogner e Grenache) e i Paesi Baschi (Txacoli).

Non sono religioso, ma credo ci sia qualcosa di mistico, sovrannaturale nel parallelo 43, se è vero che su questa asse si adagiano Medjugorje, Assisi, Santiago De Compostela e Lourdes”.

La ‘Quadratura del Cerchio’

Esiste un vino perfetto? No, ma si può imparare a farlo! 

‘La Cantina di Roberto Cipresso’  mira a creare un vino inimitabile a partire dai terroir più vigorosi ed espressivi del parallelo 43°, all’interno del quale i requisiti propri dei singoli componenti si esaltano l’uno con l’altro anziché ottenebrarsi a vicenda.

Si tratta di un concetto quasi rivoluzionario, che scandalizzò quando nel 1995 venne fuori ‘La Quadratura del Cerchio’, che:

Non si può raggiungere la perfezione, ma ci si può provare.  Così come non si può ottenere un cerchio da un quadrato a meno che non lo si smonti in puntini! Roberto monta i suoi vini brevettando delle quadrature perfettibili, e li smonta nuovamente fino a quando non è del tutto soddisfatto. Roberto vuole offrire qualcosa di insolito, sorprendente e speciale, e si cimenta con la testa, con l’anima e l’istinto.

André Tchelistcheff , un maestro di vino e di vita

Roberto  si sforza di rincorre continuamente il vento giusto. Come quando scoprì un trattato di André Tchelistcheff. In questo scritto  il famoso enologo russo discuteva sulle possibili forme di supertuscan negli USA ! Roberto  sposò le convinzioni del maestro e le mise in pratica. Come? Abbinando il Sangiovese  alla versione italiana dello Zinfandel,   ovvero il Primitivo di Manduria.

Roberto lotta per scovare le armi e le tattiche giuste per essere più che un vincitore un bravo stratega nel fare vino. Roberto  studia, coopera con Università, ed esplora, mantenendo il suo porto fermo a Montalcino. Da cui però si allontana come un marinaio per compiere altre gesta del vino.

Come quelle fatte in più di venti regioni italiane e oltre confine in Croazia, Brasile, Spagna, Romania, California, Perù, Turchia, Slovacchia, Cile. Ma per lo più in Argentina ( ‘Achaval Ferrer’ e ‘Matervini) e Brasile (‘Bellavista Estate).

Con l’aiuto di altri imprenditori, in ognuno di questi anfratti sperduti e lontani, Roberto aspira a valorizzare il più remoto dei terroir . E anche a  generare a vini di carattere, dal Malbec argentino alla Dorona veneziana .

Oltre ad avere ricevuto tantissimi premi e scritto molti libri , Roberto riveste un ruolo importante nel panorama enoico italiano. DNel 1990 fondò  ‘Winemaking’ , un gruppo di consulenza vitivinicola. Questo poi fu ribattezato  ‘Cipresso 43’  nel 2001. Che dire ,  Roberto   è stato sempre un fiume in piena , che è ancora pronto ad esondare!

La cantina di Roberto Ci
‘La Cantina di Roberto Cipresso’

La nuova ‘Cantina di Roberto Cipresso’. Cosa bolle in pentola!

Siamo nella cantina  ‘Cipresso 43’ . Questa è senz’altro  un punto di riferimento per i vignaiuoli, che, in assenza momentanea degli strumenti giusti, vogliono provare a vinificare, mettendo alla prova le loro potenzialità. Ci addentriamo nella lounge degustazione per un’apericena di benvenuto. L’atmosfera è intima e raccolta con musica jazz in sottofondo. Particolare è l’arredamento decisamente urban chic:

  • un lungo tavolo in legno;
  • foto e quadri d’autore per tutto il corridoio.

Sbalorditiva è l’adiacente  ‘Terroteca’, una collezione di ampolle in vetro con  tutti i terreni calpestati da Roberto durante i suoi sopralluoghi professionali.

Bollicine di Sangiovese per andare altrove a Milano e tornare giù Montalcino!

Al bancone di materiale riciclato  Roberto stappa e mi versa le soavi bollicine del suo ‘Altrove’.  Esso è un metodo Charmat  del cru di Brunello a ‘Poggio al Sole’ .  Proseguendo la visita della sala, Roberto mi svela finalmente i suoi quattro piani  segreti:

  1. ‘Milano da bere’: Roberto vuole installare dei  vitigni pensili sulle terrazze dei più colossali e importanti grattacieli nella zona vip di ‘City Life’. Questa è a Portello , nord-ovest della metropoli. Un altro mega progetto fatto in collaborazione con  noto otorino milanese. Per questo intento,  Roberto sta allevando delle uve speciali , dette  Sauvignon  Kretos . Questa è una varietà particolare di uve resistenti alle malattie (dette PWI, dal tedesco ‘pilzwiderstandfähig’, ossia ‘viti resistenti ai funghi’) ;
  2. ‘Eureka’: è una linea di bottiglie di 35 uve vinificate senza scopi commerciali destinate a un club di wine experts per un totale di 4000 aderenti , che vi accederanno tramite tesserà;
  3. ‘Parco del parallelo 43’: se c’è una cosa a cui   Roberto è allergico è la monotonia ! Come la geometria perenne delle Langhe.! Se c’è una cosa che per Roberto è un credo, questa è la sostenibilità in tre fattori:
  • impatto ambientale della coltivazione,;
  • tollerabilità economica dell’operazione;
  • sfruttamento consapevole della terra.

Con queste premesse è facile innamorarsi di un altro spettacolo che spunterà a breve a  Montalcino:

 Brunello e  Rosso di Montalcino firmati  Roberto Cipresso

Cena sarda a Montalcino, ‘Osteria dei Briganti’

Fare due chiacchiere con Roberto è un attimo di crescita culturale e spirituale, al prezzo di una sbornia. Perché letteralmente ti ubriaca. Ci si può avvicinare a Roberto  , se si possiede la giusta dose di empatia e si è on wine , ovvero collegati al vino! Il vino  è infatti primae una  bevanda seduttrice e  un’opera d’arte .

Roberto è un vulcano e se qualche volta avete la fortuna come me di beccarlo in pausa fumante, approfittatene, prima che riprenda a scoppiettare! Anche Roberto è un essere umano, non preoccupatevi, specie se ha fame! Lo stomaco brontola, e allora si decide per una cena sarda nell’ ‘Osteria dei Briganti e dei Poeti’:  porcheddu e patate esaltato da un  Savigny Les Beaune ler Cru Les Narbantons Domaine Mongeard Mugneret’ , un  Pinot Nero da urlo!

Risveglio a ‘Poggio al Sole’. Brunello e  Rosso di Montalcino firmati  Roberto Cipresso

L’indomani la tranquillità a ‘Poggio al Sole’ è distratta dalla piacevole incursione di clienti di Padova e Bologna. Questi hanno giustamente selezionato questo buen ritiro per staccare la spina. Faccio colazione con caffè nero bollente e delle brioche calde , che Fabio mi omaggia prima di tuffarsi nella sua routine quotidiana.

Vedo dei bambini che inseguono Kyra, il barboncino di Roberto.  Le mamme sorvegliano i loro pargoli, beatamente sdraiate su dei dondoli. Stanno beate  all’ombra di ulivi per proteggere la loro pelle bianca dal sole settembrino, che ancora scotta.

Lascio la mia suite campestre e mi perdo nella natura della tenuta.  Passeggio tra grappoli, viste sconfinate e un silenzio rigenerante. Al mio rientro mi accingo verso la cucina all’aperto di  ‘Poggio al Sole’ . Attendo l’imbrunire per aiutare Roberto   e Fabio a imbandire una tavolata per il banchetto della sera.

I rossi di Roberto Cipresso: Brunello e Rosso di Montalcino

Sopraggiungono gli invitati, persone affabili e contenute all’inizio. Decisamente più allegre dopo i miei spaghetti alla mediterranea, la grigliata e i rossi di Roberto :

  • ‘Brunello di Montalcino 2018’: 100 % Sangiovese, con affinamento di un anno in barrique di rovere francese. Il colore è rosso rubino con riflessi granata, si apre al naso con le sue note di frutta rossa e liquirizia, cuoio, e cioccolato. I suoi tannini sono morbidi, al palato è strutturato e persistente;
  • ‘Rosso di Montalcino’ : 100% Sangiovese, rosso rubino con sfumature porpora, all’olfatto molto intenso, sa di amarena e vaniglia.  Un vino che possiede una giusta acidità, delicato al palato, e che permane a lungo.

La ‘quadratura del cerchio’ non è solo un enigma! Si tratta   di un’ attitudine misurabile in tre vini! 

Quello che mi colpisce di Roberto oltre il talento, la classe e l’umiltà, è l’attenzione per i dettagli,  l’abilità di osservare le cose da un’altra prospettiva, l’ha appreso in montagna.

Come si è già accennato, un quadrato non può mai raggiungere l’area di un cerchio, per una semplice questione di Pi greco’, il numero irrazionale. Però si può osare ragionarci su! Per Roberto non è una questione di avere per forza una soluzione a un problema, ma di avvicinarsi quanto più si può alla verità.

D’altra parte, questo anelito alla conoscenza ha spinto  Roberto  alla creatività nel vino, alla maestria di migliorarlo, dosando le peculiarità singolari di ogni vitigno.

4 vini di Roberto Cipresso  fuori dal comune 

Ne risultano dei sorsi sorprendenti, come quelli di questi tesori decantati da Roberto  a un gruppo di giovani wine experts  l’ultimo giorno prima della mia permanenza:

1. ‘Punto Bianco 2020’:un matrimonio perfetto tra la verticalità e l’ossatura del Vermentino Toscano e la vivacità del Verdicchio Marchigiano, i due vitigni autoctoni del parallelo 43, quelli che più esprimono la storicità delle lande attraversate da questa linea magica.

Il valore aggiunto di due mari che s’incontrano, l’Adriatico e il Tirreno in un calice che fa stupire. Sono due terroir diversi che però si amalgamano nello stesso parallelo e vibrano. Giallo paglierino scarico, al naso note floreali di tiglio e acacia con piacevoli sensazioni aromatiche di basilico.

La beva denota una buona freschezza con l’equilibrio leggermente spostato su mineralità e sapidità. Con affinamento di otto mesi in contenitori di acciaio, è un bianco di buon corpo, gradevole e contemporaneo;

2. ‘Punto Rosso  2019’ : la sensualità e l’acidità del Sangiovese Toscano prende forza e vigore grazie al Montepulciano Marchigiano, che lo arricchisce con la sua carnosità . Pensato come vino da mescita, questo vino è un passepartout , cioè sta bene con tutto.

Un rosso dal colore rubino, dai sentori olfattivi schietti e intensi, con profumi fruttati e sfumature delicatamente speziate. In bocca ha un buon corpo, mostra una media tannicità e una buona finitura;

3. ‘Pi Greco 2012’ : è un Sangiovese da San Quirico d’Orcia in purezza , un tripudio di spezie, frutta nera e rossa, fichi . Esso ha una buona acidità, e non vuole confrontarsi con le grandi DOC e DOCG dell’impero toscano.

Prende quindi un’altra strada, un rischio calcolato nelle complessità, nelle altitudini e in terroir finora poco valorizzati, che però esprimono un carattere personale e percettibile.

4. ‘Quadratura 2017’: Sangiovese di San Quirico d’Orcia (SI); Montepulciano di Moresco (FM) e Sagrantino di Spello (PG) , le tre uve autoctone più rinomate del nostro bel paese. La scommessa è stata quella di co-fermentarle tutta sulla stessa frequenza, quella del parallelo 43.

Un’accordatura che ha l’ambizione di rivelare il massimo bilanciamento. Una sorta di metamorfosi fermentativa di tre uve apparentemente distanti ma, nel risultato finale, molto affini. Il colore è di un rosso prepotente, all’olfatto è raffinato con il suo pepe e tabacco al mentolo.

Energico e ben rispondente, è un rosso che sfodera una morbidezza sinuosa e tannini abbondanti quanto vellutati. Freschezza senza cedimenti e struttura compatta lasciano presagire grande potenziale evolutivo.

Bisogna alzare lo sguardo in cielo per vedere le stelle

Bisogna alzare lo sguardo in cielo per vedere le stelle

Non è solo una questione di determinazione, passione e duro lavoro se Roberto    ha sempre ottenuto ciò che ha voluto.  Ci vuole sensibilità e apertura mentale. Roberto è un visionario, guarda in alto le stelle, immagina la realtà diversamente dagli altri, mette in discussione sempre. Impara, mischia, mescola e shakera, ci crede e poi lo fa!

Mi auguro per lui  che ogni tanto possa fermarsi per godere della bellezza di cui si è circondato, ma non sarà mai forse fattibile.

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