Ischia film Festival 2023

Ischia film Festival 2023

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“L’autunno è una seconda primavera dove ogni foglia è un fiore.”

A. Camus

Ischia film Festival 2023

Senza dubbio Ischia Film Festival 2023 è una delle kermesse cinematografiche più significative d’Italia tenutasi all’interno della splendida cornice del Castello Aragonese d’ Ischia . Dal 24 Giugno al 01 Luglio ci sono state proiezioni cinematografiche d’autore che mi hanno rapito l’anima. Ed è così che Piazzale delle Armi, la Cattedrale dell’Assunta e la Casa del Sole  sono diventate sale sotto un cielo trapuntato di  stelle . Un biglietto staccato il mio per uno straordinario evento annuale di alto livello culturale. Un appuntamento imperdibile quello dell’ Ischia Film Festival 2023 , che con un programma vario e internazionale cerca di raccontare l’umanità nel bene e nel male.

Ancora una volta Ischia Film Festival 2023 mi ha riportato alla bellezza d’ Ischia. Ormai l’atollo campano mi ha creato dipendenza . Un’oasi che diventa sempre occasione per me di una pausa rigenerante e necessaria per il corpo e la mente. Tappa fissa in questo luogo del cuore è sempre l’Albergo Locanda sul Mare in via Iasolino 80 a Ischia Porto. Una casa ormai più che un albergo. Ci  torno tutte le volte che mi manca la poesia, e  il calore dei suoi gestori. Un posto in cui vi consiglio di soggiornare per vivere Ischia in tutta la sua magia.  Vediamo meglio  cosa è il Ischia Film Festival 2023.  Buona visione!

Cosa è Ischia film Festival 2023 ?

Che dire , Ischia Film Festival 2023  è una manifestazione artistica che vede in concorso lungometraggi, documentari e cortometraggi provenienti da tutto il mondo. Capolavori in grado di valorizzare le tradizioni, la storia, i paesaggi di quei territori scelti per la narrazione filmica.

Giunto alla sua XI° edizione Ischia Film Festival 2023 è sostenuto dalla:

Da puntualizzare che  Ischia Film Festival 2023 nasce dall’idea dell’imprenditore Michelangelo Messina. Un uomo così appassionato della sua Ischia e del cinema, che è riuscito a creare  un evento di fama internazionale. Qualcosa di unico nel suo genere che ha fatto rinascere il cinema sull’isola dai tempi d’oro di Angelo Rizzoli.

Ischia e il cinema

Comunque Ischia era  abituata ai riflettori . E precisamente da quando a Ischia Ponte nel 1909 aprì Unione, la terza sala cinematografica più ampia dello stivale. Tuttavia, le luci della ribalta si accesero quando nel 1936 vi cominciarono le riprese del:

Decisamente un colossale avvenimento fu quando nel 1957 Charlie Chaplin scelse Ischia  come anteprima planetaria per il suo capolavoro  Un Re a New York . La fortuna continuò nel 1963 quando in varie zone  d’ Ischia   la  20th Century Fox girò il colossal di Cleopatra’ con Liz Taylor  e Richard Burton  ! Una produzione parecchio costosa , in cui si possono ancora apprezzare alcune inquadrature della Baia di San Montano .

Da Lucchino Visconti all’era moderna

Certamente un’altra figura di rilievo per Ischia   fu Lucchino Visconti. Questi fu  padre del Neorealismo  primo movimento cinematografico di spicco in Italia del secondo dopo guerra. L’illustre regista lombardo si trasferì a Ischia  . Dal barone Fassini comprò un vistoso immobile. In seguito lo modificò in uno splendido cottage in stile liberty . Di poi fu conosciuto meglio e localmente come  ‘La Colombaia’   .  Esso oggi è  il mausoleo dedicato al regista). 

Lucchino Visconti  ci visse fino al 1976 e fu il suo quartier generale . Qui è dove creò  pellicole eccezionali quali ‘Senso’, ‘Rocco e i suoi fratelli’. Fu un via vai di collaboratori e celebrità quali PasoliniElsa MoranteMoravia

Il cinema a Ischia oggi

Dal 1970 in poi il cinema Italiano subì una crisi irreparabile . E si spense anche  Ischia   , che si allontanò dal genere della commedia sexy all’italiana di quell’epoca.  A parte  la novità nel 2003 di Michelangelo Messina che lanciò appunto  l’  Ischia Film Festival , al presente si possono annoverare pochi risvegli di prestigio con setting a Ischia, quali:

Come è articolato Ischia film Festival 2023?

Ischia Film Festival 2023  è un palinsesto ricco di anteprime d’eccezione e grandi nomi. In questo modo ha garantito nel corso del tempo successo e la fidelizzazione di un pubblico sempre più vasto. In particolare  Ischia Film Festival 2023  si è articolato in diverse sezioni:

  • Best of : sono lungometraggi nazionali ed internazionali che esprimono al meglio l’attuale stagione cinematografica;
  • Sezione competiva: lungometraggi, documentari e cortometraggi che hanno avuto come protagonista principale e colonna portante del racconto le location dei filmati;
  • Location Negata: film, documentari e corti che raccontano gli spazi del pianeta violentati dal progresso, quelli in cui vengono negati i diritti ai popoli, quelli distrutti dalla guerra, o fagocitati da calamità naturali ;
  • Scenari Campani : lungometraggi, corti e documentari che hanno come tema portante la Campania e la sua identità culturale.

Delle 72 opere dell’ Ischia Film Festival 2023  36 sono inserite nella  Sezione competiva . E  le atre   36 nel resto della lista in alto (24 delle quali saranno proiettate esclusivamente online  su www.ischiafilmfestivalonline.it ).

Momenti salienti dell’ Ischia film Festival 2023

Di notevole effetto è stata l’inaugurazione dell’ Ischia Film Festival 2023  con la consegna di un premio alla carriera a Christopher Lambert, stella indiscussa e mondiale del panorama cinematografico. Riconoscimento che nelle edizioni passate è toccato ad altre star importanti quali :

California, l’Emila di Andrea Roncato

Sono stati otto giorni indimenticabili quelli dell’ Ischia Film Festival 2023    tra giornalisti,  registi  e attori di spessore.  Tra loro c’è stato anche Andrea Roncato. Mi ha commosso con le sue parole di coraggio rivolte alla sua Emilia Romagna dopo il tragico evento delle inondazioni d fine Maggio. La sua regione natale è pronta a rialzarsi . Egli  chiede agli Italiani non bonifici , ma di visitarla rilanciando così un turismo responsabile e attivo.

La sua terra è stato il leitmotiv della pellicola in gara California (2022) di Cinzia Bomoll con la partecipazione di Silvia e Giulia Provedi. Da maschera solitamente comica Andrea Roncato mi ha colpito nella parte responsabile del nonno di due gemelle . Una figura centrale per la salvezza di una parte di una famiglia della provincia emiliana. Un nucleo affettivo che è apparentemente tranquillo. Perché in realtà nasconde tante violenze contro le quali si eleva una denuncia forte e spietata. Specie per quella degli uomini contro le donne. Oltre a California vi descrivo in basso altri due audiovisivi estremamente significativi ed emblematici . Entrambi affrontao il dilemma del legame indisslubile tra l’essere umano , le proprie radici e l’esistenza riconsociuta come dono divino. Mi sto riferendo a La Cura di Francesco Patierno e a An Irish Goodbye di Tom Berkeley e  Ross White

La Cura di Francesco Patierno

Con la La Cura  torna alla ribalta il famoso regista napoletano Francesco Patierno (2022) .  Tra i suoi innumerovoli  traguardi profssionali si ricorda  il lungometraggio il  Mattino ha l’oro in bocca del 2007. Esso è tratto dall’autobiografia de Il Giocatore di Marco Baldini (interpreti Elio GermanoLaura Chiatti e Martina Stella)  .  Si tratta di  una condanna a tutti i tipi di dipendenze estreme.  Come quelle per il gioco d’azzardo che hanno massacrato il celebre conduttore radiofonico.

La Cura   vede nel cast il bravissimo Alessandro Preziosi e  parla di una troupe cinematografica, che per l’arrivo del Covid interrompe  le riprese della La Peste, un romanzo dello scrittore Albert Camus. Un film che evolve dal master piece inizale fino a confodersi e fondersi  con esso . Suo obiettivo è quello di esporre in maniera diversa da un documentario il dramma del planetario del lockdown, che ha segnato e cambiato per sempre la nostra società. Dalla finzione si passa alla realtà e non si capisce davvero quale sia il confine, quale sia la parte vera da interpretare!

Il flagello della black death si sposta dall’Argentina a una Napoli contemporanea , che smette di pulsare come è solita fare. Un caos immane in cui si perde il senso dell’orientamento. Il  virus  ha messo a dura prova e fatto rilevare come effimeri , se non modulati nel giusto modo,  i perni saldi della nostra era: soldi e sviluppo industriale.  Inolre a piegato fisicamente e moralmente per solitudine e povertà migliaia di persone in tutto il globo. Una malattia per cui esiste un unico rimedio l’amore e il rapporto con l’altro.

An Irish Goodbye

An Irish Goodbye di Tom BerkeleyRoss White ha vinto il Premio Oscar come Miglior cortoemetraggio Live Action alla 95a edizione degli Academy Awards.  E si è aggiudicato il premio come Miglior cortometraggio ai Premi BAFTA 2023.

An Irish Goodbye   è una black commedy  che descrive l’unione difficile e picaresca  dei fratelli  Turlough  (Seamus O’Hara) e Lorcan (James Martin). Quest’ultimo  è affetto da sindrome di Down.  Dopo la scomparsa improvvisa  della madre Turlough non vuole più affidare  Lorcan a una zia grazie al ritrovamento di una lista di desideri incompiuta della mamma. Da sfondo a questa trama così ironicamente drammatica e a lieto fine è l’Irlanda del Nord con le sue campagne e il suo assordante silenzio e infinita quiete.

Questo corto è un inno all’amore che vincit omnia . 23 minuti di genialità assoluta e pura che ha avuto il record di essere proiettato al cinema come qualsiasi altro film. Primato che era toccato solamente al cortometraggio di Pedro Almodóvar, The Human Voice.

 

Ischia film Festival 2023, ciak le premiazioni !

In conclusione  manca solo annunciare il vincitore dell’ Ischia Film Festival 2023 (clicca qui per sapere delgl altri riconoscimenti)  :

  • Mountain Onion (Kazakistan, 2022) di Eldar Shibanov :    l’undicenne Jabai vemde  cipolle di montagna lungo l’autostrada in Kazakistan e farà di tutto per riportare il padre nella sua famiglia . Un grido di speranza per i dolori universali come quelli della sparazione dei genitori. Perché nonostante show must go on !

Ischia Film Festival 2023  è stata un’esperienza unica che mi ha fatto apprezzare ancora una volta Ischia .  Come è facile da intuire questa perla del Golfo di Napoli non affascina solo per il suo passato, il suo patrimonio archeologico. E ancora per le sue terme, i suoi paesaggi esotici e un clima mediterraneo, che ne fanno un buen ritiro in ogni momento dell’anno. E Ischia Film Festival 2023   è la conferma che a  Ischia    ci si può perdere per infinite ragioni all’insegna di un turismo di altà qualità e sostenibile. Questo è il trend da seguire per un solido futuro economico , perché è l’unico modo per prosperare senza danneggiare l’ambiente e valorizzare al massimo le risorse territoriali. Sarà l’inizio di un cambio di tendenza che vorrà sbarazzarsi della globalizzazione di massa? E quello che ci auguriamo tutti per rivedere splendere ogni angolo della nostra Italia.

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Reggia di Capodimonte, Napoli

Reggia di Capodimonte, Napoli

“Prendo in prestito dei corpi e degli oggetti, li dipingo per ricordare a me stesso la magia dell’equilibrio che regola l’universo tutto. In questa magia l’anima mia risuona dell’Unico Suono che mi riporta a Dio”
Caravaggio

Reggia di  Capodimonte, Napoli

Sicuramente  la Reggia di Capodimonte a Napoli è uno dei musei più visitati e amati della città partenopea. Mi ci sono ritrovata partendo da Piazza Dante  in autobus (clicca qui per sapere come altro andare) in una giornata afosa di Luglio. Condizione perfetta per stare al fresco dell’aria condizionata  E così ho  esplorato in 124 gallerie i tesori dei re di Borbone , che l’hanno ideata come loro residenza nobiliare e casa per la Collezione Farnese.

Vi assicuro che girare per la Reggia di Capodimonte è un’esperienza unica. Perché vi fare capire il passato glorioso di Napoli   , che raggiunse il suo periodo di massimo splendore artistico culturale nel Settecento. La dinastia Borbone volle infatti fare diventare Napoli  un luogo capace di gareggiare con altre capitali europee come Parigi. E diciamo pure che ci sono riusciti, distinguendosi come una famiglia di politici capaci, lungimiranti, raffinati e dall’animo sensibile. Tra le luci e le ombre dei sovrani più discussi e curiosi degli annali italiani , vediamo più da vicino cosa c’è  di preciso all’interno della Reggia di Capodimonte a Napoli . Buon viaggio!

Storia della Regia di Capodimonte

Ancora una volta  i  Borbone hanno lasciato il segno a Napoli con la loro Reggia di Capodimonte, voluta da   re Carlo III  come sua  villa reale e riserva di caccia  . In più era un’ottima area per contenere la preziosa collezione d’arte della madre Elisabetta Farnese,  seconda moglie del padre Filippo V di Spagna. Chiaramente si scelse come location la collina di Capodimonte , poichè era lontana dalla confusione cittadina. E oltretutto c’era tanto terreno intorno e uno splendido panorama sul Golfo di Napoli! Niente male!

Ci volle un secolo per terminare la Reggia di Capodimonte: 14 000 metri quadri di bellezza artistica iniziata nel XVIII secolo (17381838) ,  inaugurata nel 1775 e aperta al pubblico  nel 1957. Da allora ne passò di acqua sotto i ponti, e ci abitarono altre personalità di spicco tra le quali Murat, i Savoia , i quali poi cedettero il tutto allo Stato nel 1910. E fu una salvezza per  i capolavori custoditi dai regali . Questi  per un periodo furono alloggiati al  Palazzo degli Studi per volontà di Ferdinando IV , figlio di Carlo. Parte di questa sfarzosa eredità oggi è spalmata tra il Museo Archeologico (MANN) e il Palazzo Reale di Napoli

La Collezione Farnese, cosa è ?

Senza dubbio la Collezione Farnese è una delle più importanti raccolte di opere artistiche e archeologiche mai esistita al mondo. Essa spazia da pitturesculture  a  disegnilibri, bronzi, cammei, monete, medaglie e altro ancora.

Prima che i  Borbone diventassero ufficialmente (e per legami di parentelaù) gli unici titolari effettivi, essa era stata avviata da diversi esponenti della famiglia (di origini laziali)  dei Farnese, su tutti i cardinali Alessandro e Odoardo.

Come è strutturata la Regia di Capodimonte?

La Reggia di Capodimonte in stile Barocco e Neoclassico  è il frutto dell’inventiva di diversi architetti tra i quali: Giovanni Antonio Medrano, Antonio Canevari, Ferdinando Fuga e Antonio Niccolini. Lo stabile di un rosso brillante è a pianta rettangolare e sfoggia lateralmente delle colonne in piperno grigio .

L’entrata principale alla Reggia di Capodimonte è quella di Porta Milano (ce ne sono altre due Porta Piccola e Porta Grande) . Si estende su tre livelli con cortili interni. Il piano terra è adibito all’accoglienza dei visitatori con i vari servizi. Tra questi  la biglietteria, il  guardaroba, un bookshop, la caffetteria e un auditorium. Diamo un’occhiata agli itinerari da fare al suo interno.

Ammezzato

Questo  intermezzo ingloba il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe (2500 fogli e 25000 pezzi) di cartoni che sono da ricondurre a Michelangelo, Raffaello, alla scuola parmense, bolognese e romana. Si distingue anche la Collezione Mele. Questa è l’insieme delle migliori affiches di fine Ottocento di Emiddio e Alfonso Mele. Furono fatte per i Grandi Magazzini Italiani che aprirono  nel 1889 in via S. Carlo a Napoli  .

Dall’ammezzato poi una scala esagonale conduce alla Ottocento Privato, che era una estensione degli ambenti abitati dalla corte dei Borbone e dei Savoia. Si possono venerare oltre 200 dipinti, sculture, mobili e arredi che ci riportano a come era la vita a palazzo.

Piano Nobile

Al primo piano fa bella mostra la perla della Reggia di Capodimonte , ovvero la Collezione Farnese (sale 1-30). Tra i membri più in vista di questa famiglia patrizia appare tra le cornici appese il Ritratto di Paolo III .  Il pontefice  romano che fu come fotografato da Tiziano con le pennellate del suo immancabile e intramontabile rosso. Colpisce il particolare della mano del papa, che cerca di nascondere il bottino dallo sguardo dei nipoti ai lati. Questo allude alle difficoltà dei rapporti tra eredi.

Di notevole impatto e valore è poi la Crocefissione del Masaccio (sala 3) che del 1426 rappresentava il comparto centrale superiore del Polittico di Pisa . Un capriccio che fu commissionato da Giuliano di Colino degli Scarsi da San Giusto per la sua cappella. Essa mostra la scena della Crocifissione con  la VergineSan Giovanni e la Maddalena . Si evidenzia un forte patos e  uno studio preciso dello spazio e del corpo umano . In questo modo Masaccio rivoluzionò la pittura del Quattrocento anticipando quella del Rinascimento.

Cosa altro vedere al piano nobile?

Da non perdere all’interno del piano nobile tra le altre cose :

Secondo Piano

Questa galleria include tutte quei beni napoletani che provengono per lo più dalla Collezione d’Avalos e da chiese e monasteri soppressi nell’Ottocento per ordine di Gioacchino Murat.

Tra queste pareti sono custodite preziose tele databili dal 1200 al 1700 firmate da geni quali Colantonio, Caracciolo, Jusepe de Ribeira, M. Stanzione, A. Gentleschi, A. Vaccaro, A. Falcone e A. Caravaggio con la sua Flagellazione.  I colori scuri di questo Cristo morente sono tipiche del magnifico pittore lombardo, che contrastano con il chiaro del corpo dilaniato illuminato da un fascio di luce a sinistra. Un gioco di colori che mettono l’accento sulla tensione emotiva e psicologica dei personaggi.

All’epoca barocca si rifanno invece i dipinti di Mattia Preti e Luca Giordano. Mentre appaiono anche incanti artistici del XVIII di Francesco de Mura, Francesco Solimena e Paolo de Matteis . Di prestigio è anche la Gallleria degli Arazzi d’Avalos, che sono 7 tessuti giganti la battaglia di Pavia del 1525 tra le armate di Francesco I e quelle di Carlo V                   

Terzo Piano

Qui  spicca la Galleria dell’Ottocento che è ricca di opere neoclassiche dei pittori della Scuola di Posillipo (da Anton Pitloo a Giacinto Gigante e Francis Vervolet) e dei maestri del Naturalismo come Domenico Morelli, Francesco Saverio Altamura e Michele Cammarano.

Di grande interesse è anche la Collezione Fotografica con opere di Mimmo Jodice e la sezione dell’arte contemporanea , che è stata inaugurata nel 1798 e che annovera Burri, Warhol, Alfano, Buren, Kosuth, Pistoletto, Konellis, Merz, Bourgeonis.

Il parco della Reggia di Capodimonte

Il parco della Reggia di Capodimonte è di circa 130 ettari ed è stato progettato da Ferdinando San Felice (1734) come riserva di caccia del re Carlo di Borbone. Esso fu restaurato da Federico Dehnhardt (metà del XIX secolo).

Esso fu realizzato sulla stregua dei modelli dei giardini Inglese e Francesi. Ma ne venne fuori un qualcosa di originale e tipicamente barocco: 5 lunghi viali alberati che si irradiano dal piazzale dell’entrata abbelliti da statue di marmo (al presente ne resta solo una forse dedicata a una dea romana). Oltretutto disseminate ovunque si trovano panchine in bronzo abbellite con dei piedi a forma di serpente.

All’interno del parco della Reggia di Capodimonte furono piantate 400 diverse specie vegetali, tra cui orti, frutteti e alberi secolari, tra cui oggi risplendono una spettacolare Magnolia e una Canfora. Successivamente furono messe piante da frutta, e altre specie esotiche. Entrare in questo immenso paradiso significa immergersi in una natura rigogliosa e ordinata che è stata arricchita attualmente di molte palme.

Gli edifici del Parco di Capodimonte

Di enorme impatto sono i circa 17 edifici presenti che servivano a soddisfare le esigenze venatorie, agricole e spirituali dei Borbone. Tra i più caratteristici ricordiamo la Torre, la Fontana del Belvedere, la Vaccheria, il Casino della Regina, il Fabbricato Cattaneo, l’Eremo dei Cappuccini, il Granaio, la Cappella di San Gennaro, e la Real Fabbrca di Porcellana , che è sede dell’Istituto professionale per l’industria della Ceramica e della Porcellana.  Quest’ultimo merita un accenno perché era una vera e propria fabbrica che soddisfava le vanità dei Borbone. Ballavano e organizzavano banchetti con altri aristocratici di stampo internazionale. Perciò l’esigenza di avere un servizio di piatti numeroso e di alto livello. A tal proposito si può ammirare nella Reggia di Capodimonte .

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Reggia di Capodimonte, c’era una volta Napoli !

In conclusione posso dire che da sola la  Reggia di Capodimonte vale un viaggio a Napoli . Ci vuole una giornata intera per visitarla tutta, e vi garantisco che anche in estate è un’ottima alternativa all’afa cittadina!

Napoli stupisce sempre e non si finisce mai perché dietro ogni angolo di questa metropoli c’è sempre qualcosa che ti fa alzare lo sguardo verso l’alto. Per questo motivo non si può mai pensare di perlustrare Napoli in un weekend . E se volete perdetevi pure per una settimana senza programmi nell’urbe , perché è davvero l’unico modo per afferrarne la vera anima. Buone vacanze!

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Quartiere Sanità, Napoli

Quartiere Sanità, Napoli

“Erano sempre e sempre saranno nel tempo infinito” 

Empedocle

Quartiere Sanità, Napoli 

Senza dubbio il quartiere Sanità  è un’esperienza da fare almeno una volta nella vita per capire la vera essenza di Napoli . Definito un vero e proprio ghetto per trascuratezza estrema , il quartiere Sanità   oggi è invece  in  fase di rilancio. Questo grazie all’umanità e la professionalità di persone e istituzioni che ci hanno creduto. E hanno fatto bene.  Perchè si vedono già i risultati. Come per esempio nella gestione e fruizione del ricco patrimonio culturale e architettonico  rionale. O ancora nella nascita in loco di centri di studio e aggregazione di ogni genere.

Ma cosa è allora il quartiere Sanità ? Esso è in primis il sorriso e la gioia  del popolo napoletano, la fede mistica nella Madonna e in Maradona . Chi ci va avrà davanti a sè un labirinto di stradine strette . E qui tra bancarelle di vestiti,  frutta fresca e panni stesi al sole, saltano fuori monumenti straordinari. Oggi per il suo fascino e il suo magnetismo il quartiere Sanità  è diventato casa per molti artisti. Geni di ogni parte del globo lo hanno reso una tela urbana con  tanti murales che l’hanno colorato e valorizzato. Di tutto questo parlerò in questo post. Mi auguro che possiate presto visitarlo utilizzando i miei  percorsi che vi porteranno indietro nel tempo glorioso della cttà partenopea.

Quartiere Sanità di Napoli, un grido di speranza

Soprattutto il quartiere Sanità è voglia di vivere, nonostante tutte le difficoltà per la delinquenza, e gli scempi che si sono dovuti affrontare negli anni. Tuttavia, adesso le cose stanno cambiando. Perché si sono attuati dei piani di interventi tra privato e pubblico per il suo recupero sociale e urbanistico culturale.

La risultante di tutti questi sforzi  è stata quella di avere generato una delle zone più  amate del capoluogo campano .  A spiegarlo è difficile, ma ci proverò. Vi invito a scoprire di persona il fascino del quartiere Sanità .  Perché vale davvero la pena farci un salto. Buon viaggio!

Perché si chiama Sanità?

Vi starete chiedendo perché il quartiere si chiama  Sanità . Forse la motivazione sarebbe da ricondurre al fatto che in passato era una zona salubre (1500). Oppure  perché veniva ripulito dal fiume che scorreva da Capodimonte. Questa è  la collina  dov’è ubicato come parte della municipalità 3 Stella-San Carlo all’Arena.

Come arrivarci? Logicamente a piedi (o con  i mezzi) per evitare l’uso della macchina (il traffico di Napoli non ve lo raccomando , tanto meno l’ansia  da parcheggio!). Ci sono vari modi per raggiungerlo. Ma il più comodo è partire dal Centro Storico in direzione di  via Foria di fronte piazza Cavour  (10 minuti circa) . Nei paragi non fatevi scappare  la frontale  Porta di San Gennaro . Questa  è unica nel suo genere perché circondata da palazzi invece che da torrioni laterali. Merita un accenno l’affresco di San Gennaro  che la sovrasta. Questo  è un  ex voto eseguito da Mattia Preti fatto per scongiurare la peste del 1600.

Storia del quartiere Sanità

La storia del   quartiere Sanità   affonda le radici nell’era greco romana di Napoli . Destinato quasi sempre alla sepoltura dei morti (laddove non c’era più spazio nelle chiese o durante i periodi di epidemie) , ebbe il suo periodo di massimo splendore all’epoca dei Borbone.  Molte famiglie nobili si accasarano da queste parti. La golden age durò però poco. Esattamente  fino alla costruzione di un ponte, l’odierno Maddalena Cerasuolo (1806) . Questo collega due importanti snodi stradali, ovvero quello di via Santa Teresa degli Scalzi e corso Amedeo di Savoia.

I re   utilizzarono il ponte come passaggio dalla loro reggia a Capodimonte verso Napoli . Da allota  il quartiere Sanità   rimase abbandonato per anni . Quella infrastruttura diventò uno spartiacque che lo separava dal centro cittadino. Ben presto quella località aristocratica si modificò in una  periferia ingestibile. Di quel transito regale resta traccia in alcuni splendidi palazzi barocchi che descriverò in basso.

Quartiere Sanità ai tempi moderni

Dopo tanto  buio i riflettori si sono riaccesi sul quartiere Sanità   per l’impegno di uomini di valore,  associazioni e commercianti. Con la loro  passione e  dedizione hanno portato la luce laddove c’erano solo macerie. In breve il quartiere Sanità  è  diventando meta di pellegrinaggio  per molti turisti  e street artist di tutto il mondo.

Cè pure qualche  inglese e francese che al presente vi ha fatto fissa residenza. E la curiosità per il quartiere Sanità   è solo all’inizio.  Ed è palesamente  in  crescita. Cosa c’è da vedere e fare al quartiere Sanità   per una vacanza diversa e insolita? Seguitemi!

Padre Antonio Loffredo e il quartiere Sanità a Napoli

Padre Antonio Loffredo ha salvato il quartiere Sanità   dalla dimenticanza  . Lui è decisamente un parroco  visionario che appena si è stanziato da queste parti nel 2001 si è subito prodigato per rilanciarlo.  E sotto ogni punto di vista. Sua mossa  vincente per combattere la guerra allo sfacelo è stata la rincorsa ai fondi (circa 500 mila euro) per amministrare i gioielli rionali.  Il suo passo successivo è stato quello di impiegare gli scugnizzi in erba per riportare in superficie  la bellezza sotterrata del quartiere Sanità . 

Ed ecco che la sua rivolzuione  è scoppiata dalla rivalorizzazione della Basilica di San Severo fuori le mura  . Poi nel 2006 è nata  la prima cooperativa  La Paranza , a cui è stata affidata la guida delle catacombe sotterranee. Ne è subentrata un’altra nel 2014 , che è la Fondazione di Comunità di San Gennaro .

La ragione dell’esistenza di queste istituzioni fu quella di conferire stabilità a ciò che è stato realizzato.  Per cui si sono sempre promossi (e tuttora!)  nuovi progetti per la riqualificazione del quartiere Sanità . Tra questi la riattivazione del tour miglio sacro  che in tre ore vi conduce dalle  Catacombe di San Gennaro al suo Tesoro.

Le associazioni al quartiere Sanità

Si tratta di organizzazioni ONLUS che con effetti incredibili hanno portato avanti una realttà così complessa come quella del quartiere Sanità . Membri attivi sono tuttora quegli stessi ragazzi che sono stati tolti dalla miseria e che ridonano con la loro operosità l’aiuto che hanno ricevuto ! Parte del loro successo è stato un senso di forte collaborazione  che ha visto coinvolta la regione, la curia e altri investitori locali .

Così oltre a quelle relative all’ospitalità (B&B Monacone ) sono state via via promosse diverse  attività nel quartiere Sanità . Tutte quante sono state  dislocate tra le varie chiese e altri edifici come per esempio:

Cosa vedere al quartiere Sanità di Napoli?

Napoli è gigantesca e non basta un weekend per girarla tutta. Però se vi capita di starci per qualche settimana o ci tornate apposta, una giornata dedicatela al quartiere Sanità   . Vi propongo un itinerario di un giorno diviso in due tappe.  Di cui il prima potreste farlo la mattina, il secondo  il pomeriggio.

Mettetevi scarpe comode. E preparatevi ad assistere ad uno spettacolo a cielo aperto. Un biglietto gratuito per immergervi nella meraviglia del quartiere Sanità  . Un tuffo fra  ipogei greci, tombe romane, cimiteri medievali, chiese  e residenze signorili. Si apre un varco insolito tra  grovigli di case dalle facciate decadenti rianimate da murales titanici che abbagliano con i loro colori sgargianti. Il   quartiere Sanità  è dunque un  simbolo di speranza e rinnovamento che parte dal cuore e arriva dritto alle future generazioni che se ne prenderanno cura.

Affrettatevi a venire al quartiere Sanità

Come potrete immaginare la globalizzazione sta causando un’imbruttimento delle maggiori capitali europee. E questo si percepisce anche a Napoli . Molte zone che prima erano anonime e poche battute , come i Quartieri Spagnoli , sono state riprese dal loro deterioramento. E ciò  grazie a provvedimenti di varia natura. Tuttavia attualmente  c’è stato un  eccessivo cambiamento dell’atmosfera di questi angoli cittadini. Perché si sono sovraffolati di visitatori alla ricerca spasmodica del folklore napoletano.

Prima che questo incubo (speriamo di no!) tocchi il quartiere Sanità   vi consiglio di vederlo per afferrare lo spirito vero di una Napoli  . Quella delle donne che gridano a squarcia gola ai figli di rientrare per ora di pranzo. Del profumo della pummorola fresca  e schioppettante che fuoriesce dalle persiane dei bassi. E dei  bambini che giocano liberi nelle piazzette desolate sotto il sole cocente dell’estate o della pioggia battente dell’inverno.

Mappa Google primo itinerario rione Sanità  

Primo itinerario dal Borgo delle Vergini alla casa di Totò

Il primo itinerario che vi propongo comincia da Porta di San Gennaro. Da qui vi immetterete al Borgo delle Vergini , una piccola frazione fatta di vicolini che alternano arte e mercati di ogni genere. Il nome deriverebbe secondo la leggenda dagli Eunostidi. Quest’ultima è una confraternita religiosa di uomini vergini che tramandano il culto di Eunosto. Questi era un giovane bellissimo ucciso da Ocna , la pretendente rifiutata. L’ipotesi più realistica per l’epiteto sarebbe invece da ricollegare al ritrovamento di un tempietto delle Vestali  sacerdotesse romane che praticavano la castità.

Nel primo tratto di Borgo delle Vergini si incontra la Chiesa di S. Maria Succurre Miseris di Ferdinando San Felice (XVIII sec.) +.  In seguito si ammira la Chiesa dei Padri della Missione. La sua facciata è semplice ma il suo interno è molto sontuoso ed è attribuito a padre Andrea Garagni e Luigi Vanvitelli.

Si prosegue dal Borgo delle Vergini verso il terreno calpestato da Antonio de Curtis, alias Totò , il principe della risata . Celeberrimo attore e maschera Italiana , Totò  ebbe i suoi natali al terzo piano di un edificio in via Antaesecula, 110.  Tra il grigiore di abitazioni quasi pericolanti e le strizzatine d’occhio  di qualche guappo in motorino da scansare spuntano poi in ordine queste 5 chicche da non perdere.

Palazzo dello Spagnuolo 

Il Palazzo dello Spagnuolo  in Via Vergini 19  è  una villa patrizia battezzata così perché appartenuta al nobile spagnolo don Tommaso Atienza. Risale al 1738 e originariamente fu commissionato dal marchese di Poppano Nicola Moscati e fatto dall’ architetto Ferdinando Sanfelice .

Un grande esempio di barocco napoletano specie per la presenza all’entrata della monumentale doppia rampa di scale in marmo che è a forma d ventaglio (che fa sembrare quasi crollare la struttura al centro) .  L’ingegnere Francesco Attanasio e lo stuccatore Aniello Prezioso realizzarono gli stucchi in stile rococò degli interni ed esterni.

Nel corso dei secoli il Palazzo dello Spagnuolo   ha ospitato numerose personalità di spicco, tra cui nobili e personaggi importanti della storia napoletano. Esso è anche stato il set di molte produzioni cinematografche .

Complesso Vincenziano 

Il Complesso Vincenziano in via delle Vergini 51  è posto di fronte al Palazzo dello Spagnuolo . Questo monumento sta al di sopra delle rovine  del Convento dei Padri Crociferi  (1334), che era un ordine ospedaliero di origine medievale. Nel 1669 per volere del Cardinale Innico Caracciolo   vi si erano stanziati  i Missionari Vincenziani. Il primo missionario vincenziano ad arrivare a Napoli   fu Cosimo Galilei, nipote diretto di Galileo Galilei.

Facoltose donazioni della nobiltà napoletana, lungo il 1700, dettero la possibilità  ai Missionari Vincenzian di impiegare le maestranze migliori e gli  architetti di spicco di quel periodo. Ed ecco che internamente si possono ammirare la  cripta, la chiesa (XVIII sec.) , varie cappelle, un refettorio con il dipinto di Gerolamo Cenatiempo (allievo di Luca Giordano), e un altare di Luigi Vanvitelli.

Vicolo Cultura in via Montesilvano 

Vicolo Cultura in via Montesilvano  sta nel cuore del quartiere Sanità  . Qui si è creata una biblioteca all’aperto ricavata da un bene confiscato alla mafia. Abbellito con i murales che ritraggono Massimo Troisi, Pino Daniele, Peppino De Filippo, Totò e Sophia Loren è stata inaurata nel dicembre 2018.

A gestirla è la Opportunity Onlus presieduta da Davide D’ Errico che hanno visto anche la partecipazione  di alcune sezioni del Rotary e di altre realtà associative cittadine. E non ultima l’aiuto di Toraldo, la famosa azienda italiana produttrice di caffè. In flotte si sono uniti all’iniziativa di volontariato, dando un nuvo volto a questo punto straordinario di Napoli.

Palazzo San Felice 

Palazzo San Felice in via Sanità 2 è un palazzo in tipico barocco napoletano  con due rampe di scale in marmo . Esso fu voluto dall’architetto Ferdinando Sanfelice per la sua famiglia appositamente per allontanarsi dalla confusione del centro urbano. I suoi  materiali sono tutti in piperno, e lo avvolgono le sirene che sguizzano nel balcone del primo piano.

Si notano subito le finestre decorate con stucchi che si aprono in tutti e due i piani (al secondo si succedono decorazioni a sesto arcuato e tondi con busti) . Di grande prestigio sono i cortili , gli affreschi di Francesco Solimena e nella cappella privata le sculture di Giuseppe Sammartino (che ad oggi sono sparite).

Via Antaesecula

Via Antaesecula 110  è una  viuzza dove ebbe i natali il celebre Totò . Qui  si possono contemplare la Casa Museo con relativo mureales, e più in là altri  cimeli a lui dedicati. Lui era una forza della natura è ha lasciato il segno  non solo per la sua straordinaria comicità, ma anche per il suo talento nell’intepretazione di alcuni ruoli drammatici. Possiamo annoverarelo tra uno dei maggiori interpreti nella storia del teatro e del cinema italiani .

Altre dimostrazioni di affetto concrete per Totò  sono  a  Largò Totò . In particolare mi riferisco a una sagoma di pietra perforata di Giuseppe Desiato, che ritrae Totò in una delle sue tipiche pose. E per finire le installazioni luminose Core Analfabeta fatte da Tiziano Corbelli e molto altro ancora .

Mappa  Google secondo itinerario  rione Sanità

Secondo itinerario, dalla Basilica di Santa Maria al cimitero di Fontanelle

Una passeggiata nell’anima del quartiere Sanità   vi farà penetrare in delle sorprendenti realtà artistiche che non hanno uguali. Cominciamo con una chiesa che si  trova proprio all’inizio del Borgo delle Vergini  . Mi riferisco a quella di Santa Maria Misericordia ai Vergini .

Detta anche della Misericordiella  essa è del XIV secolo (su progetto degli architetti Bartolomeo Granucci e Ferdinando Sanfelice) fu per molto tempo lasciata a se stessa . Rinasce  nel 2015 sotto la spinta dell’associazione SMMAVE e della direzione di dell’artista Christian Leperino. Teatro di vari laboratori artistici  e culturali diventa un esempi da seguire come ripristino efficace dei beni culturali. Non possiamo certamente accontentarci.  Per cui proseguendo con buona lena arriviamo esattamente nelle mete più gettonate del quartiere Sanità   che sono elencati in basso.

Basilica di Santa Maria

Basilica di Santa Maria (1602-1610) in piazza Sanità 14 è un capolavoro del barocco napoletano frutto del genio dell’architetto domenicano Fra Nuvolo.  Essa è chiamata così perché vi è stata rinvenuta una raffigurazione della Madonna del V secolo, la più antica di Napoli. Anche se popolarmente essa  è conosciuta  come  S. Vincenzo, per via della statua di S. Vincenzo Ferrer ( ‘o munacone) , che è qui adorata  per avere allontanato il colera.

La Basilica di Santa Maria si conferma essere l’asse nevralgico e scrigno di tesori dell’intera area. La basilica ha la tipica conformazione a croce greca con la sua distintiva cupola a maioliche gialle e verdi visibile dal ponte della Sanità. Dentro si rimane ammaliati dall’altare maggiore innalzato sopra la cappella antistante l’ngresso delle Catacombe di San Gaudenzio (incorporate nella zona presbiteriale).  Questo è il secondo cimitero paleocristiano più grande di Napoli (dopo le  Catacombe di San Gennaro il cui ingresso è adiacente alla Basilica del Buon Consiglio, in via Capodimonte, 13). San Gaudenzio era un vescovo Africano che arrivò a Napoli nel 439 e ci morì nel 452.

I suoi interni preziozi 

La Basilica di Santa Maria  conserva inoltre opere di correnti manieristiche, classicistiche e barocche e della pittura napoletana del XVII secolo (tra cui Luca Giordano). E quelle di artisti contemporanei come Gianni Pisani, Annamaria Bova e Riccardo Dalisi. Senza scordare che qui si può venerare il  Presepe Favoloso inaugurato il 24 Dicembre 2021 un gioiello dei fratelli Scuotto e del restauratore e scenografo presepiale Biagio Roscigno. In fine fuori la piazzetta  c’è una scultura in bronzo In-ludere di Paolo La Motta che rappresenta Genny Cesarano, un ragazzino di 17 anni  ucciso per errore dalla camorra nel Settembre 2015.

Basilica di San Severo fuori le mura

Basilica di San Severo fuori le mura in piazzetta San Severo a Capodimonte, 8 è un omaggio a San Severo.  Questi  fu l’undicesimo vescovo di Napoli tra il 363 e il 409 d.C. Risalente al XVI nacque per volontà dell’arcivescovo Carafa e rimaneggiata dall’architetto Dionisio Lazzari. La chiesa presenta una pianta a croce latina con tre cappelle per lato e transetto. Vanta e custodisce opere, tra gli altri, di Leandro Carcano (L’Annunciazione), Paolo De Matteis (la Madonna del Rosario con i santi Domenicani), Pietro Lambertucci (Santi Pietro e Paolo).Nel 2017 fu restaurata coinvolgendo in modo particolare  la cupola,e  la  facciata .

Nella piazzetta adiacente spicca Perseveranza , il murales di geometrie colorate del cileno  Matu & Sal. Incastonata come una perla è la Cappella dei Banchi , cioè di quella confraternita che nel XVI secolo aveva il compito di confortare i condannati a morte. Tutte le pareti sono infatti affrescate con scene che rimandano al dolore e alla sorte dei giustiziati per mano di grandi talenti dell’epoca. Infine a fare riflettere sulla tragedia moderna dell’immigrazione c’è la scultura del Figlio Velato di Jago , che è stato aggiunto di recente. Si ispira al Cristo Velato di G. Sanmartino ed è stata tirata fuori a New York da un blocco di marmo del Vermont . Raffigura un bimbo morto con la pancia gonfia. Davvero commovente.

Cimitero di Fontanelle

Cimitero di Fontanelle  (al momento chiuso per messa in sicurrezza, dovrebbe riaprire primavera 2023) è così intitolato per i rigagnoli di acqua che scendono dalla collina di Materdei sotto il quale è ricavato (in un’antica cava di tufo). In 3000 mq sono seppelliti le ossa di tutte quei poveri che morirono di pestilenze. L’usura lo aveva segnato . Fino a quando non venne riordinato nel 1872 dal canonico Don Gaetano Barbati  con l’aiuto di alcune donne del quartiere. Fu poi messo in sicurezza e riordinato dopo il 2002 e riaperto definitivamente nel 2010.

Ci sono varie sezioni al Cimitero di Fontanelle  . Come quella dell’ossario che è suddivisa dentro solchi che accolgono i diversi resti catalogati per provenienza. Poi abbiamo anche un Tribunale . Questo è un crocifisso davanti il quale dovevano tenersi le sedute segrete dei malavitosi. Ci sono anche  degli scolatoi, dove venivano posti i cadaveri per far colare i liquidi.

Al Cimitero di Fontanelle   si praticava pure  il rito delle anime pezzentelle. In pratica chiunque volesse ricevere una grazia adottava un teschio . E se ne prendeva cura . Ma se non esaudivano nessun desiderio, i fedeli passavano ad altra capuzzella! Al riguardo meritano menzione le due cape  più visitate , coè quelle di Concetta e del Capitano.  La prima era venerata per trovare marito , la seconda è una star protetta addirittura da una teca di vetro. Leggenda vuole che la testa del Capitano si vendicò dell’esuberanza di un giovane sposino che non credeva ai suoi poteri. Per ripicca gli apparve insieme alla consorte durante le nozze causandone la morte.

Murales del quartiere Sanità

Logicamente quartiere Sanità   vuol dire anche street art , che a Napoli esordì già negli anni ’80 e che ebbe il suo picco nel 2015. Un’esplosione di cooperazioni tra i grandi nazionali e internazionali di questo genere artistico  che hanno avuto una duplice funzione.

Da una parte il loro operato ha provocato un rinnovamento di spazi decadenti, e dall’altra un input generale   a risorgere dall cneri. I messaggi di questi disegni giganteschi sono ovviamente urla di protesta contro  tutte le forme di degrado sociale e morale che si insinuano nella comunità napoletana.

Diamo allora uno sguardo generale alle migliori rappresentazioni dei murales che hanno portato good vibes  al quartiere Sanità   . Da quelle più famose a quelle più nascoste (potrete visualizzare meglio cliccando in questa Mappa interattiva dei murales di Napoli).

 

Piazza Miracoli: Maxi  murales di Diego Armando Maradona,   Diez , 2023

Palazzo Sanfelice: Il vento pesa quanto le catene Zilda,  2015

Vico Buongiorno: Nu ‘mmescà ‘e fantasme cu ll’anguile Collettivo FX, 2019

Vico Lammatari: Stencil di Maradona ,  Alex Senna  , 2017

Piazza Sanità:  Luce   e Totò e Peppino (scena del film La Banda degli Onesti ) ,  Cruz , 2016

Ponte della SanitàRe Si Stiamo , Bosoletti, 2016

Ponte della  Sanità: Tienime, ca te tengo , Jerico , 2019

Via Sanità :  Speranza Nascosta  ,  Bosoletti ,  2016

Salita San Raffaele :  Donne Partenopee ,  Bosoletti, 2016

Via Fontanelle: Chiesa della Santissima Maria del Carmine, Tono Cruz & Mono Gonzalez, 2016

Via Fontanelle: E Vir Napule e po’ muorFratelli Toqué, 2018

La cucina Napoletana 

La cucina a Napoli  non è solo pizza , anhce se qui non ha eguali ! La cucina napoletana è variegata, gustosa e fa sognare. Essa è la risultante delle varie domnazioni che hanno invaso e plasmato Napoli. In ogni piatto c’è qualcosa dei Greci, dei Romani, dei Francesi e degli Spgnoli. Sono le pietanze più povere quelle più apprezzate che sono state l’emulazione dei banchetti nobiliari dell’aristocrazia partenopea.

Mangiare Napoli vuol dire quind ripercorre le pagine della sua storia e l’offerta è logicamente infinta. Dallo street food, alle ricette di pesce e carne a una pasticcerria che solo a pensarci si ingrassa. Che soddisfazione però, compresa una tradizione enoica di bianchi e rossi che dalla Falanghina al Taurasi soddisfano i palati da quelli più semplici a quelli più raffinati. Vi è venuta fame? Ecco in baso un elenco delle principale pietanze :

Dove mangiare al quartiere Sanità

Quartiere Sanità, un’altra Napoli

In conclusione il quartiere Sanità rappresenta il lato più sacro e profano di Napoli, dove miseria e nobiltà camminano abbraccetto. Dove alle morti per sparatoie di rese dei conti si sovrappongono le vite di tutti coloro  che stanno camminando verso un futuro migliore. Il cammino verso il paradiso è ancora lungo ma la voglia di fare e di riscatto è tanta. Nonostante tutte le problematiche legate al rilancio del  quartiere Sanità  sono stati colmati tanti vuoti. E ce ne saranno ancora tanti da riempire. Però il motore è in azione e la linea di tendenza verso la ripresa è quella di una collettività unita che tenta di rispondere a tutti i bisogni e i diritti dell’essere umano.

Chissa cosa proverebbe Edoardo de Filippo se vagasse per le viuzze del quartiere Sanità .  Magari sarebbe ancora una volta  fonte di ispirazione per un’altra pièce teatrale irriverente  come Il Sindaco del Rione Sanità .  Forse avrebbe affiancato alle figure dei  camorristi anche quelli di eroi che si rimboccano le maniche per ricominciare da capo verso il traguardo  della legalità!

Info utili : 

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Giardini della Mortella, Ischia

Giardini della Mortella, Ischia

“Every man and woman alive is gifted by God in some special way. People who have a self-image of worth are going to see value in what they do. This is the attitude that motivates them to be and to do their best. It’s a drive that comes from within people”

Giardini della Mortella, Ischia 

I Giardini della Mortella sono un ottimo motivo per visitare Ischia , una delle tre perle del Golfo di Napoli, che offre tantissime attrattive . E che non contemplano solo le sue famose terme e le baie cristalline. L’atollo campano incanta il visitatore per il suo ricco patrimonio storico, culturale, artistico ed enogastronomico. Non ultimi i paesaggi isolani spaziano dal mare alla montagna, alle colline terrazzate a vigneti.

Non si possono perdere i Giardini della Mortella, che si trovano in Via Francesco Calise Operaio Foriano, 45 a Forio . Incastonati all’interno di un paradiso che vi può accogliere tutto l’anno per il suo clima mite farete un biglietto per il paradiso.  Si tratta della villa faraonica dei coniugi Walton che si erano trasferiti a Ischia definitivamente dopo essersene rimasti stregati. Come biasimarli. Una love story di altri tempi , che c ha lasciato   un’eredità inestimabile che oggi continua a essere preservata e valorizzata. Buona lettura.

Storia dei Giardini della Mortella

Giardini della Mortella è stata la residenza aristocratica circondata da lussureggianti giardini del compositore Sir William Walton  e della moglie Susana. Fu proprio la bella e giovane argentina a volere questa meraviglia dell’architettura realizzata nel 1956 dal paesaggista Russel Page.

Inizialmente non c’era proprio nulla in questa parte del promontorio di Zaro, tranne che il deserto e tanta terra vulcanica. Pian piano invece prese forma questo orto botanico che fu diviso in due zone. Una a valle e l’altra in collina. La prima era adibita dalla flora di  tipo subtropicale per via del clima umido. La seconda era destinata alla macchia mediterranea perché più soleggiata e ventilata.

Così i Giardini della Mortella si espansero su un’area di circa 2 ettari inglobando più di 3000 specie di piante esotiche e rare. Ad arricchire quest’opera d’arte si aggiunsero in seguito ruscelli ,  laghetti, fontane, piscine, corsi d’acqua. Tutto pensato per fare attecchire meraviglie acquatiche quali il papirofior di loto e le ninfee tropicali. Non mancano i belvedere che regalano una splendida vista sulla stessa Forio.

I Giardini della Mortella , la musica e  Sir William  Walton

I Giardini della Mortella è dunque un immenso orto botanico gestito dalla Fondazione Walton . Scopo dell’associazione non è solo quello di far funzionare e mantenere  Ma anche quello di promuovere eventi culturali che si tengono per lo più all’interno dell’annesso teatro greco di circa 400 posti. Ogni estate qui si tengono dei concerti estivi. Questi insieme a delle borse di studio per musicisti di talento (operate in un centro studio dedicato) ricordano il talento e lo spirito filantropico di Sir William Walton .

Sir William Walton  è annoverato tra i più famosi autori musicali   inglesi del ventesimo secolo. Dopo un periodo trascorso a Londra e una relazione con una donna più anziana di lui, si sposò con Susana dopo un suo viaggio in Argentina. Ebbe un periodo di intensa notorietà negli anni ‘50 e ‘60 negli Stati Uniti. Per la sua carriera di successo la regina Elisabetta lo nominò Cavaliere nel 1951 e nel 1967 gli conferì l’alta onorificenza dell’Ordine al Merito.

I Giardini della Mortella e Susana Walton

I Giardini della Mortella prendono il nome dal mirto che da queste parti cresce spontaneo . Il mirto  è simbolo di amore e vitalità , le stesse virtù che hanno contraddistinto Susana Valeria Rosa Maria Gil Passo (1926-2010). Di origini aristocratiche questa bella ragazza infranse il volere della famiglia andando a lavorare per  il Consolato Britannico di Buenos Aires, dove conobbe Sir William Walton . Gli organizzò la conferenza stampa internazionale della Performing Right Society . Il destino li fece unire nella capitale argentina e per il resto della loro vita.

Non appena giunsero a Forio  la coppia si dedicò incessantemente alla cura della loro tenuta e ne fecero un monumento che fu aperto al pubblico nel 1991. Alla morte di Sir William Walton , Susana continuò ad allargare , impreziosire e preservare il loro eldorado, che è oggi meta di molti turisti provenienti da tutto il mondo.  Lo spirito dei due amanti si avverte in ogni angolo della loro regia e rimarrà per sempre nel ricordo delle future generazioni di romantici e sognatori.

Susana e Sir William Walton. Niente è impossibile se si vuole veramente

Amare è una cosa semplce, succede e basta.   Sir William Walton Susana  si sono innamorati sin da subito e dopo tre mesi sono convolati a nozze. Lei era molto più giovane di lui di venti anni, di ceto borghese molto indipendente e determinata. Lui era già un uomo maturo e di fama internazionale che volle ritirarsi in Campanua per scappare dalla caotica Londra. Troppi rumori,  voleva  respirare la stessa aria che Greci e  imperatori Romani avevano assorbito in questi suoli partenoperi secoli fa.

 Ischia  è stata per loro un rifugio di tranquillità e un tempio di ispirazione. Sir William Walton componeva e viaggiava tanto, e tutte le volte portava a casa dei fiori o delle radici esotiche. Susana  aveva il pollice verde e si prendeva cura della loro villa e dei loro giardini con passione e dedizione. Niente fu lasciato al caso e la loro storia è un esmepio di come si può trasformare un rudere in un castello . Una danza infinita in cui però si è sempre in due!

giardini-mortella-Ischia

Cosa vedere nei Gardini della Mortella

Come vi ho accennato sopra i Giardini della Mortella sono suddivisi in due aree:

Non si può non rimanere estasiati camminati in questo labirinto di tesori dove il genio dell’uomo ha riordinato quello che naturalmente cresce spontaneo. Una sorta di oasi nel deserto per chiunque voglia fare un viaggio nel benessere del corpo e dello spirito. E per chi magari in maniera più pratica voglia avere un po’ di frescura dagli afosi mesi estivi.

Quali sono le specie vegetali più significatine dei Giardini della Mortella?

Giardini della Mortella vantano una straordinaria raccolta di specie vegetali che sono state importate da diverse parti del pianeta. Tra quelle che meritano di essere elencate senza dubbio sono :

a Susana e William piaceva. Quel posto era somigliante “ad un gigantesco vaso di fiori scolpito nel torrente di lava ed in seguito spaccato dai terremoti,

Ischia nel cuore

In conclusione, non si può descrivere in maniera completa l’emozione che ho provato entrando ai Giardini della Mortella  . Bisogna andarci, c’è poco da fare. Per cui vi invito a tenere in considerazione un vostro viaggio a  Ischia  . Penso che non occorre spingersi lontano dall’Italia per trovare posti esotici e di straordinaria bellezza. Allora che aspettate a prenotare?

Se volete un consiglio su dove alloggiare vi suggerisco l’hotel ‘Albergo sul Mare’ a Ischia Porto. Ormai sono di casa visto che ci sono stata tre volte! Non solo per la posizione strategica (praticamente di fronte il terminal degli aliscafi a pochissimi metri da quello dei traghetti), ma soprattutto per l’accoglienza e la professionalità dei gestori. Vi lascio sognare e intanto mi riprometto di ritornare presto nell’isola perché crea seria dipendenza. Io vi ho avvertito!

Info utili sui giorni di apertura

  • Stagione 2023:da Sabato 1 Aprile a Domenica 5 Novembre;
  • Il Giardino è aperto al pubblico nei seguenti giorni: Martedì, Giovedì, Sabato e Domenica dalle ore 9.00 alle ore 19.00 (ultimo ingresso alle ore 18.00);
  • Tariffe d’ingresso: € 12,00  intero ; € 10,00  ridotto 1 ( ragazzi da 12 a 18 anni; adulti oltre 70 anni; residenti dei comuni dell’ isola d’Ischia);  € 7,00 ridotto 2 (bambini da 6 a 11 anni);  € 0,00 gratuito (bambini fino 5 anni, disabili con attestato di invalidità oltre 51%).

Info utili su ingresso:

  • Il giardino ha due entrate: una in Via Francesco Calise 45 che è l’ ingresso pedonale e l’altro in Via Zaro che è quello carrabile con parcheggio gratuito – indicazioni del percorso QUI;
  • L’ingresso è consentito fino a 1 ora prima della chiusura;
  • Superficie circa 2 ettari su vari livelli, collegati con scale e rampe;
  • La visita non è guidata, si consigliano almeno due ore;
  • Disponibili in biglietteria mappa del giardino ed itinerario di visita;
  • Visita interattiva fruibile lungo il percorso tramite QR-Code.

Per altre info utili cliccare qui

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‘Vignaioli Contrari 2023’ , Spilambergo

‘Vignaioli Contrari 2023’ , Spilambergo

Vignaioli Contrari 2023

 Vignaioli Contrari 2023 è stata una bella manifestazione (VII° edizione) sul vino . Si è svolta dal 13 al 14 Maggio 2023  a Spilamberto, Modena. Location fatntastica quella all’interno della fortezza medievale ‘Rocca Rangoni’ . Qui si sono riuniti 60 produttori italiani e dalla Slovenia esibendo più di 300 etichette d’autore.

Ho partecipato a  Vignaioli Contrari 2023 come sommelier nello stand della Toscana rappresentata dalla cantina Arrighi dell’Elba. Da quattro generazioni Antonio Arrighi delizia i palati più esigenti con dei nettari unici e introvabili.

Questo post è dedicato a una giornata enoica speciale, quella appunto dei   Vignaioli Contrari 2023. Senza dubbio si è trattata di un’esperienza indimenticabile .  Mi ha fatto conoscere meglio lo spirito intreaprendente degli emiliani e quello di Antonio Arrighi. Buona lettura.

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Vignaioli Contrari 2023 , il vino dei vigneron

 Vignaioli Contrari 2023 è stato un riflesso chiaro del trend attuale della filiera del settoren vitivinicolo. Quello cioè di  valorizzare i vitigni autoctoni secondo criteri biologici e sostenibili. Durante la kermesse si è tenuta pure una sorta di Roulette de Vin. Nel dettaglio sono stati  quattro laboratori didattici dove ogni viticoltore dialoga e propene due calici con i partecipanti.

Si sa che non è facile fare vino oggi , perché costa tanto e la concorrenza è spietata. Diventa davvero difficile non tenere conto delle esigenze e delle preferenze dei consumatori. Per cui a volte gli imprenditori  sono costretti a sacrificare la propria filosofia nel fare vino a vantaggio di una sorta di legge di mercato da seguire.  Vignaioli Contrari 2023 è dunque quasi un monito a ricordare che il vino deve rimandare al suo territorio di appartenenza!

Il cibo in Emilia Romagna

A  Vignaioli Contrari 2023 di particolare interesse è stato anche lo  Slow Food Park. Questa è stata un’area tutta dedicata a piatti tipici locali quali: formaggi, salumi vari, insieme a ottime birre artigianali.La cucina emiliano-romagnola è tutta da scoprire.

Per esempio in sede ho provato oltre alle classe crescentine ( un tipo di pane piccolo di forma rotonda) anche i cosiddetti burlenghi o zampanelle.  Questi ultimi sono dei golosissimi intrugli di pastella fritta e farcita con aglio, rosmarino e battuto di lardo.

Se poi vi trovate a Modena, non fatevi scappare di fermarvi per una sosta appetitosa allo:

Chi sono i Vignaioli Contrari  ?

Ma chi sono i  Vignaioli Contrari 2023 ? Sono tutti i vigneron che sono contrari all’omologazione del gusto e alla standardizzazione dei vini. Scendono così in campo  tutti quei winemaker che s definiscono artigiani del vino, che lavorano la propria terra e rispettano l’ambiente . Per cui si può dire che ho assistito a una sfilata di cantine di nicchia, piccole grandi realtà che tengono alto il livello del made in Italy.

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Quali sono le caratteristiche dei Vignaioli Contrari ?

Ovviamente un vino fatto in modo tradizionale senza negare l’uso della tecnologia quando serve e nel modo giusto ha tutto un altro sapore. Fare parte  dei  Vignaioli Contrari  vuol dire 7 cose:

  1. Coltivaredirettamente il suolo  indifferentemente se il vigneto sia di proprietà o meno;
  2. Non fare ricorso a concimi, diserbanti chimici e anti botritici;
  3. Mettere  in primo piano i vitigni autoctoni;
  4. Utilizzare le risorse ambientali e naturali che esistono nell’area aziendale per la produzione di uva con coscienza e sostenibilità;
  5. Incoraggiarela biodiversità preservando quei vitigni autoctoni che rischiano l’estinzione ;
  6. In cantina non si fa ricorso all’osmosi inversa o metodi fisici di concentrazione del mosto . E si predilige la fermentazione spontanea;
  7. I vini devono rispecchiare il terroir specifico e devono essere privi dei principali difetti enologici.

Le mie cantine preferite ai Vignaioli Contrari 2023

  1. Casa Lucciola : questa è la cantina della famiglia Cruciani nelle Marche . Mi ha fatto esplorare il mondo del Verdicchio di Matelica. Questa è un’ azienda agricola nella valle di Matelica a a 430 metri sul livello del mare. Una piccola fattoria, sopra la linea della nebbia, circondata da vigneti.  Produce e imbottiglia un verdicchio artigianale, fermentato in maniera naturale con poca solforosa e tanto rispetto per la natura;
  2. Balugani : questa è l’azienda agricola di  Roberto Balugani . Sorge sul versante soleggiato delle prime colline che si incontrano giungendo a Levizzano Rangone da Castelvetro, lungo la via Sinistra Guerro. Qui è viva l’arte di creare vino Lambrusco, con profondo amore, partendo dalla vigna per arrivare alla bottiglia;
  3. La Rabiosa : questa è una cantina che si trova a Casale di Scodosia, Padova. Nei loro vini è palese un forte impegno al recupero di vecchie uve bianche, come la Vernazzola. Dopo aver analizzato il genoma, dai tralci di queste antiche vigne è stato possibile realizzare uno stupendo vigneto in zona Laghi nel comune di Merlara (PD);
  4. Bastianelli : questa è una cantina che mi ha fatto apprezzare due bianchi tipici delle Marche che adoro, cioè la Passerina e il Pecorino. Siamo tra Fermo e Macerata, e la particolarità  è l’uso dei torchi in legno e di pompe manuali per i travasi , che rendono ancora più speciali i loro vini;
  5. Klosterhof : questa è una cantina che sta vicino il lago di Caldaro, Trentino Alto Adige. In quattro vigneti si arriva a lanciare circa 40.000 bottiglie tra bianchi e rossi di eccellenza: Pinot Bianco, Pinot Nero e il Kalterersee, caratteristico della regione;
  6. Balter : questa è una cantina di Rovereto, Trentino. In fatto di bollicine, devo confessare che ho avuto modo di apprezzare quelle di montagna, fini e molto persistenti. Sono tutti spumanti Trentodoc ,  rigorosamente ottenuti con Metodo Classico.  Si fanno maturare i rossi in barriques dai 4 ai 20 mesi, e per i bianchi si sceglie la vinificazione in acciaio.

Cantina Arrighi, Elba

Ovviamente la cantina per eccellenza che per la Toscana incorpora tutti i valori dei Vignaioli Contrari 2023 è la cantina Arrighi .  Essa è l’espressione vitivinicola più rappresentativa dell’Elba, una delle più belle isole dell’Arcipelago toscano. Chi si occupa di questa cantina di successo a Porto Azzurro è Antonio Arrighi insieme alle figlie Giulia e Ilaria.

In località Piano al Monte sono distribuiti circa 14 ettari di terreno. Tra ulivi secolari e le big bench di Charles Bangle , 9 ettari (disposti ad anfiteatro su vari livelli) sono vitati a:

L’Elba un’isola di vino

L’Elba sfoggia un passato enoico che affonda le radici dai tempi  degli  Etruschi fino a quella  Romani. Per la sua posizione strategica l’atollo toscano è sempre stato ambito da differenti dominazioni. Queste erano anche attratte dall’abbondanza dei minerali del sottosuolo e dalla bellezza dei paesaggi. Come dargli torto!

Tra alti e bassi la viticultura ha fatto il suo corso dal  Medioevo alla Seconda Guerra Mondiale. Negli anni ’50 quelli del boom economico molti elbani si sono dedicati al rilancio del turismo, risorsa economica più facile e immediata. Tuttavia, grazie all’impegno delle nuove leve di viticoltori che si sono poi associati in un consorzio, c’è stata una nuova ripresa.

Antonio Arrighi e la rinascita vitivinicola dell’Elba

Antonio Arrighi fa parte di quelle menti lungimiranti che hanno investito nelle risorse agricole isolane. Figlio di albergatori, inizialmente si era dedicato agli affari di famiglia. Il suo interesse per il vino si era concretizzato nel 1990 con la sua partecipazione a un bando del CREA di Arezzo (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria di Arezzo ) . Successivamente è diventato sommelier e delegato AIS dell’Elba.

Nel giro di poco tempo Antonio Arrighi contribuì al rilancio per la coltivazione di vitigni internazionali, quelli che meglio attecchivano sull’isola. Da allora il viaggio fu in salita, annoverando molti premi e traguardi, tra cui:

Elba e i vini bianchi della Toscana

Senza dubbio la Toscana è una regione vocata principalmente ai rossi, nonostante la Vernaccia di San Gimignano sia stato il primo bianco DOC nel 1966. I vini di Arrighi e quelli elbani in generali si distinguono per lo più per i bianchi, e i passiti. Questo accade in linea con le caratteristiche pedoclimatiche dell’intero territorio, che per la sua natura complessa è difficile da coltivare.

Ecco perché per l’Elba si può ben parlare di viticultura eroica. Il terreno a disposizione è davvero esiguo e per lo più è spalmato in terrazzamenti che devono essere tutti lavorati a mano durante la vendemmia. Poca quantità massima resa, questo è il premio di tanta fatica.

Cosa rende speciale  i vini della Cantina Arrighi ?

La produzione della cantina Arrighi  arriva a circa 42, 000 bottiglie annue tra bianchi, rossi e passiti. Sono vini che provengono da un terroir eccezionale, quello esclusivo dell’Elba.

Tutto il team aziendale è attento a seguire la tradizione insieme all’innovazione tecnologica per tutto il processo di vinificazione. Oltretutto ha saputo sfruttare al massimo il microclima isolano che vanta:

  • Un suolo ferroso, con scisti, galestri e manganese ;
  • Un’ enorme ricchezza di falde metallifere;
  • Il vento che protegge la vite da malattie;
  • Un clima mite tutto l’anno che previene la formazione di umidità e muffe;
  • La brezza del mare che dona un tipico sentore mediterraneo ai vini.

Etichette firmate Antonio Arrighi ai Vignaioli Contrari 2023

Andiamo a vedere più da vicino le etichette che hanno fatto da protagoniste ai  Vignaioli Contrari 2023 :

Bianchi:

  • Arrighi in Bolla 2022: Spumante Metodo Classico fatto di 50% Chardonnay e 50% di  Manzoni Bianco. Le bollicine sono fini e persistenti. Il colore è un giallo dorato che sa di vaniglia e fiori gialli. L’ideale per brindare ai momenti felici o semplicemente per essere degustato tutto pasto;
  • Arembapampane 2022: questo è fatto da 100% di Vermentino toscano, che all’Elba è detto Riminese. Il segreto di questo elisir sono il vento, la collina e il mare in cui cresce. Fermentato e conservato in acciaio, fa affinamento in bottiglia per 3 mesi. Un’esplosione di sentori e sapori che ricordano la macchia mediterranea;
  • Ilagiù 2022: questo è l’Elba Bianco DOC , cioè un blend di uve bianche locali: Procanico (80 % Trebbiano toscano), Ansonica, e Biancone. Fermentato  conservato in acciaio , fa  affinamento in bottiglia per 3 mesi. Un vino di buon corpo, con note fruttate che ben si abbina alla cucina di mare.

Rossi:

    • Tresse : questo è il rosso punta di diamante della cantina, un vino strutturato e destinato all’invecchiamento. Un equilibrio insolito e perfetto di Sangioveto  al 50%, Syrah al   30%, e Sagrantino al 20%. Fa macerazione a contatto con le bucce per 14/16 giorni. Dopo la pressatura il mosto continua la fermentazione.  L’affinamento è fatto in anfore da 800 litri per 15/18 mesi e dopo sta 6 mesi in bottiglia. Una cornucopia di frutti e fiori rossi che rimane deciso al naso e al palato, e che persiste a lungo.
    • Sergio Arrighi: questa è una DOC Elba Rosso riserva, fatta da 100% di Sangioveto  . Un vino che è un omaggio al padre di  Antonio Arrighi , che fa  barrique per 15 mesi. Dal colore intenso e rubino a un gusto carico e goloso, sprigiona sentori di caffè e pepe.
    • Silosò: questo è sicuramente il vino più tipico  dell’Elba , un passito naturale fatto al 100%  di uve Aleatico 100% . Fa affinamento in acciaio per 4 mesi e poi affina in bottiglia per altri 3 mesi. La gente è arrivata a flotte per prenderne un goccio, perché è davvero speciale. Colpisce il profumo intenso di frutti di bosco, e appena si sorseggia sembra di mangiare mirtilli e ribes. In bocca si presenta morbido, fresco con delle note di pepe nero.

Vignaioli Contrari 2023 la voce di un’ Emilia Romagna di valore

Alla luce della tragedia che si è abbattuta in Emilia Romagna, quella dei  Vignaioli Contrari 2023  è la voce di un popolo che non molla. In questa regione si condensano tanti validi prodotti che tutto il mondo ci invidia oltre il vino:  dal   Parmigiano Reggiano  e il prosciutto di Parma fino alla Ferrari.

L’ Emilia Romagna è l’Italia che lavora e va avanti, un concentrato di arte, cultura e ospitalità che è sempre stato un esempio da seguire.  Mi auguro che il governo prenda presto provvedimenti per aiutare come di dovere chi al momento è stremato e fa fatica a sopravvivere.

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