Bodegas Josè L. Ferrer

Bodegas Josè L. Ferrer

“Quando sei felice bevi per festeggiare. Quando sei triste bevi per dimenticare, quando non hai nulla per essere triste o essere felice, bevi per fare accadere qualcosa.”
Charles Bukowski

Bodegas Josè L. Ferrer 

Senza dubbio la Bodegas Josè L. Ferrer è un’istituzione divina a Maiorca. Diciamo pure che è la cantina per eccellenza dell’arcipelago delle Baleari. Ancora una volta la curiosità verso il vino mi ha portato a scoprire un territorio immenso. Quello di Maiorca appunto , che vanta un ricco patrimonio culturale, artistico, paesaggistico ed enogastronomico.

Così ho trascorso la mia Pasqua a contemplare , oltre le coste infinite di questo eden spagnolo. Ho sopratutto peregrinato  verso l’entroterra. E proprio qui  ho avuto un assaggio del meglio dei piatti e dei nettari maiorchini. In questo articolo vi propongo un viaggio enoico nel cuore dell’isola.  Un posto che vale la pena di esplorare non solo per le sue baie cristalline e i suoi monumenti. Venite con me e capirete che ci sono vari motivi per regalarvi una vacanza in questo angolo di paradiso.

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Bodegas Josè L. Ferrer, un salto a Inca per i cellers

In modo particolare il mio tour  ha interessato il lato interno  a Nord Ovest di  Maiorca. Prima  della  Bodegas Josè L. Ferrer c’è stata una tappa molto succulenta , quella a Inca. Questo paesino con le sue viuzze ciottolate e le sue chiese circostanti è celebre per il suo cuoio e le sue scarpe. Non è finita qui. La gloria di Inca sono i suoi  cellers .

I cellers  sono  ristoranti caratteristici, che sono  ricavati da vecchi depositi dove si faceva il vino in casa. Se volete mangiare e bere maiorchino accomodatevi pure in una di queste osterie . Qualcosa di diverso dai soliti  locali più alla moda, assalite dalle orde estive di  stranieri in fuga.

In quale celler andare a Inca? 

Se non avete idea di quale celler scegliere, vi propongo questo in basso, dove  tra l’altro ho beccato i vini della Bodegas Josè L.  Ferrer:

  • DAYLA – Vins i Tapes in Carrer Bisbe Llompart, 4 :   è un celler molto accogliente.  Il personale è estremamente gentile. Ti senti come a casa. I ragazzi dello staff  mi hanno aperto le porte . Nonostante fossi arrivata in orario quasi di chiusura. Il mio menù ha previsto: un fritto di gamberi rossi spadellati con aglio, pomodorini e peperoni. E una serie di calici di bianchi del posto.

La DO di Benissalem

Così dopo il lauto pranzo a Inca,  sono salita in treno per andare a visitare la cantina  Bodegas Josè L.  Ferrer .   Dopo venti minuti mi sono ritrovata a Benisallem.  Quella di Benissalem è la  prima DO (1990) delle Baleari per la produzione di rossi e rosati.

In questo pueblo interno di Maiorca il re dei vitigni è quello  autoctono detto Manto Negro. Esso è anche conosciuto come Callet . Ed è un incrocio tra Callet Cas Concos e Fogoneu. Dato il suo basso contenuto di antociani , la poca acidità e il basso contenuto alcolico,  Manto Negro si presta per rossi leggeri. Il suo  potenziale aromatico medio fornisce aromi di frutta matura e  melograno.

Altri vtigni della DO di Benissalem

A Benisallem ci sono dunque le condizioni ideali per la coltivazione di altri vitigni indigeni e internazionali. Molti dei quali sono gli stessi della Bodegas Josè L.  Ferrer

Il Manto Negro,vitgno re  della  Bodegas Josè L.  Ferrer e di Maiorca

Generalmente il Manto Negro è un’uva decisamente da taglio. E per lo più  si mesce con il Cabernet Sauvignon, il Syrah o il Tempranillo. Ultimamente però i winemaker  maiorchini lo sperimentano in purezza , e con ottimi risultati .

Quella di Benisallem  è un’area davvero privilegiata. Infatti è situata  al centro di Maiorca . Ed è protetta dalla Serra de Tramuntana. Questo è un sistema montuoso che raggiunge i 1.400 metri di altezza . E protegge i filari dal gelo e dai venti freddi del Nord.

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Il Moll , il bianco della  DO di Plà i Llevant 

Un’ altra DO (1999) è  quella di Plá i Llevant a Sud Est di Maiorca.  Raggruppa 19 municipalità :

I terreni (altzza massima di 100 metri slm ) qui  sono abbastanza fertili e rossi per la presenza di ossido di ferro.  Oppure bianchi per il contenuto di  argille, carbonato di calcio e  magnesio. Il drenaggio è buono e permette una profonda penetrazione delle radici. Senza dubbio importante è la temperatura , che  è mite tutto l’anno.

Il vitigno pricipe è quello del Moll o Prensal Blanc . Un’ uva  dalla buccia chiara, che genera bianchi fruttati e minerali, con aroma di di mele verde con finale mandorlato . I rosati sono invece agrumati, e gli spumanti quasi eterei.

Maiorca, vino poco ma eccellente

Il vigneto rappresenta una delle colture maggioritarie di Maiorca,  che si alterna  con mandorli, carrubi, fichi e ulivi. Il sistema di allevamento tradizionale è quello a guyot e cordone speronato. L’intera superficie vitata ammonta a circa 1000/2000 ettari. Non è tanto, per cui si predilige la qualità alla quantità.

Il motivo della poca espansione dei vigneti è dovuto principalmente all’elevato costo della terra. Non c’è da stupirsi, anche perchè Maiorca è diventata una meta immobiliare molto ambita da parte dei norderuopei con i soldi in tasca. Possiamo con certezza affermare che al presente la viticultura è un volano dell’economia maiorchina , che ha davanti un futuro prospero.

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Benissalem, un pueblo di meraviglie

Dalla stazione ferroviaria alla Bodega Ferrer  con sede a Benisallem  c’è una buona mezz’ora di camminata. Durante il tragitto nella cittadina rimarrete ammaliati dalla cura delle abitazioni. Sono tutte lastricate di pietra bianca, basse e adornate di piante. Il silenzio è imperante, interrotto qua e là dal miagolio dei gatti o dalle voci dei bambini che giocano  per strada.

A Benisallem , un  villaggio di appena 8000 anime, senza dubbio merita una menzione  la piazza centrale. In mezzo ad essa si staglia la Chiesa di Santa Maria Robines . Un perfetto esempio di stile barocco del XVIII secolo. Ovviamente questo è il punto di ritrovo di Benisallem,   una sorta di salotto cittadino  , che è vivo  durante tutto l’anno.

Prima di arrivare a destinazione alla Bodega Ferrer , passeggiando per i vicoli ho scovato altre aziende vitivinicole.  In tutto  se ne contano 70 a Maiorca. Purtroppo  erano tutte chiuse per via della festività pasquale.

Storia del vino a Benissalem

Logicamente Benisallem   deve la sua fama alla produzione di vino! La tradizione enologica della DO  di Benissalem  si riflette nei suoi riferimenti storici. L’introduzione della vite risale  al 121 d.C. Già nel I secolo d.C., Plinio parla dei vini delle Baleari, confrontandoli con i migliori d’Italia.

Anche durante il periodo della dominazione musulmana, nonostante i divieti del Corano,  si faceva il vino a Maiorca. Dopo la conquista, le Corti d’Aragona prima, e poi di Castiglia, favorirono la relativa espansione della coltura della vite, attraverso un regime di permessi di piantagione.

Il vino di Benissalem in letteratura

Troviamo riferimenti ai vini di Binissalem in queste opere letterarie:

La coltivazione della vite n generale  a Benisallem e a Maiorca ha attraversato momenti di splendore . E counque  altri di declino legati alla prefillosserica, alla postfillosserica, alla guerra civile spagnola e al boom turistico degli anni Sessanta. Si ebbe  una nuova ripresa alla fine degli anni Ottanta. Da allora, c’è stata una continua crescita del settore.

Zona geografica della DO di Binissalem

La zona geografica della DO Binissalem è costituita dai comuni di:

Con un’estensione di 154,75 km quadrati si tratta di una pianura ovoidale molto fertile , tutta esposta a Sud-Est . Si eleva ad un’altezza compresa tra 70 e 140 m s.l.m. 8 (intorno si possono avere anche alture di 400 metri).

Il terroir delle Baleari

Il terroir delle Baleari è il responsabile di rossi e bianchi unici al mondo, che hanno come tratto distintivo i profumi del Mediterraneo.

I terreni sono  ricchi di sedimenti calcarei e di arenarie silicee rosse . Essi danno origine a suoli dai toni bruni o rossastri. Il clima è mite. Al contrario le precipitazioni medie annue diverse in relazione alle stagioni. I monti fanno da scudo  ai venti .Mentre la  vicinanza al mare è responsabile di una vivace mineralità.

Bodegas José L. Ferrer, una storia di amore per il vino 

Appena sono arrivata all’entrata della Bodegas Josè L.  Ferrer sono rimasta affascinata dall’architettura moderna e al contempo retrò dell’impresa vitivinicola. Un edificio color ocra molto lineare e semplice . Esso  vanta degli esterni e degli interni ampi e luminosi. Questi sono  divisi in:  sala degustazione, ristorante , laboratorio e barricaia.  Ci sono circa 130 ettari di vigneto che circondano lo stabile dove crescono:

Inaugurata nel 2017, quella della Bodegas Josè L.  Ferrer è  un’attività di famiglia che dura da quattro generazioni. Sin da quando nel 1931 José L. Ferrer , il fondatore, ha messo su la prima pietra. Da allora sono passati circa 85 anni . Nell’arco d quasi un secolo la Bodegas Josè L.  Ferrer ha  rispettato la tradizione nel fare vino con un occhio attento all’innovazione teconologica.

Bodegas Josè L.  Ferrer , perchè sono stati i pionieri del vino a Maiorca?

Bodegas Josè L.  Ferrer è un’azienda vitivinicola rappresentativa del patrimonio enoico di Maiorca,  e delle Baleari, che   ha un passato  millenario . Sono stati tra i primi  a Maiorca  a :

  • valorizzare i vitign autoctoni ;
  • adoperare tecniche uniche di coltivazione dell’uva; 

  • fare  imbottigliamento meccanico ; 

  • invecchiare i rossi  in botti di rovere di legno ; 

  • favorire l’uso di sistemi di irrigazione all’avanguardia.

La Bodegas Josè L. Ferrer oggi 

Oggi Bodegas Josè L.  Ferrer  è gestita dal nipote José L. Roses e dai figli, María e Pepe. Tutti quanti  seguono  le orme del bisnonno. Gli spazi adella tenuta sono grandi. Ognuno di essi  è dedicato a tutto quello che serve per l’intero processo di vinificazione, che si svolge secondo criteri rigorosi.

Il riusltato di tanto lavoro è una produzione di circa 800, 000 bottiglie all’anno, che si esportano in Spagna e all’estero.  La tenuta offre anche la possibilità di fare dell’ottimo turismo enoico che poggia sulle visite in cantina, sui dei percorsi prenotabili in treno, e su abbinamenti tra vino e specialità della cucina locale.

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Bodegas Josè L. Ferrer, quattro vini in degustazione

Quando mi sono entrata alla  Bodegas Josè L.  Ferrer ho incontrato Sandra Waldmann e Ilhan Kaic Velasco. Lei è un’Italiana esplosiva per metà tedesca. Lui un giovane ragazzo che studia economia . Entrambi fanno parte dello staff dell’accoglienza, che mi hanno guidato nella mia visita alla cantina. Momenti davvero  fantastici.

Chiaramente la parte più interessante del mio arrivo alla Bodegas Josè L.  Ferrer  è stato quello della degustazione . Mi sono seduta su uno sgabello e nella botte fatta a tavolo mi sono state servite  quattro etichette formidabili.  Vi lascio qualche appunto in merito a ciò che questi vini mi hanno trasmesso. Devo confessarvi che non hanno nulla da invidiare a quelli prodotti in Italia o altrove . Sono stati davvero una piacevole sorpresa, perché associavo lo splendore di  Maiorca solamente alle sue acque blu!

Brut e un bianco della Bodegas Josè L. Ferrer

1.Veritas Brut Naure 2022: un brut di 12 gradi fatto con 100% di Moll . Di colore giallo paglierino, le bollicine si espandono fini e in moto costante.

L’aroma è complesso, al naso è come il Verdeho, molto fruttato. Al palato si avvertono note di pera , ananas, e anice. Ha una spiccata acidità, con una punta di amaro che rinfresca;

2. Pedra de Benissalem Blanc 2022 : un bianco di 12, 5 gradi  fatto con 100% di Moll . Le uve sono raccolte a mano durante la prima settimana di Agosto, poi sono tenute in fresco a 2° C e sottoposte a una macerazione pellicolare .

La seconda fermentazione avviene a temperature basse in vasche di alluminio. Alla vista è giallo pallido con riflessi verdognoli, trasparente e brillante. Fresco e aromatico, al palato ha note floreali e fruttate, rilevando un’ acidità equilibrata.

Rossi della Bodegas Josè L. Ferrer

3. Veritas Roig 2022 : un rosè di 11, 5 gradi  fatto con 100 % di Mantonegro. Il suo è un rosa tenue e pulito, ottenuto con una lieve macerazione sulle bucce.Sembra di annusare una rosa, e della frutta bianca. In bocca è come avere delle fragole, con una punta di limone e arancia. Un vino secco, leggero e un tantino amarognolo, bilanciato e con una persistenza intensa e aromatica;

4. Veritas 2012 : un rosso di 14 gradi   fatto con  70 % Mantonegro e 30% di  Cabernet . Dal coloro rosso rubino brillante , affina 40 mesi in  botte di rovere francese. Al naso sprigiona sentori di pepe e liquirizia, lasciando un pò di amaro.  Appena si beve invece risulta più succoso ,  morbido e setoso. Evidenzia una certa acidità che gli conferisce freschezza.

Bodegas Josè L.  Ferrer , un motivo per ritornare a Maiorca

Non è facile descrivervi i vini della Bodegas Josè L.  Ferrer , bisogna recarsi in loco e provarli di persona. Ho appreso in modo molto semplice sui vini maiorchini , capendone  i loro  caratteri distintivi .

Per esempio ho imparato alla Bodegas Josè L.  Ferrer che i bianchi maiorchini alla vista hanno un giallo pallido dorato. Essi sono molto aromatici , ricordano l’odore di fiori e frutta delicata.  Si fanno notare per la loro freschezza. Al contrario i rosati variano dal rosa pallido all’arancione, sono sfavillanti e limpidi. E infine i vini rossi hanno una grande personalità , specie se in blend, e affinati. Il loro sapore è molto persistente e sono ricchi di tannini.

La mia esperienza alla Bodegas Josè L.  Ferrer è stata indimenticabile . E  posso garantirvi che vale la pena concedersi una sosta di vino  se volerete a Maiorca. Ve lo suggerisco vivamente di staccare presto un biglietto. Resterete abbagliati dalla luce del Mediterraneo, dalla sua bellezza dirompete e dal calore della sua gente.  ¡ Buen viaje!

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Maiorca

Maiorca

“El mundo es un libro y aquellos que no viajan solo leen una página”
Agostino d’Ippona

Maiorca è il Mediterraneo

Che dire di Maiorca, che è la più grande isola  dell’arcipelago  delle Baleari in Spagna. Una terra  che fa sognare. Si estende per circa  3.640 km² . E conta circa  923.608 abitanti. Nonostante sia meta di un turismo internazionale di alto e medio livello, Maiorca è ancora tutta da esplorare. Perché a gli spazi sono infiniti.

Davvero Maiorca mi ha conquistato assieme alla sua capitale che è Palma . Il versante occidentale è quello che mi ha colpito maggiormente . Per le sue dolci colline e le sue baie cristalline.  L’ho perlustrato in quattro giorni a Pasqua. Ed è proprio di questo viaggio che  vi parlerò in questo articolo. Così avrete qualche spunto per una prossima vacanza magari proprio a  Maiorca! Buona lettura!

Palma di Maiorca, c’est la vie !

Senza dubbio Palma  di Maiorca è il luogo ideale dove soggiornare per visitare tutto l’atollo spagnolo. Vi consiglio vivamente  di scegliere un albergo a Plaza España Palma . Quest’ultima è la stazione principale in cui corrono tutti i mezzi di trasporto per girare Maiorca:

Inoltre Plaza España Palma  è dotata di cassette sicurezze per i bagagli. E ancora ci sono  postazioni per affitto bici, supermercati e bar.

Praticamente chiunque vorrebbe stare a Palma di Maiorca , perché è dinamica, e  organizzatissima. Oltretutto  il clima è mite tutto l’anno. Invidiabile  l’aeroporto Son Sant Joan che fa scalo in tutto  il pianeta e dista appena 8 km dalla metropoli (clicca qui per info) .

La fine dei viaggiatori romantici!

Sostanzialmente  Palma di Maiorca è un eden facile da raggiungere. Non a caso è sovraffollata costantemente da migliaia di turisti . E molti stranieri (per la stragrande maggioranza  nordeuropei in pensione) ci svernano!

Il volto di  Palma di Maiorca  è cambiato con l’avvento del   boom del turismo degli anni ’50. Ovviamente questo ha avuto vantaggi per l’economia locale.  Ma al contempo ha mortificato  la sua  natura  con il cemento delle  catene alberghiere che dilagano ovunque. Per questo motivo , Maiorca  rischia di perdere  molto del suo charme esotico.

Primo giorno. Nel cuore di Palma di Maiorca

Come potete immaginare, metà della popolazione risiede a Palma di Maiorca . Fondata dai Romani, il suo passato coincide con quello dell’intero territorio . Esso è stato devastato dai Vandali, e poi  plasmato dai Musulmani   e dai  Cristiani. Un crocevia  di culture diverse,  che hanno lasciato traccia del loro passaggio in ogn dove.

Palma di Maiorca  è   molto animata sia di notte che di giorno specialmente in due punti:

  • Lungomare e porto : qui si può fare sport . Oppure si può ascoltare musica davanti a un drink. Oltretutto esso è uno dei più importanti della Spagna. Infatti si distingue per l’intenso traffico di navi da crociera   e  per le famose regate . Tra queste vanno menzionate  quella della Coppa del Re e  del  Trofeo SAR Princesa Sofía;
  • Playa de Palma : questa è la spiaggia cittadina di 4km che è sia libera che attrezzata. Non sarà paragonabile agli anfratti sabbiosi più remoti di Maiorca. Ma è una fortuna averla così vicina. Per godersi il sole della city , accovacciati  come dei gabbiani nel relax più totale.

4 Cose da vedere nei dintorni di Palma di Maiorca in una mattinata

Non è una novità ,  Palma di Maiorca è gigantesca.  Ad ogni modo una giornata sarà sufficiente per rimanere affascinati dai sui tesori.  Quelli che vi propongo in due tappe. Una fatta la mattina , che ha toccato i posti semicentrali. E un’altra fatta il pomeriggio , che ha interessato il centro storico.

L’elenco di cosa vedere e fare a Palma di Maiorca è sinceramente interminabile. Perciò se avete meno di una settimana, vi suggerisco  di fare una selezione. Venite con me ad  afferrare lo spirito popolare e artistico dell’urbe.

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1. Il  Mercato Olivar e il Mercato di Santa Catalina

Il Mercato dell’ Olivar  (1951) e il Mercato di  Santa Catalina (1900) sono i due principali mercati al chiuso di Palma di Maiorca(clicca qui per saperne su altri ). Sinceramente è stata un’avventura enogastronomica formidabile. Perché  si possono sia acquistare che assaporare le specialità enogastronomiche più tipiche. Tra i banchi di pesce, carne, verdura, dolci, e i bazar di souvenir , le delizie che ho divorato sono:

Altre specialità della cuisine maiorchina sono:

Dove avere un assaggio di tutte queste bontà? Fate come me e recatevi in due osterie a Palma di Maiorca:

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2. La  Basilica di San Miguel

La Basilica di San Miguel  risale al XIII secolo . Essa è la chiesa più antica di  Palma di Maiorca , insieme a quelle di  Santa Eulalia, Sant Jaume and Santa Creu . In origine era una moschea.   Poi diventò tempio cristiano dedicato all’Arcangelo Gabriele.

La Basilica di San Miguel è a navata unica con cappelle laterali e campanile quadrato. Essa fu rimaneggiata nel corso del XVII secolo in stile gotico . Di notevole impatto è il portale (1398) eseguito dallo scultore Pere de Sant Joan. Vi è raffigurato il teologo Ramon Llull assieme a una Vergine con il Bambino e due angeli sul timpano.

Appena si mette piede dentro la  Basilica di San Miguel , il  Barocco esplode in tutto il suo rigoglio. Si fa notare una pala di altare attribuita a Francisco de Herrera. Qui il tema è quello di San Miguel che sconfigge il diavolo.  Oltre agli arcangeli San Gabriel e San Rafael.

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3.  La   Rambla

 La Rambla  nei paesi spagnoli ( e in America Latina) è un viale lungo e largo adibito a piazza . Fu introdotta nel XIX secolo quando si dovevano riprogettare nuovi impianti urbanistici. L’intento era quello di creare aree comuni per le attività sociali ed economiche.

La Rambla di Palma di Maiorca  sorse dove prima circolava il torrente Riera. Questo fu poi deviato nell’attuale Paseo Mallorca. Si estende per 350m  dall’incrocio di Los Olmos (Calle de los Olmos), Roma (Via Roma) e Baron Piapara (Carrer del Baro de Pinopar) al Teatro Principal.  Da cui i gradini  conducono alla Plaza Mayor (Piazza Principale).

La Rambla di Palma di Maiorca ha un passaggio pedonale al centro. Lateralmente si dtinguomo  due corsie alberate  per il traffico. SI può deifinire un  boulevard a tutti gli effetti . Esso è costellato da chioschi di fiori e piante, che  rallegrano la vista.

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4.  Il museo moderno dell’ Es Baluard

Es Baluard è un museo di arte contemporanea  in Plaça de la Porta de Santa Catalina, 10 . L’edificio è lineare e moderno. Dalla vetrata dell’ingresso si accede ai  tre piani. Qui  si allestiscono le mostre. Al mio arrivo sono state esposte installazioni, e opere.  L’argomento era quello dell’evoluzione degli esseri umani e delle  immigrazioni dall’Africa. Gli autori principali sono stati:

  • Eduardo Eielson e la riflessione sul linguaggio che coincide con i segni che riportano a loro volta a un concetto;
  • Susy Gomez e il ruolo della  memoria;
  • Nauzet Mayor e il senso dell’identità in azione attraverso frammenti ed equilibri.

4 Cose da vedere nel centro storico di Palma di Maiorca in un pomeriggio

Palma di Maiorca  è una metropoli che si può ammirare passeggiando tranquillamenti tra i suoi vicoli.  La mia prima destinazione è stato il suo centro storico, che si può  ispezionare in mezzagiornata .

Mi sono fatta sedurre dal fascino della città vecchia di Palma di Maiorca , che è chiamata  Casco Antiguo in Spagnolo. Il suo labirinto di viuzze pittoresche invita a fare tutto senza fretta. Quello che avrete di fronte è un tuffo in epoche diverse, raccontate da tanti  monumenti, chiese,  patio,  palazzi nobiliari, e molto altro ancora.

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1. La Llotja de Palma

La Llotja de Palma è un palazzo in arenaria del XV secolo, che era adibito a sede della borsa dei mercanti. Il genio maiorchino di Guillem Sagrera ne fu l’artefice. Ci si lavorò fino al 1448. Per cui la  Llotja de Palma rappresenta il massimo dell’espressione del  Gotico a Maiorca.

Internamente alla Llotja de Palma si susseguono sei esili colonne che sono attorcigliate su se stesse . Si uniscono poi ad un’ alta volta ogivale, avvalorata da  una torre ottagonale provvista di merlature. Le facciate laterali sono forate da enormi archi , raffinati trafori e doccioni con l’ aspetto di animali fantastici.

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2.  Il Palazzo Almudaina

Il Palazzo Almudaina era originariamente  la residenza ufficiale dei sovrani arabi.  E poi nel XIV secolo quella del re Giacomo II. Attualmente vi risiede il re spagnolo in qualche occasione ufficiale. La costruzione è ampia e la visita dura un’ora circa . Nella sua pianta quadrata vi  si possono contemplare due ale dstinte, quella a sud del Palazzo del Re e quello a ovest del Palazzo della Regina .

Lo stile è quello gotico e ha subito variazioni sul finire degli anni ’70. Le mura del Palazzo Almudaina proteggono dei piccoli orti botanici interni. Maestose sono le stanze egregiamente conservate, tra cui si annoverano:

  • Il ‘Patio de Armas o de Honor’ ( ‘Cortile delle Armi o dell’ Onore’) , dove adesso si svolgono i ricevimenti della Famiglia Reale;
  • I ‘Baños Árabes’ (‘Bagni Arabi’)  , terme del periodo musulmano ;
  • Il  ‘Salón Mayor’ (‘Salone Maggiore’)  ,  utilizzato  per fare eventi e ricevimenti.

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3. La Cattedrale di Palma di Maiorca, detta la Seu 

La Cattedrale di Santa Maria è qualcosa di davvero memorabile perché costeggia il porto.  Essa rimanda al XIII. Oltre al Gotico   predominano altri stili architettonici,   perché è stata modificata. L’intervento di maggiore spicco fu quello di Antonio Gaudi nel Novecento.

Detta comunemente  La Seu  ,  è  stata progettata dagli architetti Joan RubióJaime Fabre, e Ponç des Coll. Si abbatté una moschea per erigerla.  Palesemente essa simboleggia la potenza cristiana. Questo perchè fu fatta nel XIII secolo quando Giacomo I re d’Aragona cacciò gli Arabi. Il suo corpo e quello del figlio Giacomo II riposano nella Cappella Trinidad .

La Cattedrale di Santa Maria  misura 110 m in lunghezza,   33 m. in larghezza , e 44 m. in altezza. Tutto questo rimanda  alla vicinanza con il cielo e con Dio.  L’ attenzione viene rubata dal suo rosone  sul fronte orientale . Ha un diametro di 12,55 m ed è  composto da oltre 1.200 frammenti di vetro colorato. Quando il sole entra dalla finestra, la luce crea affascinanti riflessi caleidoscopici all’interno.

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4. I Bagni  Arabi

I Bagni Arabi (aperto tutti i giorni dalle 10:00 alle 18:30) sono collocati proprio dietro il duomo.  Anche se nascosti le indicazioni vi aiuteranno a scovarli. Con soli 3€ accederete ai resti  del dominio musulmano di circa 300 anni a Maiorca durato dal 902 al 1229.

In base alle dimensioni ridotte, si potrebbe suppore che questi Bagni Arabi più che un hammam pubblico potrebbero essere stati il  bagno di una residenza nobiliare.

Cosa vedere nei Bagni Arabi

Quello che si può ammirare nei Bagni Arabi sono due sale sotterranee:

  • Una è rettangolare con soffitto a volta. Caratteristica è la cupola in laterizio con lucernari. Questa è sorretta da 12 colonne con capitelli di diverso tipo, forse di origine romana o bizantina. Anticamente questa stanza era l’apodyterium (spogliatoio);
  • Il calidarium (stanza calda) e il tepidarium (stanza tiepida) . I  Bagni Arabi  copiavno  il sistema delle terme romane.

Una porta a ferro di cavallo immette in un piccolo giardino adornato  di palme, aranci . E molte altre piante in vaso , dove ci si può rilassare.

Secondo giorno. Maiorca, verso Nord Ovest

Senza esitare ho deciso di perlustrare la costa nord occidentale di Maiorca, che è quella più collinosa . Logicamente ho avuto la possibilità di fare qualche tappa lungo questo versante. Riserva davvero degli scenari incredibili. Primo fra tutti quello della  Sierra de Tramuntana , polmone verde e roccioso di questa estremità maiorchina.

Non c’è da stupirsi se nel 2011 l’ UNESCO ha dichiarato la Sierra de Tramuntana come  ‘Patrimonio dell’Umanità’ . Questo massiccio di 90 km è la spina dorsale di Maiorca, e si spinge fino a Nord a Cap de Fomentor. Qui fanno da padrone due laghi il Gord Blau ed il Cuber . E ancora le splendide vette di Puig Major, Teix, Massenella e Tomir.

Si rimane stupefatti da questi panorami a Maiorca, spigoli per alcuni versi inaccessibili e molto rurali. Ma è proprio questo il segreto del suo fascino. Occorre essere automuniti per godere della vista degli spettacoli naturali più sorprendenti. Come per esempio quello degli antichi belvederi in pietra, dei solenni declivi rocciosi, e degli ulivi centenari che ammorbidiscono gli scorci più brulli.

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Valdemossa

Solo 17 km separano Palma di Maiorca dal pittoresco borgo medievale di Valldemossa.  La sua vicinanza alla capitale e il suo indiscusso splendore sono alcune delle ragioni per esserci! Valldemossa è un gioiello incastonato in una valle verdeggiante . Essa è posta a 1.064 metri di altezza e protetto dalla vetta del  Puig des Teix .  Non manca il porto e la marina , dove si giunge dopo venti minuti di tornanti. Come in ogn minuscolo paesino di queste frazioni poco lontani dalle coste.

Innanzitutto il nome Valldemossa significa Valle de Mussa, che era un nobile arabo . Questi  ci si stabilì durante il periodo della dominazione islamica.  Gli arabi governarono Maiorca per 300 anni a partire dal X secolo e vi introdussero i terrazzamenti irrigati, consentendo la coltivazione delle colline.

Valdemossa, dove si è fermato il tempo!

La cittadina si è sviluppata attorno alla chiesa di Sant Bartomeu, costruita nel 1245 e trasformata poi secondo lo stile gotico. Ci si  arriva dal centro storico il cui imbocco è alla Plaça Ramon Llull. Questa piazza è dedicata al filosofo locale che fondò il Monasterio de Miramar nel 1276. Il monastero divenne un centro di apprendimento per i monaci francescani. E ha portato all’introduzione della prima macchina da stampa a Maiorca nel 1485.

2 Cose da non perdere a Valdemossa!

Successivamente si passa a Plaça Cartoixa . In questo snofo si sviluppa il  complesso monumentale della Cartoixa del Valdemossa (Certosa di Valdemossa) . Un capolavoro che attira da sempre milioni di visitatori . Si tratta nello specifico di due fabbricati storici:

  1. Real Cartuja: accanto alla Chiesa Cartuja in stile neoclassico datata 1751 sorge questo monastero certosino del XIII secolo in principio concepito come dimora reale. La sua fama è legata però al compositore polacco Chopin e alla compagna Georg Sand . Nell’inverno del 1838 i due amanti si rifugiarono nella cella n. 4 per fuggire dai pettegolezzi di Parigi. Una decisione presa anche per curare la tubercolosi di lui. Ma pare che le temperature furono avverse e l’accoglienza non fu il massimo. Tutto sommato il pianista compose i suoi ‘Preludi’. Mentre  la sua dolce metà , forse per disperazione,  scrisse ‘Un hiver à Majorque’ (‘Un inverno a Maiorca’);
  2. Palacio Rey Sancio: del XIV secolo fu il dono del  re Giacomo II di Maiorca per suo figlio Sancho . Fino a quando non subentrò la corona di Aragona e il tutto andò in disuso. In seguito, lo stesso re d’Aragona lo cedette per farvi la Certosa. Alle sue spalle fate una passeggiata nella promenade di Miranda des Lladroners  che affaccia direttamente nella sconfinata Sierra de Tramuntana .
Food stop a Valdemossa!

Devo confessarvi che i migliori momenti a Valldemossa sono state le fermate culinarie fra le sue piccole contrade  strette e ciottolate. C’è l’imbarazzo della scelta per mangiare . Fra tutti i locali che saltano fuori  qui e lì tra le  abitazioni tinte di  ocra. Ognuna di queste casupole è  ravvivata da vasi di fiori e dagli  azulejos che raccontano il martirio di Santa Catalina, patrona di Maiorca

Nel pomeriggio per un po’ di relax mi sono seduta in uno dei tanti cafè che puntellano il pueblo. E mi sono ristorata con una cioccolata calda accompagnata dalla coca de patata. Questa prelibatezza è un’istituzione . Ed è una sorta di brioche di patate da vellutare con del gelato di mandorla.

Comunque in alto in classifica metto il mio pranzo eccezionale (con tanto di prenotazione!)  all’ Hostal & Restaurant Can Mario  in Carrer Uetam, 8.  Mi ha sedotto l’immobile a due piani arredato  in maniera un po’  retrò e il menù: un’orata alla griglia e contorno di tumbet, una lasagna di verdure fritte da urlo.

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Port de Soler

Lungo i tornanti di queste località sperdute, il mio tragitto è proseguito fino a Port Soller, toccando villaggi indimenticabili come Soller e Deià. Peccato che non sono riuscita a vagabondarci. Fatelo voi se ci capitate. Hanno un trascorso davvero interessante.

Soller fu più affollata dopo l’inaugurazione nel 1970 di una strada che immetteva direttamente a Palma  (prima si poteva solo via binari). Essa è piena di monumenti. Deià dovrebbe contenere le case più chic di Maiorca . Essa è stata anche il buen ritiro dello scrittore bohemien Robert Graves.

Port Soller è un porticciolo a forma di ferro di cavallo . Esso  è inondato da alberghi cinque stelle e ristorantini per tutti gusti e tutte le tasche. A ridosso del lungomare ci si può prendere il sole a Es TravesPlaya d’en Repic . Queste sono due deliziose spiagge in ghiaia, con acque poco profonde. Il divertimento è assicurato . Sopratutto se prendete lo storico tram di legno per Soller. E e se continuate il percorso fino al paese di Fornatlutx.

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Terzo giorno. Maiorca , verso Cala Major

Se vi piace avere tutto a portata di mano per un soggiorno estivo  comodo Cala Maior è perfetto per voi. Difatti  questa è una tranquilla stazione di villeggiatura, che vanta un’ampia spiaggia protetta dagli scogli . Si contraddistingue per l’abbondanza dei servizi . Ma principalmente per il richiamo turistico esclusivo della Fundaciò  Mirò .

Adagiata su una rupe in Carrer de Saridakis 29  e operativa dal 1992,  la Fundaciò  Mirò è un omaggio a Joan Mirò (1893-1983). Questi fu un illustre pittore spagnolo  , massimo esponente dell’ Espressionismo.

Chi non conosce Joan Mirò! Pur essendo nato a Barcellona, si trasferì definitivamente a Maiorca per vari motivi. La necessità di pace assoluta in anzitutto.  E perché sua moglie Pilar Juncosa era nata qui (si sposarono nel 1929), come del resto  i nonni materni.

La nascita della Fundaciò Mirò

I due coniugi stabilirono nel 1981 di regalare alla città di Palma la collezione di tutte le  creazioni artistiche e i relativi laboratori . Nel 1983 si affidò all’architetto Rafael Moneo  l’incarico di costituire un nuovo blocco per ospitare i pezzi di Joan Mirò. Ecco come venne fuori la Fundaciò  Mirò .

L’architettura della Fundaciò  Mirò è molto acccativante nella sua essenzialità. Sembra quasi una cittadella con le sue aiuole di alberi e piscine all’esterno. Qui sbucano ovunque alcune tra le più significative sculture di Joan Mirò che si ritrovano anche dentro.

Joan Mirò e il suo eldorado a Cala Major

L’nterno della Fundaciò  Mirò  è fatto di poche stanze, che raccolgono le tele più preziose di  Joan Mirò. Ognuna di esse  fa  riflettere sulla sua concezione dell’arte. La  filosofia di Joan Mirò è che ogni oggetto nelle mani dell’artista prende forma.  Per cui con le sue mani faceva diventare eccezionale ciò che era ordinario.

La Fundaciò  Mirò comprende l’atelier del maestro disegnato dal suo amico l’architetto catalano Josep Lluis Sert  e il casale San Boter . In questo maniero Joan Mirò trascorse gli ultimi venticinque anni della sua fervente attività e intensa avventura estetica. Un arco temporale durante il quale lo spirito di lotta e il desiderio di sperimentazione non abbandonarono mai il genio spagnolo.

Quarto giorno. Rotta a Sud Ovest di Maiorca 

Maiorca a Ovest è l’escrusione da fare assolutamente appena si atterra! Rotolando appena verso sud ovest sarete abbagliati dal turchese del mare da centinaia di spiagge stratosferiche. Molte di esse sono accessibili con dei mezzi  attraverso  mulattiere datate. E quando alzate gli occhi in su vi saluta sempre sua maestà la Sierra de Tramuntana .

Il Sud ovest di Maiorca è esattamente come lo descriveva Chopin: ‘Un cielo come il turchese, un mare come il lapislazzuli, montagne come smeraldi e un’aria come il paradiso’ . L’atmosfera è quella che ho riscontrato in due gemme maiorchine che sono in ordine Puerto Portals  e Portal Andtrax.

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Puerto Portals

Posizionata  tra Palma e Palmanova, a Puerto Portals  ci sono venuta in  autobus . Ho fatto  due passi fino a un cancello di legno. Oltrepassato questo vi aspetta poco dopo una chiesetta . Poi c’è una terrazza panoramica , che è affacciata sui fondali verde smeraldo di Maiorca.

Scendendo ancora per un tratto di sentiero scosceso, entrerete in un lido attrezzato , che è quello del  Roxy’s Beach Club . Esso è solitamente pieno di bagnanti che scottano al primo sole di Aprile! Qui concedetevi una birra fresca o uno spritz, e fatevi un bel tuffo!

Superato  il Roxy’s Beach Club  vi immeterete direttamente a Puerto Portals  , che è più di un porto turistico . Esso  è  la mecca dei ricchi e dei famosi.  E probabilmente funziona così bene perché gestito privatamente. Potrebbe essere preso davvero a modello per fare del turismo sostenibile e all’avanguardia. Puerto Portals   è chic ma non ti mette a disagio. Questo dipende da quanto siete versatili verso la classe e l’esclusività che Puerto Portals  ne ha da vendere. Offreuna rada per le grosse imbarcazioni dei VIP, boutique e bistrò esclusivi.

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Portal Andtrax

Portal Andtrax è un ex nucleo di pescatori cambiato in un porto naturale e riparato. Potete piombarci in qualunque modo, perché è facilmente accessibile. Appena sopraggiunta mi si presenta davanti gli occhi un porticciolo di barchette e nasse rosse che a tratti hanno bloccato lo sguardo sui promontori antistanti macchiati da hotel e ville sfavillanti.

Mi sono lanciata nella passeggiata della marina lungo la quale ci si può accomodare in localini raffinati per una sosta di wine & food a tutto spiano. State attenti ai prezzi, un caffè mi è costato 3€, ma va bene a Portal Andtrax! Se volete accomodarvi per assaggiare del pesce fresco o qualche altra specialità, considerate che la spesa è sostanziosa tanto quanto la qualità! Comunque, niente paura è possibile pure ricorrere ai panifici e alle pasticcerie che inondano di odori Portal Andtrax.

Camminare a Portal Andtrax in lungo e in largo fa bene al corpo e alla mente. Non a caso è arrivata a essere come un quartiere residenziale del jet set internazionale,  del calibro di Brad Pitt e Clauda Schiffer !  Le calette più suggestive a Portal Andtrax sono quelle di Cala Lamp e  Cala Blanca . Mentre a 2 km dal centro a picco sui costoni di Cap de Sa Mola potrete immergervi nell’eccentrico Museo che racconta dell’artista tedesco Liedtke (fatto fra il 1987 e il 1993).

Maiorca, una Spagna diversa! 

Maiorca mi ha stregato per la sua bellezza dirompente e il calore della sua gente. Essa è la luce piena  del Mediterraneo.  Ed è  eterea come i fiori di mandorlo che la avvolgono in primavera.  Maiorca  non vi annoierà mai .Tuttavia quello che mi ha sorpreso è che Maiorca possiede un’ alma latina molto leggera e poco irruenta. Cosa che al contrario ho percepito quando sono stata in Spagna , in cui mi ci trasferirei  proprio perchè pulsa di vtalità .

Mi sono chiesta il perchè , è la risposta è abbastanza scontata. Il fatto è che ormai da quasi sessant’anni Maiorca è inondata da forestieri . Ed è diventata una macchina da guerra per averne ancora di pù e alzare il pil nazionale. Questo è un problema che non si puà trattare in breve, ma che andrebbe risolto urgentemente e non solo a Maiorca .

Per concludere , tutto magnfiico a Maiorca , a parte qualche effetto della globalizzazione . La qualità della vita è alta , ed  è un’ esplosione di emozioni incredibili . Mi sono ripromessa di partire prima possibile per  per completare il mio giro. Non pensateci due volte  staccate un biglietto per Maiorca , e  ¡buen viaje!

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Bristol

Bristol

“Alcune persone vogliono rendere il mondo un posto migliore. Io voglio solo rendere il mondo un posto più bello. Se non ti piace, puoi dipingerci sopra!”

Banksy

Bristol   

Bristol   è una città inglese che sicuramente si può girare in un weekend. Si trova a Sud Ovest della Gran Bretagna (nel Sommerset). Bagnata dal fiume Avon, che la divide da Cardiff  nel  Galles, conta una popolazione di circa 460 0000 abitanti. Un gioiello moderno incastona nell’isola che è facilmente raggiungibile con un volo diretto dall’aeroporto di Pisa!

Si può dire che Bristol    è il sesto centro più popoloso d’Inghilterra e l’ottavo del Regno Unito. Nonostante Bristol sia poco estesa geograficamente, la sua archittettura urbanistica è simile a quella di una metropoli. C’è molto da vedere e da fare a Bristol   . E potrebbe essere  una valida alternativa a Londra! Scopriamo di più su Bristol    in questo articolo. Magari potrebbe essere la vostra prossima metaà per una vacanza!

Bristol, alla ricerca di Banksy!

Senza esitare troppo a fine Gennaio ho fatto le valigie e sono partita per  Bristol   , dove è nato Banksy. Questi  è  il più famoso street artist al mondo . Mi sono appassionata alla sua arte . Ed è stato uno dei motivi per la mia partenza per la cittadina inglese. Il risultato è stata un’esperienza magnfica che auguro anche a voi di fare.

Oltretutto qualche settimana prima ho anche visto una sua bella mostra al ‘Museo della Città Polo Culturale Bottini Dell’Olio’ di  Livorno . Mi sono divertita tantissimo a Bristol     e in tre giorni potrete farvi un’ idea di cosa offre da fare  e vedere .  Volevo ringraziare John Nation, esperto di graffiti e guida turistica di Bristol per i suoi presiozi consigli. Buona lettura!

La  storia di Bristol

Per quanto riguarda le origini di Bristol ,  la sua storia risale all’epoca anglosassone. Allora era poco più di un villaggio intorno a un ponte di legno, che è l’esatta traduzione del suo antico appellativo, cioè ‘Brycgstow’  .

L’insediamento a Bristol     iniziò a crescere sempre più .  Durante il periodo dei Normanni, Bristol    cambiò aspetto .  E a poco a poco sparirono i terrapieni sassoni. Per volere di Guglielmo il Conquistatore le primitive difese  furono sostituite con una cinta muraria e un castello.

Il castello normanno

I resti delle fortificazioni sono oggi visibili  a Castle Park’. L’impianto stradale assunse una sua forma. E il centro della città diventò il punto  in cui convergevano quattro strade principali . Lo stesso snodo in cui oggi si incontrano High Street, Corn Street, Broad Street e Wine Street.

Per continuare, durante il Medioevo il commercio a Bristol  divenne sempre più importante. Le barche salpavano per l’Irlanda, la Francia, la Spagna e il Portogallo . Esse erano cariche di manufatti e tessuti realizzati con lana di Cotswold.  E tornavano con vino, pesce, pelli, mais e ferro. La  potenza commerciale di Bristol  era garantita soprattutto dai traffici portuali . Cosa che le assicurò una ricchezza superiore a quella della regione a cui apparteneva!

Giovanni Caboto e la partenza per il Nord America

Successivamente nel 1497 Giovanni Caboto prese il largo da  Bristol   con la nave ‘Matthew’  e  scoprì il  Canada . Enrico VII finanziò il progetto intuendo le potenzialità dell’impresa. L’ardito Genovese , come Cristoforo Colombo , volle trovare una via alternativa  per approdare in Asia via mare.

Così come era usale all’epoca, Giovanni Caboto seguì la rotta verso Ovest attraverso l’Atlantico . Questo per raggiungere la terraferma, che era identificata erroneamente con le Indie.

Che fine fece Giovanni Caboto? 

Chiaramente la gloria della spedizione di Giovanni Caboto dette a Bristol una fama planetaria. E  alla Gran Bretagna egli consegnò il dominio sul Nord del ‘Nuovo Mondo’. Fu il secolo delle esplorazione transatlantiche inglesi. Pare che Giovanni Caboto fosse ripartito una seconda volta per quei luoghi lontani.

A parte che tra la ciurma c’era il figlio Sebastiano e che si toccò il Labrador, non ci sono altre informazoni al riguardo. Anche l’enigma sulla fine di Giovanni Caboto è abbastanza fitto. Non si sa se sia morto durante la navigazione. O se il vascello fosse naufragato durante il tragitto . O se ci fosse stato un ammutinamento da parte dell’equipaggio.

 

Bristol e il sanguinoso commercio degli schiavi  

Purtroppo Bristol (insieme a Liverpool) è tristemente nota per la tratta degli schiavi. Nell’era dell’interregno di Oliver Cromwell (1649-1660) , i manufatti locali (oltre ai tessuti, carbone, piombo e pelli di animali) erano esportati in Africa. A Ovest di questo continente si scambiavano questi beni con persone. Le stesse che in seguito si vendevano oltreoceano .

Questo accadeva per farli lavorare nelle piantagioni di zucchero, tabacco, rum, riso e cotone. A volte in Europa si adoperavano come servitù per le famiglie più aristocratiche. Qualcosa di meno faticoso, ma non sicuramente di più lodevole!

Una triste pagina della storia della umanità 

Qualcosa di davvero orribile.  Una mercificazione di cane umana che ammontava a circa a 500 000  crani! Per le condizioni disumane in cui erano tenuti, molti di questi poveri uomini morivano prima di essere sfruttati. Perché non avevano cibo a sufficenza e acqua , e altro ancora. 

C’è da sottolineare che in questa barbaria organizzata erano conivolti anche altri popoli tra cui Portoghesi, Olandesi e Francesi. Disgraziatamente la desolante piaga dello schiavismo ebbe il suo culmine tra il 1730 e il 1745.  Per fortuna poi si abolì con lo ‘Slave Trade Act’  del 1807 .

Edwuard Colston un Inglese da dimenticare!

Attualmente esistono a Bristol tutta una serie d’ iniziative per ricordare quello che non deve mai più succedere! Per esempio nel 2020 si ribattezzò la vecchia sala concerti ‘Colston Hall’ in ‘Bristol Beacon’ .   L’enorme edificio della   ‘Colston Hall’ era dedicato a Edwuard Colston (1636-1721).

Edwuard Colston era un commerciante inglese, che si arrichhì  con il sangue degli africani deportati. Alla luce delle sue nefandezze , le sue opere caritatevoli furono messi in discussione. Visto appunto  come si era guadagnato i soldi!  E al presente a Bristol si sta cercando di eliminare o modificare tutto quello che è a lui intitolato . Come un suo mezzo buzzo in bronzo  distrutto e gettato via da un gruppo di cittadini ribelli.

L’era moderna, Bristol

A prescindere da tutto e dopo un breve tracollo finanziario, nel XIX secolo Bristol  continuò a prosperare . Era sostenuta da nuove industrie e da nuove entrate finanziare. Però la Seconda Guerra Mondiale segnò fortemente la cittadina, visti i pesanti bombardamenti subiti.

Non tutto il male vien per nuocere! Almeno il dopoguerra si rivelò per Bristol  fondamentale per la sua riprogettazione urbana. Una ricostruzione che interessò notevoli complessi quali:

  • La ‘Council House’ (1956): sede del consiglio di stato fu costruito a forma di mezza luna dall’architetto Vincent Harris ;
  • Il ‘Broadmead’ : concepito nell’autunno del 2008, questo è un grosso centro commerciale con circa 300 negozi , bar, locali e sale multimediali;
  • Il ‘Royal Portbury Dock’ : edificato negli anni ’70, questo è un porto per l’importazione di auto e altri tipi di veicoli a motore.

L’ economia di Bristol

Attualmente Bristol  può contare su un’economia in crescente sviluppo, che, basata su un efficiente sistema bancario  comprende:

  • Agricoltura (frumento , orzo , avena e segale);
  • Pastorizia (con allevamenti concentrati sugli ovini di cui è il primo esportatore in Europa);
  • Industria di vario tipo (di raffinerie, chimiche, petrolchimiche, meccaniche e tessili).

‘Cabot Circus’ 

Dall’aeroporto di Bristol ci ho impiegato venti minuti con il bus per arrivare alla city center (13 km di distanza) . Prima fermata è stata quella di ‘Cabot Circus’ , che è una zona molto residenziale. Questa è caratterizzata dalla presenza di un omonimo ed enorme mall dal tetto trasparente. Esso è strapieno di ristoranti e cafè .

Ci si perde a ‘Cabot Circus’ , e gli Inglesi lo usano spesso come putno di ritrovo. Per stare con gli amici, passare del tempo a fare spese negli shops alla moda. Ci sono le firme più prestigiose e si può anche mangiare e bere , o assaggiare degli ottimi gelati o dolci.

‘Hampton by Hilton’ , dove dormire a  ‘Cabot Circus’

Cinque minuti di passeggiata e mi sono ritrovata nel mio albergo, che è  l’‘Hampton by Hilton’  .  Ve lo consiglio , un po’ vintage ma spettacolare per altri aspetti, quali :

  • Reception aperta anche la notte;
  • Staff gentile e professionale;
  • Colazione internazionale: dal dolce al salato troverete davvero di tutto;
  • Camere ampie, insonorizzate, molto eleganti e dotate di bagno privato e tutti i comfort (TV, aria condizionata e calda, ecc. ).

Cosa fare a  ‘Cabot Circus’ 

 ‘Cabot Circus’ è perfetta per alloggiarvi perché è viva e connessa con i mezzi al resto del territorio. Potete anche fare un salto per esempio nel Galles e perlustrare delizione località inglesi quali :

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Clicca qui per itinerario a piedi a  Park Street   su Google map

Venerdì  mattina a ‘Park Street’ 

‘Park Street’  è un distretto culturalmente molto ricco. Nei dintorni vale la pena vagabondare  nella vecchia galleria di arte di   ‘Royal West of England Academy’. E se volete osservare Bristol  in tutto il suo splendore, potrete salire in cima  alla ‘Will Memorial Building’ . Questa è la torre dell’università di Bristol , tappa d’obbligo per i giovani laureati!

Per i palati più sofisticati da provare è  il ‘Browns Restaurant’ , che è stato costruito sulla base del ‘Palazzo del Doge di Venezia’. Per i wine lovers è assolutamente una garanzia la cantina ‘Averys Wine Merchants’ in 9 Culver St, Bristol BS1 5LD, Regno Unito.

2 Cose da vedere a ‘Park Street’ 

1. ‘Cabot Tower’ : questa torre è alta 32 metri , e si trova nel parco collinoso di ‘Brandon Hill’, non lontano dal center di Bristol . Questa  è stata innalzata in onore di Giovanni Caboto, in commemorazione del 400 ° anniversario della sua spedizione. La sua costruzione cominciò  nel 1897 e si  completò nel 1898. In stile neogotico, essa è tutta composta di arenaria rossa e rivestita di pietra calcarea. Al suo interno c’ è una scala a chiocciola che è dotata di due pontegg  , che offrono uno incantevole panorama su Bristol ;

2. ‘Bristol Cathedral’: il duomo è situato nel centro storico di  Bristol. Fu fondato nel XII secolo come abbazia dell’ordine agostiniano, e divenne cattedrale nel 1542, in seguito allo scioglimento di monasteri ed abbazie voluto da Enrico VIII. L’ intero impianto architettonico giunto fino a noi incorpora solo poche parti della chiesa originale. Mentre è stato per lo più ampliato nel XIX secolo in stile neogotico. In essa si trovano sepolte numerose personalità storiche .

Da queste parti all ‘ 1 Unity St. l BS1 5HH  si cela  ‘Well Hung Lover’   di Banksy . Una vignetta  eseguita  su uno stabile, che era una clinica di salute sessuale.  Si intravede un uomo nudo appeso alla finestra della sua amante mentre sfugge allo sguardo del marito di lei .  Dopo una serie di diatribe comunali, ‘Well Hung Lover’   venne a essere il primo graffito  riconosciuto in patria  come legale. Esso è stato danneggiato  con delle macchie di vernice nel 2009 e nel 2018 con frasi offensive.

Il ‘British Museum’ di  Bristol

Non fatevi scappare poi  il  ‘Bristol Museum’  , che è un museo britannico con annessa pinacoteca. Il massive building che lo ospita  è in stile barocco edoardiano . Vi si puà accedere gratuitamente è internamente sono visitabili delle collezioni che  includono: geologiaarte orientale e storia di Bristol .

Di particolare interesse sono delle sezioni che sono rivolte alle ceramiche di Delft di produzione inglese. Al ‘Bristol Museum’   ho scovato un’altra genialata di Banksy che è il  ‘Pait Pot Angel’ .  Questo angelo con la testa coperta da un baratollo rovesciato di vernice rosa è un promemoria della  ‘Banksy versus Bristol’ , sua eclatante  exhibition tenuta in loco nel 2009 .

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Clicca qui per itinerario a piedi nella Old City su Google Map

Venerdì pomeriggio nella ‘Old city’ di Bristol 

L’ ‘ old city ‘ di Bristol   si sviluppa su Corn Street,  che è stato il cuore pulsante della vita amministrativa e finanziaria di tutta la comunità cittadina. Nel corso dei secoli si è trasformata nel salotto principale di Bristol un susseguirsi di strade irte e ciottolose dove pptere fare shopping e trascorrere tempo lbero.

Qui c’ era il vecchio quartiere dei mercanti. Adesso la cultura e la creatività si sono combinate insieme offrendo  attrattive incredibili, botteghe bizzarre e corner speciali . Si può ovunque  mangiare qualcosa di buono, e ascoltare della buona musica , come  all’ ‘Old Duke’ ( jazz) , o all’  ‘Bristol Hippodrome’  (genere del  west end).

2 Cose da vedere nella ‘Old city’ di Bristol 

1 . ‘Christmas’ Steps Market’: sono delle scalinate del 1600 su cui si stagliano bazar di abiti, scarpe, strumenti musicali, mobili e molto altro. Sono da ricercare anche le magnifiche caffetterie, e gli studi di vari artisti.

2 .  ‘St Nicholas Market’ : questo è il mercato inglese più vecchio in assoluto. Dal tipico aspetto vittoriano ha fatto la sua apparizione nel 1743. Si annida dentro il ‘Corn Exchange’,  che è la borsa di scambio merci di Bristol , che fa bella vista con il suo  gigantesco orologio . ‘St Nicholas Market’  è  tutto al coperto e troverete davvero di tutto. Sta aperto tutta la settimana tranne la domenica (gli orari variano per cui consultare il loro sito web) . Lunedì è il day  della cucina vegana, mercoledì e giovedì sono riservati i produttori agricoli locali, giovedì e venerdì si fa la fila per la  street food .

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Sabato mattina  a ‘Clifton’ 

‘Clifton’ è il lato periferico di Bristol  , che   e verdeggiante ed è  perfetto per una bella passeggiata. Qui si possono contemplare eleganti palazzi  in stile  Georgiano e Regency. Si può anche gustare un afternoon tea in  qualche accogliente sala da tè , e godersi i ritmi pacati del succedersi delle ore.

‘Clifton’ è molto antica e prospera, che fu in gran parte costruita con i profitti del tabacco e della tratta degli schiavi . Situato a Ovest della  ‘ old city ‘ di Bristol    si è annesso a Bristol  durante l’ era georgiana e vi fu formalmente incorporato  nel 1830.

2 Cose da vedere a ‘Clifton’

1.‘Suspension Bridge’: questo è un ponte sospeso che attraversa l’ Avon ,  e che collegaClifton’ a Bristol  nel North Sommerset . Dalla sua inaugurazione nel 1864 è stato  a pedaggio , e le  varie  entrate fornirono fondi per la sua stessa manutenzione. Esso è stato fatto su progetto dell’ingegnere Isambard Kingdom Brunel .

Il ‘Suspension Bridge’ è il simbolo di Bristol  , e ve lo trovate dappertutto , su cartoline, materiale promozionale e siti web informativi. È stato sfondo per diversi film , pubblicità e programmi televisivi.

Per non farci mancare nulla, è stato anche teatro di diversi episodi storico culturali quali :

2. ‘The Downs’:  costituisce un’appezzamento di terra di 400 acri (1,6 km 2 ) , dove si cammina, e si pratica  jogging e sport di squadra . La sua posizione esposta lo rende particolarmente adatto al volo degli aquiloni .

Originariamente  ‘The Downs’ è stato a lungo devoluto al pascolo e alla agricoltura.  ‘The Downs’ è caratterizzato da ciuffi di biancospini  , ippocastani , pianeggianti distese d’ erba , e fini  case vittoriane .

Nell’Ottocento si svolgevano corse di cavalli , soprattutto a Pasqua , ma anche gare di lotta , di pugilato e di cricket . Non si è èersa la tradizione sportiva che va avanti con la Bristol Downs Football League che gioca su campi allestiti in modo permanente.

Shopping all ‘ ‘Arcade Clifton’ 

L ‘Arcade Clifton’ è una galleria commerciale vittoriana che vide la luce nel 1878.  Per un pò andò in rovina, ma è stato recentemente restaurato. La selezioni di shop di  tipologia insolita  è infinita, e ci si può tuffare in una vasta varietà di articoli desiderabili.

Da quelli economici a quelli selvaggiamente stravaganti. Da oggetti d’antiquariato, mobili e gioielli ad abiti firmati, interni contemporanei e arte (per non dimenticare i libri e la musica.

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Clcca qui per itinerario a piedi nell’ harbour su Google Map

Sabato pomeriggio all’ ‘Harbour’ di Bristol 

A Bristol  il porto è di naturale fluviale (ricavato sul  fiume Avon). Esso si estende tra il  Redclffe Bridge e la Brunel Lock Road  per   70 acri. Forse attraversato già dai Romani, risale al 13 ° secolo, ed è sempre stato essenziale per la crescita di Bristol . La sua struttura odierna è frutto delle modifiche che sobo state fatte a partire dal  XIX° sec.

Dovete sapre che è questo bacino inglese è amorevolmente battezzato come ‘Floating Harbour’ , cioè gallegiante per il livello dell’acqua che è costantemente innalzato dalle maree.

Le jacked potatos allo ‘ Za Za Bazaar’ 

Senz’altro esso è il posto che mi ha affascinato di più per la sua vivacità ,  la sua eleganza e il food  a pranzo allo ‘ Za Za Bazaar’ all’ Harbourside, Canon’s Rd, BS5UH

Mi sono concessa le golosissime jacked potatoes, patate farcite con ragù e fagioli e cosparse di cheddar filante. Un must se siete a tavola con amci inglesi, da abbinare con a un paio di calici di birra fredda! Il  ‘Floating Harbour’ è una certezza in termini di divertimento, perché  è stracolmo di attrattive turistiche.

Cosa  vedere all’ ‘Harbour’

Se piove una soluzione formidabile è quella di entrare a due dei più simbolici musei di Brisitol che sono:

L’Harbour di Bristol , una giostra per i bambini e gli adulti

Se siete con i vodtri figli la piazza del ‘Floating Harbour’ si possono divertire con :

  • La  ‘SS Great Britain’ : al Great Western Dockyard, Gas Ferry Road  (XIX sec) si staglia imponente questo maestoso vascello, che è stato a servizio merci e passeggeri transatlantico . Il suo artefice fu l’ingegnere navale Isambard Kingdom Brunel, che apportò delle rivoluzioni teconoligche per consentire delle velocità più spedite.Tra queste:  l’uso di una elica a quattro pale invece delle tradizionali ruote a pale laterali, un’elica sott’acqua, un ponte di coperta continuo e un sistema di ventilazione a forza d’aria;
  • L  ‘Acquarium’ :   un acquario che protegge diversi esemplari di coralli e pesci , dallo squalo, alle meduse, dalle razze ai granchi, dai cavalucci marini agli anfibi dell’Atlantico. Ci sono diversi cunicli di vetro dove si possono ammirare queste creature che sono uno spasso per i bambini. Per loro nelle adiacenze c’è anche il ‘We the Curious’ , un laboratorio interattivo di fenomen per lo più scientifici. Ma era chiuso a causa di un’incendio;

‘La Ragazza con l’orecchno di Perla’ di Banksy

Nelle immediate vicinanze ad  Hanover place  mi sono trovata davanti gli occhi ‘La Ragazza con l’orecchino di perla’ , altra impresa di Banksy del 20024. In questo caso ha voluto parodiare il rinomato canvas di Jan Vermeer . Solamente che invece dell’orecchino è stato messo un antifurto quadrato.

Sarebbe stato fatto per contrattaccare la falsa news di un suo arresto e della rivelazione della sua vera identità.  In piena emergenza Coronavirus sul volto della fanciulla è stata messa una gigantesca mascherina azzurra, come specchio del grande disagio della nostra esistenza.

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Domenica a ‘Stoke Croft’

‘Stoke Croft’  è il suburb  per eccellenza  di Bristol , che è stato nominato in questo modo per il sindaco  John Stoke che lo ha quasi plasmato nella seconda metà del XIV secolo. Dal secondo dopoguerra ‘Stoke Croft’  è stato affolato da popolari musicisti come i  Massive Attack, Portishead, e Tricky e Roni Size .

Quello che sorprende di ‘Stoke Croft’  sono le sue strade lunghe di cemento , in cui sorgono eserciz commerciali e stand d frutta verdura.

Quello che m ha un pò intristito è il grigiore delle sue abitazioni, che è a tratti e intervalli ravvivato dalle tinte accesse dei graffiti disseminati ovunque. Sfortunatamente è un quaritre a rischio , perché colmo di problematiche sociali.

Il ‘Mild Mild West’ di Banksy 

Nel bel mezzo di ‘Stoke Croft’ ho rinvenuto un’altra meraviglia di Banksy, che è il  ‘ Mild Mild West’ , posizionato al Jamaica St, St Paul’s, Bristol BS1 3QY. Se ci sarete di persona, vi renderete conto che ci vuole fortuna a beccare la direzione giusta. Attivate google map oppure chiedete a un passante. Un modo per mettere alla prova il vostro Inglese!

Nei mattoncini di un  bistrot in alto è stato trattegiato un  orsacchiotto che  lancia una bottiglia molotov accesa contro tre poliziotti che vestono in divisa antisommossa. Con ‘ Mild Mild West’ , Banksy vuole gridare contro i divieti delle forze armate nei confronti di alcuni rave del 1990.

Bristol , a presto! 

Bristol è briosa e in continua espansione. In Inglese si direbe ‘A city that doesn’t just buzz, it thumps”. Ovvero, non solo è una city  in fermento ma è capace anche di lasciare il segno. La mia ultima sera l’ho trascorsa a un concerto pop al ‘ Rough Trade’ 3 New Bridewell, Nelson St, Bristol BS1 2QD 

Mi ha davvero stregato Bristol, e non mi sarei mai aspettata di essere travolta dalla sua bellezza e dalla sua offerta tristica così allettante e differenziata. Un altro appuntamento che vorrei non perdere è quello della Bristol Balloon Fiesta’ . Questa è una  scenografica kermesse di mongolfiere ad aria calda a cui partecipano milioni di persone sui camp verd della  tenuta di Ashton Court , a Ovest di Bristol. Vi auguro di fare un viaggio a Bristol,   rmarrete fanatsticamente stupiti dai suoi tesori.

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Albergo Locanda sul Mare, Ischia Porto

Albergo Locanda sul Mare, Ischia Porto

“Ama il tuo sogno se pur ti tormenta”

Gabriele D’Annunzio

‘Albergo Locanda sul Mare’, Ischia Porto

Senza dubbio l’ ‘Abergo Locanda sul Mare’    in via Iasolino, 80  a Ischia Porto è stata la scelta giusta per scoprire a fondo Ischia. Ci ho soggiornato per la prima volta la scorsa estate in occasione del mio wine report presso la cantina  ‘Pietra di Tommasone’ , che volevo conoscere. Perchè  la sua uva è stata donata per il progettoMosaico per Procida 2022′una conferenza stampa tenutasi nel comune di Procida . Vi ho partecipato per celebrare l’omonimo blend di 26 vitigni campani (un bianco) fatto per celebrareProcida capitale della Cultura 2022′Un progetto importante realizzato dall’enologo internazionale Roberto Cipresso e divulgato dal  giornalista Gaetano Cataldo.

Inevitabile ritornare a Ischia  , una delle tre perle del Golfo di Napoli (insieme a Capri e Procida). Perché me ne sono innamorata! Così a fine Ottobre ho fatto le valigie per andarmi a riprendere il cuore lasciato tra i granelli della spiaggia  dorata  di San Pietro! Dall’ ‘Abergo Locanda sul Mare’ Ischia Porto è  cominiciata la mia avventura nell’isola verde. Una settimana  mi è appena  bastata per toccare cinque dei sei punti cardinali dell’atollo campano:

Il risultato è stato una mini guida in questi 6  articoli dedicati a  Ischia che potrete utilizzare per  farvi  un’idea del fascino di questo angolo di paradiso:

  1. Ischia , Golfo di Napoli ;
  2. Ischia in 4 giorni
  3. Giardini della Mortella; 
  4. Terme del Negombo;  
  5. Terme di Nitrodi;
  6. Cantina Raustella 
  7. Tour da Baia di Cartaromana alla Grotta del Mago con Il Borgo di Mare, servici nautici di Ischia Ponte

Mi sono resa conto che Ischia  non vuol dire solo terme. Questo perché vanta  uno straordinario patrimonio storico, artistico, culturale, ed enogastronomico. E l’ospitalità  alberghiera è davvero al top, come quella dell’ ‘Abergo Locanda sul Mare’  a Ischia.

‘Albergo Locanda sul Mare’ , una finestra sul ‘catino borbonico’ 

Per quanto riguarda l ‘ Abergo Locanda sul Mare’  a Ischia Porto  è un palazzo storico del 1900 . La reception è subito all’entrata. Qui  il proprietario  Giuseppe Macrì accoglie i suoi clienti con un gran sorriso. L’edificio è due piani , tutto dipinto di banco. Un’architettura semplice in stile perfettamente Mediterraneo,   ravvivata da rampicanti di bouganville rosa.

Sul pianerottolo c’è un piccolo cancelletto in ferro battuto. Esso dà su un ingresso stretto e lungo decorato con fine ceramica e piccoli mosaici. Da qui si accede a una scala che porta al piano superiore.  I corridoi custodiscono piante esotiche, oggetti da collezione (come delle rare  Olivetti), specchi e vecchie stampe d’ Ischia

Le stanze panoramiche dell’ ‘Albergo Locanda sul Mare’ 

All’ Abergo Locanda sul Mare’  a Ischia Porto ci sono in tutto 9 stanze confortevoli e di varie dimensioni (5 sono fino a quattro posti letto) . Esse sono dotate di tutti i comfort possibili, tra i quali:

  • Finestre insonorizzate;
  • Bagno privato con box doccia;
  • Aria condizionata;
  • TV.

Ottimo è il suo rapporto  qualità prezzo  . In questo  oltretutto c’è incluso  il servizio di ricambio giornaliero di lenzuola e asciugamano. L’ordine e la pulizia sono imeccabili. E qualsaisi cosa succeda potete contare sull’aiuto dei proprietari.

Il fattore woh dell’ ‘Albergo Locanda sul Mare’ : il porto borbonico!

In particolare la caratteristica principale  dell‘Abergo Locanda sul Mare  a Ischia Porto  è che si affaccia sul ‘catino borbonico’. In questa maniera si è soliti soprannominare il porto della cittadina. Questo fu voluto dal   re Ferdinando II di Borbone, che lo  inaugurò nel 1854 . Un’opera faraonica che decretò la fortuna d’ Ischia . Essa  presto passò da un’ economia di stampo agricolo a una più solida e diversificata  basata sui traffici  commerciali oltremare.

Sapevate che il porto borbonico  in origine  era  un lago vulcanico? Questa è una tesi avvalorata non solo da  Plinio il Vecchio. Ma altresì  dalla presenza di un pezzo di tufo che affiora in superfice nel bacino. Si tratta di quella piattaforma rotonda, ormai coperta di pietra , collocata alla fine del pontile in ferro del terminal delle navi. Pochi sanno che il suo nome è  ‘Tondo di Marco Aurelio’ , chiamato in questo modo in onore dell’imperatore romano che ne discuteva nelle sue esercitazioni retoriche al suo precettore Frontone.

6 buoni motivi per prenotare ‘Abergo La Locanda sul Mare’  a Ischia Porto

In breve , l’ ‘Abergo Locanda sul Mare’ aIschia Porto è la soluzione ideale per trasformare la vostra vacanza  a  Ischia  in un’esperienza indimenticabile. Prima di tutto ti senti come a casa . In aggiunta la posizione strategica della struttura è impagabile perché si trova:

  1. Di fronte a voi appena scendete dall’aliscafo , e a 300 metri dal molo dei traghetti;
  2. A due passi dal centro di Ischia Porto  , che si snoda da via Roma verso Corso Vittoria Colonna . Queste sono le due strade principali , un boulevard puntellato di negozi , gioiellerie,  lidi attrezzati e spiagge libere;
  3.  A venti minuti da Ischia Ponte, una borgata antica con un concentrato di attrattive monumentali imperdibili ;
  4. Vicino alla ‘Rive Droite’ , ovvero la riva destra del porto. Praticamente questa è l’anima pulsante della movida ischitana. Ci sono tanti locali rinomati, per cui a qualsiasi ora si rientri c’è sempre qualcosa da fare. Qui si possono mangiare ottime specialità di pesce, bere vini pregiati. Qualche suggerimento? Provate la ‘Taverna Antonio’, e ordinate le sarde fritte alla birra . Oppure deliziatevi a degustare un calice di  Biancolella  freddo  da  ‘Perazzo’ , che è un wine bar originale ricavato in grotte di tufo verde del XIX secolo;
  5. Alle spalle del capolinea dei bus in via Baldassarre Cossa, 4 .   Questa è una comodità assoluta, se volete usare i mezzi (clicca qui per gli orari ) per  visitare Ischia  ;
  6. Accanto a servizi di ogni genere: agenzie per prenotare bici, motorini, e auto, supermercati, paninerie, distributori automatici.

I misteri di Ischia  

A proposito, dimenticavo in lista un’altra ragione per soggiornare all’ ‘Abergo Locanda sul Mare’Ischia Porto ! Quale?  La colazione servita a base di caffè e  cornetti ischitani.  Detti ‘ad ape’  perché sono bicolori, questi  sono i tipici crossaint locali. Sono fatti con un doppio impasto di pasta frolla e brioche. Un mix che li rende  leggeri e succulenti. Vuoti o ripieni di crema con la classica goccia di amarena, vanno assaggiati rigorosamente caldi!

Ricordo ancora il profumo di quell’oro nero e di quelle paste. Per non parlare dei racconti di  Giuseppe Macrì  che ogni mattina mi raccontava qualche mistero su   Ischia  ! Ve ne  svelo qualcuno.

1. Vittoria Colonna e Michelangelo

Primo posto per il ‘Castello Aragonese’  (474 a.C.)  . Esso si staglia su un isolotto  nella frazione di  Ischia Ponte a cui è collegato da un ponte di 220 metri. Esso è certamente uno dei richiami d’interesse più affascinanti d’ Ischia  perché è simbolo dei suoi burrascosi trascorsi storici. Ma come ogni castello che si rispetti è ricco  di leggende e spiriti .

Dai Greci, ai Romani, fino agli Aragonesi il ‘Castello Aragonese’  celebrò nel 1509 le nozze tra Fernando Francesco D’Avalos e la poetessa Vittoria Colonna. Si dice che per la perdita del marito la nobildonna si immerse nelle arti, creando in quella rupe abitata un cenacolo culturale. A questo parteciparono tra gli altri i letterati Ludovico Ariosto, e Jacopo Sannazzaro . Nel gruppo c’era pure il celebre scultore Michelangelo Buonarrotio. Con questi  pare   Vittoria Colonna avesse intrecciato una relazione amorosa vissuta di nascosto attraverso un passaggio segreto nell’ adiacente ‘Torre Guevera’ .  

2. Il ‘Putridarium’ delle Clarisse

Seconda posizione spetta al ‘Putridarium’. Questa era la sala dove si mettevano a colare le monache decedute del  convento  delle Clarisse. Ciò serviva per purificare il loro spirito dalle impurità della vita terrena. L’aristocratica napoletana Beatrice Quadra fondò l’ordine dopo la perdita delconsorte Muzio d’Avalos nel XVI secolo. In quel periodo  il ‘Castello Aragonese’ assunse le dimensioni di un paesino con:

Chissà che in questo Purgatorio non si possa sentire il respiro di qualche defunta! Le suore di clausura sopravvissero per duecento cinquant’ anni.  Precisamente fino al 1810, quando Gioacchino Murat soppresse tutti gli ordini religiosi per impossessarsi delle loro ricchezze. Ceduto alla famiglia Mattera nel 1912 , il ‘Castello Aragonese’   fu recuperato dal suo stato di abbandono .  Negli anni ’90 fu aperto al pubblico  (clicca qui per orari e prezzi biglietti) e a grandiose kermesse di ogni genere artistico.

3. La ‘Grotta del Mago’

Il terzo podio va alla  ‘Grotta del Mago’ . Questo è un  altro enigma che ha appassionato residenti, studiosi e persino le truppe tedesche. Queste forse ci si infilarono per riportare a Hitler qualche tesoro. Si narra che all’interno di questa cava , posta tra  Punta Lume e Punta Parata, dei pescatori fossero come ipnotizzati da una strana epifania. Quella di un vecchio canuto dall’aspetto gentile e di alcune ninfee.  A quanto pare quella visione era di buon auspicio, interpretata come augurio di un abbondante pescato.

Quindi negli anni trenta ci furono numerose spedizioni speleologiche per studiare la ‘Grotta del Mago’ . Si innalzarono parecchie impalcature, che furono poi smantellate da delle forti mareggiate. Da allora si spensero tutti i tentativi di scavare  sui segreti  ‘Grotta del Mago’  , che non hanno mai smesso di suscitare stupore e curiosità.

5. Il crocifisso e il raggio verde della ‘Chiesa del Soccorso’

Numero cinque è la ‘Chiesa del Soccorso’ , che con la semplicità dei suoi esterni candidi  ci ricorda i paesaggi della Grecia. Dedicata alla ‘Madonna della Neve’, essa è custode di tutti i pescatori. Un piccolo tempio sacro del 1350 sito su un promontorio a picco sul mare. Il punto giusto dove ammirare un tramonto.

Se siete fortunati al calare del sole, vedrete per pochi istanti un raggio verde  all’orizzonte. In questo caso non è una leggenda.  Infatti è  un fenomeno ottico raro della rifrazione della luce solare nell’aria. Questo accade se il cielo è limpido. E se non c’è foschia c’è una veduta magnifica sul Lazio fino a Ventotene, Formia e Gaeta.

Superbo è il  piazzale antistante la ‘Chiesa del Soccorso’ , che è stato battezzato  Papa Giovanni Paolo II  ( per la  visita pastorale il  5 maggio 2002). Internamente preserva diversi capolavori di  Cesare Calise , e un  crocifisso ligneo del XVI sec. a.C. Quest’ultimo, secondo alcune voci popolari, era diretto su una nave verso la Sardegna. A causa di una tempesta i marinai si fermarono presso la ‘Chiesa del Soccorso’  . Al momento di togliere le ancore, il  crocifisso ligneo   oppose resistenza. E si lasciò lì a proteggere ogni pellegrino!

6. Il mistero del popolo di Agharti

Numero sei è il rebus più avvincente! Ascoltate bene! Ischia   potrebbe essere una porta al fantastico mondo degli Agarthi, un popolo alieno che vivrebbe sottoterra.  Questo mito risale al Medioevo quando il vescovo Corrado di Querfurt azzardò l’ipotesi che l’accesso alla terra Cava di Agarthi coincidesse con un’entrata nelle viscere dell’Epomeo.

Figuratevi che a questa teoria credeva sempre lo stesso Hitler, che era appassionato di esoterismo. Secondo lui gli Agarthi sarebbero stati una sorta di razza madre della stirpe ariana. E di conseguenza i progenitori dell’umanità. Proprio il Führer  ordinò ai sui soldati di scovare a Ischia Porto  il passaggio  per Agarthi . A tal proposito furono scandagliate la ‘Grotta di Mavone’ ( Forio d’Ischia) e  la ‘Grotta del Mago’ , di cui già vi ho accennato in alto.

A essere rigorosamente scientifici non ci dovrebbe essere nulla di vero in tutto questo. L’unica certezza plausibile sarebbe qualcuno anticamente poté perdersi e fantasticare su regni di umanoidi su cui ci si inventò in seguito delle favole!

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‘Albergo Locanda sul Mare’ ,  il rifugio degli artisti. Hans Purrman

Non c’è da meravigliarsi che in passato all’ ‘Abergo Locanda sul Mare’Ischia Porto ci si rifugiavano spesso personaggi di prestigio nazionali e internazionali. Appena sbarcati a Ischia  se lo ritrovavano davanti! Per forza di cose con quelle camere confortevoli, minimali e arredate  con il  blu della marina.

Come la n. 115 dove dormiva l’incisore tedesco Hans Purrman ( nel 1910 partecipò  alla fondazione della scuola di Matisse a Parigi). Dalle persiane spalancate sul porticciolo Borbonico adorava dipingere particolari scorci che per varie vicissitudini non rimasero in loco!

Hans Purrman era un ebreo in fuga che veniva volentieri all’ ‘Abergo Locanda sul Mare’ per allontanarsi da tutti i suoi problemi. E tra le altre cose fu proprio lui il talent scout di Luigi De Angelis, che da barbiere finì per essere un acclamato ritrattista e paesaggista locale!

Giuseppe Macrì, il pittore delle vele

Inoltre l’ ‘Abergo La Locanda sul Mare’ a Ischia Porto  è una vera e propria galleria d’arte diffusa, i cui pezzi più pregiati sono i  quadri firmati dallo stesso Giuseppe Macrì .  Con due mostre collettive (1990) alle spalle, questo affermato albergatore è un uomo solitario. E schivo come un gatto, ma con un trascorso da artista tutto da raccontare.  

Giuseppe Macrì vive in simbiosi con la sua Ischia  . Il suo umore è regolato dal  porto borbonico. Ovvero quando è vuoto si rallegra, quando si riempie di turisti diventa un irascibile fascista! Pertanto  ne ho approfittato una serena e tranquilla mattina d’ autunno, quando l’ho invitato a uscire dalla sua tana per mostrarmi qualcosa di speciale  d’ Ischia .

‘Villa Altana’ , le cupole arabeggianti d’Ischia Porto

Dopo una sosta a un bar per delle buone spremute d’arancia, io e Giuseppe Macrì ci siamo avviati verso la parte sinistra d’ Ischia Porto  . Giunti  in via delle Fornaci, mi ha abbagliato la maestosità  delle cupole immense , e arabeggianti di ‘Villa Altana’ .  Questa era la residenza del colonnello Giovanni Masturzi, poi acquistata  e messa a nuovo dal duca L. S. Camerini nel secondo dopoguerra. Ovviamente non ci sarei mai potuta arrivare qui da sola con l’aiuto di una semplice guida.  Questa zona è conosciuta come Pagoda’, in memoria di un tempietto cinese in legno voluto da Ferdinando II per i suoi   gran galà.

Superato questo monumento , ci addentriamo nella villa comunale adombrata da  alberi secolari e gelsomini. Con tanto di veduta sul  Vesuvio  e Golfo di Napoli ci siamo appoggiati su un muretto rovente per il caldo torrido. Qui San Gennaro ha fatto la grazia, perché il Duchamp ischitano mi ha concesso una breve intervista!

Giuseppe Macrì, l‘ artista dell’ ‘Albergo Locanda sul Mare’ a  Ischia Porto. 

Classe 1960, Giuseppe Macrì ha continuato l’attività alberghiera del padre e del nonno, che di origini calabresi si erano trasferiti per motivi di lavoro a Ischia . Nel 1940 i familiari pian piano acquisirono diverse terre, e aprirono un ristorante, una salumeria, e un minimarket.

Successivamente comprarono una palazzina da un vecchio vignaiolo, che per difficoltà economiche lo mise all’asta di Viareggio. Quel rudere presto fu restaurato , e in appresso si fece fruttare come pensione e infine trasformato nell’ odierno ‘Abergo  Locanda sul Mare’   .

Da venti anni  Giuseppe Macrì porta avanti il suo lavoro con sacrificio e dedizione insieme a Olimpia de Angelis  e il figlio. Il suo contributo all’espansione e al rendimento della proprietà fu decisivo.  Dall’affitto di un gozzo in legno per i clienti per circumnavigare Ischia  , alla modernizzazione della proprietà nel 2006.

L’arte secondo Giuseppe Macrì . In principio fu una caverna!

Giuseppe Macrì  si è sempre dato da fare per mandare avanti i suoi affari e ci è riuscito egregiamente. Gli impegni lo hanno assorbito vorticosamente.  Solo di recente che ha ripreso la sua vera passione, cioè la pittura. Lui ama definirsi un autodidatta. Da quando a sei anni abbozzava i primi schizzi con uno spazzolino da denti e dei tubetti di colore presi dalla spazzatura.

Mi ha confessato che viaggiava parecchio da giovane in Europa. Nelle attrattive delle grandi capitali riusciva a cogliere l’essenza dei principi di un’arte che modellò a piacere suo. La musa ispiratrice di Giuseppe Macrì rimane comunque la bellezza d’ Ischia  , la stessa che ogni giorno meraviglia lui stesso i suoi concittadini. Questo è un atto di amore verso i suoi spettatori.  A loro regala pennellate di poesia, quella che è inesistente in tanti aspetti della società contemporanea.

Vecchie ciabatte e porte d’oriente. Le creazioni artistiche di Giuseppe Macrì

Giuseppe Macrì   trasse nutrimento dalle incisioni rupestri , dalla ‘Cappella Sistina’, dal ready-made. I suoi maestri furono, Marc Chagall, Jackson Pollock,  Vektor Pisani, Aniellantonio Mascolo, Robert Rauschenberg,  Anselm Kiefer, e Piero Manzoni. Come per quest’ultimo per Giuseppe Macrì  : “un oggetto rimane un oggetto fino a quando l’artista non lo trasforma in un’opera d’arte”.

Nasce da questa contaminazione artistica un file ruge che attraversa tutte le creazioni di Giuseppe Macrì , che sono parecchio versatili:

  • Tele con le vele, che rimandano all’utopia di un pianeta migliore;
  • Schizzi stilizzati del Vesuvio, che è emblema di potenza e rinascita;
  • Installazioni fatte di salvagenti, sughero, ciabatte consumate, e rubinetti, che sono rappresentazione della forza distruttiva dell’uomo;
  • Porte con scritte orientali, che diventano un messaggio di speranza per trovare una via d’uscita al consumismo capitalistico.
L’arte , un urlo contro le brutture della società contemporanea

Tutte produzioni autentiche, che sono diverse le une dalle altre, ma simili nell’intento. Ovvero  quello di stimolare l’immaginazione dello spettatore come unica risorsa per sopravvivere alla bugia dell’esistenza moderna.

Giuseppe Macrì  alterna la tecnica dell’acrilico a quella del combine painting. I suoi capolavori austeri, drammatici, teatrali e brutali sparsi per l’albergo diventano dunque concetti, pieni di rimandi simbolici, ed esoterici. Un urlo contro questa società ignorante e consumistica.

 La festa del porto del 17 Settembre 2014

Una foto un po’ sbiadita del porto Borbonico ha catturato la mia attenzione l’ultimo giorno di permanenza presso l’ ‘Abergo Locanda sul Mare’   . Quella cornice era un ricordo parecchio importante per Giuseppe Macrì  .

Esattamente è lo scatto che immortalava la sua partecipazione il 17 Settembre del 2014 alla ‘Festa del Porto’ . Il  comune e il sindaco Peppe Brandi vollero questo grandioso spettacolo per celebrare i cento cinquant’anni  della nascita del porto d’Ischia nel 1854 per volontà di  Ferdinando II. A bordo di una barchetta  Giuseppe Macrì   celebrava l’ingresso dei galeoni borbonici  del re della regina al porto completamente svuotato al ritmo  del saluto regale con ventuno colpi a salve!

La ‘Festa del Porto’  fu un evento in gran pompa magna, che durò circa quindici giorni per un totale di sei edizioni. Questo era un galà unico nel suo genere arricchito con cortei mostre, stand con cibo e vino, premi, fuochi pirotecnici, e la presenza di una banda musicale e dell’esercito Borbonico. Giuseppe Macrì  girava anche per le scuole per diffondere la grandezza della storia del Sud. Tuttavia, il sipario calò presto. E questo appuntamento imperdibile si spense come una candela al vento per negligenza politica e mancanza di fondi.

L’ ‘Abergo Locanda sul Mare’   , Ischia   nell’anima

Non c’è nulla da fare, l’ ‘Abergo Locanda sul Mare’ a Ischia Porto  è il  posto perfetto per perlustrare  Ischia. Non solo per la sua centralità che lo collega a tutti i versanti.  Ma principalmente per l’accoglienza di Olimpia de Angelis  e Giuseppe Macrì,  che sono dei gestori di gran talento. E mi hanno trasmesso il loro amore immenso per un territorio che è di un fascino disarmante. Compreso nella prenotazione all’ L‘Abergo Locanda sul Mare’  c’è il lusso delle piccole grandi cose. Come il rumore del mare che sveglia alle prime luci del mattino. O il canto dei gabbiani che la sera addormenta mentre volteggiano sopra le ultime barche che rientrano al molo.

Per concludere, a Ischia si respira un’aria internazionale che è iniziata negli anni ’50 per gli investimenti dell’imprenditore milanese Angelo Rizzoli. Passeggiando per qualche lungomare ci si  gira a guardare stranieri ben vestiti, o magnifici yatch attraccati a qualche baia cristallina. Improvvisamente lo scenario cambia appena ci si addentra in qualche vicolo internato. Assale il profumo del pane appena sfornato.  Tra i banchi di frutta e verdura presi d’assalto dalle massaie per l’ora di pranzo. Queste sensazioni di un tempo autentico che a tratti pare essersi fermato sono quelle che mi sono più rimaste addosso d’Ischia Porto . Adesso è il vostro turno! Vi auguro buon viaggio!

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Ischia, Golfo di Napoli  

Ischia, Golfo di Napoli  

“…Desidero partire – non per le Indie impossibili,

o per le grandi isole a Sud di tutto,

ma per qualsiasi luogo, villaggio o eremo,

– che abbia in sé il non essere questo luogo…”

Fernando Pessoa

Ischia, un tuffo nel blu del Golfo di Napoli  

Ischia è incastonata come una perla nel blu del  Golfo di Napoli (a 33 km di distanza in direzione  Sud-Ovest insieme a   Capri e Procida ). Orgoglio e vanto del popolo partenopeo, Ischia  non si può girare in pochi giorni, perché è immensa.

Così a fine Ottobre per visitarla meglio sono partita per starci più tempo ! In  quarantacinque minuti di  aliscafo  sono approdata a Ischia Porto dal Molo Beverello di Napoli   . Da qui  a 10 minuti , a piedi c’è  Calata Porta di Massa  per chi preferisce  il traghetto , che impiega un’ora e un quarto.

A pochi passi dal terminal ho raggiunto l’ ‘Abergo Locanda sul Mare’  in via Iasolino, 80 , dove ho alloggiato per una settimana. Questo è il centralissimo l’hotel di Giuseppe Macrì, il gestore che mi ha fatto sentire come a casa. Grazie ai suoi  preziosi consigli ho avuto la possibilità di esplorare  Ischia da viaggiatore e non da turista. Buona lettura!

Ischia , un’eruzione di meraviglie

Con i suoi 46, 3 km 2  Ischia (60.000 abitanti) è l’ottava isola più estesa d’Italia. Si trova all’interno  dell’area marina protetta del  ‘Regno di Nettuno’ . Questo è un ecosistema straordinario dove è possibile fare immersioni e contemplare magnifiche grotte e archi, come quelle dette delle ‘Formiche’ .

Nel ‘Regno di Nettuno’ si può nuotare tra anfibi di varie specie, cetacei e delfini. E con un pizzico di fortuna magari si potrà scorgere il raro corallo nero  scovato dal giornalista subacqueo Franco Savastano nei pressi del borgo Sant’Angelo. Ischia si divide in sei comuni, che sono:

Ischia, l’isola verde

Se Dio in principio era il verbo, Ischia  è la più grande manifestazione della sua mano in terra. Il suo cielo si confonde con il mare in un orizzonte pennellato di blu . Laddove il sole e la luna si alternano in una danza infinita.

Soprannominata l’  ‘isola verde’ per la sua rigogliosa vegetazione, Ischia è una cornucopia di piante rare , orchidee, felci, papiri, fiori dell’Ipomea, macchia mediterranea e castagneti.  Sopra questo giardino esotico svolazzano splendidi volatili quali l’airone cenerino, l’upupa, e il martin pescatore. Ciò che affascina di questo atollo campano è la varietà dei suoi scenari . Essi  vanno dalle pianure alle colline, dai boschi alle montagne che  degradano gentilmente verso le baie cristalline.

Ma come è nata Ischia?

Non è facile spiegare l’origine geologica d’Ischia.  In generale , secondo gli studi più recenti, si può dire che era una caldera di 7,5 km emersa dagli abissi 150.000 anni fa. Il raffreddamento delle successive colate laviche generò le montagne sui vari versanti isolani (con quote più elevate a Nord che a Sud), di cui la più alta è  l’ Epomeo . Questo monte si staglia dal bel mezzo d’Ischia   con i suoi 789 m. coprendo una superfice complessiva di 16 km2.

Il tufo verde d’Ischia

Che  Ischia  ai suoi albori fosse sprofondata nelle sue acque è provato dal colore esclusivo di una roccia che esiste solo qui! Mi sto riferendo al tufo verde, una pietra vulcanica  di cui è composto l’ Epomeo.   La sua tinta verdognola è causata da tutti i sedimenti marini che la ricoprivano prima di riaffiorare a galla.

Il tufo verde   è simbolo indiscusso e anima stessa d’ Ischia. Esso è stato regolarmente adoperato per gli usi più svariati, da quelli ingegneristici a quelli ornamentali. Una testimonianza questa dell’eccezionale capacità adattativa dell’uomo al Creato, e di un passato che ora non c’è più.

Il mito di Tifeo

Proprio per questa sua natura vulcanica,  Ischia   è stata graziata per la presena delle terme e maledetta per  le scosse telluriche . Però gli antichi erano meno scientifici nel dare una spiegazione sui  pregi e i difetti della loro patria.

Secondo il mito, le terme erano infatti  le  lacrime del gigante Tifeo, che venne confinato nelle viscere d’ Ischia per la sua ribellione a Zeus. La terra invece tremava, perchè oggni tanto il titano si stancava di reggere l’isola sulle sue spalle e cedeva fisicamente!

Il dio greco non solo non permise al disertore  di prevaricarlo nella lotta per l’Olimpo, ma lo fece pure a pezzi! Le varie parti del corpo di  Tifeo hanno battezzato alcune frazioni d’Ischia   quali: il Ciglio, la Bocca, Panza, il Testaccio,  e Piedimonte.

Storia d’ Ischia

Ischia   non è solamente un eden da esplorare , ma è  anche un luogo in cui si vive benissimo. Non manca davvero nulla. Questo lo avevano capito anticamente altri popoli. La conquistarono e ci si  stanziarono permanentemente per la sua posizione felice e le sue risorse.

Ischia   fu  la prima colonia della Magna Grecia  in Occidente!  I Greci di Eretria e di Calcide vi sbarcarono nel VIII secolo a. C.  denominandola  ‘Pitechusa’ (ovvero ‘popolata dalle scimmie’). Del loro passaggio restano molti scavi archeologici a Lacco Ameno   eseguiti dal rinomato archeologo tedesco Giorgio Buchner .

I Romani e il Medioevo

I Romani (IV secolo a. C.) battezzarono Ischia con l’epiteto di ‘Aenaria’ , che vuol dire  ‘metallo’ , poiché si estraeva ferro, piombo e rame. Un vero e proprio centro industriale infatti sorgeva in località Cartaromana . Nel 1972 ad una profondità di circa nove metri i due subacquei Pierino Boffelli e Rosario D’Ambra  riesumarono qualche resto di questa officina , che sparì per cause ancora sconosciute.

Dopo il disfacimento dell’Impero Romano seguirono secoli di saccheggi e barbarie ad di VisigotiVandaliArabi. Molte sono le strutture difensive che si disseminarono in tutta Ischia con funzioni di avvistamento e difesa. Come le torri sulle coste ischitane a base rotonde  fatte dai regnanti Angioini e a base quadrate degli  Aragonesi

Dai  Borbone all’unità d’Italia

Ischia passò più tardi sotto il controllo diretto della corona dei Borbone, che realizzarono numerose infrastrutture. La più importante fu  il porto voluto e  inaugurato nel  1854   da Ferdinando II. Da quel momento la comunità isolana prosperò economicamente essendosi  finalmente aperta ai traffici commerciali e turistici esterni.  Dal disfacimento del Regno delle due Sicilie’   le vicende d’ Ischia  furono quelle relative  all’avvento dell’ unità d’Italia.

Angelo Rizzoli e la rinascita d’Ischia

Gli anni ’50 furono la golden age d’Ischia quando l’imprenditore milanese  Angelo Rizzoli (1889 – 1970) ci approdò per villeggiatura su invito dell’amico medico Pietro Malcovati. Fu questo brillante ginecologo che esortò il ‘cummenda’ a fare tutta una serie di finanziamenti che rimodernarono Ischia, che in breve si trasformò in un appuntamento inevitabile della mondanità cosmopolita . Anche se ovviamente non fu tutto in discesa!

Ovviamente Angelo Rizzoli finì per innamorarsi di quegli spazi immacolati, che mantennero la loro aura , fino a quando nello stesso periodo non scoppiò il boom del turismo  Cosa che se da un lato fu un miracolo per le finanze d’Ischia, dall’altro in appresso scatenò una corsa per garantire la preservazione delle sue specificità ambientali (piaga dell’abusivismo edilizio).

Cosa ha fatto Angelo Rizzoli per Ischia? 

Angelo Rizzoli acquistò ‘Villa Arbusto’ a Lacco Ameno (ora sede del ‘Museo Angelo Rizzoli’) e ne fece la sua residenza. Da allora iniziò a fare molti investimenti che promossero e svilupparono  Ischia  quali:

Ischia, l’sola dei VIP!

Senza dubbio Angelo Rizzoli  ribaltò  le sorti d’Ischia , che da selvaggia diventò tappa obbligatoria di uno star system internazionale . Era consuetudine potere incontrare attori quali  Clark Gable ,  Ava Gardner , John Wayne, Delia Scala , e Anita Ekberg.

Oppure intravedere l’armatore greco Aristotele Onassis , il soprano  Maria Callas. Senza tralasciare i reali inglesi, i Duchi di Windsor, l’ultimo scià di Persia Mohammad  Reza Pahlavi,  gli scienziati Albert Sabin e Christiaan Barnard, i mitici De ChiricoHerbert Von Karajian ecc.

Giusto per citarne qualcuno! Angelo Rizzoli    fu anche un geniale produttore cinematografico che ambientò a Ischia  vari film con stelle del calibro di Vittorio de Sica, Walter Chiari, Catherine Spaak, Peter Seller, Jack Lemmon, e Anna Magnani.

Ischia e il cinema

Comunque Ischia era  abituata ai riflettori sin da quando a Ischia Ponte nel 1909 aprì ‘Unione’, la terza sala cinematografica più ampia d’Italia. Tuttavia, le luci della ribalta si accesero quando nel 1936 vi cominciarono le riprese del ‘Corsaro Nero’ , di  ‘Campane a Martello’ con Gina Lollobrigida, e del  ‘Corsaro dell’isola Verde’ con Burt Lancaster.

Decisamente un colossale avvenimento fu quando nel 1957 Charlie Chaplin scelse Ischia    come anteprima mondiale per il  suo capolavoro  Un Re a New York’  . La fortuna continuò nel 1963 quando in varie zone  d’ Ischia    la ‘20th Century Fox’ girò il colossal di ‘Cleopatra’ con Liz Taylor  e Richard Burton  ! Una produzione parecchio costosa in cui si possono ancora apprezzare alcune inquadrature della Baia di San Montano e che immolò Ischia   a una fama planetaria.

Da Lucchino Visconti all’era moderna

Certamente un’altra figura di rilievo per Ischia   fu Lucchino Visconti, padre del Neorealismo ,  primo movimento cinematografico di spicco in Italia del secondo dopo guerra. L’illustre regista lombardo si trasferì a Ischia  . Dal barone Fassini comprò un vistoso immobile , che  modificò in uno splendido cottage in stile libertydetto ‘La Colombaia’   (oggi mausoleo dedicato al regista)

 Lucchino Visconti  ci visse fino al 1976 e fu il suo quartier generale , dove creò  pellicole eccezionali quali ‘Senso’, ‘Rocco e i suoi fratelli’. Fu un via vai di collaboratori e celebrità quali Pasolini, Elsa Morante, Moravia

Il cinema a Ischia oggi

Dal 1970 in poi il cinema Italiano subì una crisi irreparabile e si spense anche  Ischia   , che si allontanò dal genere della commedia sexy all’italiana di quell’epoca. Qualche novità ci fu nel 2003 quando Michelangelo Messina lanciò l’  ‘Ischia Film Festival’ . Questo è un concorso per  lungometraggi che si tiene ogni Luglio presso il ‘Castello Aragonese’ a Ischia Ponte. Di recente ci fu qualche risveglio con alcune riprese di successo con setting a Ischia, quali:

Le terme di Ischia   

Caratterizzata da un clima mite,  Ischia attrae tutto l’anno flussi di visitatori da ogni parte del globo per le sue famose terme. Fin dal 700 a.C.  Greci e Romani sfruttarono i poteri curativi delle sue acque termali , che resero pubbliche con l’apertura di edifici dedicati. Persino Plinio e Strabone  vantavano le loro proprietà terapeutiche nei loro scritti.

In seguito durante il Rinascimento il medico calabrese Giulio Iasolino  studiò e censì la  ricchezza termale ischitana , che venne impiegata in medicina. Il salto di qualità fu considerevole. Perciò si cominciò a raggiungere  Ischia specificatamente per curare ferite, malattie e disturbi di vario genere.

Un bene che non era soltanto riservato ai ricchi e ai borghesi. Si pensò anche ai più bisognosi con la costruzione caritativa a Casamicciola del  ‘Pio Monte della Misericordia’, una delle Spa più gigantesche d’Europa.

Le terme a Ischia oggi

Il risultato dell’operato di   Iasolino fu che Ischia  venne riconosciuta come la stazione termale  più famosa del mondo! Ci si fiondarono pure Garibaldi a Camillo Benso  di Cavour ,    Arturo Toscanini  e altre insigni personalità .

Attualmente a Ischia ci sono più di trecento stabilimenti di diversa tipologia tra centri benessere, parchi termali e sorgenti spontanee  : da quelli specifici per le esigenze curative a quelli ideati per il divertimento e il relax . Le fonti termali ischitane sono caratterizzate da acque notevolmente ricche di sali (da circa 2,5 a oltre 30 grammi/litro), cioè minerali, e calde o molto calde, cioè termali o ipertermali (dai 40 gradi in su).

Quante e quali sono le principali terme a Ischia?

In tutto si contano ventinove bacini idrotermali.  E ancora centinaia di fumarole. Il tutto  immerso in una natura esotica che abbaglia per la sua prepotente magnificenza. In basso un elenco delle terme ischitane in cui abbandonarsi, staccando la spina definitivamente da tutto e tutti:

  • Poseidon;
  • Negombo;
  • Parco Termale Castiglione;
  • Terme di Cavascura;
  • Giardini Termali Aphrodite Apollon;
  • Altri Parchi termali di Ischia.

Le ‘Fonti di Nitrodi’

A livello scientifico nelle vicinanze del paesino di Buonopane sono da visitare le ‘Fonti di Nitrodi’ . Da cui sgorgano circa 12 mila litri di acqua all’ora , erogata a 28 ° attraverso docce, lavabi e piccole fontane . Il ‘Ministero della Salute’ con il decreto n° 3509 del 9 ottobre 2003 ha dichiarato l’importanza di queste acque per la loro efficacia sul sistema gastrico, ginecologico, intestinale, ed epidermico. Hanno anche un effetto positivo per migliorare l’attività enzimatica, endocrina e respiratoria.

Alle ‘Fonti di Nitrodi’ oltre a guarire ci si svaga perché  tra   fichi ,  ulivi e panorami mozzafiato c’è una struttura attrezzata per godersi tante iniziative rivolte al benessere fisico e mentale (yoga, musicoterapia, meditazione, mandala terapia, massaggi, terapie olistiche, ecc.). Si può anche finire la giornata stuzzicando qualcosa a un bio bar .

Ischia da mangiare!

 Ischia  è un complesso di paesaggi molto diversi tra loro,  per tanto la gastronomia  è sia  marinara che contadina. Di base napoletana la cucina ischitana  è rivisitata, e risulta semplice e  molto saporita e con qualche asso nella manica. Quale? Per esempio il coniglio all’ischitana, cucinato a forno nell’immancabile tegame di coccio e spolverato con la piperna, un profumatissimo timo selvatico. Vi consiglio di provarlo al ristorante Da Pietro Paolo detto Stalino’ a Maronti.

Il coniglio all’ischitana  è il re dei piatti locali, la carne è tenera per la tecnica di allevamento degli animali che sono selvatici e  che vengono allevati in fosse.   Questi quadrupedi sono stati da sempre indispensabili . Perché soddisfacevano il fabbisogno alimentare della popolazione con pochi sforzi visto la loro proverbiale capacità riproduttiva!

6 piatti tipici d’ Ischia

1.  Pizza di scarola: una bontà smisurata, un calzone alle verdure condito con  olive nere, capperi, acciughe ,  pinoli, vino cotto ed a volte noci e uva passa;

2.Zingara ischitana: due golose fette di pane ‘cafone’ farcito con prosciutto, mozzarella o fior di latte, maionese e lattuga. La ricetta originale prevede le pagnotte del leggendario ‘Panificio Boccia’ a Ischia Ponte, dove praticamente è nata nel 1977 nel pub-paninoteca ‘La Virgola’ ;

3. Pasta fagioli e cozze: le cozze si alternano ai legumi utilizzando la ‘pasta mischiata’, cioè tutti gli avanzi che rimangono che è la premessa della filosofia dello zero sprechi;

4. Pesce spada all’ischitana: lo spada viene marinato con  limone, olio, sale e pepe, menta e salsa Worcestershire, e poi fatto arrosto. Assolutamente da provare;

5.Pollo alla Fumarola: i fusi di pollo messi in fogli di alluminio sono cotti  nelle fumarole (temperature tra i 30° e i 100°  gradi) in prossimità delle sorgenti termali d’ Ischia  . Specie nella spiaggia di Maronti è ordinario cimentarsi in cuochi stravaganti che si dilettano a sperimentare nuovi intingoli che includono uova, patate, pesci, e selvaggina;

6. ‘Migliaccio:  un dolce tipico di carnevale fatto di spaghettini, uova, limone, e zucchero. La fantasia nei dolci spazia dal dolce al salato . Due sapori che si combinano in ricette abbastanza  estreme da sconvolgere anche i palati più esigenti.

Ischia da bere!

La vocazione d’ Ischia  alla viticoltura affonda le radici nell’antichità (quella addirittura precedente la colonizzazione greca). Ciò è testimoniato da un’iscrizione che inneggia al buon vino impressa sulla nota ‘Coppa di Nestore’  . Questa è una tazza di 10 cm (700 a. C.) che fu scoperta nel 1995 nella necropoli di San Montano .   I tre versi (il primo esemplare di scrittura alfabetica greca) recitano così:

 “Di Nestore… la coppa buona a bersi. Ma chi beva da questa coppa, subito quello sarà preso dal desiderio d’amore per Afrodite dalla bella corona”.

Quella d’ Ischia   è una tradizione vitivinicola millenaria. Essa si affina nel 1500 quando la produzione enoica poteva contare sull’esportazione del bianco sfuso in velieri da trasporto. Allora ad  Ischia   si contavano svariate tipologie di uve quali: Codacavallo, Coglionara, Fragola, Lentisco, Lugliese, Malvasia, Moscatella, Nocella, Pane, Sanfilippo, Sorbisgno, Zibibbo, Verdesca, Uvanta, Campotese, Montonico.

‘Cantina Pietra di Tommasone’, il futuro enoico d’Ischia

Il boom del turismo del 1940 ebbe risvolti negativi per l’ambiente a Ischia  .  Il cemento imperante ridusse drasticamente gli ettari vitati da 24. 000 a soli 300. Un piccolo tesoro agricolo preservato dal 1990 a venire da aziende di spicco. Tra queste la ‘Cantina di Pietra di Tommasone’ , grazie alla quale ho perlustrato e amato Ischia .

Al presente purtroppo sono rimasti pochi vitigni autoctoni. Questi nelle loro eterogenee declinazioni costituiscono la Ischia DOC’ ( la seconda proclamata in Italia nel 1966) e sono:

La viticultura a Ischia è eroica! 

La problematicità della gestione delle vigne è lampante visto che il terriotrio è estremamente piccolo. Ecco perché La viticultura ischitana è di tipo eroica . Oltretutto Ischia ha un’orografia difficile che richiede molto sacrificio per la coltivazione e la cura della vigna. In linea di massima la raccolta delle uve avviene a mano. E  i grappoli vengono trascinati in cantina dai gozzi via Tirreno!

Per lo più si fa fatica nel versante orientale, che presenta dei pendii più scoscesi organizzati in terrazzamenti (50 % di pendenza) sorretti dalle cosiddette ‘parracine’ .  Questi sono dei muretti a secco (senza cioè l’utilizzo di alcun tipo di legante) in  tufo verde . Questi divisori proteggono dal rischio frana, dal vento e dall’acqua, garantendo il normale deflusso delle piogge. A Sud Ovest d’Ischia   al contrario i filari di vite si allevano a spalliera essendo più pianeggiante.

Il terroir unico d’Ischia, suoli vulcanici e  vini minerali 

Eppure quello d’Ischia, è un terroir unico, caratterizzato da:

  • Terreni vulcanici , ben drenati e fertili;
  • Suoli ricchi di potassio, e altre sostanze fondamentali per la crescita del frutto;
  • Fresche brezze marine che mitigano la calura estiva ;
  • Altitudine delle colline che vanno dai 200 ai 600 metri slm .

Fattori pedoclimatici che generano risultati eccellenti in grado di appagare anche il più scettico dei viticoltori. L’enorme energia investita viene ripagata con una produzione di qualità, di  nettari rari, profumati, minerali e freschi.

10 artisti  ischitani

Il fascino d’Ischia  crea dipendenza al punto che tanti personaggi illustri, oltre a quelli menzionati, decisero di assuefarsi. Ricordiamo a tal proposito : Enrico Ibsen, Alphonse de Lamartine, Benedetto Croce, Stendhal, Verga, Maupassant, Nietzsche, Pasolini, Truman Capote, Eduardo De Filippo, ecc. Qualcuno di loro ci stava per un po’ , qualcuno invece si  trasferiva definitivamente.

Ischia ha dato anche i natali a parecchi artisti celebri tra i quali:

1. Cesare Calise 

Cesare Calise (1560-1640): questi fu un pittore manierista di Forio la cui attività artistica è documentata dal 1588 al 1641. Di lui ci sono scarse notizie. E quel poco che si sa proviene  dai contratti firmati dal pittore.  E ancora dai registri parrocchiali delle chiese di ‘S. Maria di Loreto’ e di ‘S. Vito’ a Forio  (per gli anni tra il 1588 e il 1641). 

Napoli ci rimangono oggi due sue tele: la ‘Deposizione dalla Croce’ e 0Il Battesimo di Cristo con San Francesco d’Assisi’, entrambe nella ‘Chiesa di San Giovanni Battista’. Sembra ebbe un destino avverso perché le sue produzioni andarono distrutte o mal restaurate. Si firmava in lingua latina ‘Caesar Calensis pingebat’. 

2. Giovanni Maltese 

Giovanni Maltese (1852-1913): fu uno scultore di Forio formatosi a Napoli e alla scuola romana di Giulio Monteverde. Partecipò agli interventi di abbellimento del castello di Chenonceaux, uno dei castelli della Loira. In patria ebbe in enfiteusi il  ‘Torrione’ (adesso galleria permanente delle sue creazioni artistiche) che fu suo  atelier personale e alcova con l’amata Fanny Lane Fayer.

La decisione di ritirarsi a vita reclusa derivò dopo il lutto di alcuni familiari dopo il terribile terremoto di Casammicciola del 1883. Con la sua sposa Fanny Lane Fayer, che era una pittrice inglese, trovò una sua dimensione. E cominciò a scrivere poesie in dialetto foriano.

3. Luigi de Angelis

Luigi De Angelis (1883 – 1966): nato a Roma , presto si stabilizzò con la sua famigla a Ischia dove decise di lavorare come barbiere.  All’età di quarant’ann la magia d’Ischia  gli ispirò degli acquerelli con paesaggi isolani  che attacava con del sapone nelle vetrate del suo salone.

Per caso un giorno ebbe come cliente l’incisore tedesco Purrman .  Il fondatore  della celebre scuola di Matisse tra il 1904 e il 1914 , riconobbe il talento di Luigi De Angelis e ne decretò la fama.  Dopo avere acquistato una prima opera per duecento lire , Purrman provò a lanciare il pittore ischitano nella cerchia dei modernisti che contavano.

Fu un tentativo vano, perchè Luigi De Angelis  rimase fedele alla sua arte povera e naif .  Se si esclude la sua prima esposizione presso la ‘Libreria del 900’ di Napoli e un invito l’anno dopo alla ‘Biennale di Venezia’ , Luigi De Angelis  fu per tutti il pittore del popolo. E perciò venne sempre amato e stimato.

4. Vincenzo Colucci

Vincenzo Colucci (1900-1975): fu un pttore molto venerato a Ischia, che venne celebrata in ogni suo dipinto. Sin da piccolo, quando il padre, scenografo del ‘San Carlo’ a Napoli, gli regalò i primi pennelli. Nella capitale frequentò la scuola di nudo e poi ebbe una delle prime botteghe d’arte in una Ischia  ancora selvaggia.

Casa  Colucci fu un vero e proprio cenacolo artistico frequentato da personalità del calibro di  De Chirico e Montale. Vincenzo Colucci  viaggiava spesso quando poteva . Fu in  Francia, Olanda, America, Inghilterra, Giappone . A Venezia lasciò il segno , e a Palermo fu nominato professore n un liceo artistico. La chiamata alle armi spezzò questa parentesi della sua vita . Dopo la quale tornò con le valigie in mano e il suo cavalletto. Fino a quando un male al cuore lo spense.

5. Vincenzo Funiciello

Vincenzo Funiciello (1905-1987): questi fu un paesaggista ischitano di talento. Barche ancorate al porto, lune struggenti e stradine deserte sono i temi dei suoi collage con pezzi di stoffa colorati. Era abile in qualsiasi tecnica come quella dell’acquerello, e della china.

Ebbe la fortuna di essere apprezzato fin da subito, cosa che però non scalfì il suo carattere riservato. Un tratto distintivo della sua arte era anche la tonalità accessa dei sui quadri, che incorniciavano la dirompente sensualità di un’ Ischia   non ancora invasa dal progresso. Ciò che Vincenzo Funiciello  riproduceva erano le chiese, il ‘Castello Aragonese’ , Ischia Ponte. E poi ancora i mercati e le processioni, che vibravano di un forte realismo. Alla sua morte lo ripiansero in molti, soprattutto per le sue doti di bravo mandolinista.

6. Matteo Sarno 

Matteo Sarno (1894-1957): questi fu un artista che dipingeva le onde che si rinfrangevano negli scogli della sua adorata Ischia da cui non si staccò mai.  A parte una ritirata  passeggera in America. Conosceva bene il mare, i suoi odori, la sua calma, e la sua furia. Lo dipingeva in ogni stagione, e non si stancava mai di guardarlo e raffigurarlo.

Matteo Sarno era anche un poeta e per un po’ si mise a vagabondare con una barca di porto in porto. Trovava in questo errare la sua felicità e rimaneva incantato per la gloria del Creato. Si sentiva una cosa unica con l’Universo e a esso tornava sempre con la sua arte e con le sue marine.

7. Federico Variopinto

Federico Variopinto (1905-1940): nativo del quartiere di ‘San Lorenzo’ a Napoli, fu un pittore che morì giovanissimo . A soli quarantacinque anni per un infarto. Un bohemien che parlava molte lingue ed era sempre in viaggio. Cosa non molto scontata per quel periodo.

Che dire, un artista inquieto che era sempre alla ricerca di qualcosa e forse non sapeva neppure lui cosa. Subiva felicemente il richiamo d’ Ischia, immortalata con le sue distintive pennellate di grigio. Le sue tele erano scene ischitane parecchio malinconiche. Come quelle di un mattino uggioso, o di qualche piazza isolata di periferia.

 

8. Mario Mazzella

Mario Mazzella (1923-2008): quasi un’istituzione .  Veniva da una famiglia di contadini e la sua fu un’esistenza piuttosto semplice. Sin dall’eta di cinque anni scarabocchiava santini, ed era molto viva la passione per l’arte. Questa raggiunse il culmine nell’incontro con il pittore rumeno  John Pletos nel 1932 , che era a  Ischia nel periodo del Grand Tour.

Mario Mazzella abbandonò la campagna subito dopo la guerra per dedicarsi ai suoi studi artistici. Si formò a Napoli e al centro delle sue creazioni pittoriche c’erano per lo più feste popolari , barche e nasse.  E donne dalle vesti lunghe che riecheggiavano le memoria della sua infanzia.

9. Aniello Antonio Mascolo

Aniello Antonio Mascolo (1903-1979): dopo la scuola di ‘Belle Arti’ a Siena, questi fu un genio poliedrico che si appassionò alla scultura, alla xilografia e alla terracotta. Di  Ischia ritraeva i suoi tratti bucolici precedentemente l’avvento del progresso. Chiaramente nostalgico di qualcosa che non c’era più, egli denunciò marcatamente le nefandezze della società moderna.

Aniello Antonio Mascolo oltrepassò i confini d’ Ischia  aderendo a due diverse edizioni della ‘Biennale di Venezia’, nel 1948 e nel 1952, e alle ‘Quadriennali di Roma’. Non si faceva mancare neppure rassegne di rilievo internazionale. Tuttavia. lui apparteneva a Ischia e la sua apertura al mondo non offuscò la sua arte . Perchè le sue vendemmie, o la raccolta della frutta o o lo strascico delle reti della sua isola, furono sempre la linfa vitale della sua arte

10. Gabriele Mattera

Gabriele Mattera (1929 – 2005): questi fu soprannominato il pittore del  ‘Castello Aragonese’  allorquando i familiari lo acquisirono nei primi del ‘900. I suoi lavori spaziavano dalla pittura ad olio, al disegno, dall’incisione su linoleum alla ceramica. Tra mostre in Italia e Europa, la sua missione fu quella di attaccare la pubblicistica di un turismo che edulcorava la vita a Ischia  per vendere e guadagnare! A ciò contrapponeva dei cicli pittorici di stampo espressionistico in cui spuntavano soggetti delle classi povere che facevano emergere il suo spiccato realismo pessimistico.

La lista dei nomi autorevoli sarebbe ancora lunga , per cui finisco con quello di Massimo Venia che ho conosciuto personalmente. La sua piccola bottega in via Roma, 32  a Ischia Porto espone quadri che hanno come tema gli scenari sconfinati d’Ischia . Ha anche firmato le etichette delle bolle di ‘Cantina di Pietra di Tommasone’

Ischia nel cuore

Ischia  è frivolezza per chi ostenta il lusso, ma è anche intimità per chi ama la semplicità. Sono le piccole grandi cose che non dimenticherò mai, come il tramonto  davanti la terrazza della ‘Tenuta C’est la vie’. Questo è il nuovissimo wine relais di Lucia Moraschi e del marito Giorgio Besenzoni, imprenditori bresciani che hanno concretizzato il loro desiderio d’impresa vinicola a  Ischia. Per capire lo spirito d’Ischia  vi lascio un inno di Erri de Luca , perché di meglio non saprei fare :

“Ischia rappresenta tutti i centimetri che possiedo. Accadeva una cosa strana, durante la mia infanzia e poi durante la mia adolescenza, almeno fino ai sedici anni. Qui, durante i tre mesi estivi, crescevo. Accumulavo centimetri e ve ne era traccia sul muro, segnando le tacche all’altezza del mio cranio.

Al sole e al sole di Ischia devo quella crescita: a Napoli, misteriosamente, nei nove mesi restanti non crescevo. Quanto al Castello, a quest’isola nell’isola, si veniva a fine settembre in gita, con le prime piogge e l’aria fresca. Ricordo distintamente la cripta delle monache: quelle ossa ti restano impresse, mezzo secolo fa si trovavano i resti delle religiose. Amo tornare a Ischia, e qui in particolare.

Compiacendomi dei luoghi che restano inalterati. Adoro tornare laddove il tempo si ferma. Ma sono che posti immutabili sono un’eccezione e mi consolo, in fondo, con il fatto che sono un visionario: in fondo mi basta un dettaglio del tempo passato, per ricostruire tutto”. 

Info utili su Ischia:

Come arrivare a Ischia;

Guida a Ischia;

Strutture ricettive e b&b;

Cosa fare a Ischia;

Feste a Ischia;

Ristoranti ;

Aperitivi;

Movida notturna;

Attività extra;

Servizi e numeri utili

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